Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 11 maggio 2018, n. 20858.
Le massime estrapolate:
La mancanza, nel capo di imputazione, di una specifica ed analitica indicazione di tutte le fatture ritenute falsificate o contraffatte non comporta alcuna genericita’ o indeterminatezza della contestazione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, allorche’ tali documenti siano agevolmente identificabili attraverso il richiamo ad una categoria omogenea che ne renda comunque possibile la individuazione.
In ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo facendo riferimento alla consapevolezza, in chi utilizza il documento in dichiarazione, che colui che ha effettivamente reso la prestazione non ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall’emittente, conseguendo in tal modo un indebito vantaggio fiscale in quanto l’Iva versata dall’utilizzatore della fattura non e’ stata pagata dall’esecutore della prestazione medesima.
Sentenza 11 maggio 2018, n. 20858
Data udienza 7 novembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/06/2016 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GASTONE ANDREAZZA;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna in data 17/06/2016 che, dichiarando non doversi procedere quanto alle annualita’ del 2006 e 2007 per intervenuta prescrizione, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna di condanna per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 perche’, quale legale rappresentante della “(OMISSIS) S.r.l.”, esercente l’attivita’ di trasporto su strada, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava nelle dichiarazioni annuali relative agli anni di imposta 2008 e 2009 elementi passivi fittizi, utilizzando fatture per operazioni inesistenti in quanto soggettivamente false perche’ relative a prestazioni di servizi di autotrasporto apparentemente effettuate dalla (OMISSIS) S.r.l., ma in realta’ effettuate da altri soggetti.
2. Con un primo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’articolo 429 c.p.p., lettera c) per avere la Corte d’Appello omesso di dichiarare, come invocato in entrambi i giudizi di merito, la nullita’ del decreto di citazione a giudizio per genericita’ e indeterminatezza del capo d’imputazione, mancante) in particolare) della specifica indicazione delle fatture contestate stante il riferimento ai soli importi; la relativa censura e’ stata infatti disattesa attraverso il richiamo alla presenza, negli atti, delle fatture stesse, non potendo tuttavia farsi legittimo riferimento al fascicolo del P.M. cui il giudice non ha accesso.
3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione con riguardo all’elemento oggettivo e soggettivo del reato per avere la Corte omesso di trattare specificamente la censura avanzata dalla difesa circa l’insussistenza nella specie degli elementi sintomatici dell’appalto illecito di manodopera essendosi limitata ad indicare apoditticamente l’irrilevanza della circostanza che i sub vettori lavorassero anche per altre imprese e la non coincidenza, non argomentata, dei presupposti per la configurabilita’ dell’appalto di manodopera pertinente nella fattispecie in esame con quelli previsti dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003. Lamenta inoltre la mancanza di motivazione sulla configurabilita’ dell’elemento soggettivo del dolo essendosi la sentenza limitata a richiamare genericamente le considerazioni effettuate dal Giudice di primo grado.
4. Successivamente, con memoria in data 6/11/2017, ha dedotto la intervenuta prescrizione relativamente al reato riferito al periodo di imposta 2008.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato.
Questa Corte ha gia’ chiarito infatti che la mancanza, nel capo di imputazione, di una specifica ed analitica indicazione di tutte le fatture ritenute falsificate o contraffatte non comporta alcuna genericita’ o indeterminatezza della contestazione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2, allorche’ tali documenti siano agevolmente identificabili attraverso il richiamo ad una categoria omogenea che ne renda comunque possibile la individuazione (Sez. 3, n. 6102 del 15/01/2014, dep. 10/02/2014, Lai, Rv. 258905). Nella specie, il capo d’imputazione relativo appare corredato di prospetti, segnatamente relativi agli anni dal 2006 al 2009, contenenti gli importi riferiti a ciascuna prestazione fatturata nonche’ i nominativi delle societa’ emittenti; ne consegue, sulla base del principio appena ricordato, che nessuna indeterminatezza dell’addebito mosso puo’ essere seriamente invocata.
Va aggiunto che, come risultante dalla sentenza impugnata, negli atti del processo sono stati versate tutte le fatture relative anche da qui discendendo la manifesta infondatezza della censura giacche’, come anche in tal caso stabilito da questa Corte, ai fini della completezza dell’imputazione, e’ sufficiente che il fatto sia contestato in modo da consentire la difesa in relazione ad ogni elemento di accusa, sicche’ e’ legittimo il ricorso al rinvio agli atti del fascicolo processuale, purche’ si tratti di atti intellegibili, non equivoci e conoscibili dall’imputato (Sez. 5, n. 10033 del 19/01/2017, dep. 01/03/2017, Iogha’ e altro, Rv. 269455).
2. Il secondo motivo e’ inammissibile atteso che, a dispetto della formale invocazione della mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione, con esso si intende in realta’ contrastare la valutazione del compendio probatorio effettuata dalla Corte territoriale richiedendo a questa Corte una diversa lettura dello stesso.
La illiceita’ sul piano penale-tributario della condotta contestata muove dal presupposto della inesistenza soggettiva delle prestazioni fatturate in ragione della circostanza che le imprese indicate come subappaltori della (OMISSIS) ebbero in realta’ ad operare come meri somministratori di manodopera; di qui dunque la conclusione secondo cui l’avvenuta annotazione nella contabilita’ della (OMISSIS) degli importi delle fatture emesse da tali soggetti e il successivo loro inserimento nelle relative dichiarazioni quali componenti negativi di reddito avrebbe comportato il conseguimento di indebiti vantaggi fiscali.
Tale essendo dunque la prospettiva (di essenziale e al tempo stesso sufficiente esposizione, in dichiarazione, di componenti difformi dalla realta’) sulla quale misurare, negli stretti limiti cognitivi devoluti per legge a questa Corte, e fuoriuscendo da essa, dunque, la ricognizione dei criteri di illiceita’ dell’appalto di manodopera, la tenuta della sentenza impugnata, nessun deficit argomentativo appare rilevabile: la Corte felsinea ha sottolineato, in termini niente affatto illogici, il significativo dato della coincidenza di importo tra i pagamenti effettuati dalla (OMISSIS) alle varie ditte e i pagamenti da queste effettuati ai dipendenti a titolo di retribuzione, l’impiego di mezzi noleggiati da societa’ amministrate, di fatto o di diritto, dal (OMISSIS), e l’avvenuta anticipazione dei costi di carburante e dei pedaggi da parte della stessa (OMISSIS) salva la compensazione con i crediti vantati dalle ditte interposte, da cio’ traendo la congruente conclusione in ordine appunto alla estraneita’ delle ditte emittenti rispetto alla attivita’ di trasporto fatturata.
Parimenti la sentenza ha correttamente motivato in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo facendo riferimento alla consapevolezza, in chi utilizza il documento in dichiarazione, che colui che ha effettivamente reso la prestazione non ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall’emittente, conseguendo in tal modo un indebito vantaggio fiscale in quanto l’Iva versata dall’utilizzatore della fattura non e’ stata pagata dall’esecutore della prestazione medesima (Sez. 3, n. 19012 del 11/02/2015, dep. 07/05/2015, Spinelli e altro, Rv. 263745) e rapportando nella specie tale consapevolezza, a fronte del contesto fattuale -operativo gia’ descritto, in capo all’imputato che, del resto, al di la’ di una generale notazione di dissenso, non ha saputo svolgere censure specifiche di sorta all’argomentazione sul punto della sentenza.
3. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, da cio’ derivando, per costante indirizzo di questa Corte (Sez. Un., n. 32 del 22/11/2000, dep.21/12/2000, D.L., Rv. 217266), la non rilevabilita’ della prescrizione maturata con riguardo al periodo di imposta 2008 successivamente alla data di pronuncia della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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