Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 12 gennaio 2017, n. 1420

La coscienza e la volontà, pur se diminuite, non sono incompatibili con il vizio parziale di mente, in quanto sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente di cui all’art. 89 c.p. – che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volontà – e l’intensità del dolo, che riguarda il momento nel quale la volontà si manifesta e persegue l’obiettivo considerato

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 12 gennaio 2017, n. 1420

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARCANO Domenico – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – rel. Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 17/03/2015 della Corte di appello di Cagliari;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Angelillis Ciro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 17/3/2015 la Corte di appello di Cagliari ha confermato quella del Tribunale di Cagliari del 15/10/2012, con cui (OMISSIS) e’ stato riconosciuto colpevole del delitto di cui all’articolo 337 cod. pen. e, con la diminuente della seminfermita’ mentale equivalente alla contestata recidiva, condannato alla pena di mesi sei di reclusione, con applicazione della misura di sicurezza della liberta’ vigilata.

2. Ha proposto ricorso il (OMISSIS) tramite il suo difensore.

2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 337 cod. pen., osservando che le Forze dell’Ordine conoscevano le condizioni psichiche e la personalita’ dell’imputato per cui era impossibile che la sua condotta potesse interrompere o turbare l’atto dell’ufficio.

2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione agli articoli 42 e 43 cod. pen., rilevando che le condizioni in cui versava l’imputato implicavano che egli non si fosse reso conto di quanto stava accadendo.

Tali condizioni erano peggiorate con disturbo dell’attenzione e deterioramento cognitivo.

2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all’articolo 69 c.p., comma 4 e articolo 99 c.p., comma 4, segnalando che proprio tenendo conto delle condizioni personali dell’imputato e delle circostanze del caso concreto si sarebbero dovute concedere le attenuanti generiche con esclusione della recidiva, non potendosi valutare come argomento contrario le manifestazioni della patologia psichiatrica.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente invoca la sopravvenuta applicabilita’ dell’articolo 131-bis cod. pen. deducendo la sussistenza dei relativi presupposti.

3. Il ricorso e’ inammissibile.

3.1. Il primo motivo deduce genericamente l’inidoneita’ della condotta ad interrompere o turbare l’atto dell’ufficio, a fronte del fatto che i militari conoscevano il (OMISSIS), ma sul punto la Corte ha nitidamente chiarito come in realta’ il ricorrente avesse rivolto minacce, fatte seguire da un pugno che aveva colpito uno dei militari ad una spalla, il che valeva a rappresentare la qualificata opposizione che integra il reato di resistenza.

3.2. Il secondo motivo ripropone il tema della mancanza dell’elemento psicologico in ragione delle condizioni psichiche e dello stato di dipendenza dall’alcool del ricorrente, ma neanche in questo caso il ricorso si confronta con la motivazione della Corte territoriale alla cui stregua il (OMISSIS) aveva piena contezza di trovarsi al cospetto di Carabinieri e di opporsi all’atto dell’ufficio, fermo restando che lo stato di intossicazione cronica da alcool, accompagnato da deterioramento cognitivo, era all’origine della ridotta capacita’ di intendere e di volere ma non era incompatibile con la coscienza e volonta’ dell’azione e con la finalizzazione della stessa in quel preciso contesto (costituisce peraltro ius receptum che “I vizio parziale di mente deve considerarsi logicamente compatibile con il dolo, non essendovi contrasto fra la semi-infermita’ mentale ed il ritenere provato il dolo. Ed invero, la coscienza e la volonta’, pur se diminuite, non sono incompatibili con il vizio parziale di mente, in quanto sussiste piena autonomia concettuale tra la diminuente, che attiene alla sfera psichica del soggetto al momento della formazione della volonta’ e l’intensita’ del dolo, che riguarda il momento nel quale la volonta’ si manifesta e persegue l’obiettivo considerato”: cosi’ Cass. Sez. 5, n. 14107 del 27/101999, Arcilesi, rv. 2161042; relativamente al dolo eventuale, Cass. Sez. 1, n. 39266 del 21/10/2010, Attolico, rv. 248883; relativamente ad una maggiore intensita’ del dolo, compatibile con il vizio parziale, Cass. Sez. 3, n. 19248 del 7/4/2005, Tiani, rv. 2318498).

3.3. Il terzo motivo parimenti si limita a riproporre temi correttamente vagliati dalla Corte territoriale in merito all’applicazione della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche, senza che siano state formulate specifiche censure alla motivazione contenuta nella sentenza impugnata: del resto e’ stato posto in rilievo come, alla luce dell’innumerevole serie di precedenti specifici, l’episodio in esame costituisse nuova espressione della pericolosita’, desunta dai parametri di cui all’articolo 133 cod. pen. in relazione all’attitudine palesata dal ricorrente, fermo restando che non ricorrevano elementi valutabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche, salva la riduzione di pena ai sensi dell’articolo 89 cod. pen., tale da riassumere in se’ le sole ragioni di attenuazione del trattamento sanzionatorio, a fronte della mancanza di resipiscenza e dell’intendimento di denunciare i Carabinieri.

3.4. Il quarto motivo e’ manifestamente infondato, in quanto l’ipotesi di cui all’articolo 131-bis cod. pen. non ricorre nel caso di comportamento abituale, desunto fra l’altro dalla commissione di piu’ reati della stessa indole: orbene, il (OMISSIS) e’ gravato da altre sette condanne per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, riferite a fatti commessi prima dell’episodio per cui e’ causa, il che costituisce ostacolo insormontabile alla configurazione del fatto di particolare tenuita’.

4. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa di inammissibilita’, a quello della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende

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