Il giudice della convalida dell’arresto in flagranza deve operare con giudizio “ex ante”

Corte di cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 24 aprile 2018, n. 18201.

La massima estrapolata

 

Il giudice della convalida dell’arresto in flagranza deve operare con giudizio “ex ante”, avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi.
In altri termini, sulla scorta di una disamina che non deve limitarsi ai soli requisiti formali, il giudice, oltre, appunto, a verificare il rispetto dei termini previsti dagli articoli 386 e 390 c.p.p., “deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimita’ dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilita’ di uno dei reati richiamati dagli articoli 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare ne’ la gravita’ indiziaria e le esigenze cautelari (valutazione questa riservata all’applicabilita’ delle misure cautelari coercitive), ne’ l’apprezzamento sulla responsabilita’ (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito)” . Il che comporta che il detto giudice – sempre ragionando ex ante, sulla base degli elementi risultanti dal verbale di arresto – ha senza meno la possibilita’ di qualificare diversamente il fatto di reato rispetto a quanto ipotizzato dalla p.g., traendone le necessitate conclusioni ai fini dell’atto di cui e’ richiesto.

Sentenza 24 aprile 2018, n. 18201

Data udienza 21 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. VILLONI Orlando – Presidente

Dott. TRONCI Andr – Rel. Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella – Consigliere

Dott. VIGNA Maria S. – Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova nel processo c/:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 28/07/2017 del TRIBUNALE di PADOVA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Tronci Andrea;
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Cuomo Luigi, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il p.m. presso il Tribunale di Padova impugna l’ordinanza indicata in epigrafe, con cui il g.i.p. del detto Tribunale ha rigettato la richiesta di convalida dell’arresto eseguito dalla p.g. nei riguardi di (OMISSIS), in ordine al reato di cui all’articolo 336 c.p., per aver usato violenza e minaccia nei confronti del conducente di un autobus del servizio pubblico gestito da (OMISSIS), al fine di costringerlo “ad omettere di verificare il possesso da parte sua di un regolare titolo di viaggio e dunque ad omettere un atto del proprio servizio”: cio’ per aver ravvisato nei fatti unicamente gli estremi del diverso reato di cui all’articolo 612 c.p., e articolo 61 c.p., n. 10, non suscettibile di arresto.
2. Assume in proposito il ricorrente l’erroneita’ della qualificazione giuridica operata dal giudice padovano, non avendo questi considerato che l’azione del conducente dell’autobus – che pure aveva in effetti controllato il titolo di viaggio del (OMISSIS), risultato tuttavia privo di validita’, si’ da averlo invitato ad obliterarne un altro – non era affatto conclusa nel momento in cui il prevenuto aveva inopinatamente reagito in modo violento e minatorio, essendosi anzi in presenza di un comportamento, da parte dell’utente, “che si pone a meta’ strada tra la fattispecie di cui all’articolo 336 c.p., e quella di cui all’articolo 337 c.p., dato che con la sua condotta l’arrestato si e’ opposto al controllo del suo titolo di viaggio, da parte del conducente, di fatto impedendogli di portarlo a termine”.
3. Il P.G. in sede ha depositato requisitoria scritta con cui, ravvisata la fondatezza dell’illustrata impugnazione, ha chiesto farsi luogo all’annullamento senza rinvio del provvedimento in questione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’ordinanza impugnata va in effetti annullata senza rinvio – in conformita’ al consolidato insegnamento giurisprudenziale in proposito – posto che il ricorso, concernendo la rivisitazione di una fase ormai perenta, e’ finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell’operato della polizia giudiziaria.
2. E’ ius receptum che “Il giudice della convalida dell’arresto in flagranza deve operare con giudizio “ex ante”, avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi” (cosi’, fra le tante e di recente, Sez. 6, sent. n. 18196 del 13.04.2016, Rv. 266930).
In altri termini, sulla scorta di una disamina che non deve limitarsi ai soli requisiti formali, il giudice, oltre, appunto, a verificare il rispetto dei termini previsti dagli articoli 386 e 390 c.p.p., “deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimita’ dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilita’ di uno dei reati richiamati dagli articoli 380 e 381 c.p.p., in una chiave di lettura che non deve riguardare ne’ la gravita’ indiziaria e le esigenze cautelari (valutazione questa riservata all’applicabilita’ delle misure cautelari coercitive), ne’ l’apprezzamento sulla responsabilita’ (riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito)” (cfr. Sez. 6, sent. n. 8341 del 12.02.2015, Rv. 262502 e n. 48471 del 28.11.2013, Rv. 258230). Il che comporta che il detto giudice – sempre ragionando ex ante, sulla base degli elementi risultanti dal verbale di arresto – ha senza meno la possibilita’ di qualificare diversamente il fatto di reato rispetto a quanto ipotizzato dalla p.g., traendone le necessitate conclusioni ai fini dell’atto di cui e’ richiesto.
3. Facendo dunque applicazione di tali principi al caso di specie, emerge che il g.i.p., con ogni verosimiglianza condizionato dalla formulazione del capo d’incolpazione – che individua l’atto d’ufficio omesso, a causa della condotta del soggetto agente, nella verifica, ad opera del conducente, del possesso di regolare titolo di viaggio da parte del (OMISSIS) – ha inteso la contestazione in senso strettamente letterale e comunque ha omesso di considerare che, cosi’ come correttamente osservato dalla parte ricorrente, “l’attivita’ di controllo dei titoli di viaggio… non poteva certo esaurirsi nello stracciare il biglietto irregolare”, avendo infatti il conducente invitato il prevenuto, prima di ripartire, a munirsi di un valido titolo da timbrare, giusta quanto emerge dallo stesso provvedimento impugnato: donde la conclusione che l’atto d’ufficio dell’incaricato di pubblico servizio era ancora in essere, ovvero – qualora si voglia frazionare il suo comportamento – che al controllo effettuato con esito negativo doveva necessariamente seguire il passaggio ulteriore, puntualmente preannunciato dal conducente ed a cui si correla la condotta illecita del (OMISSIS).
Erronea si palesa, dunque, la qualificazione giuridica compiuta dal g.i.p. e conforme a legge l’arresto eseguito dalla p.g.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

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