Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 31 agosto 2016, n. 17448

In ipotesi di contratto a progetto, l’accertamento giudiziale della mancanza di  specificazione di un progetto o di un programma di lavoro o di una fase di esso comporta la trasformazione ope legis del lavoro (nominalmente a progetto) in rapporto di lavoro subordinato sin dalla data della sua costituzione, a nulla rilevando le concrete modalità di svolgimento del rapporto

Suprema Corte di Cassazione

sezione lavoro

sentenza 31 agosto 2016, n. 17448

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente
Dott. TRIA Lucia – Consigliere
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere
Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere
Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27699/2010 proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della (OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 57/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 22/05/2010 R.G.N. 279/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/06/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
PQM
Vedi Provvedimento Allegato.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata in data 22 maggio 2010, la Corte d’appello di Brescia ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. contro la sentenza resa dal Tribunale di Mantova che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla societa’ contro il verbale di accertamento e l’iscrizione a ruolo reso esecutivo in data 22 maggio 2008, con conseguente emissione della cartella, con cui era stato intimato il pagamento in favore dell’INPS di somme dovute a titolo di contributi e somme aggiuntive in relazione al rapporto di lavoro con il signor (OMISSIS).
2. La Corte ha dichiarato illegittima l’iscrizione a ruolo in quanto eseguita successivamente alla proposizione dell’opposizione e, quindi, in violazione del Decreto Legislativo n. 46 del 1999, articolo 24, comma 3. Ha invece confermato il giudizio in merito alla sussistenza dell’obbligazione contributiva qualificando il rapporto di lavoro con il (OMISSIS) come rapporto di lavoro subordinato, in difetto degli elementi tipici del lavoro a progetto (in particolare la specificita’ del progetto o del programma dl lavoro e la mancanza della definizione delle prestazioni del collaboratore in funzione di un risultato predeterminato).
3. Contro la sentenza la (OMISSIS) propone ricorso per cassazione articolato in sei motivi, cui resiste con controricorso l’Inps, anche quale mandataria della societa’ di cartolarizzazione dei crediti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo la societa’ censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, articolo 61, prospettate sotto diversi profili. Assume che, tanto dall’interpretazione letterale quanto da quella teleologica, il requisito della specificita’ richiesto dalla norma citata si riferisce esclusivamente al progetto, non anche al programma di lavoro, il quale secondo la definizione contenuta anche nella Circolare del Ministero del lavoro n. 1 del 2004 “consiste in un tipo di attivita’ che non e’ direttamente riconducibile a un risultato finale” e si caratterizza “per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali”; che il lavoro a progetto, in quanto non crea necessariamente un’obbligazione di risultato, ben potendo sostanziarsi in una obbligazione dl mezzi, cosi’ come evincibile dagli articoli 63 e 67 del Decreto Legislativo citato, non richiede il raggiungimento di un risultato predeterminato; che al lavoratore era stato affidato il programma di lavoro consistente nella gestione, sotto l’aspetto commerciale, tecnico e amministrativo, dei magazzini della societa’ di (OMISSIS), “a decorrere dal 2/1/2004, con durata determinabile a dipendere dalla persistenza dell’interesse della committente all’esecuzione del programma di lavoro affidatogli”; che si trattava di un programma di lavoro del tutto compatibile con il lavoro a progetto, avendo un contenuto progettuale e programmatico ben definito; che nel contratto si prevedeva che l’attivita’ del collaboratore fosse autonoma, senza vincoli di orario o di presenza e di sottoposizione al potere gerarchico e disciplinare della societa’, pur dovendosi la prestazione coordinare con le altre attivita’ della committente nel rispetto delle scadenze previste dalle regole fiscali e dalle prassi commerciali, in vista del risultato finale.
2. Con il terzo motivo la parte denuncia l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Ribadisce che al lavoratore era stato affidato un programma di lavoro, rispettoso di tutti gli elementi previsti dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articoli 61 e 62; che l’Inps non aveva mai contestato le attivita’ svolte; che la prestazione era dunque determinata o determinabile, ed era stabilito il corrispettivo. Dal contratto si evincevano, cosi’, 1) il contenuto la determinabilita’ della collaborazione; 2) l’autonomia del collaboratore; 3) il coordinamento tra il collaboratore e la committente; 4) il corrispettivo di Euro 25.200 annui, pattuito indipendentemente dall’orario effettuato in misura congrua e proporzionata alla qualita’ e quantita’ della collaborazione prestata. Aggiunge che il programma di lavoro del (OMISSIS) prevedeva, oltre alla gestione dei magazzini, la predisposizione e inserimento nell’attivita’ aziendale di una nuova modalita’ di gestione dei magazzini, creata dallo stesso collaboratore (che li dirigeva e sovraintendeva), e consistente nella compilazione di schede per articoli e misure e nella informatizzazione di tale nuova modalita’, sicche’ esulava dalle attivita’ tipiche di un comune magazziniere. La Corte non aveva tenuto conto dl questi elementi.
3. Il quarto motivo involge l’omessa motivazione della sentenza con riguardo alla richiesta dl ammissione della prova testimoniale, la quale cosi’ come articolata sia in primo che in secondo grado appariva decisiva giacche’ avrebbe consentito di provare l’esistenza di un programma di lavoro e, nel contempo, di escludere che le attivita’ del (OMISSIS) fossero quelle di un comune magazziniere.
4. Il quinto motivo ha ad oggetto la denuncia dl violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69. La ricorrente ritiene che la Corte d’appello, nella parte in cui ha disposto che, in difetto di prova dell’esistenza di un lavoro a progetto, il rapporto tra la societa’ e il lavoratore deve essere considerato di natura subordinata a tempo indeterminato sin dalla data della sua costituzione, ha erroneamente ritenuto che la presunzione prevista dall’articolo 69 Decreto Legislativo fosse una presunzione assoluta e non relativa di subordinazione, cosi’ impedendo ad essa societa’ di provare che il rapporto si era svolto in totale autonomia ed era pertanto inquadrabile nella diversa ipotesi di contratto di lavoro autonomo.
5. Il sesto motivo e’ invece incentrato sulla violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., e con esso la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha posto sul debitore che assume l’iniziativa giudiziaria per ottenere l’accertamento negativo del credito vantato dall’Inps l’onere di provare l’illegittimita’ della richiesta, laddove l’onere probatorio grava su colui che pretende il pagamento dei contributi, indipendentemente dall’iniziativa giudiziaria. Nel caso in esame, tale prova non poteva dirsi offerta sulla base del semplice verbale redatto dagli ispettori verbalizzanti, a fronte di una puntuale contestazione degli accertamenti in esso contenuti e della richiesta di ammissione di prova per testi.
4. I primo ed il secondo motivo sono infondati. Preliminarmente deve darsi atto che non si ravvisano profili di inammissibilita’ dei motivi di ricorso, dal momento che la parte ha trascritto quasi per intero il contenuto del contratto di lavoro a progetto e ha specificamente indicato ove esso e’ attualmente rintracciabile (doc. 5 nel fascicolo di parte ricorrente nel giudizio n. 213 del 2008), sicche’ non hanno pregio le eccezioni sollevate al riguardo dalla controparte.
5. Il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61, comma 1, nel testo vigente ratione temporis (il contratto risulta infatti stipulato in data 2 gennaio 2004, e dunque prima delle modifiche apportate al testo originario dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, dalla L. 28 giugno 2012, n. 92, articolo 1, comma 23, lettera a), dal Decreto Legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, fino alla sua definitiva abrogazione ad opera del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, articolo 52 comma 1), cosi’ disponeva: “1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409 c.p.c., n. 2, devono essere riconducibili a uno o piu’ progetti specifici programmi di lavoro o fase di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attivita’ lavorativa”.
6. La norma introduce un nuovo tipo contrattuale, il lavoro a progetto, volto a disciplinare le collaborazioni coordinate e continuative previste nell’articolo 409 c.p.c., n. 3, prevedendone la stipulazione con un atto scritto, dal quale devono emergere la durata, determinata o determinabile, della collaborazione e la sua riconducibilita’ a uno o piu’ progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale, determinati dal committente ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione (Cass. 25 giugno 2013, n. 15922 e 29 maggio 2013, n. 13394).
7. La finalita’ del legislatore, come emerge anche dalla legge delega del 14 febbraio 2003, n. 30, e’ quello di delimitare la categoria dei rapporti riconducibili nell’ampia dizione dell’articolo 409 c.p.c., n. 3, in modo da evitare l’uso abnorme di contratti ad essa riconducibili “in funzione elusiva o frodatoria della legislazione poste a tutela del lavoro subordinato” (cosi’ si esprime la Relazione di accompagnamento al ddl n. 848/2001).
8. Il successivo articolo 62 disciplina la forma che il contratto di lavoro a progetto deve rivestire. In particolare, la norma prevede che il contratto deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere “ai fini della prova” tutta una serie di elementi, quali l’indicazione della durata (lettera a), la “indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto” (lettera b); Il corrispettivo (lettera c); le forme di coordinamento del lavoratore al committente (lettera d); le eventuali misure per la tutela della salute (lettera e).
9. Tanto la dottrina quanto la giurisprudenza hanno avanzato diverse ipotesi interpretative sull’uso dei due diversi termini “progetto” e “programma”: si e’ sostenuto, infatti, che il primo sarebbe caratterizzato per la sua funzionalita’ ad un risultato finale cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione, ed il secondo per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.
10. Per altra parte della dottrina e della giurisprudenza (quest’ultima prevalente), invece, i due termini costituiscono una endiadi, ossia un unico concetto espresso attraverso due diversi sostantivi, da interpretarsi nel senso di una specifica indicazione “di cio’ che il committente intende realizzare”. In altri termini, le due parole hanno la funzione di indicare segmenti specifici dell’attivita’ organizzata dal committente, definiti sia sotto il profilo strutturale che temporale. Cio’ che viene essenzialmente in rilievo e’ che l’attivita’ affidata con il lavoro a progetto si svolga in piena autonomia, in funzione di un risultato determinato ed in coordinazione con l’organizzazione predisposta dal committente, anche sotto il profilo temporale.
11. Il risultato diventa cosi’ un fattore chiave che giustifica l’autonomia gestionale del progetto o del programma di lavoro, sia nei tempi sia nelle modalita’ di realizzazione, e cio’ perche’ l’interesse del creditore e’ relativo al perfezionamento del risultato convenuto che, pur non necessariamente identificandosi in uno specifico opus, deve in ogni caso assumere una sua precisa connotazione, differenziandosi dalla mera disponibilita’, da parte del committente, di una prestazione di lavoro eterodiretta, tipica del rapporto di lavoro subordinato.
12. Conseguentemente, al committente viene richiesto di esplicitare ex ante, in forma scritta (su cui cfr. Cass., 19 aprile 2016, n. 7716), l’obiettivo che il contratto si prefigge di raggiungere ed il risultato della prestazione richiesta al collaboratore, che deve essere necessariamente rivolta a quell’obiettivo; non viene, invece, richiesto che il progetto abbia ad oggetto un’attivita’ altamente specialistica o di particolare contenuto professionale, e tanto meno che sia unica e irripetibile.
13. In questa chiave interpretativa, il requisito della specificita’ deve riguardare tanto il progetto quanto il programma (o la fase di lavoro), non ravvisandosi differenze concettuali tra i due termini. E la riprova che per il legislatore “programma” e “progetto” siano sostanzialmente sinonimi si rinviene nel successivo articolo 62, che nel disciplinare la forma ed il contenuto del contratto dispone alla lettera b) che il contratto debba contenere la “indicazione del progetto o programma di lavoro, o fase di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto”, cosi’ ponendo sullo stesso piano, indifferentemente, programmi e progetti i quali devono essere entrambi caratterizzati dalla esatta individuazione della prestazione richiesta al lavoratore e dalla relativa indicazione nell’atto scritto. La “specificita’ del progetto, programma o fase” diviene dunque l’elemento caratterizzante della differenza fra un genuino rapporto di lavoro a progetto e un contratto a progetto stipulato solo per celare un rapporto di lavoro subordinato.
14. La L. 28 giugno 2012, n. 92 sembra aver recepito tali indicazioni interpretative, nella parte in cui ha eliminato ogni riferimento al “programma” di lavoro tanto nell’articolo 61 quanto nel successivo articolo 62, lasciando che il contratto si caratterizzi per la determinazione (o determinabilita’) di uno specifico “progetto”.
15. Alla luce di queste considerazioni, non si ravvisa nell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale alcuna violazione di legge, essendo la stessa conforme, al dato testuale e alla ratio della disposizione.
16. Il terzo ed il quarto motivo, da affrontarsi anch’essi congiuntamente per la connessione che li lega, sono parimenti infondati.
17. La Corte di merito ha osservato, sulla scorta dello stesso documento contrattuale, che il “programma di lavoro” del (OMISSIS) consisteva nella “gestione del carico e dello scarico dei vari magazzini della societa’ committente, con esplicito riferimento alla contabilita’ di magazzino vera e propria, nella compilazione di schede per articoli e misure, di bolle, fatture e inventari periodici e finali di magazzini…, di redazione di prospetto di carico e scarico delle merci compravendute con inventario delle categorie mancanti e da reintegrare in acquisto, nella tenuta completa e aggiornata, quindi, della situazione giornaliera delle merci in magazzino”. Ha quindi ritenuto che questo programma altro non costituisce che un’elencazione di mansioni, del tutto analoghe a quelle dl un comune magazziniere e che difetta ogni riferimento all’obiettivo, ossia al “risultato” che si intendeva conseguire e alle attivita’ funzionali al raggiungimento dello stesso. Ha quindi escluso l’esistenza di uno specifico progetto o programma di lavoro idoneo a qualificare il rapporto come rapporto di lavoro a progetto.
18. Ora, l’accertamento della volonta’ delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimita’ nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui all’articolo 1362 c.c. e ss.. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dal canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimita’ (Cass., 9 ottobre 2012, n. 17168).
19. Al riguardo, invece, la ricorrente non deduce la violazione di alcun canone ermeneutico previsto dagli articoli 1362 e seguenti del codice civile, ne’ denuncia una Illogicita’ o insufficienza della motivazione, bensi’ oppone una sua diversa e piu’ appagante interpretazione. Insiste infatti sul rilievo che l’attivita’ del (OMISSIS) si svolgeva in assoluta autonomia, senza vincolo di orario e di tempo impiegato, e solo in coordinamento con l’attivita’ aziendale, con la predeterminazione di un compenso annuo, ma non specifica quale fatto decisivo non sarebbe stato considerato dal giudice (o sarebbe stato mal valutato) nel giudizio volto ad accertare la specificita’ del programma assegnato al collaboratore. Anche l’assunto relativo all’affidamento al lavoratore del compito di creare una nuova modalita’ di gestione dei magazzini e l’informatizzazione di tale nuova modalita’ non trova riscontro nel testo del contratto, che e’ il solo a dover essere considerato “ai fini della prova” del contenuto caratterizzante del programma (articolo 62, comma 1, Decreto Legislativo cit.).
20. Il procedimento logico seguito dalla Corte di Brescia e’ dunque pienamente condivisibile. Del resto, il problema posto dalla controversia non e’ quello di accertare quale sia stato il lavoro svolto dal lavoratore in difformita’ rispetto a quello indicato nel contratto, ma, piu’ a monte, di valutare se l’attivita’ specificata nel contratto di lavoro a progetto fosse inquadrabile nello schema legislativo del lavoro a progetto o fosse un lavoro di natura subordinata.
21. In questa prospettiva, e’ evidente la mancanza dl decisivita’ della prova testimoniale richiesta dalla parte, In quanto diretta a dimostrare le concrete modalita’ di svolgimento del rapporto di lavoro, giacche’ cio’ che rileva e’ il giudizio della Corte territoriale circa la mancata previsione nel contratto di uno specifico programma di lavoro. Sul punto, la motivazione e’ congrua ed esaustiva, sicche’ non si ravvisano i denunciati vizi motivazionali.
22. Anche il quinto motivo e’ infondato. Questa Corte (v. sent. 10 maggio 2016, n. 9471), di recente pronunciatasi in tema di lavoro a progetto, ha rimarcato che l’intenzione del legislatore, – palesata nel complesso normativo previsto dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articoli 61 e 69, (nel testo vigente all’epoca dei fatti, ossia prima delle modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012, articolo 1, comma 23, lettera f)), e in particolare nell’uso del verbo “devono” nell’articolo 61, comma 1, secondo cui i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409 c.p.c., n. 3, “devono essere riconducibili a uno o piu’ progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso…”, – ha voluto porre un argine, in armonia con la finalita’ enunciata dalla L. n. 30 del 2003, articolo 4, comma 1, lettera c), nn. 1 – 6, (e fatte salve le specifiche eccezioni ivi previste e poi trasfuse nel Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 61, commi 1 – 3), all’abuso della figura della collaborazione coordinata e continuativa, in considerazione della frequenza con cui giudizialmente ne veniva accertata la funzione simulatoria di rapporti di lavoro subordinato.
23. Questa finalita’ e’ realizzata dall’apparato sanzionatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 69, il quale, ai commi 1 e 2, disciplina due distinte ipotesi: la prima ricorre allorche’ un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa venga instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso; la seconda si verifica qualora venga accertato dal giudice che il rapporto, instaurato ai sensi dell’articolo 61, si e’ venuto concretamente a configurare come un rapporto di lavoro subordinato.
24. Benche’ entrambe siano sanzionate con l’applicazione della disciplina propria dei rapporti di lavoro subordinato, si tratta pero’ di fattispecie strutturalmente differenti, giacche’ nella prima rileva il dato formale della mancanza di uno specifico progetto a fronte di una prestazione lavorativa che, in punto di fatto, rientra nello schema generale del lavoro autonomo (sulla riconducibilita’ della collaborazione coordinata e continuativa nell’alveo del lavoro autonomo cfr., fra le tante, Cass. n. 6053 del 1986), laddove nella seconda rilevano le modalita’ di tipo subordinato con cui, nonostante l’esistenza di uno specifico progetto, e’ stata di fatto resa la prestazione lavorativa.
25. La riprova e’ che, riferendosi ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instauratisi senza uno specifico progetto, l’articolo 69, comma 1, cit., impiega la locuzione “sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”, tipica dei casi di c.d. “conversione” del rapporto ope legis (quali ad es. le fattispecie interpositorie o di illegittima apposizione del termine finale di durata al contratto di lavoro), mentre con riguardo all’ipotesi in cui si accerti in fatto che il rapporto sia venuto a configurarsi come rapporto di lavoro subordinato, il successivo comma 2 stabilisce che “esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti”: nonostante il legislatore impieghi la locuzione “si trasforma”, e’ infatti evidente che, in questo secondo caso, si tratta semplicemente di dichiarare giudizialmente cio’ che le parti hanno realmente mostrato di volere attraverso il comportamento posteriore alla stipulazione del contratto, come si evince dal riferimento alla “tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti” contenuto nel prosieguo della disposizione in esame.
26. Ne consegue che, in mancanza di progetto, programma di lavoro o fase di esso, la conversione automatica i rapporti di lavoro subordinato non puo’ essere evitata dal committente-datore di lavoro neppure provando che la prestazione lavorativa sia stata caratterizzata da una piena autonomia organizzativa ed esecutiva.
27. A fronte della chiarezza del testo normativo nessun rilievo puo’ assumere la circolare ministeriale n. 1 del 2004, che ha configurato la previsione di cui all’articolo 69, comma 1, come presunzione relativa, anziche’ assoluta, e ponendo a carico del committente che intenda evitare la conversione del rapporto di lavoro a progetto in rapporto di lavoro subordinato l’onere di provare in giudizio l’autonomia del collaboratore. Va invero ricordato che la interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni, non vincola ne’ le parti ne’ i giudici, ne’ infine costituisce fonte di diritto (Cass., Sez. Un, 21 maggio 1973, n. 1457).
28. In definitiva, e’ corretta la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha fatto discendere dall’accertamento della mancanza di un programma di lavoro specifico la trasformazione ope legis del lavoro (nominalmente) a progetto in rapporto di lavoro subordinato sin dalla data della sua costituzione, a nulla rilevando le concrete modalita’ di svolgimento del rapporto (in tal senso, Cass., 21 giugno 2016, n. 12820).
29. Infine, e’ infondato l’ultimo motivo di ricorso, dal momento che non si rinviene nella sentenza impugnata alcuna affermazione in violazione delle regole di ripartizione degli oneri probatori di cui all’articolo 2697 c.c., avendo la Corte fondato il suo giudizio esclusivamente sull’esame del contratto sicche’ appaiono inconferenti le censure riguardanti il valore probatorio dei verbali di accertamento ispettivo – e senza che sia stato posto l’onere della prova a carico di una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate in materia.
30. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del presente giudizio devono essere poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.

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