La massima

Nell’ipotesi di cessione in proprietà ad un terzo del lastrico solare e del diritto di sopraelevazione, effettuata da chi ne era titolare anteriormente alla costituzione del condominio, non solo il lastrico solare rimane escluso dalla presunzione legale di proprietà comune, ma, nel caso di sopraelevazione, esso rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione. Il diritto di superficie, infatti, salvo che il titolo non ponga limiti di altezza al diritto di sopraelevazione, non si esaurisce con l’erezione della costruzione sul lastrico, nè il nuovo lastrico si trasforma in bene condominiale, poichè il titolare della superficie, allorchè eleva una nuova costruzione, anche se entra automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso, ha un solo obbligo nei confronti dello stesso, cioè quello di dare un tetto all’edificio, ma resta sempre titolare del diritto di sopralzo che è indipendente dalla proprietà della costruzione. E, dunque, il titolare della superficie non subisce alcuna limitazione all’esercizio del diritto di sopraelevazione.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza n. 18822  del 31 ottobre 2012

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato il 9 novembre 1992, G. B., proprietario dell’appartamento al primo piano dello stabile sito in (omissis), con ingresso dal civico (omissis), assumendo che il defunto F.L., dante causa della moglie superstite G.M.R. e dei fratelli M., A. e F.G., quale proprietario del limitrofo edificio a piano terra con ingresso dal civico (omissis) della stessa Via (omissis), aveva sopraelevato un piano aprendo abusivamente dalla scala del contiguo portoncino di cui al predetto civico (omissis) due porte per l’accesso alle unità immobiliari del piano terra e del primo piano del predetto immobile di (omissis), convenne in giudizio G.M.R. e i fratelli F. innanzi al Tribunale di Foggia per sentir dichiarare inesistente il loro diritto di comproprietà della scala e conseguentemente di quello relativo alla realizzazione dei due ingressi. L’attore, inoltre, lamentando che F.L. si era abusivamente appropriato del ripostiglio ubicato sul terrazzo dell’edificio di (omissis), di sua esclusiva proprietà, e, nella veste di procuratore speciale del fratello G.A., lo aveva venduto al figlio M. con rogito del 6 agosto 1987, convenne costui anche in proprio per sentir dichiarare che l’intero terrazzo di (omissis) con il ripostiglio in questione erano di sua proprietà.

Costituitisi in giudizio, la G. ed i fratelli F. dedussero che la scala era in comunione tra i due edifici, come da scrittura privata del 2 aprile 1986, relativa all’acquisto da parte del loro genitore.
2. – La Sezione stralcio del Tribunale adito, dichiarato il difetto di legittimazione passiva di G.M.R., per avere costei rinunciato all’eredità del marito, e dei fratelli G. ed F.A. sul presupposto che la lite riguardava solo l’attore e F.M., rigettò la domanda, ritenendo la comproprietà della scala e la proprietà del ripostiglio in capo al convenuto quanto meno in forza del vincolo pertinenziale del bene in questione con l’appartamentino di cui al rogito del 1987, poichè l’attore non aveva dimostrato di essere il proprietario esclusivo del terrazzo.
3. – Con sentenza depositata il 30 marzo 2006, la Corte d’appello di Bari rigettò il gravame proposto da G.B..
Riconosciuta la legittimazione passiva di F.G. ed A., che, contestando la domanda attorea, e sostenendo il loro diritto di realizzare gli accessi agli appartamenti dello stabile di (omissis) attraverso la scala comune di cui al civico (omissis) della stessa via in forza di acquisto effettuatone dal padre in virtù della scrittura del 1986, avevano dimostrato di aver accettato l’eredità paterna, ritenne il giudice di secondo grado la idoneità della predetta scrittura ad integrare il titolo del diritto reale invocato dagli appellati, idoneità negata dall’appellante alla stregua della considerazione che essa era stata predisposta per attestare un risarcimento di danno e non la costituzione di una comunione.
Osservò al riguardo la Corte di merito che l’atto in questione conteneva un esplicito riferimento ai lavori in corso sul “muro in comune” ai genitori di F.M. e a G.B., con l’esplicita autorizzazione di quest’ultimo alla prosecuzione dei medesimi. Nella scrittura si leggeva che F.M. si obbligava in nome e per conto dei genitori F.L. e G.M.R. al pagamento della somma di Euro 1.600.000 nelle mani di G.M. quale procuratore di B. non solo per il risarcimento dei danni provocati dai lavori che i coniugi stavano effettuando sul muro comune, ma anche come corrispettivo per la desistenza dalla opposizione al proseguimento dei lavori, e che il rappresentante di G.B. accettava il pagamento della somma in questione “per le causali innanzi spiegate”, e cioè anche per la desistenza dell’opposizione dall’opposizione alla prosecuzione dei lavori sul muro comune a tutti costoro.

La scrittura poi non risultava sottoscritta da G.A., poichè costui, a seguito del rogito del 1987, aveva alienato i suoi diritti sullo stabile di (omissis), sicchè era ormai estraneo alla comunione.
Rilevò ancora la Corte, con riguardo al fatto che l’appellante facesse discendere la sua proprietà esclusiva del terrazzo dalla circostanza di aver ricevuto dalla madre la titolarità dell’area sovrastante il piano terra di proprietà del fratello A., che, atteso che la cosiddetta riserva dell’area sovrastante un edificio in realtà integra gli estremi di un diritto di superficie separato dalla proprietà del lastrico, l’avvenuta utilizzazione attraverso la sopraelevazione del manufatto ne determina la cessazione senza comportare automaticamente l’acquisizione in via esclusiva del nuovo lastrico solare di copertura che pertanto, in difetto di diverso titolo, appartiene, quale bene condominiale, a tutti i proprietari degli appartamenti sottostanti. Quanto alla pretesa nullità del contratto del 1987 perchè concluso dal procuratore senza i necessari poteri, rilevò la Corte di merito che i negozi posti in essere dal rappresentante senza poteri sono inefficaci fino al momento della ratifica e non nulli.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre G.B. sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso F. M., in proprio e quale erede di F.L., e F. A., quale erede di F.L..

Motivi della decisione

1.1. – Con il primo motivo si deduce falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di interpretazione, perfezionamento ed efficacia del contratto, con conseguente violazione degli artt. 1350 e 1325 cod. civ. e della conseguente inidoneità della scrittura del 1986 a costituire titolo per la costituzione di diritti reali e connessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5. Si osserva che perchè la scrittura possa ritenersi titolo idoneo a costituire diritti reali, è necessario che l’atto abbia natura contrattuale, che rivesta la forma stabilita dalla legge e che da esso la volontà delle parti di costituire la servitù risulti inequivocabilmente. La dichiarazione del 2 aprile 1986, invece, non conteneva dichiarazioni dirette di per sè a costituire rapporti di natura reale tra i sottoscrittori, consistendo, invece, in un semplice negozio unilaterale, sottoscritto dal solo F. M., il quale si obbligava a risarcire, in nome e per conto dei proprì genitori, a G.M.G., procuratore di G.B., i danni cagionati dalla esecuzione dei lavori sul muro comune degli stessi in (omissis) per la somma di L. 1.600.000, dichiarando altresì di non avere null’altro a pretendere “dallo stesso” e di non opporsi al prosieguo dei lavori.
Tale dichiarazione era illogica, sia perchè F.M. non era in realtà titolare della pretesa risarcitoria nè legittimato a disporre di un diritto che non gli apparteneva, sia perchè non poteva essere utilizzata a fini costitutivi di un diritto reale la “dichiarazione di quietanza” senza data, stesa in calce alla scrittura, con la quale G.M., sedicente procuratore di B., dichiarava di ricevere da F.M. la predetta somma “per la causale innanzi spiegata”, espressone, codesta, riferita solo al risarcimento dei danni. Dunque, secondo il ricorrente, la mancata costituzione del preteso diritto di servitù nelle forme di legge comporterebbe la declaratoria di inesistenza del diritto di apertura, nel muro di proprietà dello stesso ricorrente, delle porte di accesso alla scala dello stabile di (omissis) al fine di mettere in comunicazione con essa gli appartamenti del contiguo stabile al numero civico n. (omissis).

1.2. – La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis: “Accerti la S.C. se la dichiarazione del 2.12.1986 non sottoscritta nè dal ricorrente, nè da un suo procuratore abbia natura contrattuale e possa costituire titolo per la costituzione del diritto reale preteso, nonchè se la mancanza di sottoscrizione comporti la violazione degli art. 1350 e 1325 c.c., enunciando il principio di diritto; accerti altresì la S.C. se la firma apposta alla dichiarazione di quietanza del procuratore di G.B., G.M. G., vale ad integrare i requisiti di forma richiesti dall’art. 1350 c.c., per l’esistenza del contratto, enunciando il principio di diritto; accerti, altresì, la S.C. se in relazione alla carenza di sottoscrizione e di contenuto contrattuale della dichiarazione 2.12.86, la Corte territoriale abbia reso insufficiente e/o contraddittoria motivazione anche sul punto del difetto di legittimazione del F. a disporre la costituzione del diritto reale preteso, enunciando il principio di diritto; accerti, infine, se la dichiarazione proveniente da soggetto non legittimato ( F.M.), per il suo contenuto obbligatorio, possa costituire manifestazione di volontà idonea a costituire diritti reali su bene non di sua proprietà in violazione degli artt. 1350 e 1325 c.c., enunciando il principio di diritto”.
2.1. – La censura non può trovare ingresso nel presente giudizio.
2.2. – Secondo la giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, viola l’art. 366-bis cod. proc. civ., il ricorso che risulti caratterizzato da un unico motivo concluso da quesiti multipli e cumulativi (cfr. invero Cass. n. 5471 del 2008, cui adde Cass. n. 8780 del 2010, e, più di recente, Cass. n. 1571 del 2012).
2.3. – Nel caso di specie si deve osservare che la censura denuncia indistintamente e in modo unitario un coacervo di asseriti errori di diritto in cui il giudice del merito sarebbe incorso; con finale formulazione, in sequenza, di quattro quesiti, laddove, in base al precetto dell’art. 366-bis cod. proc. civ., ci si dovrebbero attendere tanti diversi corpi argomentativi quanti sono i vizi in iudicando della sentenza d’appello denunciati nell’epigrafe del motivo di impugnazione, con terminale enunciazione, per ciascun corpo argomentativo, del corrispondente (pertinente) quesito.
3. Per le medesime ragioni, va dichiarato inammissibile anche il secondo motivo, con il quale si deduce falsa applicazione dell’art. 1108 cod. civ., comma 3, per difetto di consenso anche del compartecipe alla comunione e connessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, per aver errato la Corte di merito nel giustificare il difetto di sottoscrizione da parte di G.A. della dichiarazione del 2 dicembre 1986 sul rilievo che costui, avendo alienato i suoi diritti sullo stabile di (omissis), sarebbe ormai divenuto estraneo alla comunione; motivo la cui illustrazione si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto, affetto dal vizio già riscontrato in relazione al primo: “Accerti la S.C., ove non assorbito dal motivo n. 1, se la mancanza della sottoscrizione della scrittura del 2.12.1986 da parte del compartecipe G. A. alla comunione del portoncino e della scalinata ha comportato la violazione dell’art. 1108 c.c., comma 3, per difetto di consenso, enunciando il principio di diritto; accerti, altresì, la S.C. se non ravvisi insufficiente o contraddittoria motivazione nella sentenza della Corte territoriale, allorchè afferma che il compartecipe G.A., avendo alienato i suoi diritti sullo stabile di (omissis), è soggetto ormai estraneo alla comunione, e, contraddittoriamente, si afferma che l’adesione ad un atto può intervenire in epoca successiva attraverso l’uso in giudizio dell’atto stesso; accerti, altresì, la Corte se l’uso in giudizio della scrittura del 2.12.86 da parte dell’avente causa da G.A., F.M., il cui atto di acquisto (1987) è successivo alla scrittura privata (1986), equivale a implicita manifestazione di volontà di volersene avvalere in violazione del principio che solo l’uso in giudizio della scrittura privata da parte di chi non l’ha sottoscritta equivale a implicita manifestazione di volontà di volersene avvalere (Cass. 7.7.88 n. 4471), enunciando il principio di diritto”.

4.1. – Con il terzo motivo si denuncia falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 952, 1117 e 1127 c.c., omesso esame del titolo di proprietà (atto per Notar Gatta 31.10.67), e connessa omessa insufficiente e/o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5). Il ricorrente sostiene di aver acquistato, per effetto di titoli inoppugnabili ed incontestati, sia il terrazzo, sia il ripostiglio posto sullo stesso.
In particolare, F.M.G., dopo avere venduto, con rogito del 27 luglio 1967, al figlio A. l’area soprastante la casa in (omissis), riservandosi “l’area soprastante al piano a costruirsi”, con successivo rogito del 31 ottobre 1967 aveva venduto detta area al figlio B., attuale ricorrente, senza alcuna riserva, ed anzi con facoltà di goderne e disporne “da vero ed assoluto padrone…”. Di conseguenza, avendo G.B. costruito sulla predetta area, egli sarebbe divenuto proprietario assoluto non solo del piano sopraelevato ma anche del lastrico solare e dei ripostigli posti sullo stesso.
4.2. – La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Accerti la S.C. e vi è stata violazione degli artt. 952, 1117 e 1127 c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alla enunciazione della Corte territoriale per cui la cosiddetta riserva dell’area soprastante un edificio integra gli estremi di un diritto di superficie separata dalla proprietà del lastrico per cui l’avvenuta sopraelevzione ne determina la cessazione del diritto senza comportare automaticamente l’acquisizione in via esclusiva del nuovo lastrico solare, trasformandolo in bene condominiale, enunciando il principio di diritto per cui la titolarità della colonna d’aria comporta il diritto di sopraelevazione e la conseguente proprietà dell’immobile costruito, per accessione (Cass. n. 4258/06)”.

5.1. – La doglianza risulta meritevole di accoglimento.

5.2. – Alla stregua dell’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza n. 1916 del 1987, che il Collegio intende ribadire, nell’ipotesi di cessione in proprietà ad un terzo del lastrico solare e del diritto di sopraelevazione, effettuata da chi ne era titolare anteriormente alla costituzione del condominio, non solo il lastrico solare rimane escluso dalla presunzione legale di proprietà comune, ma, nel caso di sopraelevazione, esso rimane di proprietà del titolare del precedente lastrico, indipendentemente dalla proprietà della costruzione. Il diritto di superficie, infatti, salvo che il titolo non ponga limiti di altezza al diritto di sopraelevazione, non si esaurisce con l’erezione della costruzione sul lastrico, nè il nuovo lastrico si trasforma in bene condominiale, poichè il titolare della superficie, allorchè eleva una nuova costruzione, anche se entra automaticamente nel condominio per le parti comuni ad esso, ha un solo obbligo nei confronti dello stesso, cioè quello di dare un tetto all’edificio, ma resta sempre titolare del diritto di sopralzo che è indipendente dalla proprietà della costruzione. E, dunque, il titolare della superficie non subisce alcuna limitazione all’esercizio del diritto di sopraelevazione.
5.3. – Nella specie, conclusivamente, l’attuale ricorrente era titolare, per accessione, oltre che del lastrico solare, anche dei ripostigli costruiti sullo stesso.
6. – Resta assorbito dall’accoglimento del terzo motivo l’esame del quarto, con il quale si lamenta la falsa applicazione degli artt. 1398 e 1399 cod. civ., in materia di inefficacia del rogito notarile in relazione alla esorbitanza dai poteri conferiti al procuratore dal rappresentante, nonchè la omessa motivazione in ordine alla declaratoria di “nessun effetto giuridico” della vendita del terrazzo e del ripostiglio in difetto del diritto di proprietà di G. A. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5; motivo che si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “Accerti la Corte se la richiesta di declaratoria (in alternativa a quella di nullità) di ritenere e dichiarare di nessun effetto giuridico la vendita del terrazzo e del ripostiglio per atto notar Frattarolo (1987), da parte di F.L., a favore del figlio F.M., in carenza di potere conferito dal rappresentante, configuri “negozio inefficace” in assenza di ratifica, comportante violazione degli artt. 1398 e 1399 c.c.; accerti, altresì, se la Corte territoriale sia incorsa in omessa motivazione sul punto, non equiparando l’inefficacia del negozio alla declaratoria “di nessun effetto giuridico”, ex art. 360 c.p.c., n. 3 e 5, enunciando il principio di diritto.
7. – In definitiva, il primo ed il secondo motivo del ricorso devono essere dichiarati inammissibili, mentre va accolto il terzo motivo, assorbito il quarto. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, e la causa rinviata ad un diverso giudice – che si individua in altra sezione della Corte d’appello di Bari, cui è demandato altresì il regolamento delle spese processuali -, che riesaminerà la controversia alla luce del principio di diritto enunciato sub 5.2.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo, accoglie il terzo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.

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