Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza 20 maggio 2015, n. 20918
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIEFFI Severo – Presidente
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere
Dott. MAZZEI Antonella – rel. Consigliere
Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza dell’8 luglio 2014 del Tribunale di sorveglianza di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. CANEVELLI Paolo il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, emessa l’8 luglio 2014, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da (OMISSIS), ai sensi della Legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 69-bis di ordinamento penitenziario (Ord. Pen.), avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza della sede che aveva respinto la sua domanda di liberazione anticipata speciale, proposta a norma del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, articolo 4, commi 1 e 4, prima della conversione in Legge 21 febbraio 2014, n. 10.
Il mancato riconoscimento del beneficio e’ stato giustificato con la radicale esclusione di tutti i condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall’articolo 4-bis Ord. Pen. dal novero dei destinatari della liberazione anticipata speciale, giusta modifica apportata dalla Legge Di Conversione n. 10 del 2014 al Decreto Legge n. 146 del 2013, articolo 4 che, invece, nell’originaria versione, consentiva l’accesso al beneficio anche ai condannati per i predetti delitti nel caso in cui avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalita’.
2. Avverso il provvedimento suddetto ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) tramite il difensore, il quale deduce che l’istanza, depositata in vigenza del Decreto Legge n. 146 del 2013, prima che fosse convertito dalla Legge n. 10 del 2014, doveva essere decisa in base alla normativa piu’ favorevole, applicabile al momento della sua presentazione, in conformita’ della Legge n. 400 del 1988, articolo 15, comma 5, e della giurisprudenza di legittimita’ e costituzionale.
3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Premesso che (OMISSIS) e’ in espiazione di pena per delitto previsto dall’articolo 4-bis Ord. Pen., come si legge nell’ordinanza impugnata che, sul punto, non ha formato oggetto di specifica censura, il ricorso deve essere respinto per le ragioni gia’ compiutamente illustrate dalla Corte nelle sentenze di questa stessa sezione n. 34073 del 27/06/2014, Panno, Rv. 260848, e n. 3130 del 19/12/2014, dep. 22/01/2015, Moretti, Rv. 262060, che hanno rilevato l’inammissibilita’ del beneficio speciale nei riguardi dei condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall’articolo 4-bis Ord. Pen..
2. Il ricorrente postula l’applicazione della disciplina speciale di particolare favore recata dal Decreto Legge 23 dicembre 2013, articolo 4, che estendeva a tutti i condannati la detrazione di settantacinque giorni (anziche’ quarantacinque) per ogni singolo semestre di pena scontata, a titolo di liberazione anticipata prevista dalla Legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 54.
In particolare il detto comma 4, eliminato dalla Legge Di Conversione, prevedeva che: “Ai condannati per taluno dei delitti previsti dalla Legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis, la liberazione anticipata puo’ essere concessa nella misura di settantacinque giorni, a norma dei commi precedenti, soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalita’”; attualmente, invece, per effetto delle modifiche al comma 1, apportate dalla legge di conversione, il riconoscimento della maggiore detrazione di pena e’ previsto “Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dalla Legge 26 luglio 1975, n. 354, articolo 4-bis”.
Il ricorrente, pur essendo in espiazione di pena per delitti previsti dalla Legge n. 354 del 1975, articolo 4-bis, sostiene che le modifiche apportate in sede di conversione in legge non s’applicherebbero al condannato che aveva fatto istanza prima di detta conversione, vuoi perche’ la normativa di cui si discute, incidendo sulla pena avrebbe carattere sostanziale; vuoi perche’ occorrerebbe comunque far riferimento al momento della domanda.
2.1. Come gia’ osservato nei precedenti giurisprudenziali richiamati in esordio, gli argomenti in diritto a sostegno della tesi del ricorrente sono infondati, poiche’ errato ne e’ il presupposto.
Le disposizioni in materia di liberazione anticipata non hanno natura incriminatrice poiche’ attengono all’esecuzione della pena e non alla sua determinazione, incidendo sulla sanzione e non sul fatto cui essa attiene; e il tempo che rileva ai fini del rispetto del principio dell’irretroattivita’ della legge penale (articolo 25 Cost., comma 2; articolo 7, comma 1, Cedu; articolo 11 preleggi) e, in particolare, della disposizione meno favorevole (articolo 2 c.p., comma 4), e’ quello del fatto e non il tempo della domanda di un beneficio penitenziario, come quello evocato nel caso in esame.
La regola che fa riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda (in base al principio generale di cui costituisce espressione l’articolo 5 c.p.c.) postula che si verta in materia attinente alla giurisdizione o alla competenza, ovverosia in materia squisitamente processuale, cio’ che costituisce l’esatto contrario della tesi giuridica del ricorrente, secondo cui la norma piu’ favorevole contenuta nel decreto legge, sebbene non convertita in legge, dovrebbe prevalere proprio in forza della sua natura sostanziale, essendo in vigore al tempo della domanda del beneficio penitenziario speciale.
Non alla domanda dunque occorre aver riguardo, ma al “tempo” di espiazione in cui si e’ tenuta la condotta della quale si chiede la valutazione al fine di ottenere la maggiore detrazione di pena.
Ed e’ fin troppo agevole osservare che, al tempo del comportamento da valutare, la norma in tema di liberazione anticipata speciale, estesa ai condannati per delitti previsti dall’articolo 4-bis Ord. Pen., non era prevista, poiche’ il Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, da cui e’ stata introdotta, e’ entrato in vigore il 24 dicembre 2013 e la norma estensiva e’, comunque, definitivamente decaduta, per mancata conversione, in forza di Legge del 21 febbraio 2014, n. 10 vigente dal 22 febbraio 2014.
Ne discende che non sono pertinenti al caso in esame l’articolo 25 Cost., comma 2, Cost; l’articolo 11 preleggi; e l’articolo 2 c.p., comma 3.
2.2. Non osta alla tesi qui sostenuta la giurisprudenza della Corte Edu.
Sia la giurisprudenza costituzionale (C. cost., ord. n. 10 del 1981 e sent. n. 376 del 1997), sia la giurisprudenza della Corte Edu costantemente escludono che, in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in particolare, sia applicabile il principio della irretroattivita’ della legge piu’ sfavorevole. Ed espressamente anche la Corte Edu, sent. Grande Camera del 21.10.2013, Del Rio Prada contro Spagna, ric. n. 42750/09, evidenzia che: “Sia la Commissione sia la Corte hanno delineato nella loro giurisprudenza una distinzione tra una misura che costituisce in sostanza una pena e una misura che riguarda l’esecuzione o l’applicazione della pena. Conseguentemente, se la natura e il fine della misura riguarda la detrazione di pena o una modifica del regime di liberazione anticipata, essa non fa parte della pena ai sensi dell’articolo 7 Cedu …”.
2.3. E, soprattutto, sul piano del diritto costituzionale, va rilevato che i principi regolanti in vario modo il fenomeno della successione di leggi nel tempo non s’attagliano al differente fenomeno in esame, che concerne la sorte delle disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di conversione e che trae regola direttamente dall’articolo 77 Cost..
Questo, al comma 3, dispone infatti che: “I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”.
Non deroga, ne’ potrebbe, a tale norma di rango superiore la Legge n. 400 del 1988, articolo 15, comma 5, laddove dispone che: “Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest’ultima non disponga diversamente …”, giacche’ tale disposizione sta solo a prevedere che tutti gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della relativa legge, e non piu’ dopo il decorso dell’ordinaria vacatio legis se nulla espressamente viene disposto al riguardo (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, sent. n. 4781 del 02/05/1991, Rv. 471926; Sez. 3, sent. n. 6368 del 07/06/1995, Rv. 492709).
In altri termini, l'”efficacia” del decreto-legge (in tutto o in parte) non convertito che puo’ farsi salva e’ da ritenere per principio circoscritta ai soli atti o “rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti” e non puo’ in alcun modo essere estesa sino al riconoscimento di un diritto o di una aspettativa per comportamenti o situazioni precedenti quando la relativa domanda era ancora sub iudice al momento della conversione del decreto.
Come osserva, infatti, C. cost. n. 51 del 1985, l’articolo 77 Cost., comma 3, “in nessun caso considera la norma dettata con decreto-legge non convertito come norma in vigore nel tratto di tempo tra la sua adozione e quello della mancata conversione; ed anzi, se interpretato sia in riferimento al suo specifico precetto (privazione, per il decreto-legge non convertito, di ogni effetto fin dall’inizio), sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca (ispirato – come appare anche dagli altri due commi dell’articolo 77 Cost. – a maggior rigore nella riserva al Parlamento della potesta’ legislativa), vieta di considerarla tale”.
Dunque, “indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della norma dettata con decreto-legge ancora convertibile, la norma contenuta in un decreto-legge non convertito non ha … attitudine, alla stregua dell’articolo 77 Cost., comma 3 e u.c. ad inserirsi in un fenomeno successorio, quale quello descritto e regolato dall’articolo 2 c.p., commi 2 e 3”, ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per le quali vale il principio di irretroattivita’ delle disposizioni di sfavore.
2.4. Ne’ puo’ sostenersi, nel caso di specie, la violazione del principio di uguaglianza che avrebbe subito il ricorrente rispetto ai condannati, come lui, in espiazione di pena per delitti previsti dall’articolo 4-bis Ord. Pen., i quali, avendo presentato domanda di liberazione anticipata speciale nel vigore del Decreto Legge n. 146 del 2013, ne hanno ottenuto l’accoglimento prima della modifica restrittiva dell’originaria disciplina del beneficio da parte della Legge Di Conversione n. 10 del 2014.
E’ fin troppo evidente, infatti, che la disparita’ non e’ sostenibile in presenza di situazioni obiettivamente diverse in relazione ai tempi difformi di decisione delle rispettive istanze, in vigenza del decreto legge non ancora convertito ovvero dopo la legge di conversione di esso con modifiche restrittive.
2.5. Va aggiunto che non e’ pertinente al caso in esame il richiamo alla giurisprudenza secondo cui, in tema di misure alternative alla detenzione, le norme che introducono restrizioni nella concessione delle stesse, non si applicano ai condannati che, prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, abbiano gia’ raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti (Sez. 1, n. 8092 del 21/01/2010, Vizzini, Rv. 246332).
La liberazione anticipata speciale, di cui al Decreto Legge n. 146 del 2013, articolo 4 convertito dalla Legge n. 10 del 2014, e’, infatti, beneficio premiale di carattere eccezionale che persegue lo scopo dello sfoltimento della popolazione carceraria; essa, pertanto, non si iscrive nel novero delle misure alternative alla detenzione funzionali al reinserimento sociale del condannato sulla base di un percorso rieducativo positivamente apprezzato.
In conclusione, va ribadito il seguente principio di diritto: in tema di liberazione anticipata, trattandosi di beneficio penitenziario che non incide sul reato e sulla pena con riguardo al momento di commissione del fatto e di irrogazione della relativa sanzione, non si applicano le disposizioni dell’articolo 2 c.p., e dell’articolo 25 Cost., e neppure quelle dell’articolo 7 Cedu; in particolare, non puo’ ritenersi suscettibile di vigore ultrattivo la disposizione – non recepita dalla legge di conversione – di cui al Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, articolo 4 intitolato “Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria”, la quale ai comportamenti pregressi dei detenuti per delitti cosiddetti ostativi, di cui all’articolo 4-bis Ord. Pen., collegava un effetto favorevole seppure a condizioni piu’ rigorose rispetto a quelle previste nei riguardi dei detenuti per delitti non ostativi; tale disposizione, infatti, non e’ stata recepita dalla Legge Di Conversione 21 febbraio 2014, n. 10, che all’articolo 4, comma 1 del Decreto Legge ha espressamente premesso l’esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all’articolo 4-bis, cit., dal beneficio della liberazione anticipata speciale, operante invece nei riguardi degli altri detenuti per i semestri di pena scontata gia’ positivamente valutati a decorrere dal 1 gennaio 2010 e per quelli ancora da espiare per un periodo di due anni dalla data del 24 dicembre 2013 di entrata in vigore del medesimo decreto.
3. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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