Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 5 marzo 2019, n. 6320.
La massima estrapolata:
Il diritto di surrogazione dell’assicuratore che ha pagato un’indennità all’assicurato danneggiato ex articolo 1916 del Cc si risolve in una peculiare forma di successione nel diritto di credito dell’assicurato verso il terzo responsabile, nei limiti dell’indennizzo versato, che non incide sull’identità oggettiva del credito. Deriva da quanto precede, pertanto, che in tema di prescrizione rimane applicabile il termine previsto dalla legge in relazione all’originaria natura del credito, e l’assicuratore può giovarsi degli atti interruttivi posti in essere dal danneggiato prima del verificarsi della surrogazione, così come il suo diritto può risultare pregiudicato dalla prescrizione anteriormente maturatasi per l’inerzia del medesimo danneggiato.
Sentenza 5 marzo 2019, n. 6320
Data udienza 19 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 12417-2017 Proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) quali eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (OMISSIS) in persona del Direttore della Direzione Centrale Rapporto Assicurativo Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS) SNC, in persona dei soci ed amministratori (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e contro
(OMISSIS) SpA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1164/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 11/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FIORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. (OMISSIS) ed (OMISSIS), in qualita’ di eredi del genitore (OMISSIS), gia’ amministratore della (OMISSIS) snc, ricorrono affidandosi a nove motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Genova che, riformando la pronuncia del Tribunale di Chiavari, dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione, aveva riconosciuto la concorrente responsabilita’ del padre degli odierni ricorrenti nella causazione del sinistro mortale a seguito del quale era deceduto (OMISSIS), capocantiere e responsabile della sicurezza della (OMISSIS) snc: l’incidente si era verificato a causa dell’improprio utilizzo di una pala meccanica pilotata dal (OMISSIS) ed usata come appoggio, attraverso la benna, su una parete rocciosa dalla quale il (OMISSIS) era rovinosamente precipitato.
2. Gli intimati hanno resistito con controricorso.
3. L’INAIL ha depositato anche memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata applicazione dell’articolo 11 preleggi, dell’articolo 2947 c.c., comma 3 e articolo 2943 c.c., nonche’ l’omessa applicazione della L. n. 251 del 2005 e dell’articolo 157 c.p.
Premesso che l’incidente risaliva al (OMISSIS), lamentano infatti che la Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto inapplicabile al giudizio civile la c.d. “prescrizione abbreviata” introdotta dalla L. n. 251 del 2005 (c.d. Legge Cirielli).
1.1. Contestano, inoltre, che nonostante il capo di imputazione fosse riferito al reato previsto dall’articolo 589 c.p.c., comma 1, il reato ascritto al (OMISSIS) fosse stato qualificato come “omicidio colposo per violazione di norme antinfortunistiche”; e che fosse stato erroneamente applicato l’articolo 2947 c.c., u.c., con la conseguenza che il termine di prescrizione era stato fatto nuovamente decorrere dal momento in cui la sentenza penale era divenuta irrevocabile, con decisione contrastante con quanto previsto espressamente dalla norma.
1.2. Il motivo e’ infondato.
Questa Corte, sulla specifica questione, ha avuto modo di affermare che “sebbene il regime della prescrizione penale sia cambiato (L. 5 dicembre 2005, n. 251), va, tuttavia, osservato che la prescrizione da considerare, ai fini civilistici di cui all’articolo 2947, comma 3, e’ quella prevista alla data del fatto, mentre i principi di cui all’articolo 2 c.p. attengono solo agli aspetti penali, per effetto di successioni di leggi penali nel tempo.” (cfr. Cass. SUU 581/2008).
Ed e’ stato altresi’ chiarito che “quando non vi sia stata costituzione di parte civile nel procedimento penale, con la prescrizione del reato si prescrive anche il diritto al risarcimento del danno, data l’equiparazione fra le due prescrizioni; se, invece, vi e’ stata costituzione di parte civile, si verifica l’interruzione con effetto permanente per tutta la durata del processo e tale termine ricomincia a decorrere dalla data in cui diviene irrevocabile la sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per essersi il reato estinto per prescrizione” (cfr. ex multis Cass. 14450/2001; Cass. 10015/2003; Cass. 872/2008; Cass. 17226/2014; Cass. 28456/2017).
1.3. La Corte d’Appello, prendendo le mosse anche dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 393/2006 (cfr. 14 sentenza impugnata) e ben inquadrando i diversi effetti da essa derivanti in relazione alla parte danneggiata che si sia tempestivamente costituita parte civile nel processo penale contro l’imputato, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati.
1.4. Infatti, tenuto conto che il fatto dannoso risale al (OMISSIS); che il termine di prescrizione, al tempo, era decennale; che la costituzione di parte civile, con effetto interruttivo, risaliva al 14.4.2004 e che la sentenza penale era divenuta irrevocabile il 17.12.2007, i giudici d’appello hanno ritenuto che da tale ultima data la prescrizione aveva iniziato nuovamente a decorrere ed era stata ulteriormente interrotta dalla notifica dell’atto di citazione del giudizio in esame avvenuta il 28.12.2008: in tal modo e’ stato correttamente affermato, da una parte, che, agli effetti civili, il termine di prescrizione e’ quello vigente all’epoca del fatto per il reato commesso (non valendo il trattamento piu’ favorevole per il reo, previsto dalla c.d. legge Cirielli), e, dall’altra che la costituzione di parte civile aveva interrotto la prescrizione che aveva ripreso a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale (articolo 2947, u.c., seconda parte).
2. Con il secondo motivo, i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata applicazione dell’articolo 2947 c.c., comma 3 e articolo 1916 c.c., nonche’ l’omessa applicazione dell’articolo 2946 c.c.
Assumono che all’azione di surroga dell’Inail si doveva applicare il termine di prescrizione proprio del diritto dell’assicurato che decorreva dal giorno in cui si era verificato il fatto e non da quello in cui era stato effettuato il pagamento: conseguentemente, poiche’ il primo atto interruttivo dell’ente consisteva nella lettera del 29.5.2009 con la quale era stata comunicata la volonta’ di esercitare il diritto di rivalsa – la cui natura, in tesi, era da intendersi autonoma e diversa rispetto all’azione surrogatoria esercitata – i il diritto regolato dall’articolo 1916 c.c.doveva ritenersi prescritto in quanto azionato a distanza di dodici anni dal fatto, quando il relativo termine era gia’ spirato.
2.1. Il motivo e’ infondato.
Con l’azione di surrogazione, infatti, l’ente succede nel diritto del creditore danneggiato e si giova della sua posizione anche in relazione agli atti interruttivi da lui compiuti.
2.2. Questa Corte, al riguardo, ha avuto modo di affermare che “il diritto di surrogazione dell’assicuratore che ha pagato un’indennita’ all’assicurato danneggiato ex articolo 1916 c.c. si risolve in una peculiare forma di successione nel diritto di credito dell’assicurato verso il terzo responsabile, nei limiti dell’indennizzo versato, che non incide sull’identita’ oggettiva del credito. Ne consegue che in tema di prescrizione rimane applicabile il termine previsto dalla legge in relazione all’originaria natura del credito, e l’assicuratore puo’ giovarsi degli atti interruttivi posti in essere dal danneggiato prima del verificarsi della surrogazione, cosi’ come il suo diritto puo’ risultare pregiudicato dalla prescrizione anteriormente maturatasi per l’inerzia del medesimo danneggiato (Cass. 4347/2009; Cass. 13669/2014).
La Corte ha fatto corretta applicazione di tali principi ritenendo ammissibile e fondata l’azione dell’INAIL, visto che con la comunicazione della volonta’ di esercitare la surroga si era giovata della precedente interruzione della prescrizione del creditore danneggiato.
3. Con il terzo ed il quarto motivo, i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’errata applicazione dell’articolo 2043 c.c. e degli articoli 40 e 41 c.p. ed ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentano la violazione dell’articolo 132 c.p.c.: censurano la sentenza, con riferimento ai differenti vizi richiamati, assumendo che essa sarebbe priva di motivazione in ordine al nesso di causalita’ fra l’antecedente e l’evento lesivo ed assumono che il defunto (OMISSIS) era estraneo, quanto alla causalita’, rispetto al tragico evento dannoso, come del resto era stato accertato dalla sentenza resa in sede penale, dalla pronuncia del giudice del lavoro e dall’inchiesta amministrativa.
3.1. I motivi sono inammissibili.
Pacifico che il giudice civile sia tenuto a rivalutare i fatti alla luce del principio di causalita’ disciplinato dalle norme civilistiche in materia di responsabilita’ extracontrattuale, si osserva che i ricorrenti non hanno colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata con la quale e’ stata approfonditamente esaminata la condotta delle parti, tanto che la responsabilita’ del sinistro e’ stata attribuita, ex articolo 2043 c.c., nella misura del 50%, alla vittima dell’incidente essendo stato accertato che egli stesso aveva concordato con il conducente dell’escavatore di utilizzare la benna per raggiungere un punto della parete rocciosa dove installare un apparecchio di illuminazione.
3.2. La motivazione risulta congrua, logica ed al di sopra della sufficienza costituzionale (cfr. 16 e 17 della sentenza) e la censura, pertanto, proponendo una diversa interpretazione dei fatti di causa, maschera una richiesta di rivalutazione di merito della controversia, non consentita in sede di legittimita’ (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018).
4. Con il quinto motivo, ancora, i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’articolo 2043 c.c. e articolo 1227 c.c., comma 1: assumono la mancanza di motivazione sul concorso di colpa delle parti coinvolte nell’incidente.
4.1. Anche il motivo in esame e’ inammissibile: la motivazione, pur sintetica, si riferisce puntualmente alle dichiarazioni dello stesso (OMISSIS) (pag. 16 cpv 2): la censura si traduce, pertanto, in una richiesta di rivalutazione di merito della specifica questione, gia’ esaminata dalla Corte con argomentazioni logiche ed aderenti alle risultanze processuali.
5. Con il sesto motivo, ancora, il ricorrente deduce ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 o, in subordine ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’articolo 116 c.p.c.lamentando che non erano stati adeguatamente valutati tutti gli elementi probatori raccolti nel processo con particolare riferimento alla sentenza penale, a quella del giudice del lavoro ed all’inchiesta antinfortunistica.
5.1. Il motivo ricalca la terza censura, gia’ esaminata ed e’ pertanto inammissibile per le medesime argomentazioni sopra sviluppate, oltre che per assenza di specificita’ in ragione dell’alternativo richiamo ai due differenti vizi che violano il principio della natura vincolata del giudizio di cassazione (cfr. motivazione al par. 6.1 che segue).
6. Con il settimo motivo, i ricorrenti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 o 4 lamentano l’errata interpretazione dell’articolo 2256 c.c. e l’omessa applicazione degli articoli 2266 e 2298 c.c.: contestano l’esclusione di responsabilita’ della (OMISSIS) Snc, fondata sulla constatazione che la societa’ era la mera proprietaria del mezzo di cui era stato fatto un uso improprio per autonoma decisione delle parti coinvolte nel sinistro.
6.1. Il motivo e’ inammissibile, in primo luogo per mancanza di specificita’.
Questa Corte ha affermato che “In materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di piu’ profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilita’ quando non e’ possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (cfr. Cass. 26790/2018 ed in termini Cass. SU 9100/2015).
6.2. Nel caso in esame, le argomentazioni sviluppate non consentono di ricondurre le censure all’uno o all’altro vizio denunciato, rimettendo illegittimamente al Collegio la scelta delle critiche “piu’ calzanti”: in tal modo il motivo tradisce la natura vincolata del giudizio di Cassazione e, pertanto, configura la violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 4.
6.3. Ma deve altresi’ rilevarsi che ricorre anche un altro profilo di inammissibilita’ riconducibile all’assenza di interesse alla censura, visto che non risulta che il (OMISSIS) abbia domandato di potersi rivalere nei confronti della societa’, rispetto alla cui posizione (ed assenza di responsabilita’) la Corte territoriale ha comunque reso una motivazione congrua e logica (cfr. pag. 17 II cpv della sentenza impugnata).
7. Con l’ottavo motivo, i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti e cioe’ il mancato uso delle cinture di sicurezza.
7.1. Il motivo e’ infondato.
La motivazione resa, infatti, da’ conto di un circostanziato esame della dinamica dell’incidente e della considerazione, da parte della Corte, che il danneggiato aveva o’ omesso di utilizzare le cinture di sicurezza (“stante la carenza di sostegni e la scivolosita’ del mezzo”: cfr. pag. 16, u.cpv della sentenza): tale circostanza tanto e’ stata considerata che da essa e’ derivata anche l’affermazione di concorrente responsabilita’, nella misura del 50%, del lavoratore infortunato.
8. Con il nono motivo, infine, i ricorrenti, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentano la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.: assumono, al riguardo che le spese non erano state compensate nonostante il riconoscimento del concorso di colpa e, dunque, l’accoglimento solo parziale della domanda.
8.1. Inoltre censurano la statuizione di condanna alle spese anche in favore di (OMISSIS) snc e della (OMISSIS) Spa rispetto alle quali la domanda dei danneggiati era stata respinta; assumono inoltre che, nei confronti di tali societa’, essi ricorrenti non avevano proposto alcuna domanda.
8.3. La prima parte della censura e’ inammissibile.
Questa Corte ha affermato con orientamento consolidato che “in tema di spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, mentre qualora ricorra la soccombenza reciproca e’ rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimita’, decidere quale delle parti debba essere condannata e se ed in quale misura debba farsi luogo a compensazione.”(cfr. ex multis Cass. 12291/2001).
8.4. La seconda parte del motivo e’, invece, fondato.
Si osserva, infatti, che l’esito della controversia esclude che possa essere ritenuta la soccombenza dei ricorrenti nei confronti di (OMISSIS) snc e della (OMISSIS) Spa nei cui confronti era stata respinta “ogni domanda”, decisione che aveva oltretutto indotto la Corte territoriale a ritenere assorbite le questioni relative alla manleva (cfr. pag. 19 par. 5 della sentenza impugnata).
8.5 La censura va pertanto accolta e la sentenza, in parte qua, deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione che dovra’ provvedere alla opportuna riduzione della misura della condanna alle spese per i gradi di merito, visto che essa e’ stata complessivamente determinata tenendo conto anche delle parti processuali rispetto alle quali i ricorrenti non sono risultati soccombenti.
9. La Corte di rinvio decidera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte,
rigetta il primo, secondo ed ottavo motivo di ricorso; dichiara inammissibili il terzo, quarto, quinto, sesto e settimo ed accoglie parzialmente il nono.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo parzialmente accolto e rinvia per il riesame della controversia per la parte ad esso relativa alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione la quale dovra’ decidere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.
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