Il conferimento di un bene in societa’, comportando la sostituzione dello stesso con una partecipazione societaria costituisce atto pregiudizievole per i creditori

Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25324.

La massima estrapolata:

Il conferimento di un bene in societa’, comportando la sostituzione dello stesso con una partecipazione societaria costituisce atto pregiudizievole per i creditori; tale considerazione viene corroborata dalla Corte territoriale dalla circostanza che si tratta pacificamente di una societa’ estera, che presenta elementi di opacita’ che aggravano il profilo di rischio e questo certamente e’ sufficiente ove si consideri che il pregiudizio richiesto ai sensi dell’articolo 2901 c.c. non deve consistere in un danno effettivo, ma nel pericolo di danno connesso ad ogni aggravamento della posizione debitoria.

Ordinanza 11 ottobre 2018, n. 25324

Data udienza 3 maggio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 15773-2017 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A., C.F./P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 277/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 22/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/05/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.
RILEVATO
che:
con atto di citazione del 29 ottobre 2010, (OMISSIS) S.p.A. adiva il Tribunale di Mantova per sentir accertare la simulazione o l’inefficacia ai sensi dell’articolo 2901 c.c. dell’atto dell’11 febbraio 2009 con il quale (OMISSIS) e (OMISSIS) conferivano alla societa’ (OMISSIS) con sede in (OMISSIS) un compendio di beni immobili. Con la lettera dell’11 novembre 2009 la banca aveva comunicato al debitore principale (OMISSIS) Srl, e ai garanti odierni ricorrenti il recesso dagli affidamenti e dal conto corrente, rilevando che i debitori non avevano provveduto a rientrare dallo scoperto di conto corrente. Per tale motivo aveva ottenuto il decreto ingiuntivo, emesso il 1 marzo 2010 dal Tribunale di Verona con la concessione della provvisoria esecutivita’ nei confronti dei tre debitori, non opposto;
nel giudizio di simulazione la societa’ inglese restava contumace e gli altri convenuti si costituivano. Il Tribunale di Mantova, con sentenza del 5 aprile 2013 dichiarava inefficace nei confronti dell’istituto di credito l’atto di conferimento impugnato, condannando i convenuti (OMISSIS) ed (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite;
con atto di citazione del 18 novembre 2013 i convenuti proponevano appello formulando tre motivi di gravame. (OMISSIS) S.p.A. si costituiva contestando la fondatezza e la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 22 febbraio 2017 rigettava l’impugnazione, confermava la sentenza del Tribunale e condannava la parte appellante alla rifusione delle spese;
avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) affidandosi a tre motivi. Resiste in giudizio con controricorso (OMISSIS) S.p.A. che illustra con memoria ex articolo 380 bis c.p.c.
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo deducono la violazione dell’articolo 112 c.p.c. e dell’articolo 2901 c.c. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto esistente il presupposto della natura pregiudizievole dell’atto revocato in relazione a quello oggetto di revocatoria, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5. Oggetto di censura e’ la contraddittorieta’ della motivazione riguardo al profilo del pregiudizio dell’atto di conferimento posto in essere dai ricorrenti che si fonderebbe, secondo la Corte territoriale, sulla circostanza secondo cui l’inserimento di bene immobile in societa’ costituisce, comunque, un atto pregiudizievole poiche’ a rischio. Cio’ sarebbe dedotto dalla circostanza che la societa’ (OMISSIS) era inattiva. Al contrario, tale profilo costituiva garanzia dell’assenza di rischio. Nello stesso modo appare incomprensibile il valore attribuito alla circostanza che si tratti di societa’ estera. Sotto altro profilo la nozione di rischio risulta non dimostrata, poiche’ non vi e’ alcuna verifica in ordine al fatto che le quote societarie avessero un valore inferiore rispetto ai beni immobili conferiti. Al contrario, si tratta di un atto neutro per i terzi, sotto il profilo patrimoniale, comportando la semplice sostituzione del diritto di proprieta’ su beni immobili con il diritto di partecipazione ad una societa’;
con il secondo motivo lamentano le medesime violazioni con riferimento al presupposto della consapevolezza del pregiudizio in capo ai ricorrenti che sarebbe fondato sul dato della durata della partecipazione sociale dei ricorrenti in (OMISSIS), pari a 10 mesi. Nello stesso modo non appare comprensibile il valore attribuito all’assenza di attivita’ sociale e alla circostanza che i ricorrenti fossero anche gli amministratori della societa’ di (OMISSIS);
con il terzo motivo deducono la violazione delle medesime disposizioni con riferimento al presupposto della partecipatio fraudis in capo alla societa’ (OMISSIS). Tale elemento, viene dedotto dalla Corte d’Appello da una serie di elementi presuntivi (stato di inattivita’ della societa’, la circostanza che i ricorrenti erano gli unici soci della stessa, la breve durata della partecipazione sociale dei ricorrenti pari a 10 mesi, la successiva alienazione delle partecipazioni sociali, da parte dei ricorrenti, in un trust, il fatto che la societa’ fosse domiciliata presso (OMISSIS)) che appaiono, invece, poco convincenti;
i motivi possono essere trattati congiuntamente poiche’ strettamente connessi. In primo luogo, per tutte le doglianze, e’ irritualmente citato il disposto dell’articolo 112 c.p.c. con riferimento dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 e non n. 4 come correttamente avrebbe dovuto essere formulato. Nello stesso modo, oggetto di censura sono apparentemente la contraddittorieta’ e l’incomprensibilita’ della motivazione, mentre le argomentazioni della Corte territoriale sono assolutamente ragionevoli e fondate su consolidati principi giurisprudenziali. Pertanto, le doglianze si collocano al di fuori del perimetro del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 che riguarda esclusivamente l’omessa valutazione di un fatto storico decisivo. Le censure, invece, riguardano sostanzialmente la congruita’ della motivazione, l’incisivita’ e la valenza probatoria degli elementi adottati dalla Corte per ritenere provati i presupposti dell’azione revocatoria, prospettando una ricostruzione alternativa e richiedendo alla Corte di legittimita’ delle valutazioni in fatto, riferite a tutti gli elementi probatori piu’ volte menzionati dalla Corte territoriale;
in particolare, quanto al primo motivo la Corte territoriale ha richiamato l’orientamento consolidato della giurisprudenza secondo il quale il conferimento di un bene in societa’, comportando la sostituzione dello stesso con una partecipazione societaria costituisce atto pregiudizievole per i creditori (Cass. 12 febbraio 2000, n. 1904); tale considerazione viene corroborata dalla Corte territoriale dalla circostanza che si tratta pacificamente di una societa’ estera, che presenta elementi di opacita’ che aggravano il profilo di rischio e questo certamente e’ sufficiente ove si consideri che il pregiudizio richiesto ai sensi dell’articolo 2901 c.c. non deve consistere in un danno effettivo, ma nel pericolo di danno connesso ad ogni aggravamento della posizione debitoria (Cass. 13 giugno 2017 n. 14696). Oltre a tali valutazioni, in diritto, la Corte territoriale ha evidenziato una serie di forti elementi sintomatici, riportati anche dai ricorrenti, a sostegno del presupposto del pregiudizio e che non possono essere oggetto di differente valutazione in questa sede (stato di inattivita’ della societa’, la circostanza che i ricorrenti erano gli unici soci della stessa, la breve durata della partecipazione sociale dei ricorrenti pari a 10 mesi, la successiva alienazione delle partecipazioni sociali, da parte dei ricorrenti, in un trust, il fatto che la societa’ fosse domiciliata presso (OMISSIS));
quanto al secondo motivo, il profilo della consapevolezza da parte del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore costituisce elemento sufficiente ai fini che qui rilevano (Cass. n. 5618 del 2016); tali elementi sono stati corroborati dalla documentazione relativa agli estratti conto, che attestavano una consistente perdita di esercizio alla data del conferimento, che la Corte d’Appello, con valutazione, in fatto, non sindacabile in questa sede, ha ritenuto idonei a dimostrare la scientia damni;
quanto al terzo motivo vanno ribadite le medesime considerazioni in ordine all’insindacabilita’ degli elementi probatori utilizzati, che hanno consentito alla Corte d’Appello, con una motivazione puntuale e rispettosa dei principi giuridici, di prendere atto della convergenza unitaria e sintetica di dati che consentono di ritenere provato, sulla base di presunzioni, che i debitori abbiano assunto le partecipazioni nella societa’ al solo fine di conferire in essa il proprio patrimonio immobiliare. La societa’, d’altra parte, era stata utilizzata come veicolo per la sottrazione dei beni alle azioni esecutive, come un contenitore necessario allo scopo e la stessa era partecipe della consapevolezza richiesta dall’articolo 2901 c.c. in considerazione del fatto che gli appellanti (odierni ricorrenti) detenevano quasi l’intero capitale sociale. Tale accertamento in fatto, adeguatamente argomentato sotto il profilo giuridico, non e’ sindacabile in sede di legittimita’;
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
La sorte del ricorso elide la possibile rilevanza dell’interrogazione sul rispetto della integrita’ del contraddittorio.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.