Corte di Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 9 aprile 2019, n. 9862.
La massima estrapolata:
In tema di società cooperative, nel regime dettato dalla legge 3 aprile 2001, n. 142, al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, la cui applicabilità, quanto ai minimi contrattuali, non è condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 6 della legge n. 142 del 2001, che destinato a disciplinare, essenzialmente, le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, non può contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria.
Sentenza 9 aprile 2019, n. 9862
Data udienza 12 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16282-2016 proposto da:
(OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA, gia’ (OMISSIS) SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 397/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/12/2015 R.G.N. 410/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. MARGHERITA MARIA LEONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 397/2015, ha respinto l’appello proposto da (OMISSIS) soc. coop. (d’ora in avanti, (OMISSIS)) avverso la sentenza di primo grado con cui la societa’ datoriale era stata condannata a corrispondere al lavoratore (OMISSIS) e (OMISSIS) (gia’ dipendenti di (OMISSIS) s.r.l. e transitati, con passaggio diretto, alle dipendenze di (OMISSIS), aggiudicataria dell’appalto), le differenze retributive calcolate in base al c.c.n.l. Pulizie e Multiservizi, anziche’ in base ai contratti collettivi Commercio Cisal e Portieri e Custodi.
2. La Corte di merito ha confermato l’applicabilita’ ai due soci lavoratori dei trattamenti economici complessivi previsti dal c.c.n.l. Multiservizi in base alle disposizioni della L. n. 142 del 2001, articoli 3 e 6, e del Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 7, comma 4, convertito in L. n. 31 del 2008; inoltre, in base al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, articolo 118, in quanto riferibile anche agli appalti affidati da imprese private con partecipazione pubblica, quale era (OMISSIS) s.p.a..
3. Ha ribadito l’applicabilita’ alla fattispecie oggetto di causa del Decreto Legislativo n. 263 del 2006, articolo 118, dato il carattere pubblico dell’appaltante (OMISSIS) s.p.a., ed ha respinto la tesi della societa’ datoriale secondo cui la disposizione in esame fosse riferibile unicamente al subappaltatore e non anche all’appaltatore, come nel caso di specie (OMISSIS).
4. Ha accertato, anche attraverso il richiamo alle sentenze n. 206 del 2014 e n. 232/2015 emesse dalla medesima Corte d’appello, come il c.c.n.l. Multiservizi fosse quello maggiormente diffuso a livello nazionale e locale nel settore delle pulizie, del portierato fiduciario non armato, dell’attivita’ di attesa e facchinaggio, oggetto dell’appalto (OMISSIS) s.p.a., e come la circostanza della maggiore diffusivita’ nazionale non fosse stata contestata da (OMISSIS).
5. Ha definito obbligatoria l’applicabilita’ del trattamento economico complessivo previsto dal c.c.n.l. Multiservizi, in base alle disposizioni sopra richiamate, sia per la maggiore rappresentativita’ delle organizzazioni stipulanti e sia per la diretta riferibilita’ del contratto al settore oggetto dell’appalto.
6. Ha precisato come il c.c.n.l. Commercio Cisal, oltre ad essere sottoscritto da una sola sigla sindacale (la Cisal), fosse riferibile alla prestazione di servizi in ogni settore merceologico (terziario – servizi) mentre il c.c.n.l. Portieri e Custodi disciplinasse i rapporti di lavoro alle dipendenze dei proprietari di fabbricati o loro consorzi, e per addetti ad amministrazioni immobiliari o condominiali.
7. Ha ribadito il contenuto dell’obbligo posto dal citato articolo 118 e dal Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 7, comma 4, convertito in L. n. 31 del 2008, come concernente l’applicazione del trattamento economico complessivo e non solo di quello base, dovendosi tener conto anche degli accordi locali. Ha escluso che i conteggi eseguiti dal c.t.u. comprendessero somme relative a periodi oggetto della diffida accertativa della D.P.L. e che includessero il tfr, non spettante per essere i rapporti ancora in corso.
8. Ha considerato infondata l’eccezione sul carattere discontinuo dell’attivita’ di portierato e custodia svolta dagli appellati, con conseguente computo dello straordinario su un orario normale di 45 ore, anziche’ di 40 ore, per essere pacifico, in quanto non contestato, che i soci lavoratori svolgessero mansioni non solo di guardiania passiva ma anche di consegna e custodia della posta interna tra i vari impianti aziendali situati in diverse zone della citta’ e provvedessero alla chiusura degli accessi di alcuni impianti. Ha altresi’ escluso la correttezza dei conteggi relativi alla posizione del (OMISSIS), quanto al periodo di lavoro prestato in assegnazione presso il presidio Postetutela anziche’ (OMISSIS), e dell’ (OMISSIS) con riguardo al TFR e l’indennita’ ferie e permessi non goduti.
10. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS), affidato a quattro motivi, cui ha resistito con controricorso solo (OMISSIS).
11. (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) sono rimasti intimati.
12. (OMISSIS) e (OMISSIS) depositavano memoria successiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso la societa’ (OMISSIS) ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 142 del 2001, articoli 3 e 6, L. n. 31 del 2008, articolo 7, comma 4, in relazione al c.c.n.l. Commercio Cisal e del c.c.n.l. Portieri e Custodi.
2. Ha affermato come la Corte d’appello avesse male applicato la L. n. 31 del 2008, articolo 7, nell’affermare l’obbligatorieta’ del trattamento retributivo previsto dal c.c.n.l. Multiservizi in quanto sottoscritto dalle OO.SS. comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale, trattandosi di requisito soddisfatto anche dal c.c.n.l. Portieri e Custodi, richiamato dal Regolamento cooperativo.
3. Ha dedotto l’erronea applicazione delle disposizioni sopra richiamate di cui alle L. n. 142 del 2001, n. 31 del 2008 e al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, per avere la Corte di merito escluso la compatibilita’ con le stesse del c.c.n.l. Commercio Cisal sulla base della non perfetta coincidenza del settore merceologico di tale contratto collettivo con quello contenuto nell’oggetto sociale di (OMISSIS), sebbene le norme citate non contenessero un simile precetto e sebbene l’effettiva attivita’ di (OMISSIS) coincidesse con una parte del settore contemplato dal c.c.n.l. Cisal.
4. Secondo la societa’ ricorrente, inoltre, la statuizione della Corte di merito sulla non compatibilita’ del c.c.n.l. Portieri e Custodi con le disposizioni citate poggerebbe sull’erronea interpretazione del contratto collettivo (articoli 1 e 17) come relativo ad un settore merceologico diverso dall’attivita’ oggetto dell’appalto (di guardiania di immobili di proprieta’ dell’appaltante), con la conseguenza di avere la Corte d’appello anche trascurato il dato della sottoscrizione di detto contratto da parte delle tre sigle Cgil, Cisl e Uil, al pari del c.c.n.l. Multiservizi.
5. Col secondo motivo di ricorso (OMISSIS) ha dedotto, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’articolo 2070 c.c. e degli articoli 36 e 39 Cost., per avere la Corte d’appello imposto alla societa’ datoriale l’applicazione del c.c.n.l. Multiservizi nei rapporti con i soci lavoratori, sancendo in tal modo l’estensione dell’efficacia del predetto contratto a soggetti non vincolati, secondo un meccanismo diverso da quello previsto dall’articolo 39 Cost.. Ha sottolineato come la previsione, da parte di alcuni contratti collettivi, di condizioni economiche meno favorevoli per i lavoratori non comportasse automaticamente la non congruita’ di tali trattamenti rispetto all’articolo 36 Cost. e come nel caso di specie ogni verifica di congruita’ fosse stata omessa dalla Corte d’appello.
6. Col terzo motivo la societa’ ricorrente ha censurato la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 142 del 2001, articoli 3 e 6, L. n. 31 del 2008, articolo 7, del Regio Decreto n. 2657 del 1923, articolo 1, anche in relazione all’articolo 32 bis c.c.n.l. Multiservizi, nonche’ violazione degli articoli 36 e 39 Cost..
7. Ha sostenuto come la Corte di merito avesse errato nella determinazione del quantum di differenze retributive non avendo considerato come la modifica, ad opera della L. n. 30 del 2003, della L. n. 142 del 2001, articolo 6, comma 2, avesse ampliato le ipotesi di deroga regolamentare col solo limite del trattamento economico minimo, rilevando il c.c.n.l. quale parametro esterno per determinare tali condizioni minime.
8. Ha argomentato la violazione del Regio Decreto n. 2657 del 1923 nel computo delle ore di straordinario a partire dalla quarantunesima ora, anziche’ dalla quarantaseiesima, sostenendo di aver allegato fin dal primo grado che i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) avessero orario di 45 ore.
9. Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3., dell’articolo 2697 c.c. e dell’articolo 24 Cost., per aver, la corte territoriale rigettato il motivo relativo alla circostanza che il (OMISSIS) nel periodo 16.5.2011-31.12.2011, non era assegnato al presidio (OMISSIS) ma al diverso appalto Poste Tutela e che, almeno per tale periodo, non poteva aver diritto alle pretese economiche avanzate, fondate sulla premessa di adibizione ad (OMISSIS).
10. I primi tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto investono, da diversi punti di vista, l’interpretazione e l’applicazione della disciplina dettata sul trattamento economico dei soci lavoratori di cooperativa.
15. Al riguardo sono necessarie alcune premesse.
16. La L. n. 142 del 2001, nell’ottica di estendere ai soci lavoratori di cooperativa le tutele proprie del lavoro subordinato, ha disposto all’articolo 3, comma 1, che: “Fermo restando quanto previsto dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 36, le societa’ cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantita’ e qualita’ del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo”.
11. Sulla stessa linea si colloca la previsione dell’articolo 6, comma 2, della medesima legge che, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 30 del 2003, articolo 1, comma 9, lettera f), ha stabilito come il rinvio ai contratti collettivi nazionali operasse solo per il “trattamento economico minimo di cui all’articolo 3, comma 1”, escludendo che il regolamento cooperativo potesse contenere disposizioni derogatorie in peius rispetto a tale trattamento minimo.
12. In questo contesto e’ intervenuto il Decreto Legge n. 248 del 2007, convertito in L. n. 31 del 2008, che all’articolo 7, comma 4 ha previsto: “Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di societa’ cooperative, in presenza di una pluralita’ di contratti collettivi della medesima categoria, le societa’ cooperative che svolgono attivita’ ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi della L. 3 aprile 2001, n. 142, articolo 3, comma 1, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale nella categoria”.
13. Tale previsione, come si legge in Corte Cost. n. 51 del 2015, e’ stata adottata all’indomani del Protocollo d’intesa, sottoscritto il 10 ottobre 2007 da Ministero del lavoro, Ministero dello sviluppo economico, AGCI, Confcooperative, Legacoop, CGIL, CISL, UIL, in cui il Governo assumeva l’impegno di avviare “ogni idonea iniziativa amministrativa affinche’ le cooperative adottino trattamenti economici complessivi del lavoro subordinato, previsti dalla L. 3 aprile 2001, n. 142, articolo 3, comma 1, non inferiori a quelli previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle associazioni del movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali per ciascuna parte sociale comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale nel settore di riferimento” (punto C). L’obiettivo condiviso dai firmatari del Protocollo e’ di contestare l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni datoriali e sindacali di non accertata rappresentativita’, che prevedano trattamenti retributivi potenzialmente in contrasto con la nozione di retribuzione sufficiente, di cui all’articolo 36 Cost., secondo l’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza in collegamento con l’articolo 2099 c.c.”.
14. L’articolo 7 in esame, al pari dell’articolo 3, L. n. 142 del 2001, richiama i trattamenti economici complessivi minimi previsti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’ rappresentative, quale parametro esterno e indiretto di commisurazione del trattamento economico complessivo ai criteri di proporzionalita’ e sufficienza della retribuzione, previsti dall’articolo 36 Cost., di cui si impone l’osservanza anche al lavoro dei soci di cooperative.
15. Il fatto che nel tempo sia stata attribuita alla contrattazione collettiva, nel settore privato e poi anche nel settore pubblico, il ruolo di fonte regolatrice nell’attuazione della garanzia costituzionale di cui all’articolo 36 Cost., non impedisce al legislatore di intervenire a fissare in modo inderogabile la retribuzione sufficiente, attraverso, ad esempio, la previsione del salario minimo legale, suggerito dall’OIL come politica per garantire una “giusta retribuzione” (ed oggetto della L. Delega n. 183 del 2014, articolo 1, comma 7, lettera g), in questa parte rimasta inattuata) oppure, come avvenuto nella materia in esame, attraverso il rinvio alla contrattazione collettiva.
16. L’attuazione per via legislativa dell’articolo 36 Cost., nella perdurante inattuazione dell’articolo 39 Cost., non comporta il riconoscimento di efficacia erga omnes del contratto collettivo ma l’utilizzazione dello stesso quale parametro esterno, con effetti vincolanti (cfr. Corte Cost. n. 51 del 2015).
17. La L. n. 31 del 2008, articolo 7, presuppone un concorso tra contratti collettivi nazionali applicabili in un medesimo ambito (“in presenza di una pluralita’ di contratti collettivi della medesima categoria”) e attribuisce riconoscimento legale ai trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi nazionali sottoscritti dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’ rappresentative nella categoria e quindi presumibilmente capaci di realizzare assetti degli interessi collettivi piu’ coerenti col criterio di cui all’articolo 36 Cost., rispetto ai contratti conclusi da associazioni comparativamente minoritarie nella categoria.
18. Come si legge nella sentenza della Corte Cost. n. 51 del 2015, “nell’effettuare un rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l’andamento delle dinamiche retributive nei settori in cui operano le societa’ cooperative, l’articolo censurato (Decreto Legge n. 248 del 2007, articolo 7, ndr.) si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalita’ e della sufficienza (articolo 36 Cost.) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente piu’ rappresentative”, (in tal senso anche Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del 2013).
19. Dall’assetto come ricostruito non deriva alcun rischio di lesione del principio di liberta’ sindacale e del pluralismo sindacale. La scelta legislativa di dare attuazione all’articolo 36 Cost., fissando standard minimi inderogabili validi sul territorio nazionale, a tal fine generalizzando l’obbligo di rispettare i trattamenti minimi fissati dai contratti collettivi conclusi dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’ rappresentative nella categoria, non fa venir meno il diritto delle organizzazioni minoritarie di esercitare la liberta’ sindacale attraverso la stipula di contratti collettivi, ma limita nei contenuti di garanzia tale liberta’, dovendo essere comunque garantiti livelli retributivi almeno uguali a quelli minimi normativamente imposti. Parimenti, le singole societa’ cooperative potranno scegliere il contratto collettivo da applicare ma non potranno riservare ai soci lavoratori un trattamento economico complessivo inferiore a quello che il legislatore ha ritenuto idoneo a soddisfare i requisiti di sufficienza e proporzionalita’ della retribuzione.
20. Nella fattispecie oggetto di causa, i regolamenti della societa’ cooperativa (OMISSIS) succedutisi negli anni 2007 e 2009 facevano riferimento, al fine di individuare il trattamento economico dei soci lavoratori, rispettivamente al c.c.n.l. Commercio Cisal e al c.c.n.l. Portieri e Custodi.
21. La Corte d’appello, data la pluralita’ di contratti collettivi astrattamente riferibili al settore oggetto dell’appalto (OMISSIS) s.p.a. (concernente la “guardiania di immobili di proprieta’ dell’appaltante”), ha individuato quale parametro del trattamento economico minimo obbligatoriamente applicabile ai soci lavoratori della cooperativa (OMISSIS), quello previsto dal c.c.n.l. Multiservizi.
22. Piu’ esattamente, la Corte di merito ha ritenuto che quest’ultimo contratto collettivo rispondesse ai requisiti individuati sulla base di interpretazione integrata delle disposizioni sopra richiamate, in quanto stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale e attinente alla categoria oggetto dell’appalto in questione.
23. La non utilizzabilita’, quale parametro del trattamento economico minimo, del c.c.n.l. Cisal e’ stata motivata in ragione della coincidenza solo parziale del settore e della sottoscrizione dello stesso da parte di una sola sigla sindacale, la Cisal, con conseguente difetto del requisito di sottoscrizione da parte delle associazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative quale garanzia di realizzazione di un assetto di interessi piu’ coerente con l’articolo 36 Cost..
24. Parimenti, la Corte di merito ha escluso l’utilizzabilita’ del c.c.n.l. Portieri e Custodi (esattamente “contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da proprietari di fabbricati”), quale parametro ai fini del trattamento economico minimo, in quanto relativo ad un settore non sovrapponibile a quello oggetto dell’appalto (OMISSIS) s.p.a.. L’articolo 1 del c.c.n.l. suddetto definisce il proprio ambito di applicazione come volto a disciplinare il rapporto dei lavoratori dipendenti da proprietari di fabbricati e da quelli addetti ad amministrazioni immobiliari o condominiali. Tale contratto, se pure sottoscritto dalle sigle sindacali confederali dei lavoratori (Cgil, Cisl e Uil), risulta stipulato, per parte datoriale, da un’unica organizzazione sindacale, la Confederazione italiana della proprieta’ edilizia (Confedilizia), il che non soddisfa il corrispondente requisito previsto dalla L. n. 31 del 2008, articolo 7.
25. La decisione d’appello si fonda su una corretta interpretazione ed applicazione delle disposizioni sopra richiamate e dei contratti collettivi esaminati e si sottrae pertanto alle censure di violazione di legge mosse dalla societa’ ricorrente.
26. Non possono trovare ingresso in questa sede censure che investono accertamenti in fatto, ad esempio sul grado di rappresentativita’ delle organizzazioni sindacali stipulanti, sull’oggetto dell’attivita’ di (OMISSIS) e sulla coincidenza tra questo e il settore dei contratti collettivi esaminati, e che si collocano al di fuori del vizio di violazione di legge e nell’ambito del vizio motivazionale, nel caso di specie neanche articolato secondo lo schema del nuovo articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass., S.U., n. 8053 del 2014), applicabile ratione temporis.
27. Deve precisarsi che la maggiore o minore diffusivita’ del contratto collettivo ha rilievo unicamente quale indice della misura della rappresentativita’ delle organizzazioni sindacali stipulanti, requisito quest’ultimo espressamente contemplato dalla L. n. 31 del 2008, articolo 7, e oggetto nel caso di specie di accertamento in fatto della Corte d’appello non sindacabile in questa sede di legittimita’.
28. Deve anche rilevarsi come nella fattispecie in esame non si faccia questione di deroghe in peius introdotte dal regolamento adottato dalla societa’ cooperativa (cfr. L. n. 142 del 2001, articolo 6) bensi’ di individuazione del trattamento economico utilizzabile quale parametro di una retribuzione proporzionata e sufficiente per i soci lavoratori.
29. Le disposizioni su cui si basa la decisione della Corte di merito, in particolare la L. n. 142 del 2001, articolo 3, e la L. n. 31 del 2008, articolo 7, dichiarano applicabile ai soci lavoratori di cooperativa il “trattamento economico complessivo” non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva sottoscritta dalle organizzazioni sindacali dotate dei requisiti di maggiore rappresentativita’ comparativa e l’articolo 118, comma 6, cit. impone di “osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore nel settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni”.
30. Dal combinato disposto delle norme appena richiamate emerge come il parametro rappresentato dal trattamento economico minimo previsto dalla contrattazione collettiva debba intendersi “complessivo”, quindi inclusivo della retribuzione base e delle altre voci aventi natura retributiva, ed inoltre come tale trattamento rappresenti un limite al di sotto del quale non sia possibile scendere, neanche per effetto di specifiche disposizioni derogatorie contenute nel regolamento cooperativo che, in quanto di minor favore rispetto alla contrattazione collettiva di categoria normativamente assunta a parametro dell’articolo 36 Cost., sarebbero nulle.
31. Questa Corte (Cass. n. 17583 del 2014; n. 19832 del 2013) ha gia’ affermato come “In tema di societa’ cooperative, nel regime dettato dalla L. 3 aprile 2001, n. 142, al socio lavoratore subordinato spetta la corresponsione di un trattamento economico complessivo (ossia concernente la retribuzione base e le altre voci retributive) comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, la cui applicabilita’, quanto ai minimi contrattuali, non e’ condizionata dall’entrata in vigore del regolamento previsto dalla L. n. 142 del 2001, articolo 6, che destinato a disciplinare, essenzialmente, le modalita’ di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci e ad indicare le norme, anche collettive, applicabili, non puo’ contenere disposizioni derogatorie di minor favore rispetto alle previsioni collettive di categoria”.
32. Neppure appare fondata la dedotta violazione di legge in materia di lavoro discontinuo non risultando censurata la statuizione della sentenza d’appello sulla conferma da parte di Societa’ datrice di lavoro delle mansioni svolte dai lavoratori, prive di discontinuita’.
339. Il quarto motivo di ricorso, relativo alla dedotta circostanza che il (OMISSIS) nel periodo 16.5.2011-31.12.2011, non era assegnato al presidio (OMISSIS) ma al diverso appalto Poste Tutela, risulta inconferente in quanto la corte territoriale aveva basato il rigetto della eccezione sollevata dalla societa’ sul presupposto che quest’ultima non avesse contestato la diversita’ del contenuto delle mansioni affidate al lavoratore nel predetto periodo, essendosi solo limitata a depositare documentazione attestante il calendario degli impegni dei dipendenti nei vari presidi. Rispetto a tale statuizione alcuna inversione degli oneri probatori risulta operata dal giudice d’appello, trattandosi di eccezione che richiedeva supporto allegatorio e probatorio e comunque alcuna diversa e contrastante circostanza risulta opposta in questa sede rispetto all’assunto decisiorio.
41. Per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto.
42. La regolazione delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti del lavoratore controricorrente segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Non luogo a provvedere sulle spese nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., e di (OMISSIS), rimasti intimati.
43. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ nei confronti del controricorrente (OMISSIS) che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, da distrarre in favore degli avvocati (OMISSIS).
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo articolo 13.
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