Suprema Corte di Cassazione

sezioneV

sentenza n. 16050 del 27 aprile 2012

Ritenuto in fatto

A..M. è stato ritenuto responsabile, con sentenza del GdP di Reggio Calabria in data 12-7-2010, del reato di ingiuria in danno di S..S. , fatto commesso il (omissis).
Il fatto avveniva telefonicamente in ora notturna e l’offesa era percepita dal compagno della P.O., al quale questa aveva passato il telefono cellulare. L’acquisizione dei tabulati consentiva di attribuire le telefonate ad un’utenza dell’imputato, ex compagno di scuola della S. . Con il ricorso proposto tramite il difensore avv. G. Bellocco, si deduce, con il primo motivo, vizio di motivazione in ordine all’attendibilità della P.O..
Con il secondo si deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza del reato in quanto il fatto non era avvenuto in presenza della P.O., che aveva dichiarato di non aver sentito l’offesa.
Con il terzo vizio di motivazione in ordine all’assenza del ragionevole dubbio, non essendo stata valorizzata la deposizione del teste a difesa C. , il quale aveva riferito di aver appreso dall’imputato che non sapeva nulla di quanto gli era ascritto e ne era sorpreso e rammaricato. Senza contare che la stessa p.o. non aveva riconosciuto la voce del M. . Si chiedeva quindi l’annullamento della sentenza.

Con motivi aggiunti si sollecitava in subordine annullamento senza rinvio per prescrizione.

Considerato in diritto
Mentre il primo ed il terzo motivo del ricorso sono privi di fondamento, a fronte dell’adeguata motivazione del provvedimento impugnato circa la provenienza della telefonata da un’utenza intestata al prevenuto, è fondato il secondo motivo con cui si contesta la ricorrenza del reato in quanto, oltre a non essere avvenuto il fatto in presenza della p.o., questa aveva altresì dichiarato di non aver percepito l’offesa, avendo subito passato al compagno il telefono cellulare.
Esclusa quindi la materialità dell’ingiuria, che esige la percezione dell’offesa da parte del destinatario, il fatto integra la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p., in presenza del disturbo arrecato, all’evidenza per biasimevole motivo, a persone immerse nel sonno. Essendo quindi le doglianze sollevate con il ricorso in parte esenti da profili di manifesta inammissibilità, e in mancanza di elementi, alla stregua di quanto sopra osservato, per ritenere evidente l’insussistenza del fatto, come riqualificato, o l’estraneità ad esso del prevenuto, è applicabile la prescrizione, che risulta maturata, facendo applicazione della disciplina previgente, più favorevole, e tenuto conto delle sospensioni di durata complessivamente pari ad anni due e giorni dieci, alla data del 21-5-2009. Segue l’annullamento per tale causa della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Qualificato il fatto come molestie ex art. 660 c.p., annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere detto reato estinto per prescrizione.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *