Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 18 dicembre 2015, n. 49991
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRANCO Amedeo – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 585/2012 TRIBUNALE di PESARO, del 03/03/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F. Salzano che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) di (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del 3/3/2014, ha affermato la penale responsabilita’ di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che condannava alla pena dell’ammenda, in ordine ai reati di cui all’articolo 110 c.p., articoli 54 e 1161 codice navale (accertato in (OMISSIS)), Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 94, (accertato in (OMISSIS)). I soli (OMISSIS) e (OMISSIS), inoltre, venivano ritenuti responsabili anche del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 65 e 72 (accertato in (OMISSIS)).
In particolare, il (OMISSIS) quale legale rappresentante di una societa’ proprietaria di una struttura alberghiera, il (OMISSIS) quale progettista e direttore dei lavori ed i (OMISSIS) quali soci amministratori della societa’ esecutrice dei lavori, venivano incolpati di aver realizzato innovazioni non autorizzate in un’area demaniale marittima di mq 40, destinata ad area scoperta (zona verde), con sottostante ripostiglio interrato di mq 16,67 ed in concessione al (OMISSIS), consistite nella realizzazione di uno sbancamento con demolizione del sottostante ripostiglio, nella demolizione di una pensilina, nella realizzazione di un unico vano interrato in cemento armato, nella realizzazione di una nuova pavimentazione dell’area scoperta con cemento armato e nella realizzazione, all’interno del vano, di due pozzetti di drenaggio collegati all’impianto di pompaggio posto nel retrostante locale. Dette opere risultavano, inoltre, realizzate in assenza della prescritta denuncia e attestato di deposito da parte dell’amministrazione provinciale competente.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite rispettivi difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2. (OMISSIS) deduce, con un primo motivo di ricorso, l’intervenuta prescrizione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 94, di cui al capo C) della rubrica, rilevando che la data di consumazione andrebbe individuata tenendo conto del momento in cui sarebbe stata presentata la domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento dell’albergo.
Poiche’ detta domanda risulterebbe protocollata il 28/1/2009, il termine massimo di prescrizione sarebbe spirato il 29/1/2014.
Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando di essere in possesso del titolo per l’occupazione dell’area demaniale e per l’esecuzione degli interventi, che sarebbero stati realizzati in difformita’ dal titolo abilitativo, cosicche’ la violazione del codice della navigazione ipotizzabile a suo carico riguarderebbe la sola realizzazione di innovazioni non autorizzate, reato istantaneo per il quale sarebbe maturata la prescrizione.
Con un terzo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della stessa nel certificato penale.
3. (OMISSIS) propone, nel proprio ricorso, le medesime questioni prospettate dal (OMISSIS) in termini perfettamente identici, con la sola ulteriore censura, riferita al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 94, che ritiene ascrivibile al solo committente e non anche al progettista e direttore dei lavori.
4. (OMISSIS) e (OMISSIS), i cui ricorsi risultano avere contenuti del tutto identici, deducono, con un primo motivo di ricorso, la violazione dell’articolo 649 c.p.p., affermando di essere stati gia’ condannati per i medesimi fatti nell’ambito di altro procedimento penale nei loro confronti, celebrato nel medesimo Tribunale e definito con sentenza n. 1328/2013 del 4/12/2013, non ancora irrevocabile perche’ appellata.
Con un secondo motivo di ricorso rilevano che era loro ignota la demanialita’ dell’area, della quale non erano stati informati da alcuno e che non era neppure intuibile in ragione delle specifiche caratteristiche della zona e che, cio’ nonostante, il giudice del merito avrebbe dato per scontata tale conoscenza.
Rilevano, inoltre, la natura istantanea e non permanente del reato di cui agli articoli 54 e 1161 codice navale.
Con un terzo motivo di ricorso osservano che la contravvenzione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 94, sarebbe ascrivibile al solo proprietario dell’opera e che, avuto riguardo alla data di presentazione della domanda per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento della struttura alberghiera, la prescrizione del reato sarebbe maturata il 24/1/2014.
Con un quarto motivo di ricorso eccepiscono, per le medesime ragioni, anche la prescrizione del reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 65 e 72.
Con un quinto motivo di ricorso deducono la violazione di legge in relazione alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della stessa nel certificato penale.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
5. In data 26/10/2015 la difesa del (OMISSIS) e del (OMISSIS) ha fatto pervenire in cancelleria “motivi aggiunti” consistenti nel deposito di “concessione in sanatoria” rilasciata per le modifiche interne e prospettiche dell’immobile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono solo in parte fondati.
Va preliminarmente affrontata la questione relativa alla eccepita prescrizione dei reati di cui ai capi A) e C) della rubrica, di cui trattano il primo ed il secondo motivo dei ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed il secondo ed il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’, con riferimento al reato di cui al capo D), anche il quarto motivo dei ricorsi di questi ultimi.
Va rilevato, a tale proposito, che nella sentenza impugnata viene dato atto di un dato fattuale determinante, poiche’ viene precisato che i lavori di cui all’imputazione erano in corso di esecuzione all’atto del controllo da parte della polizia giudiziaria, effettuato il 23 e 24 febbraio 2011 e che l’area veniva successivamente sottoposta a sequestro il successivo 4 marzo 2011.
Risulta pertanto di tutta evidenza che, con riferimento alla violazione di cui al capo A) della rubrica, pur volendosi ritenere che le illecite innovazioni non abbiano determinato alcuna limitazione alla fruibilita’ comune del bene demaniale, configurandosi cosi’ un rato istantaneo (cfr. Sez. 3, n. 39455 del 22/5/2012, Giorgine Rv. 254332; Sez. 3, n. 20766 del 3/5/2006, Ferrante, Rv. 234481), la consumazione della contravvenzione cessa con la ultimazione delle opere che costituiscono l’innovazione, ovvero, come nella fattispecie, se i lavori sono ancora in corso, con la sottrazione della disponibilita’ dell’area di intervento a seguito del sequestro della stessa.
Poiche’ il sequestro, come si e’ detto, risulta eseguito il 4 marzo 2011, il termine massimo di prescrizione andra’ a spirare, salvo sospensioni, il 4 marzo 2016.
2. Va aggiunto, con riferimento alla ulteriore questione dedotta nel ricorso dei (OMISSIS) circa la mancata loro conoscenza della demanialita’ dell’area, che, in disparte i riferimenti a circostanze di fatto non suscettibili di autonoma valutazione in questa sede di legittimita’, la loro qualita’ di assuntori dei lavori presuppone la piena conoscenza della disciplina di settore ed un obbligo di puntuale e constante informazione, cosicche’ la dedotta ignoranza non puo’ ritenersi in alcun caso scusabile.
3. Per cio’ che concerne, invece, la violazione della normativa antisismica di cui al capo C) dell’imputazione, la prevalente giurisprudenza di questa Corte qualifica come permanente il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti, osservando che la sua consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto, ovvero non termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Velia Pasquale, Rv. 255823, cui si rinvia anche per i richiami ai precedenti).
Ne consegue che, anche in questo caso, la prescrizione non risulta ancora maturata.
4. Con riferimento a tale ipotesi contravvenzionale, peraltro, i ricorrenti hanno posto in discussione anche la riferibilita’ del reato alle loro posizioni soggettive. Segnatamente, come rilevato in premessa, la questione e’ stata sollevata dal (OMISSIS), quale direttore dei lavori e progettista e dai (OMISSIS), assuntori dei lavori.
L’assunto, in entrambi i casi, e’ infondato.
Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 95, attribuisce la responsabilita’ del reato a chiunque violi le disposizioni richiamate, cosicche’ la violazione assume la natura di reato comune, che puo’ essere quindi realizzato dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro soggetto che abbia la disponibilita’ dell’immobile o dell’area su cui esso sorge, nonche’ da coloro che abbiano esplicato attivita’ tecnica ed iniziato la costruzione senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge (Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999 (dep. 2000), Scardellato O, Rv. 215602; Sez. 3, n. 4438 del 10/4/1997, Biagiotti, Rv. 208031).
Con particolare riferimento alla figura del direttore dei lavori, si e’ affermato che “(…) il direttore dei lavori risponde del reato previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 93 e 94, essendo anch’egli destinatario del divieto di esecuzione dei lavori in assenza della autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli articoli 52 e 83, del citato Decreto del Presidente della Repubblica, atteso che le disposizioni sulla vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l’esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ha determinato una posizione di controllo su attivita’ potenzialmente lesive in capo al direttore dei lavori” (Sez. 3, n. 33469 del 15/6/2006, Osso ed altri, Rv. 235122. V. anche Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013 (dep. 2014), Damiano, Rv. 258854; Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011 (dep. 2012), Lo Presti, Rv. 252021).
A conclusioni analoghe si e’ pervenuti, come si e’ detto, anche con specifico riguardo agli assuntori dei lavori (Sez. F, n. 35298 del 24/7/2008, Sparviero, Rv. 240665. Conf. Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007, Trozzo, Rv. 237537, cit.; Sez. 3, n. 33558 del 6/6/2003, Mosca, Rv. 225555).
5. Va pertanto ribadito il principio secondo il quale il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 95, puo’ essere commesso da chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e dall’assuntore dei lavori.
6. Per cio’ che riguarda, invece, la contravvenzione di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articoli 65 e 72, si tratta, in questo caso, di reato istantaneo con effetti permanenti, la cui consumazione coincide con la omissione degli adempimenti richiesti dalla norma, prima della esecuzione dei lavori, al fine di consentirne il controllo preventivo (Sez. 3, n. 2289 del 10/12/1998 (dep. 1999), Bordonaro G, Rv. 213007).
Anche in questo caso i ricorrenti (OMISSIS) richiamano, a sostegno della propria tesi, dati fattuali non valutabili in sede di legittimita’, facendo riferimento alla domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento dell’albergo, menzionata anche nei ricorsi del (OMISSIS) e del (OMISSIS).
La generica menzione dell’atto, neppure allegato in copia al ricorso, non consente a questa Corte alcuna verifica della fondatezza dell’assunto, poiche’ non e’ dato neppure rilevare quali siano stati i lavori di ristrutturazione autorizzati e se tra questi vi fossero quelli descritti nell’imputazione.
La deduzione, inoltre, si pone in palese contrasto con quanto ritenuto in sentenza, ove viene dato atto della mancanza dei titoli abilitativi necessari per l’esecuzione degli interventi edilizi contestati.
Per contro, deve rilevarsi che, come si e’ detto, nel provvedimento impugnato viene chiaramente indicato che i lavori erano incorso di esecuzione alla data dell’accertamento, tanto che la polizia giudiziaria rilevava, in data 23 e 24 febbraio 2011, la presenza di opere di sbancamento, cosicche’ l’esecuzione degli interventi, attesa anche la loro modesta entita’, andava semmai ragionevolmente collocata nei giorni immediatamente precedenti a quelli dell’accertamento.
Anche in questi caso, dunque, non vengono apportati dai ricorrenti elementi concreti per suffragare la tesi della prescrizione.
E’ appena il caso di aggiungere che, secondo la prospettazione dei ricorrenti, la prescrizione dei reati sarebbe maturata il 29 gennaio 2014, prima, quindi, della pronuncia della sentenza impugnata, ma non risulta dalla motivazione del provvedimento che della questione sia stato investito il giudice del merito.
7. Infondato risulta anche il primo motivo dei ricorsi presentati nell’interesse di (OMISSIS) e (OMISSIS).
La dedotta violazione dell’articolo 649 c.p.p., risulta palesemente destituita di fondamento poiche’, come risulta chiaramente dalla mera lettura dell’imputazione, testualmente riprodotta ed oggetto della sentenza n. 1328/2013 del Tribunale di Pesaro, richiamata dai ricorrenti, le opere per cui sarebbe intervenuta condanna sono del tutto differenti da quelle descritte in rubrica nel provvedimento impugnato, riguardando lavori eseguiti sul fabbricato destinato ad albergo, mentre quelle per cui ora si procede risultano eseguite su un’area scoperta. Inoltre, le date di accertamento dei reati (12 maggio 2011 e 7 settembre 2011) sono successive rispetto a quelle indicate nell’imputazione riportata nella sentenza impugnata.
Trattasi dunque, come e’ evidente, di fatti del tutto diversi.
8. A conclusioni differenti deve invece pervenirsi per cio’ che riguarda il motivo, comune a tutti i ricorrenti, concernente la mancata concessione dei benefici di legge, che il giudice del merito ha motivato sulla base della ritenuta mancanza di interesse degli imputati in ragione della esiguita’ della sanzione pecuniaria irrogata.
Come pacificamente emerge dalla sentenza impugnata, la difesa aveva rassegnato le proprie conclusioni richiedendo, all’esito della discussione, per tutti gli imputati, l’assoluzione con formula di giustizia e, in subordine, il minimo della pena ed i benefici di legge.
Cio’ posto, deve ricordarsi che, sull’argomento, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire come sia illegittima la decisione con la quale i benefici, richiesti dal difensore, siano negati dal giudice sulla base di una valutazione di non convenienza per l’imputato, poiche’ tale valutazione e’ di pertinenza esclusiva di quest’ultimo (cosi’ Sez. 4, n. 9204 del 12/2/2014, Barletta, Rv. 259291. Nello stesso senso Sez. 1, n. 8560 del 18/11/2014 (dep. 2015), Merenda, Rv. 262553).
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata sul punto.
Ad avviso del Collegio l’annullamento deve essere effettuato con rinvio, poiche’ il giudice del merito si e’ limitato ad escludere l’interesse degli imputati ai benefici richiesti, ma non ha effettuato alcuna valutazione circa la sussistenza dei presupposti per la loro concessione.
Tale valutazione, di natura discrezionale, concerne una prognosi di non recidivita’ del condannato che non si ritiene di poter effettuare in questa sede, cosi’ aderendo all’indirizzo giurisprudenziale che esclude, in tali evenienze, la possibilita’ dell’annullamento senza rinvio con applicazione diretta dei benefici richiesti (cfr. Sez. 3, n. 20264 del 3/4/2014, Cangemi e altro, Rv. 259667; Sez. 3, n. 19082 del 17/4/2012, Vitale, Rv. 252651 con richiami ai precedenti).
9. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio limitatamente alla concessione dei benefici richiesti e non concessi dalla Corte del merito, con l’ulteriore precisazione che il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilita’ impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla pronuncia d’annullamento.
10. Quanto ai “motivi aggiunti”, di fatto consistenti nel mero deposito di provvedimento amministrativo in copia, rileva il Collegio che, riguardo ai reati contestati, eventuali sanatorie non producono alcun effetto estintivo, perche’ non previsto dalla legge ed, inoltre, non vi e’ alcuna possibilita’ di accertare, in questa sede di legittimita’, l’esatta corrispondenza tra le opere descritte nei provvedimenti depositati e quelle per cui e’ processo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla concedibilita’ dei benefici richiesti, con rinvio al Tribunale di Pesaro. Rigetta nel resto i ricorsi.
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