L’allegazione al testo dell’istanza di un valido documento d’identità ben lungi dal costituire un vuoto formalismo costituisce piuttosto un fondamentale onere del sottoscrittore

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 16 aprile 2019, n. 2483.

La massima estrapolata:

L’allegazione al testo dell’istanza di un valido documento d’identità ben lungi dal costituire un vuoto formalismo costituisce piuttosto un fondamentale onere del sottoscrittore, configurandosi, nella previsione ex art. 38, co 3 del DPR 445/2000, qual elemento della fattispecie normativa teleologicamente diretto a comprovare, non tanto (o meglio, non soltanto) le generalità del dichiarante, ma ancor prima l’imprescindibile nesso d’imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica, sicché tal istanza, solo se formata a norma degli art. 38 e 47 del decreto n. 445, diviene un documento con lo stesso valore giuridico di un «atto di notorietà» e, quindi, la mancata allegazione del documento di identità rende del tutto nulle ed inefficaci le dichiarazioni sostitutive, le quali devono considerarsi come del tutto omesse.

Sentenza 16 aprile 2019, n. 2483

Data udienza 14 marzo 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionaleSezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso NRG 6001/2017, proposto da Em. Br. e Ro. Pi., rappresentati e difesi dagli avv.ti Di. Va. ed Al. Ve. Di Ce., con domicilio eletto in Roma, lungotevere (…)
contro
la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ni. Pe. e Lu. Bo. ed elettivamente domiciliata in Roma, via (…), presso l’avv. Lo. e
nei confronti
Fr. Ri., non costituita in giudizio,
per la riforma
della sentenza del TRGA Trento, n. 42/2017, resa tra le parti e concernente il concorso indetto con DGP n. 269/2016, per il reclutamento del personale docente nella scuola secondaria di I e II grado;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della sola Provincia intimata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 14 marzo 2019 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Ve. Di Ce. e Pe.;
Ritenuto in fatto che:
– con deliberazione n. 269 del 4 marzo 2016, la Provincia autonoma di Trento indisse il concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato del personale docente della scuola secondaria di I e II grado (367 cattedre e 110 posti di sostegno) nelle istituzioni scolastiche provinciali a carattere statale della Provincia autonoma;
– l’art. 4 del relativo bando indicò, qual requisito specifici richiesti per l’ammissione a tal concorso, il possesso dell’abilitazione all’insegnamento per ciascuna cl. conc. cui s’intendesse partecipare o della specializzazione per il sostegno didattico agli alunni disabili;
– il successivo art. 5, n. 7) onerava i partecipanti a dichiarare il “… titolo di abilitazione posseduto o altro titolo di ammissione ai sensi dell’articolo 4, con l’esatta indicazione dell’istituzione che l’ha rilasciato, dell’anno scolastico o accademico in cui è stato conseguito, del voto riportato…”;
– i sigg. Em. Br. e Ro. Pi., quantunque privi dell’abilitazione, intesero partecipare per la cl. conc. A041 (banditi 12 posti), all’uopo presentando sì l’istanza di partecipazione al concorso de quo, ma utilizzandone però la spedizione in forma cartacea, anziché con la piattaforma informatica POLIS e senza allegarvi un documento di riconoscimento, secondo l’art. 38 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445, non necessario invece per la sola spedizione informatica;
– al contempo la sig. Bruno e consorte impugnarono innanzi al TRGA Trento, insieme a molti altri soggetti che versavano nella loro stessa situazione di base (capofila Vi. Ac.) e col ricorso NRG 92/2016, la DGP n. 269/2016 nelle parti in cui impose l’obbligatorio possesso del titolo abilitativo e la trasmissione solo in via telematica dell’istanza di partecipazione, all’uopo deducendo vari profili d’illegittimità, anche costituzionale e comunitaria;
– in particolare, i ricorrenti lamentarono di possedere un titolo di studio (laurea o titolo di pari natura) valido per l’accesso all’insegnamento ai sensi della DGP Trento n. 844 del 26 maggio 2014 (aggiornamento delle graduatorie d’istituto / docenti per il triennio 2014/17), ma d’esser stati esclusi dal concorso per mancanza del titolo abilitante all’insegnamento e per aver presentato la domanda su supporto solo cartaceo;
– i ricorrenti in primo grado proposero altresì tre distinti atti per motivi aggiunti contro: 1) -l’atto dirigenziale che dispose la loro non ammissione o l’esclusione dal predetto concorso; 2) – le varie delibere giuntali che approvarono le graduatorie dei candidati per le cl. conc. A022, A040, A041, A028 e A042; 3) – da parte soltanto di alcuni ricorrenti, le delibere giuntali che approvarono le graduatorie per le restanti classi;
– nelle more del giudizio, la sig. Bruno e consorte, ammessi con riserva a sostenere le prove di detto concorso, le superavano collocandosi all’11° e, rispettivamente, al 12° posto della graduatoria finale per la cl. conc. di appartenenza;
– con sentenza non definitiva n. 355 del 25 ottobre 2016, l’adito TAR dichiarò improcedibili il gravame introduttivo ed il primo atto per motivi per sopravvenuta carenza di interesse, nei confronti di quelli, tra i ricorrenti, che non avevano superato le prove del concorso, fissando nuova udienza per la prosecuzione del giudizio verso gli altri, compreso la sig. Bruno e consorte;
– con sentenza n. 42 del 3 febbraio 2017 e previa integrazione del contraddittorio processuale con i candidati ammessi a tal concorso, l’adito TRGA, per la parte relativa alle posizioni della sig. Bruno e consorte, ne ha dichiarato inammissibile la pretesa azionata, sia perché essi produssero un ricorso collettivo e cumulativo (con riguardo a posizioni molto differenziate tra i consorti), sia perché essi presentarono sì l’istanza di partecipazione in forma cartacea ma senza allegare la necessaria copia del documento di riconoscimento ai sensi dell’art. 38, co. 3 del DPR 445/2000 (non fu mero errore materiale);
– hanno appellato quindi la sig. Bruno e consorte, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per:
a) la piena legittimità del ricorso collettivo, proposto sì da una pluralità di soggetti con posizione diverse, ma non in modo simultaneo contro concorsi distinti, bensì da tutti contro sole le due clausole dell’unico bando relativo ad un solo concorso (distinto per classi) ed in possesso tutti dello stesso titolo (laurea) o equipollente;
b) l’inapplicabilità nella specie dell’obbligo ex art. 38, co. 3 del DPR 445/2000, poiché il bando non previde detto obbligo ma, anzi, questo sarebbe stato comunque irrilevante ai fini dell’ammissione al concorso -allo svolgimento delle cui prove essi, come tanti altri candidati, furono ammessi solo grazie alle misure cautelari a suo tempo disposte dal Giudice di prime cure- e, in quanto non richiesto a pena d’esclusione dal bando, non avrebbe potuto rendere inammissibile la domanda in forma cartacea, all’uopo soccorrendo l’art. 71, co. 3 del DPR 445/2000 (invito al perfezionamento delle domande incomplete o con irregolarità ), obbligo non richiesto certo agli altri candidati;
c) non aver statuito sull’applicabilità nella specie del regime derogatorio ex art. 402 del D.lgs. 16 aprile 1994 n. 297 per i titoli definiti dagli artt. 3 e 4 della l. 19 novembre 1990 n. 341, secondo le disposizioni del DM 24 novembre 1998 n. 460, visto che la Provincia intimata non ha attivato per tempo, né finora i procedimenti per quell’abilitazione invece richiesta ai fini dell’ammissione a tal concorso;
d) la violazione della dir. n. 2005/36/CE, che regola le professioni, tra cui quella docente, tant’è che la laurea, già sufficiente per l’iscrizione nella III fascia delle graduatorie d’istituto, lo è pure per l’accesso all’insegnamento per una determinata classe concorsuale;
e) non aver statuito l’improcedibilità dell’impugnazione attorea, a seguito del superamento delle prove d’esame del concorso e della collocazione degli appellanti in posizione utile in graduatoria, dati, questi, che ne hanno consolidato la posizione personale in base all’art. 4, co. 2-bis del DL – s’è costituita in giudizio la Provincia intimata, concludendo per il rigetto dell’appello;
Considerato in diritto che:
– lamentano gli appellanti l’erroneo accoglimento dell’eccezione della Provincia intimata in ordine alla sussistenza in primo grado, in capo anche a loro -che proposero il relativo ricorso insieme ad un folto gruppo di altri soggetti non titolati per la stessa classe di concorso di essi-, dei presupposti affinché fosse ammissibile tal gravame collettivo, né quello cumulativo;
– non dura fatica il Collegio a dar atto alla P.A. intimata dell’estrema varietà di situazioni personali e professionali in cui versavano i ricorrenti in primo grado, con riguardo alle differenze di titoli di studio, dell’epoca del loro conseguimento, delle discipline per le quali intendevano concorrere e via di seguito, ma si tratta d’una questione irrilevante rispetto all’oggetto del contendere, riassumibile in sintesi, nella (pretesa) illegittima fissazione dei requisiti d’ammissione al concorso indetto dalla Provincia per il reclutamento di docenti per le scuole secondarie di I e di II grado (posti comuni e di sostegno), nonché nelle modalità di presentazione delle loro istanze di partecipazione;
– per vero, nell’un caso (ricorso collettivo) è jus receptum (cfr., ancora da ultimo, Cons. St., VI, 15 giugno 2018 n. 3705; id., IV, 25 ottobre 2018 n. 6075; id., VI, 15 gennaio 2019 n. 382) il principio per cui non osta al ricorso collettivo la diversità delle situazioni di fatto dei ricorrenti ove l’identità delle situazioni sostanziali, fatte valere dai ricorrenti, si correli alla comune lesione che essi reputino d’aver subito tutti e ciascuno da un’unica statuizione della P.A., trascendente la vicenda personale di ognuno di loro (p. es. le facoltà partecipative di cui sono titolari) e che non crei di per sé sola situazioni, pure potenziali, di conflitto d’interessi tra di loro (cfr. così Cons. St., IV, 16 maggio 2018 n. 2910);
– circa poi il ricorso cumulativo, non sfugge al Collegio il principio (ben sintetizzato in Cons. St., V, 4 gennaio 2018 n. 51) in virtù del quale, nel processo amministrativo, il ricorso cumulativo, cioè la proposizione contestuale ed uno actu di più domande -anche d’accertamento e ciascuna diretta nei confronti di un separato atto o vicenda-, pur non essendo precluso in astratto ha comunque carattere eccezionale, nel senso che questo Giudice può esser adito con tal tipo di gravame solo se ricorra una connessione oggettiva tra gli atti impugnati o le vicende dette, riferibili ad una stessa ed unica sequenza procedimentale o iscrivibili all’interno della medesima azione amministrativa;
– ciò implica, dunque, la contestazione di tal azione nel suo complesso, cosa, questa, che è accaduta nella specie ove tanto gli appellanti, quanto i suoi consorti hanno impugnato man mano i singoli arresti procedimentali di un unico concorso a pubblici impieghi;
Considerato nondimeno che:
– nel merito, comunque, l’appello non è fondato e va respinto, con riguardo all’obbligo d’allegare a detta istanza il documento di riconoscimento, com’è necessario per le domande di partecipazione a concorsi pubblici, proposte in forma diversa da quella telematica;
– come s’è visto, il TRGA, come d’altronde le stesse parti insistono nel citare l’art. 38, co. 3 del DPR 445/2000 il quale va letto in una col successivo art. 39, se estrapolato dal suo contesto, potrebbe esser fonte di equivoci, più o meno volontari, sulla portata degli obblighi e delle facoltà connesse all’uso, piuttosto che un altro, delle modalità di presentazione di dette istanze;
– detto art. 38, nel testo oggi vigente e tale anche per i fatti di causa (2016), recita:
“… 1. Tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica.
2. Le istanze e le dichiarazioni inviate per via telematica, ivi comprese le domande per la partecipazione a selezioni e concorsi per l’assunzione, a qualsiasi titolo, in tutte le pubbliche amministrazioni, o per l’iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti presso le pubbliche amministrazioni, sono valide se effettuate secondo quanto previsto dall’articolo 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
3. Le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi della amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici servizi sono sottoscritte dall’interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. La copia dell’istanza sottoscritta dall’interessato e la copia del documento di identità possono essere inviate per via telematica…”;
– il successivo art. 39, che novella e sostituisce ogni contraria disposizione del DPR 9 maggio 1994 n. 487 e dell’art. 3 della l. 15 maggio 1997 n. 127 sulla sottoscrizione delle istanze di partecipazione a concorsi pubblici, dispone che tal sottoscrizione “… non è soggetta ad autenticazione…”
– dalla serena lettura congiunta delle due disposizioni s’evince tanto l’assenza di obblighi, da parte di chi presenta un’istanza di partecipazione a concorsi pubblici in via telematica -che è la modalità in uso dalla Provincia-, all’uopo soccorrendo l’art. 65 del D.lgs. 82/2005 (CAD), nel testo vigente ratione temporis, ai fini dell’esatta identificazione del proponente secondo il modo prescelto o indicato dalla P.A.;
– in secondo luogo, v’è l’obbligo, in capo a chi adopera altre modalità per presentare tal istanza, di seguire esclusivamente la regola dell’art. 38, co. 3, non coperta dalla semplificazione telematica indicata dal CAD e tale da imporre la sottoscrizione dell’istanza con l’allegazione contestuale della copia del documento di riconoscimento;
– a tal riguardo, reputa necessario il Collegio enunciare il principio di diritto per cui l’allegazione al testo dell’istanza di un valido documento d’identità, ben lungi dal costituire un vuoto formalismo, costituisce piuttosto un fondamentale onere del sottoscrittore, configurandosi, nella previsione ex art. 38, co 3 del DPR 445/2000, qual elemento della fattispecie normativa teleologicamente diretto a comprovare, non tanto (o meglio, non soltanto) le generalità del dichiarante, ma ancor prima l’imprescindibile nesso d’imputabilità soggettiva della dichiarazione ad una determinata persona fisica, sicché tal istanza, solo se formata a norma degli art. 38 e 47 del decreto n. 445, diviene un documento con lo stesso valore giuridico di un “atto di notorietà ” e, quindi, la mancata allegazione del documento di identità rende del tutto nulle ed inefficaci le dichiarazioni sostitutive allegate alla domanda di partecipazione al concorso (non sanabili in alcun caso e certo non con le regole del soccorso istruttorio in materia di appalti, invocate dall’appellante per la prima volta in questa sede, pur se vigenti dal 2014), le quali devono considerarsi come del tutto omesse, ossia in violazione di legge e del bando;
– in primo grado e nel primo atto per motivi aggiunti, parte appellante ed i suoi consorti si dolsero:
a) della violazione, a seguito della scelta del bando sull’esclusività dell’invio telematico delle loro istanze, dell’art. 4, commi 1 e 2 del DPR 487/1994, il quale però è malamente invocato, sia perché tal fonte secondaria non prende (più ) partito (fin dall’art. 3 della l. 127/1997) sulle modalità della sottoscrizione delle istanze, sia perché l’appellante scelse la forma cartacea ma non per questo fu escluso dal concorso, fermo restando che l’art. 4 è stato integrato più volte dalle successive fonti superiori o equiordinate;
b) dell’eccesso di potere in cui incorse la P.A. per averli esclusi a causa della mancata allegazione dei documenti di riconoscimento, non avvedendosi gli appellanti, tuttavia, che tal esclusione fu non una scelta discrezionale di detta P.A., ma la conseguenza diretta del loro inadempimento d’una norma applicabile naturaliter alla modalità di presentazione prescelta delle istanze de quibus;
– nel secondo atto per motivi aggiunti innanzi al TRGA, gli appellanti ribadirono tali censure, ma pure queste ultime non hanno senso, giacché non la P.A., ma gli appellanti stessi hanno utilizzato una modalità non prevista dal bando e, una volta scelta questa strada, erano loro opponibili tutte le norme regolatrici, ancorché non espressamente richiamate in un bando da loro disatteso ab imis, di tal modalità di presentazione, essendo inesigibile ogni diverso o più mite comportamento della Provincia intimata, né un qualunque obbligo di soccorso istruttorio, quello sì indebito e contrario ad ogni sana regola di par condicio;
– in disparte il novum in appello su tal aspetto ed anche a voler seguire la tesi attorea su una sorta di automatica trasposizione del soccorso istruttorio in tema di appalti pubblici nel caso in esame, gli appellanti non tengono conto dello scopo di tal istituto, certo di carattere e d’uso generale (cfr., per tutti, Cons. St., III, 14 giugno 2017 n. 2930), ma che è ammissibile se volto a chiarire e completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti o talune oscurità del loro significato (cfr. Cons. St., V, 14 novembre 2017 n. 5240; id., V, 10 aprile 2018 n. 2180), non a consentire la produzione di dichiarazioni o di documenti che si sarebbero dovuti produrre in una con l’istanza di partecipazione, pena, altrimenti, la violazione della par condicio dei concorrenti (così Cons. St., V, 1° agosto 2018 n. 4765);
– se è vero il ricorso al soccorso istruttorio per evitare che irregolarità e inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare i candidati più meritevoli e, più in generale, per escludere la nociva “corsa ad ostacoli” tra adempimenti burocratici complessi e non necessari per l’oggetto della procedura (arg. ex Cons. St., III, 6 agosto 2018 n. 4833), tal istituto è inutilizzabile in tutti i casi di domanda incompleta o non veritiera o non intelligibile o inappropriata (arg. ex Cons. St., V, 27 dicembre 2018 n. 7262; id., 4 febbraio 2019 n. 827), sui requisiti soggettivi d’ammissione del candidato (cfr. Cons. St., III, 22 febbraio 2019 n. 1237) o sull’imputabilità dell’istanza stessa al proponente (arg. ex Cons. St., V, 2 maggio 2017 n. 1975);
– non a diversa conclusione può il Collegio pervenire con riguardo al soccorso istruttorio previsto dall’art. 6, co. 1, lett. b) della l. 241/1990, istituto non invocabile nell’ambito del procedimento quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui si configurino in capo al partecipante obblighi di correttezza, specificati col richiamo alla clausola generale della buona fede e dell’autoresponsabilità, che impongono a quest’ultimo di assolvere oneri minimi di cooperazione e di diligenza quali il dovere di compilare moduli e di presentare documenti secondo quanto indicato dalla legge o dalla P.A. (cfr. Cons. Stato, IV, 20 febbraio 2019 n. 1180);
Considerato altresì che:
– non sfugge certo al Collegio il fondamentale arresto della Sezione (cfr. Cons. St., VI, 11 giugno 2018 n. 3546) sull’interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata dell’art. 1, co. 110 della l. 13 luglio 2015 n. 107, sulla cui scorta il concorso de quo fu bandito ed in forza del quale è sì astrattamente possibile ammettere a quest’ultimo soltanto i soggetti abilitati (ossia muniti di titolo specifico, ulteriore alla laurea), ma ciò sarebbe in realtà un concorso riservato a quei pochi che, per puro caso, riuscirono ad accedere ai vari tipi di corsi abilitanti (oltre ad aver svolto un’attività di servizio non di ruolo) e, dunque, in contrasto con l’art. 97, III co., Cost. e con l’art. 1, commi 110 e 114 della l. 107/2015, che di concorso “pubblico” trattano;
– in tal caso, tal interpretazione, conforme allo scopo della l. 107/2015 -ossia il superamento del precariato come canale unico o preferenziale d’accesso all’insegnamento, risultato certamente non raggiungibile ove non si consentisse di partecipare al concorso anche a chi un servizio precario non avesse mai prestato-, implica il riferimento alla disciplina di transizione dal previgente regime al sistema dei titoli definiti dagli artt. 3 e 4 della l. 341/1990, cioè l’art. 402 del D.lgs. 297/1994;
– quest’ultimo recita: “fino al termine dell’ultimo anno dei corsi di studi universitari per il rilascio dei titoli previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 19 novembre 1990 n. 341, ai fini dell’ammissione ai concorsi a posti e a cattedre di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, è richiesto il possesso dei seguenti titoli di studio: a) diploma conseguito presso le scuole magistrali o presso gli istituti magistrali, od abilitazione valida, per i concorsi a posti di docente di scuola materna; b) diploma conseguito presso gli istituti magistrali per i concorsi a posti di docente elementare; c) laurea conformemente a quanto stabilito con decreto del Ministro della pubblica istruzione, od abilitazione valida per l’insegnamento della disciplina o gruppo di discipline cui il concorso si riferisce, per i concorsi a cattedre e a posti di insegnamento nelle scuole secondarie, tranne che per gli insegnamenti per i quali è sufficiente il diploma di istruzione secondaria superiore”, fattispecie che potrebbe riguardare, tra gli altri, pure gli odierni appellanti quali semplici laureati in ingegneria;
– a ciò ostano, per un verso, la legittima esclusione degli appellanti per il sol fatto di aver omesso di allegare il documento di riconoscimento alla loro domanda proposta in formato cartaceo e, quindi, l’insanabile invalidità di essa e, per altro verso, le circostanze che la sig. Bruno si laureò nel 2005 e il sig. Pirri nel 2007 e, quindi, non poterono partecipare ad alcuno dei percorsi abilitativi attivati in vari Atenei italiani prima di quelle date, ma non consta che essi ebbero l’interesse di parteciparvi in un secondo tempo;
– per vero gli appellanti hanno partecipato al concorso de quo per le classi A040, A041 e A060 -anche se hanno sostenuto, con riserva, le prove solo per la cl, conc. A040 (senza superarle) e per la cl. conc. A041-, ma la citata disciplina di salvaguardia non è loro applicabile, in quanto, a parte l’ampia gamma di classi cui essi avrebbero potuto concorrere grazie alla loro laurea, per quelle per le quali hanno chiesto di svolgere le prove si son tenuti vari percorsi abilitativi nel tempo intercorso tra la loro laurea ed il bando del concorso stesso;
– in particolare, per la cl. conc. A040 furono attivati un PAS nel 2013 ed un TFA di 2° ciclo nel 2014, mentre per la cl. conc. A040 vi fu il SSIS nell’a. acc. 2006/2008 ed il PAS nel 2013, tenuto conto altresì che pure per cl. A060, vi fu il concorso pubblico a cattedre del 2012 (aperto a tutti i laureati) ed il PAS del 2013;
– va quindi accolta l’eccezione della Provincia intimata circa l’impossibilità, per gli appellanti, di invocare la predetta salvaguardia -utilizzabile, invece, per tutti coloro che non ebbero serie chance di prender parte a nessun percorso abilitativo a causa del breve tempo tra il titolo conseguito ed il bando del concorso-, non certo per chi, come gli appellanti confessano nella memoria conclusiva, obietta all’Università degli Studi di Trento la mancata attivazione di detti percorsi, invece svolti altrove, cui gli appellanti stessi hanno liberamente rinunciato, a loro dire per gli incarichi di breve periodo non di ruolo in scuole nella Provincia di Trento, scelta, questa, inopponibile a detta P.A. ed alle regole del bando;
– non convince poi il richiamo attoreo alla dir. n. 2005/36/CE sulle professioni regolamentate, in quanto l’art. 1, commi 1 e 2 del D.lgs. 9 novembre 2007 n. 206, nel recepire tale fonte comunitaria, ne esclude l’applicazione alle professioni “… il cui svolgimento sia riservato dalla legge a professionisti in quanto partecipi sia pure occasionalmente di pubblici poteri…” e fa “… salve le disposizioni che disciplinano l’accesso al pubblico impiego…”, quindi anche il personale docente della scuola pubblica, costituito appunto da lavoratori subordinati pubblici;
– sfugge per vero il senso, come si vede del tutto vano, della pretesa attorea di adoperare il vocabolo della normativa UE “qualifica professionale”, visto che quella d’insegnante non è una professione regolamentata ai sensi dell’art. 33 Cost., come se, per il sol fatto che i laureati possano insegnare per supplenze di breve durata, essi sarebbero automaticamente abilitati all’insegnamento;
– si tratta d’una pretesa priva d’ogni fondamento giuridico e fattuale, tant’è che neppure il futuro regime concorsuale la ammetterà, l’abilitazione divenendo piuttosto un necessario posterius rispetto al superamento del concorso, ma senza con ciò esser abolita;
– ancor meno fondato è il richiamo attoreo all’art. 4, co. 2-bis del DL 115/2005, essendo ormai jus receptum (cfr., di recente, Cons. St., VI, 27 settembre 2016 n. 3978; id., 12 ottobre 2017 n. 4730) il principio per cui tal disciplina eccezionale di sanatoria (dunque, non suscettibile di applicazione analogica), contenuta nella citata disposizione, concerne in via esclusiva gli esami d’idoneità per l’accesso a libere professioni, non già le procedure selettive e concorsuali per l’accesso a pubblici impieghi;
– in definitiva, l’appello va così respinto, ma la complessità della vicenda contenziosa suggerisce la compensazione integrale, tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso NRG 6001/2017 in epigrafe), lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 marzo 2019, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere

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