Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 22 marzo 2019, n. 8274.
La massima estrapolata:
Nell’ambito della disciplina introdotta dall’art. 2467 comma 1 cod. civ., occorre distinguere tra la regola dettata dalla prima parte, che dispone la postergazione del rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci, ed il rimedio previsto dalla seconda parte della medesima disposizione, che pone a carico dei soci l’obbligo di restituire i rimborsi ottenuti nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della società. Tale rimedio, pur costituendo applicazione della predetta regola, è destinato a operare esclusivamente in caso di fallimento della società. Non essendo la domanda proposta dal curatore annoverabile tra le azioni rinvenute nel patrimonio della società fallita, ma trattandosi di un’azione che trae origine dal fallimento, non può trovare applicazione la speciale competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, restando la controversia devoluta alla competenza funzionale del tribunale che ha dichiarato il fallimento, ai sensi dell’art. 24 legge fall.
Ordinanza 22 marzo 2019, n. 8274
Data udienza 18 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE PRIMA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGLIO Rosa Maria – Presidente
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. MARULLI Marco – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21456-2017 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2470/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/12/2018 dal Consigliere Dott. DOLMETTA ALDO ANGELO.
FATTI DI CAUSA
1.- La s.p.a. (OMISSIS) in Amministrazione straordinaria ha convenuto avanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la s.r.l. (OMISSIS) chiedendo, ai sensi del Decreto Legislativo n. 270 del 1999, articolo 49 e articolo 67 L. Fall., la revoca di pagamenti fatti dalla societa’ in bonis, con connessa condanna alla restituzione delle relative somme.
2.- La pronuncia n. 841/2014 del Tribunale campano ha accolto la richiesta di revocatoria, con riferimento all’ipotesi configurata nella norma dell’articolo 67 L. Fall., comma 2.
3.- Con sentenza depositata il 6 giugno 2017, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato l’appello proposto dalla s.r.l. (OMISSIS), per l’effetto confermando la sentenza impugnata.
4.- La Corte territoriale ha, prima di tutto, respinto l’eccezione di incompetenza per materia, formulata dalla (OMISSIS) sulla base dell’assunto che, trattandosi di azione intesa a conseguire la revoca di un “trasferimento di fondo infragruppo, mascherato da operazione finanziaria”, la stessa andava inquadrata tra le azioni tendenti alla modificazione di rapporti societari, con conseguente applicazione della competenza funzionale del tribunale delle imprese.
Ha rilevato in proposito la sentenza che la “competenza del giudice adito e’ stata ravvisata sulla scorta della previsione di cui all’articolo 24 L.F. e sulla considerazione della natura “speciale” di tale disposizione”. Pure aggiungendo che, nella specie, e’ “stato impugnato il rimborso (parziale) di interessi relativi a un finanziamento effettuato da (OMISSIS) direttamente a (OMISSIS) e oggetto di accollo da parte di (OMISSIS), socio unico di (OMISSIS)”: dunque, “oggetto della revocatoria non e’ il finanziamento, bensi’ il rimborso dello stesso (anzi, degli interessi)”; “giammai si e’ fatta questione in ordine alla natura del credito di rimborso del socio, in quanto postergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, ai sensi dell’articolo 2467 c.c., comma 1”.
5.- A fronte delle contestazioni mosse dalla s.r.l. (OMISSIS), la sentenza ha inoltre ribadito, in particolare, la presenza della scientia decoctionis in capo alla societa’ accipiens. Rilevando, in via segnata, come la “(OMISSIS) gia’ all’epoca del pagamento (due mesi prima della dichiarazione di insolvenza) fosse in stato di dissesto”; come “tale situazione emergesse ampiamente dai dati di bilancio e che fosse quindi, per cosi’ dire, di pubblico dominio”; come, comunque, non sia “seriamente revocabile in dubbio che di tale situazione fosse ben edotta il suo socio unico, (OMISSIS)”, “considerata anche la coincidenza del gruppo dirigente”.
Il fatto poi che la (OMISSIS) si sia “adoperata fino all’ultimo per il risanamento della (OMISSIS)” – ha concluso la sentenza – e’ da intendere come “ulteriore elemento a sostegno della conoscenza dello stato di insolvenza: “infatti, se il socio unico versa nelle casse della societa’ partecipata una somma di denaro rilevante, non e’ perche’ e’ inconsapevole della reale situazione, ma proprio perche’ e’ perfettamente conscio della necessita’ di fornire liquidita’ alla stessa”.
6.- Avverso la pronuncia della Corte di Appello ricorre la s.r.l. (OMISSIS), affidandosi a due motivi di cassazione.
Resiste, con controricorso, il Commissario straordinario della (OMISSIS) in a.s..
Il ricorrente ha anche depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7.- Il primo motivo di ricorso e’ rubricato “sul difetto di competenza per materia del Tribunale di S. Maria Capua Vetere in favore del Tribunale delle imprese di Napoli – violazione e/o falsa applicazione ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 67 L. Fall., Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1, articolo 2, comma 1, lettera d), articolo 24, L. Fall., articolo 2476 c.c., comma 1, articolo 2497 quinquies c.c.”.
Sostiene in proposito il ricorrente che “la qualificazione del pagamento a favore di (OMISSIS) – operata dalla procedura attorea – come finanziamento soci rimanderebbe alla disciplina di cui all’articolo 2467 c.c. e dell’articolo 2497 quinquies c.c., ossia a un’azione che puo’ essere esercitata dinanzi alla sezione specializzata delle imprese”. L’azione ex articolo 2467 c.c. “ha la propria fonte nel codice civile e non nella legge fallimentare” e mostra di “possedere lineamenti strutturali non assimila bili a quelli propri della revocatoria fallimentare”.
8.- Cio’ posto, il ricorrente aggiunge, da un lato, che “l’oggetto dell’azione resta… legato alla natura dell’obbligazione sottostante all’atto oggetto di revocatoria” e che, dunque, “e’ sicuramente errata” l’affermazione della Corte di Appello, per cui nella specie oggetto dell’azione non e’ il finanziamento, ma il rimborso degli interessi dello stesso. Questo – si afferma perche’ “gli interessi sono accessori della prestazione principale e da questa non possono distinguersi da un punto di vista causale”. Si’ che l’azione esperita dalla curatela deve ritenersi diretta a conseguire la “revoca di un asserito trasferimento di fondi infragruppo, mascherato da operazione finanziaria”.
9.- Dall’altro, e conclusivamente, che “l’erronea qualificazione dell’azione (revocatoria e non restituzione di finanziamento soci) ha determinato un erroneo radicamento della competenza del Tribunale fallimentare (ex articolo 24 L. Fall.), anziche’ di quello delle imprese di Napoli.
10.- L’assunto complessivamente svolto dal ricorrente si focalizza, in sostanza, nella censura per cui la sentenza della Corte di Appello (al pari di quella del primo grado) avrebbe errato nel qualificare la domanda proposta dall’Amministrazione straordinaria sotto due distinti punti di vista: uno, perche’ l’azione realmente svolta sarebbe non una revocatoria, bensi’ un’azione ex articolo 2467 c.c.; l’altro, perche’ l’azione avrebbe ad oggetto non un pagamento, ma una complessa operazione di “trasferimento fondi infragruppo”.
Di fronte a quest’ordine di censure si deve in via preliminare osservare che, secondo l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di questa Corte, il “principio secondo cui l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti da’ luogo a un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile nell’ambito dell’error in procedendo” (Cass., 25 luglio 2017, n. 25259).
Qual e’ quello che in ultima analisi viene prospettato dal ricorrente, in quanto attinente alla ripartizione tra la competenza funzionale del tribunale fallimentare e quella delle sezioni specializzate in materia di impresa.
11.- Nel merito, il motivo non merita di essere accolto.
Facendo richiamo, in proposito, al principio della ragione piu’ liquida, e’ dunque da rilevare che l’azione promossa dall’Amministrazione Straordinaria risulta comunque intesa al “recupero” di una somma di danaro corrispondente a quella a suo tempo versata da (OMISSIS) in bonis a (OMISSIS).
Le conclusioni formulate dall’attore in primo grado fanno, invero, espresso, formale riferimento a una inefficacia (“revoca”, con connessa “condanna alla restituzione”) “di pagamenti per complessivi Euro 70.000,00” (per il rilievo che, nell’attivita’ qualificatoria, viene ad assumere la “formulazione testuale” v., da ultimo, Cass., 20 luglio 2018, n. 19435).
Del resto, lo stesso ricorrente viene a rilevare – la’ dove ritiene di dare concretezza alla generica (e ambigua) formula del “trasferimento fondi infragruppo, mascherato da operazione di finanziamento” – che quanto “accaduto nella specie” e’ stato “restituire le somme versate” (aggiungendo, poi, “a titolo di finanziamento soci”).
12.- Ora, e’ sicuro che, nella prospettiva dell’azione revocatoria, il versamento di danaro a suo tempo fatto da (OMISSIS) in bonis e’ da qualificare nei termini propri di “pagamento”.
Soluzione non diversa, peraltro, e’ accogliere pure nella prospettiva dell’azione ex articolo 2467 c.c., che’ la restituzione di un finanziamento socio rimane pure sempre un pagamento (dell’obbligazione di restituzione per l’appunto gravante sul debitore, con l’accessorio degli interessi compensativi). E tale rimane sia che il versamento sia imputato al capitale, sia che sia imputato agli interessi (il punto risultando del tutto indipendente dalla natura accessoria dell’obbligazione degli interessi, pur molto sottolineata dal ricorrente).
Si tratta, peraltro, di adeguare l’osservazione allo specifico contesto normativo proposto dell’articolo 2467 c.c.. E’ dunque da ritenere sicuro che l’azione svolta dall’Amministrazione straordinaria richiama l’ipotesi prevista dalla parte finale del comma 1 della disposizione (“se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della societa’”, il rimborso del finanziamento “deve essere restituito”), non quella di cui alla parte iniziale del medesimo (“il rimborso del finanziamento… e’ postergato”).
13.- Ha rilevato la recente pronuncia di Cass., 24 ottobre 2017, n. 25163 che, “nell’ambito della disciplina introdotta dall’articolo 2467, comma 1, occorre distinguere tra la regola dettata dalla prima parte, che dispone la postergazione del rimborso dei finanziamenti effettuati dai soci,… e il rimedio previsto dalla seconda parte della medesima disposizione, che pone a carico dei soci l’obbligo di restituire i rimborsi ottenuti nell’anno precedente alla dichiarazione di fallimento della societa’. Tale rimedio, pur costituendo applicazione della predetta regola, e’ destinato a operare esclusivamente in caso di fallimento della societa’”.
“Non essendo la domanda proposta dal curatore annoverabile tra le azioni rinvenute nel patrimonio della societa’ fallita,… ma trattandosi di un’azione che trae origine dal fallimento, non puo’ trovare applicazione la speciale competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa…, restando la controversia devoluta alla competenza funzionale del tribunale che ha dichiarato il fallimento, ai sensi dell’articolo 24 L. Fall.”.
Il Collegio ritiene di dare senz’altro continuita’ a questo orientamento.
14.- Il secondo motivo di ricorso e’ intestato “violazione e falsa applicazione ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, dell’articolo 67 L.F. e dell’articolo 2467 c.c.”.
Il ricorrente lamenta, qui, che la Corte napoletana abbia ritenuto provata la conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore poi dichiarato insolvente.
“i dati di bilancio, laddove possano mai essere qualificati come di “pubblico dominio” possono al piu’ rappresentare un elemento presuntivo”, si assume in specie, “Un elemento presuntivo non puo’ certo bastare, ma deve essere accorpato ad altri”.
“Secondo la Corte l’ulteriore elemento sarebbe la qualita’ di socio (di (OMISSIS)) di (OMISSIS) in A.S.”. “Insomma, in realta’ il primo indizio” – nota criticamente il ricorrente – “e l’unica ulteriore prova della conoscenza vanno accorpati in un unico elemento indiziario”: “essere soci non puo’ mai essere disgiunto dal conoscere i bilanci”.
15.- Il motivo e’ inammissibile.
Lo stesso infatti si risolve senza residui nel chiedere una nuova valutazione degli elementi di fatto e del materiale probatorio prodotto. Che e’ esame riservato ai giudici di merito e quindi precluso al sindacato di questa Corte, fuori che nel caso del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, peraltro non invocato dal ricorrente.
16.- In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida nella somma di Euro 4.600,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi).
Da’ atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, secondo il disposto dell’articolo 13, comma 1 bis.
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