Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 26 ottobre 2016, n. 21646

Il lavoratore non è tenuto a pagare la penale prevista nel patto di stabilità con il datore se l’importo è eccessivo.

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 26 ottobre 2016, n. 21646

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente
Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21610/2011 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.P.A. ORA (OMISSIS) S.P.A.;

– intimata –

Nonche’ da:

(OMISSIS) S.P.A. ORA (OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1293/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 07/09/2010 R.G.N. 1081/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega verbale Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 7.9.10 la Corte d’appello di Bologna, in totale riforma della sentenza 11.1.06 del Tribunale felsineo, rigettava la domanda di (OMISSIS) intesa ad ottenere la declaratoria di invalidita’ del patto di stabilita’ stipulato il 3.7.2000 con (OMISSIS) S.p.A. (oggi (OMISSIS) S.p.A.) e, per l’effetto, condannava la lavoratrice a pagare alla societa’ la penale concordata tra le parti in caso di inadempimento, pari ad Euro 56.810,26 oltre accessori.

Per la cassazione della sentenza ricorre (OMISSIS) affidandosi a tre motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex articolo 378 c.p.c..

(OMISSIS) S.p.A. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato basato su tre motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2112 e 2113 c.c., in relazione all’articolo 1337 c.c., articolo 1341 c.c., comma 2, e articolo 1344 c.c., e mancata applicazione degli articoli 1421 e 1422 c.c., perche’ la sentenza impugnata ha ritenuto valido il patto di stabilita’ (con il quale entrambe le parti si impegnavano per un triennio a non recedere dal rapporto di lavoro, salvo il ricorrere di giusta causa) nonostante l’avvenuta sua impugnazione ex articolo 2113 c.c., e l’evidente sproporzione di forza contrattuale tra la lavoratrice e l’istituto di credito. Inoltre – prosegue il ricorso – il patto con cui si autorizza la banca a recuperare l’importo della penale anche mediante compensazione con le spettanze di fine rapporto della ricorrente e’ nullo perche’ in frode alle legge e lesivo del diritto indisponibile di cui all’articolo 545 c.p.c., comma 4, norma che, come vieta la pignorabilita’ oltre il quinto delle retribuzioni, cosi’ ne vieta la compensazione con pretesi crediti vantati dal datore di lavoro.

Il motivo e’ infondato.

Si premetta che il lavoratore subordinato, come ha facolta’ di disporre liberamente del proprio diritto di recedere dal rapporto di lavoro (v. Cass. n. 17010/14; Cass. n. 17817/05), cosi’ puo’ liberamente concordare una durata minima del rapporto stesso, che comporti, fuori dell’ipotesi di giusta causa di recesso di cui all’articolo 2119 c.c., il risarcimento del danno a favore della parte non recedente, conseguente al mancato rispetto del suddetto periodo minimo di durata.

Per l’effetto, nel caso in oggetto si e’ al di fuori della fattispecie, prevista dall’articolo 2113 c.c., della rinuncia o transazione su diritti derivanti da disposizioni inderogabili di legge.

Ne’ ricorre una delle ipotesi in cui l’impugnabilita’ ex articolo 2113 c.c., della pattuizione relativa ad un diritto disponibile del lavoratore e’ stata estesa, dalla giurisprudenza di questa S.C., in quanto rientrante in un piu’ ampio contesto negoziale complesso, il cui contenuto investa anche altri diritti del prestatore derivanti da disposizioni inderogabili di legge o dell’autonomia collettiva ove si tratti di clausole strettamente interdipendenti fra loro (cfr., ex aliis, Cass. n. 18285/09; Cass. n. 171/09; Cass. n. 12301/03): nel citato accordo del 3.7.2000 al patto di stabilita’ e alla relativa clausola penale si accompagnava soltanto la promozione dell’odierna ricorrente quale funzionario di IV livello, il che non implica alcuna rinuncia o transazione a precedenti diritti derivatile da norme inderogabili.

Ancora da disattendere e’ la censura basata sulla sproporzione di forza contrattuale tra le parti del contratto, vuoi perche’ essa non ne e’ mai motivo di invalidita’ (ma, semmai, di mera rescindibilita’ nei casi e nei limiti di cui agli articoli 1447 e 1448 c.c.), vuoi perche’ il divieto di compensazione posto dall’articolo 1246 c.p.c., n. 3, in relazione ai crediti impignorabili (v. articolo 545 c.p.c.) si riferisce alla sola compensazione propria e non anche alla c.d. compensazione impropria, che ricorre quando le reciproche ragioni di debito / credito nascono da un unico e non da distinti rapporti giuridici (cfr., ex aliis, Cass. n. 18498/06; Cass. n. 3440/75).

E, indubbiamente, nella vicenda in esame unico e’ il rapporto (quello di lavoro) da cui nascono le reciproche ragioni di debito / credito.

1.2. Il secondo motivo del ricorso principale denuncia erronea applicazione e violazione dell’articolo 2112 c.c., in relazione all’articolo 41 Cost., e all’articolo 1406 c.c., e articolo 2119 c.c., comma 1, e violazione dell’articolo 1375 c.c., oltre che vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata ha trascurato la violazione del principio di buona fede nelle comunicazioni alla ricorrente delle varie e complesse operazioni di fusioni societarie che, alla fine, avevano determinato l’incorporazione di (OMISSIS) S.p.A. in (OMISSIS) S.p.A..

Il motivo e’ infondato, non esistendo ai sensi dell’articolo 2112 c.c., alcun onere di previa comunicazione ai singoli dipendenti delle future operazioni di fusioni societarie, ma solo il diverso obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali o ai sindacati di categoria previsto nei limiti e nei termini di cui alla L. n. 428 del 1990, articolo 47.

La contraria esegesi svuoterebbe di sostanziale significato il carattere eccezionale dell’articolo 2112 c.c., rispetto all’ipotesi generale di cui all’articolo 1406 c.c. e ss., e, ad ogni modo, neppure gioverebbe all’odierna ricorrente: infatti, per consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, solo la violazione di precetti inderogabili concernenti la validita’ del contratto e’ suscettibile di determinarne la nullita’, non gia’ l’inosservanza di norme, quand’anche imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, inosservanza che puo’ costituire solo fonte di responsabilita’ per danni (cfr., in motivazione, Cass. S.U. n. 9140/16; Cass. n. 8462/14; Cass. n. 26724/07).

1.3. Il terzo motivo deduce violazione ed erronea o falsa applicazione dell’articolo 1246 c.c. in relazione all’articolo 36 Cost., articolo 545 c.p.c., articoli 1441 e 2120 c.c., oltre che vizio di motivazione, nella parte in cui la gravata pronuncia ha ritenuto che la ricorrente non avesse chiesto la riduzione della penale, eccessiva vuoi rispetto ai vantaggi retributivi netti che (OMISSIS) aveva tratto dal summenzionato patto reciproco di stabilita’ triennale (appena 12.472,43 Euro), vuoi in relazione al tempo residuo di inottemperanza ad esso (sette mesi).

Il motivo e’ fondato.

Premesso che la riduzione della clausola penale puo’ essere chiesta anche in appello e, anzi, puo’ essere disposta anche d’ufficio (cfr. Cass. n. 21297/11; Cass. n. 23273/10), non puo’ dirsi che l’odierna ricorrente principale non avesse allegato circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessivita’ della penale stessa (come, invece, ritenuto dalla sentenza impugnata). Tali circostanze emergevano dallo stesso tenore del patto di stabilita’ e dai rispettivi interessi dedotti, dalle posizioni difensive delle parti e dalle loro qualita’ personali, dal raffronto tra le retribuzioni percepite nella vigenza del patto e l’importo della penale, nonche’ dallo scarto tra l’anticipato recesso della lavoratrice (sette mesi circa prima della scadenza del patto in discorso) e l’ammontare complessivo della penale medesima (pari a 110 milioni di lire).

2.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato si lamenta omessa motivazione sul motivo d’appello con cui (OMISSIS) aveva denunciato violazione dell’articolo 414 c.p.c., n. 2, per essere l’atto introduttivo di lite assolutamente incerto in ordine all’individuazione del soggetto evocato in giudizio, riferendosi l’attrice, indifferentemente, e alternativamente, sia ad (OMISSIS) che ad (OMISSIS).

Il secondo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione e falsa applicazione dei principi processuali in tema di legitimatio ad causam e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’articolo 112 c.p.c., stante la non coincidenza tra il soggetto che avrebbe dovuto essere evocato in giudizio ( (OMISSIS)) e quello in concreto convenuto, ossia (OMISSIS) S.p.A..

Il terzo motivo del ricorso incidentale deduce violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c., in relazione all’articolo 2120 c.c., per avere la sentenza impugnata ravvisato un rapporto di solidarieta’ passiva fra (OMISSIS) e (OMISSIS) in merito al credito per restituzione del TFR vantato dalla ricorrente principale.

2.2. Il ricorso incidentale e’ inammissibile.

Invero, pur se qualificato come condizionato, il ricorso incidentale per cassazione presuppone pur sempre la soccombenza e non puo’, quindi, essere proposto dalla parte che – come nel caso di specie (OMISSIS) S.p.A., ora (OMISSIS) S.p.A. – nel giudizio di appello sia risultata completamente vittoriosa; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non scrutinate dal giudice d’appello che le ha ritenute assorbite, poiche’ l’eventuale accoglimento, anche solo parziale, del ricorso principale (come avvenuto nel caso in oggetto) comporta la possibilita’ che esse siano riesaminate in sede di giudizio di rinvio (cfr., e pluribus, Cass. n. 27157/11; Cass. n. 12728/10; Cass. n. 25821/09; Cass. n. 22346/06).

Ne’, ovviamente, un ricorso per cassazione puo’ essere proposto al solo fine di ottenere una correzione della motivazione della sentenza (cfr., ex aliis, Cass. 12.9.2011 n. 18674; Cass. 2.7.07 n. 14970; Cass. 29.3.05 n. 6601; Cass. 16.7.01 n. 9637; Cass. 9.9.98 n. 8924), correzione che – per altro – se del caso puo’ essere effettuata anche d’ufficio da questa S.C. ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c..

3.1. In conclusione, va accolto il terzo motivo del ricorso principale, con rigetto delle restanti censure e inammissibilita’ del ricorso incidentale.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso principale, rigetta i restanti, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione

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