Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 4 marzo 2019, n. 9426.
La massima estrapolata:
In tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in rilievo la verifica della veste processuale del dichiarante, e’ onere della parte interessata ad opporsi all’assunzione della testimonianza di allegare, prima della assunzione delle dichiarazioni, le circostanze fattuali da cui risultano situazioni di incompatibilita’ a testimoniare, sempre che la posizione del dichiarante non risulti gia’ dagli atti nella disponibilita’ del giudice e non sussistano i presupposti perche’ questi si attivi d’ufficio, in conseguenza di una richiesta di prova formulata sul punto dalle parti, ex articolo 493 c.p.p., ovvero in ragione dell’assoluta necessita’ di disporre l’escussione del dichiarante, ai sensi dell’articolo 507 c.p.p.
Sentenza 4 marzo 2019, n. 9426
Data udienza 29 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere
Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere
Dott. APRILE Stefano – Consigliere
Dott. AMOROSO Giovann – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 07/02/2018 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. AMOROSO Riccardo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa DE MASELLIS Mariella, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. (OMISSIS), difensore di (OMISSIS), che ha concluso per l’accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa il 27/04/2016 dal Tribunale di Foggia, con cui (OMISSIS) e’ stato condannato alla pena di Euro 400,00 di multa, con doppi benefici di legge per il reato di cui all’articolo 392 c.p.contestatogli al capo A), perche’ al fine di esercitare un preteso diritto sui terreni ubicati in (OMISSIS) contrada (OMISSIS), si faceva arbitrariamente ragione da se’, pur potendo ricorrere all’autorita’ giudiziaria, mediante violenza sulle cose consistito nel chiudere l’erogazione dell’acqua presso l’immobile della (OMISSIS), nonche’ per il reato di cui all’articolo 612 c.p., contestato al capo C) perche’ con piu’ azioni esecutive del medesimo disegno criminoso minacciava (OMISSIS) dicendole “devi morire… faro’ di tutto per mandarti via”.
2. Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso (OMISSIS), articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all’articolo 192 c.p.p., comma 3, articoli 197-bis, 64 e 210 c.p.p. per essere state ritenute utilizzabili le deposizioni rese dalla persona offesa (OMISSIS), dal di lei marito (OMISSIS) e dal teste (OMISSIS), i quali essendo indagati in un procedimento connesso per reati commessi in danno reciproco dovevano essere escussi con le forme dell’articolo 210 c.p.p., comma 6, sul rilievo che nel corso della stessa deposizione resa all’udienza del 19.3.15 la teste (OMISSIS) aveva riferito che il fratello, odierno ricorrente, l’aveva denunciata per gli stessi fatti oggetto di causa.
2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio della motivazione, per contraddittorieta’ e manifesta illogicita’, sul rilievo che non sarebbero state apprezzate la deposizione della teste (OMISSIS), che ha attribuito la causa della rottura della tubazione del pozzo comune alla persona offesa, e le fotografie prodotte dalla difesa da cui si evincerebbe che il danno e’ stato causato dal miniescavatore azionato da (OMISSIS); inoltre si rileva il difetto di motivazione in ordine all’affermazione del giudice di appello secondo cui le deposizioni dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero da sole sufficienti per la dimostrazione della responsabilita’ dell’imputato.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all’articolo 392 c.p., perche’ non viene spiegata la relazione tra la interruzione volontaria dell’erogazione dell’acqua con la pretesa di esercitare il diritto di proprieta’ sui terreni, mentre con riguardo al delitto di minaccia si deduce che l’espressione “devi morire” non integra una minaccia ma solo un augurio di un evento indipendente dalla volonta’ dell’agente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Palesemente inammissibile e’ il primo motivo, con il quale si lamenta che la sentenza impugnata avrebbe ritenuto utilizzabili ai fini della decisione le dichiarazioni della persona offesa e dei testi (OMISSIS) e (OMISSIS), sebbene questi non fossero stato esaminati con le formalita’ previste dall’articolo 210 c.p.p., comma 6.
Si deve premettere che l’ipotesi di incompatibilita’ a testimoniare di cui all’articolo 197-bis c.p.p., in relazione all’articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b), presuppone che reati in danno reciproco siano stati commessi nelle stesse circostanze di tempo e di luogo.
Il principio e’ stato ribadito da questa stessa Sezione con la sentenza n. 599 del 17 dicembre 2009 – Rv 242384 -, secondo la quale sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla parte offesa, nei cui confronti penda procedimento per altro reato commesso nelle stesse circostanze di tempo e di luogo ai danni dell’imputato, che sia stata sentita quale testimone senza l’osservanza delle garanzie riconosciute al testimone assistito.
Con riferimento al reato di cui al capo A) non vi e’ dubbio che si tratti di fatti commessi in epoca antecedente al 9 aprile 2012, e quindi in tempi diversi rispetto ai fatti oggetto della controdenuncia sporta dall’odierno ricorrente che si sarebbero verificati il 21 aprile 2012, ovvero nel giorno dell’intervento di (OMISSIS), chiamato dalla persona offesa per installare una nuova conduttura dell’acqua, ed in cui si verificava un nuovo alterco tra (OMISSIS) e la sorella (OMISSIS).
Solo con riguardo al reato di minaccia ascritto al capo C), si potrebbe delineare l’ipotesi di incompatibilita’ di cui all’articolo 197-bis c.p.p., anche se si fa riferimento nell’imputazione ad un fatto commesso in epoca imprecisata ed anteriore al 5/07/2012.
La Corte di appello ha, poi, evidenziato che la difesa dell’imputato nulla ha eccepito quando e’ stata assunta la prova e che, solo dopo che le dette prove erano gia’ state ritualmente assunte, ha prodotto nelle successive udienze il decreto di citazione per i reati oggetto della denuncia sporta dall’imputato contro la sorella, persona offesa, e gli altri due testi.
Aggiunge, inoltre, la Corte di appello che i predetti testi sono stati tutti assolti dalle imputazioni relative ai reati connessi con sentenza del 24.6.16 irrevocabile il 7.11.16.
Prescindendo dall’esito del procedimento penale connesso, dovendosi apprezzare il requisito dell’utilizzabilita’ al momento dell’assunzione della prova testimoniale, si deve ribadire il principio gia’ espresso da questa Corte secondo cui in tema di prova dichiarativa, allorche’ venga in rilievo la verifica della veste processuale del dichiarante, e’ onere della parte interessata ad opporsi all’assunzione della testimonianza di allegare, prima della assunzione delle dichiarazioni, le circostanze fattuali da cui risultano situazioni di incompatibilita’ a testimoniare, sempre che la posizione del dichiarante non risulti gia’ dagli atti nella disponibilita’ del giudice e non sussistano i presupposti perche’ questi si attivi d’ufficio, in conseguenza di una richiesta di prova formulata sul punto dalle parti, ex articolo 493 c.p.p., ovvero in ragione dell’assoluta necessita’ di disporre l’escussione del dichiarante, ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. (Sez. 6, n. 12379, 26/02/2016, Rv. 266422).
Il ricorrente, infatti, preso atto della inconsistenza dell’eccezione alla stregua della rilevata tardivita’ con cui era stata dedotta l’esistenza di altro procedimento per reato connesso, ha in sede di ricorso evidenziato che l’onere di allegazione era superato dalla considerazione che la teste persona offesa aveva nelle sue dichiarazioni testimoniali fatto esplicito riferimento al procedimento connesso a suo carico, cosicche’ il giudice sarebbe stato tenuto d’ufficio a sospendere l’assunzione della testimonianza, ed a procedere nelle forme dell’articolo 210 c.p.p., comma 6.
Nulla ha, invece, il ricorrente dedotto con riguardo al predetto profilo di tardiva allegazione della pendenza di altro procedimento connesso, con riguardo agli altri due testimoni ( (OMISSIS) e (OMISSIS)), considerati ugualmente fondamentali ai fini dell’affermazione di responsabilita’ nella motivazione dei giudici di merito.
Infatti, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilita’ di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilita’ per aspecificita’, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986, 18/11/2016, Rv. 269218). Pertanto, il motivo di ricorso e’ inammissibile perche’ non e’ stato evidenziato il carattere determinante della prova testimoniale di cui si e’ addotta l’inutilizzabilita’, a fronte di una sentenza di condanna fondata anche su altre fonti testimoniali, ed in particolare quelle dei due testimoni rispetto ai quali la eccepita inutilizzabilita’ era stata gia’ adeguatamente respinta dal giudice dell’appello sulla base del principio di diritto qui nuovamente ribadito dell’onere che grava sulla parte di allegare prima dell’assunzione della prova le ragioni formali o sostanziali che determinano situazioni di incompatibilita’ a testimoniare.
2. Il secondo motivo e’ ugualmente inammissibile perche’ investe questioni di fatto, senza che si comprenda quale sia il profilo di illogicita’ della motivazione. Sotto il profilo della carenza di motivazione in riferimento alle ragioni della sufficienza delle prove testimoniali di (OMISSIS) e del maresciallo (OMISSIS), si deve rilevare l’assoluta incongruenza di detta censura con il motivo dedotto relativo alla valutazione dell’intero compendio probatorio, atteso che la suddetta affermazione era stata considerata dal giudice di appello solo come argomento di chiusura in correlazione alla c.d. prova di resistenza per l’eccepita inutilizzabilita’ di parte delle testimonianze, su cui si e’ gia’ evidenziato il profilo di inammissibilita’ del primo motivo.
3. Il terzo motivo e’ inammissibile, in quanto contiene deduzioni che implicano una rivalutazione nel merito che prescindono del tutto dalle congrue argomentazioni della sentenza impugnata con cui sono spiegate le ragioni della ravvisata correlazione tra la violenza, realizzata attraverso l’interruzione dell’erogazione dell’acqua, ed il preteso diritto di proprieta’ esclusiva sui terreni contesi con la sorella, nonche’ con riferimento al contenuto piu’ ampio delle minacce, che non si riducono alla sola frase “devi morire”, ma comprendono anche esplicite minacce di morte. Ed infatti, e’ stato piu’ volte ribadito che il giudice di legittimita’ non puo’ sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di giudizio (Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099), restando esclusa la possibilita’ di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilita’ delle fonti di prova.
3. Dalla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
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