Cassazione 10

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 4 febbraio 2016, n. 2194

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FORTE Fabrizio – Presidente

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2720/2011 proposto da:

(OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso il decreto del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, depositato il 17/09/2010; n. 13/10 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/01/2016 dal Consigliere Dott. DIDONE Antonio;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l’accoglimento;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale (OMISSIS), l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, e ha concluso per la procedibilita’/inammissibilita’, in subordine accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, inammissibilita’ dell’incidentale.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con il provvedimento impugnato (depositato il 17.9.2010) il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’opposizione proposta dall’avv. (OMISSIS) in proprio, contro il decreto di liquidazione dei compensi emesso in favore del Dott. (OMISSIS) per l’attivita’ di consulente tecnico d’ufficio espletata nell’ambito del giudizio pendente tra l’opponente e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Il tribunale ha ritenuto infondate le contestazioni mosse dall’opponente rilevando che:

1) l’incarico conferito demandava al ctu Dott. (OMISSIS) il compito di procedere alla ricostruzione delle vicende relative ai rapporti bancari (un contratto di conto corrente acceso presso il (OMISSIS) S.p.A. e due contratti di conto corrente accesi presso il (OMISSIS) S.p.A.), nonche’ ad ogni altra posta contabile costituente oggetto di contestazione tra le parti (canoni locativi relativi ai due immobili ubicati in (OMISSIS) e all’immobile sito in (OMISSIS); buoni postali fruttiferi; assegno bancario (OMISSIS)) ed infine alla domanda riconvenzionale proposta dall’avv. (OMISSIS) concernente l’imposta di successione di (OMISSIS), la somma mutuata per i lavori di ristrutturazione della villa sita in (OMISSIS) e le spese anticipate e le competenze maturate per i giudizi intentati nei confronti di (OMISSIS)), sicche’ appariva evidente che nella specie si fosse trattato di un accertamento plurimo, richiedente una pluralita’ di verifiche “eterogenee”, con la conseguenza che il ctu aveva legittimamente considerato, a parametro della richiesta liquidazione, la sommatoria di tutti i distinti accertamenti ed i relativi onorari, e cio’ non in contrasto con il principio dell’unitarieta’ dell’incarico, dovendosi per l’appunto tener conto della pluralita’ dei rapporti dedotti in causa e valutati dal consulente;

2) la liquidazione operata dal Giudice appariva congrua, avuto riguardo alla qualita’, quantita’ e difficolta’ della prestazione fornita, tenuto conto peraltro che il professionista aveva assunto quale parametro di riferimento la misura percentuale media prevista per ogni singolo scaglione;

3) la prestazione professionale espletata dal Dott. (OMISSIS), a prescindere dalle soluzioni “di merito” offerte in relazione alle singole tematiche sottoposte al suo esame (che ben potevano essere condivise o contestate nella normale dialettica processuale), appariva senza alcun dubbio rispondente a quella richiesta dal Giudice con il conferimento dell’incarico ed aderente alle finalita’ dell’operazione probatoria disposta, di talche’ non ricorreva un’ipotesi di “fuor d’opera” o “fuori tema”, esulante dal concetto di elaborato peritale, che avrebbe giustificato la non liquidazione di alcun compenso.

1.1.- Contro il decreto del tribunale (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS), il quale ha altresi’ proposto ricorso incidentale affidato a un motivo, resistito con controricorso del (OMISSIS).

Hanno notificato controricorso anche (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS). Non ha svolto difese (OMISSIS).

Nel termine di cui all’articolo 378 codice procedura civile, il ricorrente principale e il ricorrente incidentale hanno depositato memoria.

2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 codice procedura civile, anche in relazione all’articolo 111 Cost., comma 6, sotto il profilo della omessa pronuncia della dedotta nullita’ del decreto reso dal g.o.t. per carenza assoluta di motivazione di quel provvedimento”.

Il motivo e’ inammissibile perche’ non puo’ essere dedotto come motivo di ricorso per Cassazione il mancato rilievo, da parte del giudice d’appello, della nullita’ della sentenza di primo grado per insufficienza o totale carenza di motivazione, in quanto la sentenza di gravame assorbe totalmente la sentenza impugnata, salvo che il ricorrente non deduca la radicale inesistenza del rapporto processuale e dell’intero giudizio, e la conseguente inesistenza della sentenza di primo grado, poiche’ tale accertamento conserva una sua specifica autonomia e rilevanza in ogni stato e grado del processo e importa la rimessione della causa al primo giudice (Sez. 2, Sentenza n. 1668 del 12/03/1980; cfr. Sez. L, Sentenza n. 12642 del 05/06/2014). Ipotesi, quest’ultima, non dedotta nella concreta fattispecie.

2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, per omessa pronuncia relativa alla questione dell’effettivo espletamento del mandato da parte del c.t.u.”. Deduce che non risponde al vero l’affermazione del tribunale secondo cui vi sarebbe corrispondenza tra il quesito e la risposta data dal consulente, quanto alla domanda riconvenzionale proposta nel giudizio da esso ricorrente.

Con il terzo motivo il ricorrente formula analoga censura (violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, in relazione agli articoli 183 e 184 codice procedura civile) in ordine alle censure relative alle “personali, e quasi mai obiettive, indagini e valutazioni del c.t.u.”, trascrivendo (per la seconda volta nel ricorso, da pag. 58 a pag. 66) l’opposizione proposta al tribunale.

3.- Il secondo e il terzo motivo – esaminabili congiuntamente – sono infondati, la’ dove non sono inammissibili nella parte in cui veicolano censure in fatto non deducibili in sede di legittimita’.

Invero, il tribunale ha correttamente applicato il principio per il quale nel giudizio di opposizione al provvedimento di liquidazione dei compensi deve essere esclusa ogni valutazione della utilita’ della consulenza tecnica, il cui apprezzamento e’ riservato al giudice della controversia in sede di cognizione del merito, ove soltanto puo’ accertarsi l’influenza e l’utilita’ della consulenza eseguita. Il giudice investito dell’opposizione avverso il decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico, deve invece accertare se l’opera svolta dal consulente tecnico sia rispondente ai quesiti propostigli e, in ogni caso valutare – ai soli fini della liquidazione – sotto il profilo qualitativo, la difficolta’ dell’indagine, la completezza e il pregio della prestazione fornita (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3342 del 1992 e successive conformi). Nella concreta fattispecie – con motivazione immune da vizi logici e, comunque, non ritualmente censurata – il tribunale ha accertato positivamente la rispondenza della relazione ai quesiti posti dal giudice della controversia, talche’ sono insussistenti le denunciate violazioni dell’articolo 112 codice procedura civile.

Pertanto, il ricorso principale deve essere rigettato.

4.- Il ricorso incidentale – il quale verte sull’omessa pronuncia sulla richiesta di risarcimento del danno e di cancellazione di frasi offensive ai sensi dell’articolo 89 codice procedura civile – e’ inammissibile.

Invero, secondo la costante giurisprudenza di legittimita’, il provvedimento con il quale il giudice decide la cancellazione di espressioni sconvenienti od offensive contenute negli scritti difensivi (articolo 89, codice procedura civile), in considerazione della forma per esso prevista (l’ordinanza) e del suo scopo (assicurare che l’esercizio del diritto di critica non ecceda le esigenze richieste dalla garanzia del contraddittorio e non vulneri il prestigio ed il decoro dei soggetti del processo), ha carattere meramente ordinatorio e costituisce oggetto di un potere discrezionale, esercitabile dal giudice anche di ufficio, rispetto al quale l’eventuale istanza della parte ha carattere meramente sollecitatorio; pertanto, siffatto provvedimento, anche se sia contenuto nel provvedimento che definisce la controversia non puo’ costituire oggetto di impugnazione (Sez. 1, Sentenza n. 17547 del 19/11/2003; Sez. 3, Sentenza n. 14659 del 14/07/2015). Si’ che non e’ configurabile la violazione dell’articolo 112 codice procedura civile, in relazione a una pronuncia non dovuta da parte del giudice del merito.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese nei rapporti tra il ricorrente principale e il ricorrente incidentale, mentre il primo deve essere condannato al pagamento delle spese processuali – liquidate in dispositivo – in favore degli altri resistenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale, compensando le spese nei rapporti tra ricorrente principale e ricorrente incidentale. Condanna (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali in favore di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); spese liquidate in euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi oltre accessori come per legge.

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