Corte di Cassazione, sezione lavoro, ordinanza 5 aprile 2018, n. 8416.
In presenza di malattia multifattoriale tabellata, dinanzi alla provata esposizione ad un fattore cancerogeno previsto in tabella (anche senza indicazioni di soglia); ovvero in presenza di malattia multifattoriale non tabellata, acquisita la prova nel singolo giudizio – anche sulla base di indagini epidemiologiche confrontate con le emergenze relative al caso concreto – della elevata cancerogenicita’ del fattore professionale, il nesso eziologico richiesto dalla legge puo’ essere negato solo qualora possa ritenersi con certezza, e con onere della prova a carico dell’INAIL, che la malattia sia l’effetto esclusivo dell’intervento di un fattore estraneo all’attivita’ lavorativa ovvero di un fattore extraprofessionale di per se’ solo sufficiente a produrre l’infermita’; mentre va negato che la modesta efficacia del fattore professionale sia sufficiente ad escludere l’operativita’ del principio di equivalenza causale.
Ordinanza 5 aprile 2018, n. 8416
Data udienza 19 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere
Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25928/2012 proposto da:
(OMISSIS), C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), che lo rappresentano e difendono giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 472/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 09/05/2012 R.G.N. 948/2009.
RILEVATO IN FATTO
che con la sentenza n. 472/2012 la Corte d’Appello di Genova accoglieva l’appello proposto dall’INAIL contro la sentenza di primo grado che, sulla scorta di ctu, aveva riconosciuto la natura professionale della malattia (tumore polmonare) che aveva cagionato il decesso di (OMISSIS), il quale per lungo tempo aveva esercitato l’attivita’ di verniciatore, ed aveva percio’ accolto la domanda del coniuge (OMISSIS) condannando l’INAIL all’erogazione delle prestazioni assicurative dovute per legge in favore dell’attrice;
che in riforma di detta sentenza la Corte d’Appello affermava invece che l’unica esposizione provata nella causa era al c.d. Genklene per la quale l’INAIL aveva pero’ evidenziato – in mancanza di contestazioni – la natura non cancerogena della sostanza; sosteneva inoltre che la previsione secondo cui il tumore al polmone con elevata probabilita’ fosse derivato causalmente dall’attivita’ di verniciatore era inserita soltanto nelle tabelle Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, ex articolo 139, non idonee a fondare la presunzione di origine professionale, come le tabelle previste invece dall’articolo 3 del t.u.; e che in base alla nuova ctu disposta in appello risultava invece che il (OMISSIS) fosse deceduto per un fattore del tutto autonomo rispetto all’attivita’ lavorativa pregressa (come il fumo di sigaretta);
che avverso detta sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidando le proprie censure ad un unico articolato motivo illustrato da memoria, cui resiste l’INAIL con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che con l’unico articolato motivo il ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 115, 116, 416, 441, 442 e 445 c.p.c., e articolo 2697 c.c.; violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 3, 134, 139, Decreto del Presidente della Repubblica n. 336 del 1994, e del Decreto Ministeriale 27 aprile 2004, nonche’ degli articoli 40 e 41 c.p., ed omessa e insufficiente motivazione; e cio’ per aver la Corte negato la presunzione di origine professionale della malattia in relazione alle previsioni della tabella ex articolo 139 Testo Unico pur sostenendo che la stessa tabella prevedesse che il tumore al polmone con elevata probabilita’ fosse derivato causalmente dall’attivita’ di verniciatore; per aver negato l’esposizione alle tante sostanze cancerogene allegate in ricorso e la loro efficacia causale; per aver affermato che l’unica sostanza nociva in relazione alle quale era stata provata l’esposizione fosse il solo Genklene;
che anzitutto va esclusa la censura relativa alla violazione dell’articolo 139 Testo Unico ed alla pretesa presunzione di origine professionale della malattia in discorso, dovendo il Collegio ribadire quanto chiarito da questa Corte con pronuncia successiva a quella indicata in ricorso (Cass. n. 8638/2008) – correttamente disattesa dalla sentenza impugnata – ovvero che l’elenco delle malattie previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 139, come integrato dal Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 10, non amplia il catalogo delle patologie tabellate ad eziologia professionale presunta (Cass. 13638/2012);
che pur tuttavia la sentenza impugnata non ha attribuito il giusto valore all’inclusione dell’attivita’ lavorativa di verniciatore nell’ambito della tabella ex articolo 139 T.U., e Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 10; ed inoltre non ha fatto buon governo dei principi valevoli in materia di nesso causale relativamente ad una fattispecie di malattia multifattoriale, come quella di causa, per come illustrati da questa Corte, da ultimo con le sentenze nn. 5704/2017 e 10430/2017 e chiariti con la presente pronuncia;
che invero la previsione in tabella Decreto Legislativo n. 38 del 2000, ex articolo 139 e 10, di una attivita’ lavorativa (nella fattispecie di verniciatore) come fattore che con elevata probabilita’ puo’ cagionare una specifica malattia va considerata nell’ottica non della presunzione di origine professionale e dell’inversione dell’onere della prova, ma della rilevanza probatoria e dell’assolvimento del carico probatorio, talche’ in tal caso il lavoratore non deve anche fornire la prova delle singole sostanze a cui e’ stato esposto nel corso dell’attivita’ di lavoro, essendo tale prova assorbita da quella dello svolgimento dell’attivita’ inclusa nella tabella;
che questo argomento probatorio che attiene non al nesso di derivazione causale, ma alla nocivita’ della attivita’ lavorativa svolta, deve essere riconosciuto nel processo per effetto delle previsioni della tabella Decreto Legislativo n. 38 del 2000, ex articoli 139 e 10, elaborata da un’apposita Commissione di specialisti sulla base di valutazioni scientifiche ed indagini epidemiologiche;
che la Corte territoriale non ha considerato provata l’esposizione a sostanze nocive nonostante che la ricorrente avesse piu’ volte ed analiticamente indicato in ricorso, una per una, le varie sostanze nocive alle quali era stato esposto il de cuius nel corso delle mansioni svolte per oltre trent’anni come operaio verniciatore presso i datori ed i reparti ivi precisati in termini dettagliati; allegando altresi’ che alcune di esse fossero incluse nella lista I dedicata alle malattia di cui e’ probabile l’origine professionale (in particolare benzene, cadmio e cromo) e che lo studio della IARC prodotto in giudizio le includesse tra i tipici composti delle vernici e dei solventi, classificando pure l’attivita’ del verniciatore nel gruppo dei cancerogeni certi;
che la Corte nell’affermare che l’unica esposizione provata in causa fosse al Genklene non ha nemmeno considerato in chiave probatoria la mancata contestazione dell’INAIL relativa alle circostanze riferite all’esposizione a tutte le altre sostanze piu’ volte allegate in ricorso; mentre ha utilizzato il principio di non contestazione soltanto per considerare provata l’eccezione dell’INAIL sulla mancanza di nocivita’ del Genklene;
che la stessa c.t.u. espletata in appello, e richiamata a fondamento della decisione, appare viziata poiche’ in relazione ad una malattia multifattoriale, come il tumore al polmone, sostiene che il fattore professionale – che per la IARC e la tabella ex articolo 139 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124, e Decreto Legislativo n. 38 del 2000, articolo 10, ha una elevata valenza eziologica – non abbia invece alcuna rilevanza; senza considerare che nella malattia multifattoriale rileva anche il concorso di cause ex articoli 40 e 41 c.p., e che il nostro ordinamento in materia di nesso casuale e’ ispirato al principio di equivalenza delle cause, per cui, al fine di ricostruire il nesso di causa, occorre tener conto di qualsiasi fattore, anche indiretto, remoto o di minore spessore, sul piano eziologico, che abbia concretamente cooperato a creare nel soggetto una situazione tale da favorire comunque l’azione dannosa di altri fattori o ad aggravarne gli effetti, e senza che possa riconoscersi rilevanza causale esclusiva soltanto ad uno dei fattori patologici che abbiano operato nella serie causale;
che, pertanto, in presenza di malattia multifattoriale tabellata, dinanzi alla provata esposizione ad un fattore cancerogeno previsto in tabella (anche senza indicazioni di soglia, Cass. n. 23653 del 21/11/2016); ovvero in presenza di malattia multifattoriale non tabellata (Cass. 10430/2017), acquisita la prova nel singolo giudizio – anche sulla base di indagini epidemiologiche confrontate con le emergenze relative al caso concreto – della elevata cancerogenicita’ del fattore professionale, il nesso eziologico richiesto dalla legge puo’ essere negato solo qualora possa ritenersi con certezza, e con onere della prova a carico dell’INAIL, che la malattia sia l’effetto esclusivo dell’intervento di un fattore estraneo all’attivita’ lavorativa ovvero di un fattore extraprofessionale di per se’ solo sufficiente a produrre l’infermita’ (Cass. 26 marzo 2015 n. 6105; Cass. 11 novembre 2014 n. 23990); mentre va negato che la modesta efficacia del fattore professionale sia sufficiente ad escludere l’operativita’ del principio di equivalenza causale (Cass. 12 ottobre 1987 n. 7551, Cass. 8 ottobre 2007 n. 21021);
che la sentenza impugnata e’ quindi errata poiche’ non ha considerato l’esposizione a sostanze nocive che invece risultavano dimostrate sulla scorta di precise allegazioni di fatto non contestate; non ha considerato che ai fini dell’operativita’ della tutela assicurativa e’ sufficiente l’identificazione di un rischio ambientale (cfr. Cass. SU 13025/2006; 15865/2003, 6602/2005, 3227/2011) ossia che il lavoratore abbia contratto la malattia di cui si discute in virtu’ di una noxa comunque presente nell’ambiente di lavoro ovvero in ragione delle lavorazioni eseguite al suo interno; non ha valutato sotto il profilo almeno concorsuale la circostanza che l’attivita’ di verniciatore e’ indicata come fattore causale probabile in relazione alla malattia tumorale in discorso e che l’inclusione nella tabella della stessa attivita’, complessivamente considerata, derivi dall’elaborazione di giudizi scientifici ed indagini tecniche proprio sulle sostanze (come benzene, cadmio e piombo) utilizzate nelle vernici ed alle quali sono conseguentemente esposti i lavoratori che esercitano la l’attivita’ di verniciatore; non ha spiegato per quale motivo il fattore professionale non abbia avuto nessuna valenza eziologica aderendo ad una ctu che nulla dice in proposito, in assenza di elementi, in alcun modo indicati nella stessa sentenza, al fine di attribuire al tabagismo il carattere di causa esclusiva dello stesso evento dannoso;
che in conclusione, tenuto conto di tutti questi rilievi, poiche’ la sentenza impugnata non si sottrae alle censure formulate dalla ricorrente, il ricorso per cassazione deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio della causa, per un nuovo esame, al nuovo giudice indicato in dispositivo; il quale dovra’ uniformarsi ai principi di diritto sopra richiamati in materia di nesso di causa, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione.
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