Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 13 luglio 2015, n. 14583
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI PERFUGAS, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’avv. prof. (OMISSIS), unitamente all’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentato e difeso in virtu’ di procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente e controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., rappresentata da (OMISSIS), in virtu’ di procura per notaio (OMISSIS) del 25 maggio 2005, rep. n. 11617, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avv. (OMISSIS), dal quale e’ rappresentata e difesa in virtu’ di procura speciale per notaio (OMISSIS) del 25 ottobre 2013, rep. n. 46142;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, n. 34/08, pubblicata il 23 gennaio 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 febbraio 2015 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;
uditi i difensori delle parti:
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e la dichiarazione d’inammissibilita’ del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Il Comune di Perfugas convenne in giudizio l'(OMISSIS), proponendo opposizione al decreto emesso il 4 gennaio 1985, con cui il Tribunale di Tempio Pausania gli aveva ingiunto il pagamento della somma di lire 323.386.299, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura di energia elettrica.
Premesso che, con accordo transattivo stipulato l’11 dicembre 1959, la (OMISSIS) S.p.a., dante causa dell'(OMISSIS), si era obbligata a corrispondere ad esso opponente l’importo annuo di lire 500.000 fino all’effettiva applicazione della tariffa di favore spettante ai comuni rivieraschi del bacino di (OMISSIS), mantenendo nelle more inalterata la tariffa all’epoca vigente, eccepi’ che in seguito si era raggiunto un altro accordo, in virtu’ del quale il predetto importo doveva essere detratto dal corrispettivo delle forniture di energia elettrica; aggiunse che l'(OMISSIS) non aveva adempiuto l’impegno di provvedere alla ricostruzione di un tratto della strada (OMISSIS) rimasto sommerso dalle acque dell’invaso, e chiese pertanto, in via riconvenzionale, la condanna dell'(OMISSIS) al pagamento della differenza tra il corrispettivo delle forniture e la maggior somma dovuta, nonche’ alla ricostruzione della strada ed al risarcimento dei danni.
1.1. – Con sentenza del 7 maggio 2001, il Tribunale di Tempio Pausania accolse l’opposizione, revoco’ il decreto ingiuntivo e condanno’ l'(OMISSIS) al pagamento della differenza tra quanto ricevuto in esecuzione del decreto ed i danni causati dall’interruzione della strada, nonche’ al pagamento dell’importo annuo di lire 500.000 per il periodo compreso tra il 1962 ed il 1997, ed in alternativa delle spese per la ricostruzione della strada.
2. – L’impugnazione proposta dall’ (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.p.a., succeduta all'(OMISSIS) con atto di cessione del ramo di azienda relativo alla produzione di energia elettrica), e’ stata accolta dalla Corte d’Appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, che con sentenza del 23 gennaio 2008 ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo ed ha condannato il Comune al pagamento degl’interessi al tasso di sconto sul corrispettivo delle forniture, con decorrenza dalla data di ciascuna fattura fino al 6 maggio 1992.
A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto affermato la ritualita’ della costituzione in giudizio del Comune, ritenendo irrilevante la mancata ratifica da parte del Consiglio comunale dell’autorizzazione a stare in giudizio rilasciata in via d’urgenza dalla Giunta municipale, in quanto, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 8 giugno 1990, n. 142, che aveva attribuito alla Giunta una piena competenza in materia, era venuta meno la necessita’ della predetta ratifica. Precisato comunque che l’inefficacia della costituzione in giudizio, conseguente alla mancata ratifica, doveva considerarsi sanata per effetto della successiva delibera con cui era stato conferito il mandato al nuovo difensore nominato per il giudizio d’appello, ha ritenuto che tale autorizzazione, pur riguardando soltanto la resistenza in giudizio, dovesse intendersi estesa anche alla proposizione della domanda riconvenzionale, essendo volta ad ottenere la conferma della decisione favorevole di primo grado, che aveva accolto integralmente la domanda riconvenzionale, con la conseguente ratifica dell’operato del precedente difensore.
La Corte ha inoltre escluso che la domanda riconvenzionale proposta dal Comune fosse devoluta alla competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche o del Tribunale amministrativo regionale, osservando che la controversia, avente ad oggetto la determinazione del corrispettivo dovuto per la somministrazione di energia elettrica, non traeva origine da un atto amministrativo, ma era volta ad ottenere l’applicazione della riduzione prevista dall’accordo transattivo stipulato con la (OMISSIS) per il risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione del bacino di (OMISSIS), le cui clausole, oltre a porsi come mera occasione dei benefici fatti valere dal Comune, non mettevano in alcun modo in dubbio la natura demaniale delle acque ed i loro limiti, mentre il risarcimento richiesto dal Comune riguardava soltanto i danni derivanti dall’inadempimento della transazione.
La Corte ha altresi’ confermato l’opponibilita’ della transazione all'(OMISSIS), osservando che, ai sensi della Legge 6 dicembre 1962, n. 1643, il trasferimento coattivo delle imprese elettriche in favore dell’ente ne aveva determinato la successione a titolo particolare in tutti i rapporti riconducibili all’esercizio imprenditoriale della attivita’ elettrica, ivi compreso quello derivante dall’accordo transattivo, stipulato dalla (OMISSIS) nell’ambito del progetto per la realizzazione del bacino di (OMISSIS), nella cui titolarita’ era poi subentrato l'(OMISSIS). Ha ritenuto irrilevante, a tal fine, la mancata dimostrazione che l’accordo risultasse dalle scritture contabili obbligatorie della (OMISSIS), non essendo applicabile l’articolo 2560 c.c., in assenza di un espresso richiamo da parte della legge n. 1643 del 1962, ed incombendo comunque all'(OMISSIS), che ne aveva la disponibilita’, l’onere di fornire la predetta prova.
La Corte ha ritenuto invece fondata l’eccezione di nullita’ dell’accordo sollevata dall'(OMISSIS), rilevando che l’efficacia dell’atto era espressamente subordinata alla ratifica del Consiglio comunale, la cui prova spettava all’Amministrazione, che aveva invocato la transazione.
3. – Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso l’ (OMISSIS) S.p.a., succeduta all’ (OMISSIS) con atto di fusione per notaio (OMISSIS) del 25 maggio 2005, rep. n. 11617, la quale ha proposto ricorso incidentale, articolato in sei motivi ed anch’esso illustrato con memoria, al quale il Comune ha resistito con controricorso.
1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’articolo 1418 c.c., sostenendo che, nel dichiarare la inefficacia dell’accordo transattivo, per effetto della mancata ratifica, la sentenza impugnata non ha considerato che quest’ultima non era configurabile come condizione di efficacia dell’accordo, in quanto la clausola che la prevedeva costituiva una mera ricognizione di una norma procedurale all’epoca vigente. In ogni caso, non essendo l’accordo contrario a norme imperative, la mancata ratifica non avrebbe potuto determinarne la nullita’, ma solo l’inefficacia, nella specie peraltro insussistente, in quanto la copia prodotta in giudizio costituiva un allegato proprio della Delib. con cui l’accordo era stato ratificato.
1.1. – Il motivo e’ in parte infondato, in parte inammissibile.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione, e’ proprio il richiamo alle norme che disciplinano il procedimento preordinato alla stipulazione dei contratti degli enti territoriali a giustificare la dichiarazione d’inefficacia del contratto concluso dal Sindaco in qualita’ di legale rappresentante del Comune, in assenza di una previa delibera di autorizzazione dell’organo competente a formare la volonta’ dell’ente: l’attivita’ privatistica della Pubblica Amministrazione e’ infatti sottoposta alla disciplina generale dettata dal codice civile in materia di rappresentanza senza potere, in virtu’ della quale il predetto contratto e’ equiparabile al negozio posto in essere dal falsus procuratore e pertanto, ai sensi dell’articolo 1398 c.c., non puo’ considerarsi nullo ne’ annullabile, bensi’ inefficace fino a quando non intervenga la ratifica del predetto organo, ai sensi dell’articolo 1399 c.c., ovvero fino a quando la ratifica non venga negata.
L’accertamento in ordine alla sussistenza o all’insussistenza della ratifica costituisce peraltro un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e censurabile in sede di legittimita’ esclusivamente per incongruenza ed illogicita’ della motivazione (cfr. Cass., Sez. 1, 14 aprile 2006, n. 8876; 5 marzo 1993, n. 2681; Cass., Sez. 3, 10 gennaio 2003, n. 195). Tali vizi nella specie non sono stati in alcun modo dedotti, in quanto l’Amministrazione si e’ limitata ad insistere sull’intervenuta ratifica dell’accordo, sostenendo in particolare di aver prodotto la Delib. a tal fine adottata dalla Giunta municipale, ma omettendo d’indicare la fase e la sede in cui ha avuto luogo tale produzione; in tal modo, essa ha dimostrato di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una nuova valutazione delle prove, non consentita al Giudice di legittimita’, al quale non spetta il potere di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale e’ affidato in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze processuali, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 1, 4 novembre 2013, n. 24679; Cass., Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass., Sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288).
2. – E’ invece fondato il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli articoli 1441 e 1444 c.c., ribadendo che, in quanto incidente sulla volonta’ dell’Amministrazione, la mancata ratifica non poteva comportare la nullita’ dell’accordo transattivo, ma solo la sua inefficacia o annullabilita’, che non poteva essere fatta valere dall'(OMISSIS), ma solo dalla parte nel cui interesse era prescritto il predetto requisito.
2.1. – In proposito, e’ appena il caso di richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita’, secondo cui l’inefficacia del contratto concluso dal falsus procurato – non e’ rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione di parte, la cui proposizione spetta esclusivamente allo pseudo-rappresentato e non anche all’altro contraente, il quale, ai sensi dell’articolo 1398 c.c., e’ legittimato soltanto ad agire nei confronti del falsus procurator, al fine di ottenere il risarcimento del danno sofferto per aver confidato senza colpa nell’operativita’ del contratto (cfr. Cass., Sez. 2, 24 ottobre 2013, n. 24133; 17 giugno 2010, n. 14618; 15 gennaio 2000, n. 410; con riguardo ai contratti stipulati dal Comune, Cass., Sez. 1, 9 maggio 2007, n. 10631). Non puo’ pertanto condividersi la sentenza impugnata, nella parte in cui, rilevato che l’operativita’ dell’accordo stipulato dal Comune con la (OMISSIS) era subordinata alla ratifica del Consiglio comunale, ne ha dichiarato senz’altro l’inefficacia, in accoglimento del motivo di appello proposto dall'(OMISSIS), osservando che l’Amministrazione non aveva fornito la prova dell’intervenuta ratifica, senza considerare che l’appellante, in qualita’ di controparte del soggetto rappresentato dal falsus procurator, non era legittimato a sollevare la relativa eccezione.
3. – Con il primo motivo del ricorso incidentale, l'(OMISSIS) lamenta la violazione e/o la falsa applicazione del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 274, del Regio Decreto 3 marzo 1934, n. 383, articolo 57, del Regio Decreto 4 febbraio 1915, n. 148, articolo 131, degli articoli 112, 113, 115, 276 e 277 c.p.c. e degli articoli 10, 11 e 15 preleggi, nonche’ l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell’escludere la necessita’ della ratifica del Consiglio comunale, ai fini della valida costituzione in giudizio del Comune, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’intervenuta abrogazione della Legge n. 142 del 1990, oltre ad aver omesso di pronunciare sugli altri motivi di nullita’ o annullabilita’ della delibera di autorizzazione dedotti dall'(OMISSIS), costituiti dalla mancata approvazione da parte del Comitato regionale di controllo e dalla mancata pubblicazione nelle forme di legge.
4. – Con il secondo motivo, il controricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 112, 113, 115, 276 e 277 c.p.c. e dell’articolo 1362 c.c., nonche’ l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare l’eccezione, sollevata in via subordinata, secondo cui l’autorizzazione era limitata alla proposizione di una domanda di risarcimento di un danno di lire 3.146.960 per inadempimento, di esclusione degli aumenti tariffari e di pagamento dell’indennizzo di lire 500.000. Illogicamente, inoltre, essa ha ritenuto che l’inammissibilita’ delle domande non autorizzate fosse stata sanata dalla Delib. di autorizzazione alla costituzione nel giudizio d’appello.
5. – Con il terzo motivo, il controricorrente deduce la violazione degli articoli 83, 166 e 182 c.p.c., nonche’ l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ammissibili le difese svolte dal procuratore del Comune, sfornito di valida procura.
6. – I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti questioni tra loro intimamente connesse, non meritano accoglimento.
Nel ritenere valida la costituzione in giudizio del Comune, nonostante la mancata ratifica da parte del Consiglio comunale della deliberazione con cui la Giunta municipale aveva autorizzato il Sindaco a proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio, piu’ volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui l’entrata in vigore del nuovo ordinamento delle autonomie locali, introdotto dalla Legge n. 142 del 1990, ha comportato il definitivo consolidamento delle deliberazioni precedentemente adottate in via d’urgenza dalla giunta a norma del Regio Decreto n. 148 del 1915, articolo 140, avendo attribuito al predetto organo una competenza generale per tutti gli atti di amministrazione non demandati espressamente al sindaco o al consiglio, con la conseguente esclusione della necessita’ di un’espressa ratifica da parte di quest’ultimo, al cui diniego era risolutivamente condizionata l’efficacia di tali Delib.; in mancanza di una norma transitoria ad hoc, la nuova disciplina trova infatti applicazione anche alle fattispecie procedimentali gia’ insorte ma non ancora compiute alla data della sua entrata in vigore, rendendo definitivamente efficace l’autorizzazione a stare in giudizio precedentemente rilasciata in via d’urgenza dalla giunta, e facendo quindi venir meno la necessita’ di una sanatoria della costituzione in giudizio dell’ente, mediante la produzione della ratifica approvata dal consiglio comunale, nel termine ultimo segnato dal passaggio della causa in decisione (cfr. Cass., Sez. 1, 10 settembre 2003, n. 13218; 21 dicembre 2002, n. 18224; Cass., Sez. 1, 22 gennaio 2001, n. 897).
6.1. – In quanto verificatosi in data anteriore all’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, l’effetto in questione non trova ostacolo nell’intervenuta abrogazione della Legge n. 142 del 1990 ad opera dell’articolo 274, comma 1, lettera q), del predetto decreto, il quale, anzi, nel procedere al riordino della disciplina degli enti locali, l’ha ulteriormente modificata, attribuendo al sindaco la rappresentanza legale del Comune, e limitandosi a fare salva la previsione da parte dello statuto dei modi di esercizio di tale rappresentanza, con la conseguenza che, in mancanza di una apposita norma statutaria, la cui esistenza nella specie non e’ stata neppure prospettata, l’autorizzazione della giunta municipale non costituisce piu’ un atto necessario ai fini della proposizione di azioni giudiziarie o della resistenza in giudizio (cfr. Cass., Sez. 1, 21 novembre 2011, n. 24433; Cass., Sez. lav., 10 giugno 2010, n. 13968; 2 maggio 2007, n. 10099). Cio’ comporta anche il superamento delle questioni sollevate dal controricorrente in ordine all’oggetto ed alla portata dell’autorizzazione a stare in giudizio, nonche’ all’invalidita’ derivata della procura rilasciata al difensore del Comune, delle quali la Corte di merito ha escluso la fondatezza in virtu’ della delibera di autorizzazione ad impugnare la sentenza di primo grado adottata dalla Giunta municipale in epoca successiva all’entrata in vigore della Legge n. 142 del 1990, ed interpretata dalla sentenza impugnata come una ratifica dell’attivita’ processuale irritualmente svolta in primo grado.
6.2. – L’efficacia dell’autorizzazione a stare in giudizio non avrebbe potuto essere esclusa neppure in virtu’ della mancata trasmissione al Co.re.co., trattandosi di un atto che, come si desume dalla Legge n. 142 del 1990, articolo 45, comma 2 (successivamente trasfuso nel Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articoli 126 e 127), non era sottoposto a controllo preventivo di legittimita’, ma solo a controllo successivo, e quindi, anche se dichiarato immediatamente eseguibile in quanto urgente, ai sensi dell’articolo 47, comma 3, della predetta legge, non era soggetto a decadenza per decorso del termine entro il quale, ai sensi dell’articolo 46, comma 6, doveva essere trasmessa all’organo di controllo (cfr. Cass., Sez. 1, 7 dicembre 2001, n. 15520; 9 novembre 2001, n. 13881; 4 giugno 1996, n. 5127). La dichiarazione di urgenza della delibera, comportandone l’immediata eseguibilita’, escludeva infine, ai sensi dell’articolo 47 cit., comma 3 (a sua volta riprodotto nel Decreto Legislativo n. 267, articolo 134, comma 4), che l’efficacia dell’atto fosse subordinata alla scadenza del termine di dieci giorni dall’affissione nell’albo pretorio, previsto dal comma 2 della medesima disposizione (cfr. Cass., Sez. 1, 3 maggio 1999, n. 4397).
7. – Con il quarto motivo, il controricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione del Regio Decreto 11 dicembre 1953, n. 1775, articolo 140, dell’articolo 12 preleggi e dell’articolo 1362 c.c., anche in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 1, sostenendo che, nell’escludere la competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche, la Corte di merito non ha considerato che la domanda di risarcimento proposta dal Comune aveva ad oggetto danni correlati alla derivazione o all’utilizzazione di acque pubbliche e postulava l’accertamento dei limiti dell’invaso e dei terreni dallo stesso danneggiati.
7.1. – Il motivo e’ infondato.
In tema di risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione, dal funzionamento o dalla manutenzione di opere pubbliche, questa Corte ha infatti affermato costantemente che la competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche e’ limitata alle controversie che in quanto implicanti un apprezzamento in ordine alla deliberazione, alla progettazione ed all’attuazione di opere idrauliche, incidano, direttamente o indirettamente, sulle scelte dirette alla tutela di interessi pubblici connessi al regime delle acque pubbliche, e segnatamente a quelle di carattere tecnico inerenti alla distribuzione ed all’uso delle acque ed ai diritti di derivazione ed utilizzazione dell’utenza nei confronti della Pubblica Amministrazione, restando invece attribuite alla competenza dei tribunali ordinari le controversie risarcitorie soltanto occasionalmente connesse a vicende riguardanti il governo delle acque (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 20 gennaio 2006, n. 1066; Cass., Sez. 6, 24 dicembre 2014, n. 27392; Cass., Sez. 3, 16 aprile 2009, n. 9026). A quest’ultima categoria dev’essere ricondotta anche la domanda di risarcimento proposta in via riconvenzionale dal Comune, la quale, pur traendo origine dall’avvenuta interruzione della strada (OMISSIS), rimasta parzialmente sommersa a seguito della realizzazione del bacino idrico di (OMISSIS), non implica alcuna valutazione in ordine alle modalita’ di costruzione dell’invaso, non trovando fondamento direttamente nella scelta dell’area piu’ adatta ovvero nella progettazione o nell’esecuzione dei lavori, ma nell’inadempimento dell’obbligo di procedere alla ricostruzione della strada interrotta, assunto dalla (OMISSIS) con l’accordo stipulato l’11 dicembre 1959. La natura transattiva dell’accordo, volto a prevenire o a porre fine proprio ad una lite derivante dalla costruzione dell’opera idraulica, precludendo anche la proposizione di questioni riguardanti la demanialita’ delle acque, i limiti del bacino o l’occupazione dei fondi necessari per la sua realizzazione, esclude la possibilita’ di annoverare la controversia tra quelle di cui al Regio Decreto n. 1775 del 1933, articolo 140, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, l’eccezione di nullita’ sollevata dall'(OMISSIS), che non mirava a riaprire il dibattito in ordine alla causa dei danni lamentati dal Comune, ma solo ad inficiare il titolo da quest’ultimo dedotto a fondamento dell’opposizione e della domanda di risarcimento.
8. – Con il quinto motivo, il controricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articoli 1353 e 2697 c.c., nonche’ l’insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, affermando che, nell’escludere il difetto di legittimazione passiva dell'(OMISSIS), la sentenza impugnata non ha considerato che la successione a titolo particolare di quest’ultimo nei beni e negl’impianti destinati alla produzione ed alla distribuzione dell’energia elettrica non comprendeva anche gli obblighi in precedenza assunti dalla (OMISSIS), che potevano al piu’ rappresentare una parte del costo del bacino e delle opere connesse. La prova dell’annotazione della transazione nelle scritture contabili obbligatorie dello (OMISSIS) avrebbe inoltre dovuto essere fornita dal Comune, al quale incombeva l’onere di provare l’avveramento della condizione e la sussistenza dei presupposti da cui traeva origine il credito.
8.1. – Il motivo e’ infondato.
Nell’affermare l’opponibilita’ all'(OMISSIS) dell’accordo transattivo stipulato tra il Comune e la (OMISSIS), la sentenza impugnata si e’ infatti conformata al principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimita’, secondo cui il trasferimento coattivo all'(OMISSIS) delle imprese esercenti in via esclusiva o principale attivita’ industriali elettriche, previsto dalla Legge 6 dicembre 1962, n. 1643, articoli 1 e 4, pur dando luogo ad una successione a titolo particolare, aveva ad oggetto l’intera azienda, intesa come complesso di beni comprensivo dei debiti e dei crediti dell’impresa trasferita, ed ha pertanto comportato il subingresso dell’avente causa in tutti i rapporti attivi e passivi funzionalmente riconducibili all’esercizio della attivita’ imprenditoriale, indipendentemente dall’origine contrattuale o extracontrattuale degli stessi e dalla possibilita’ di distinguere tra quelli facenti capo al soggetto imprenditore e quelli concernenti l’oggetto dell’impresa, restando esclusi soltanto i rapporti del tutto estranei alla qualita’ d’imprenditore elettrico e quelli inerenti ai beni restituiti ai sensi dell’articolo 4, comma 1, n. 1, secondo periodo (cfr. Cass., Sez. 1, 25 luglio 1977, n. 3300; 27 marzo 1972, n. 959; Cass., Sez. 2, 21 giugno 1972, n. 1998). Tra i rapporti trasferiti dev’essere incluso anche quello in esame, tanto nel caso in cui se ne voglia sottolineare la natura originariamente risarcitoria, essendo pacifico che i danni che la (OMISSIS) si era obbligata a riparare erano stati arrecati nell’esercizio dell’attivita’ di costruzione di un’opera idraulica, rientrante nell’oggetto della societa’ costruttrice, quanto nel caso in cui si voglia evidenziare la fonte contrattuale del predetto impegno, assunto nell’ambito di un accordo volto a prevenire o porre fine ad una lite tutt’altro che estranea all’attivita’ imprenditoriale, in quanto derivante dai danni arrecati nell’esercizio della stessa.
Non puo’ condividersi, al riguardo, l’affermazione del controricorrente, secondo cui, in quanto annoverabile tra i costi sostenuti dalla (OMISSIS) per la realizzazione del bacino, l’obbligazione in esame sarebbe dovuta restare a carico della societa’ espropriata: l’assunzione dei predetti costi da parte dell'(OMISSIS), benche’ non espressamente prevista, era implicitamente desumibile dai criteri di calcolo degl’indennizzi dovuti per i trasferimenti coattivi, i quali, dovendo assicurare, per quanto possibile, la corrispondenza dell’importo liquidato al valore globale netto dei cespiti attivi e passivi delle imprese da trasferire, scontavano in anticipo gli oneri connessi alle obbligazioni da queste ultime assunte per l’esercizio dell’attivita’ industriale (cfr. Cass., Sez. 2, 23 gennaio 1971, n. 149).
La natura speciale della disciplina dettata dalla Legge n. 1643 del 1962, avente sotto piu’ profili portata derogatoria rispetto a quella ordinaria della cessione di azienda, consente poi di ritenere corretta l’esclusione dell’applicabilita’ dell’articolo 2560 c.c., incompatibile sia con l’ampiezza e le caratteristiche del fenomeno ablatorio, riguardante la generalita’ delle imprese esercenti esclusivamente o prevalentemente attivita’ industriali elettriche e produttivo dell’automatica liberazione del dante causa dai debiti anteriori al trasferimento, senza necessita’ del consenso dei creditori, sia con le modalita’ di liquidazione dell’indennizzo, che, in quanto fondate sulle risultanze dei bilanci, ne postulavano la conformita’ alle scritture contabili dell’azienda.
9. – E’ infine inammissibile il sesto motivo, con cui il controricorrente deduce l’omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, rilevando che la Corte di merito ha omesso di pronunciare in ordine all’eccezione di prescrizione sollevata nell’atto d’appello, all’insussistenza dei presupposti per la compensazione dei crediti ed al difetto di legittimazione del Comune in ordine all’azione di risarcimento dei danni subiti da fondi di proprieta’ di terzi.
9.1. – L’omesso esame delle predette eccezioni trova infatti giustificazione nell’intervenuta dichiarazione di nullita’ dell’accordo transattivo, che, determinando il rigetto sia dell’opposizione al decreto ingiuntivo che della domanda di risarcimento proposta dal Comune, ha comportato l’assorbimento delle relative questioni: in difetto di una statuizione sfavorevole, anche implicita, della sentenza impugnata, esse non possono essere riproposte in sede di legittimita’, neppure mediante il ricorso incidentale condizionato, dovendosi escludere che la mancata riproposizione comporti la formazione di un giudicato implicito, e ben potendo le medesime questioni essere sollevate nuovamente nel giudizio di rinvio (cfr. Cass., Sez. 2, 24 gennaio 2011, n. 1566; Cass., Sez. 1, 2 dicembre 2005, n. 26264; Cass., Sez. 3, 10 aprile 2003, n. 5681).
10. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Cagliari, che provvedera’, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari, anche per la liquidazione delle spese processuali.
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