Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 6 novembre 2017, n. 5098. L’errore revocatorio, oltre ad apparire immediatamente rilevabile, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche, non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice

L’errore revocatorio, oltre ad apparire immediatamente rilevabile, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche, non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice e non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali ovvero di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita, tutte ipotesi queste che danno luogo se mai ad un errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, che altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado di giudizio, non previsto dall’ordinamento.

Sentenza 6 novembre 2017, n. 5098
Data udienza 26 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 648 del 2017, proposto da:

Ca. Le. Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Pi., An. An., domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza (…);

contro

Comune di Parma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Al. Ro., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale (…);

nei confronti di

Se. Ti. Srl e altri non costituiti in giudizio;

per la revocazione

della SENTENZA N. 4641/2016 PRONUNCIATA DAL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE (SEZIONE QUINTA) NEL RICORSO R.G. n. 7546/2008.

Visti il ricorso in revocazione e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Parma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2017 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Pa. Pi., Sa. Al. Ro.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.La società Ca. Le. SPA, quale incorporante della società BS Se. Srl, impugna per revocazione la sentenza di questo Consiglio di Stato n. 4641/2016 depositata il 6 ottobre 2016, che ha rigettato l’appello contro la sentenza del TAR Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, n. 362/2008, con la quale erano stati respinti i ricorsi, poi riuniti, proposti contro il Comune di Parma dalla società BS Se. Srl, titolare di quattro impianti di distribuzione carburanti nella circoscrizione territoriale del Comune di Parma, avverso:

– la deliberazione del Consiglio comunale (n. 24/7 del 20 febbraio 2006) di approvazione del regolamento concernente la rilocalizzazione degli impianti di distribuzione di carburante in deroga alle distanze minime previste dalla deliberazione regionale n. 355 del 2002, attuativa, a sua volta, delle disposizioni recate dal d.lgs. n. 32 del 1998 (Razionalizzazione del sistema di distribuzione carburanti);

– il permesso di costruire rilasciato dal Comune alla Se. Ti. s.r.l. per la realizzazione di un nuovo impianto di distribuzione carburante in via (omissis), a seguito di delocalizzazione del preesistente impianto di via (omissis).

A fondamento del primo ricorso era stata dedotta la violazione degli artt. 1, comma 5, e 3, comma 2, del d.lgs. n. 32 del 1998, nonché della deliberazione regionale n. 355 del 2002, oltre all’eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento, sul rilievo che il regolamento comunale includeva, tra i gravi motivi idonei a giustificare la deroga, le ipotesi di incompatibilità assoluta e relativa, senza operare fra di esse alcun distinguo, diversamente da quanto invece previsto dalla deliberazione regionale.

A fondamento del secondo, era stata posta l’illegittimità derivata dalle norme regolamentari e l’illegittimità per vizi propri del permesso di costruire, perché rilasciato in violazione del vincolo cimiteriale di cui all’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934, in quanto il manufatto da realizzare sarebbe stato ubicato a meno di duecento metri dalla struttura cimiteriale, senza altresì osservare le disposizioni del codice della strada e la disciplina locale dettata in tema di distanza minima fra accessi viciniori sulla medesima carreggiata dell’arteria veicolare.

1.1.La sentenza qui impugnata – dato atto che il TAR aveva disposto l’estromissione di ASCOM di Parma e di Confesercenti Associazioni del Commercio (le quali si erano costituite nel primo giudizio associandosi alla domanda di annullamento); che aveva dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso avverso il regolamento e respinto il ricorso avente ad oggetto il permesso di costruire- ha precisato, quanto a quest’ultima statuizione (unica rilevante ai fini della revocazione), che il TAR ha escluso sia che l’area di sedime del manufatto ricadesse nella fascia di rispetto cimiteriale, sia che fosse sussistente la violazione della distanza minima tra accessi privati e strade extraurbane.

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