Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
ordinanza 6 febbraio 2015, n. 2330
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Presidente
Dott. TRIA Lucia – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14356-2011 proposto da:
(OMISSIS) SPA (c.f. (OMISSIS)), domiciliata elettivamente in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 355/2010 della Corte d’appello di Milano, depositata in data 24.05.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 1.12.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Presidente
Dott. TRIA Lucia – Consigliere
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14356-2011 proposto da:
(OMISSIS) SPA (c.f. (OMISSIS)), domiciliata elettivamente in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 355/2010 della Corte d’appello di Milano, depositata in data 24.05.10;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 1.12.14 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone.
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Milano, (OMISSIS) s.p.a. chiedeva accertarsi la legittimita’ della sanzione disciplinare (sospensione di dieci giorni) inflitta al dipendente (OMISSIS) per avere egli tenuto condotta offensiva ed aggressiva nei confronti di alcune colleghe di lavoro.
2.- Accolta la domanda e proposto appello dal (OMISSIS), la Corte d’appello di Milano con sentenza del 24.05.10 accoglieva l’impugnazione, per quanto qui rileva ritenendo che, in relazione al comportamento tenuto, la sanzione irrogata fosse eccessiva e che, pertanto, il datore quale titolare del potere disciplinare dovesse procedere ad una sua riduzione.
3.- (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione. Non svolgeva attivita’ difensiva (OMISSIS).
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., ha depositato relazione, che e’ stata notificata al difensore costituito assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza. (OMISSIS) ha depositato memoria.
5.- (OMISSIS) con due motivi lamenta:
5.1.- violazione degli articoli 2104 e 2106 c.c. e articolo 56 c.c.n.l. dipendenti postali 11.07.03, in quanto il dipendente aveva rivolto frasi ingiuriose a due colleghe, intralciandone la prestazione ed impedendo le operazioni cui esse erano addette, attuando una condotta contraria ai doveri fissati dalle disposizioni codicistiche e dalla norma collettiva (articolo 56), per la quale la sospensione e’ applicabile ove il lavoratore sia autore di minacce o ingiurie gravi verso altri dipendenti o di comportamenti che producano interruzione o turbativa del servizio;
5.2.- carenza di motivazione in quanto la Corte di merito, quantunque richiestane, non aveva determinato la minor sanzione da irrogare al dipendente in ragione della mancata proporzione rilevata.
6.- Quanto al primo motivo deve rilevarsi che la Corte d’appello ha ricostruito i fatti addebitati ed e’ giunta alla conclusione che le parole profferite dal (OMISSIS), oggetto di un esposto di due lavoratrici, avevano contenuto offensivo, ma non minaccioso, e comunque erano dirette non specificamente alle predette, quanto ad un terzo dipendente, addetto alla stessa areola in cui lavoravano le due esponenti. Sulla base di questo accertamento di fatto ha ritenuto esistente l’inadempimento, ma sproporzionata la sanzione. Le censure mosse dalla ricorrente hanno ad oggetto il giudizio di proporzionalita’, che e’ frutto di valutazioni di merito congruamente motivate ed e’, pertanto, incensurabile in sede di legittimita’.
7.- Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che per la giurisprudenza di legittimita’ la potesta’ di infliggere sanzioni disciplinari e’ riservata dall’articolo 2106 c.c. alla discrezionalita’ dell’imprenditore, in quanto contenuta nel piu’ ampio potere di direzione dell’impresa a costui attribuito dall’articolo 2086 c.c., a sua volta compreso nella liberta’ di iniziativa economica di cui all’articolo 41 Cost. (Cass. 25.05.95 n. 5753). Ne consegue che il giudice, pur nel caso sia stato adito dal datore di lavoro per la conferma della sanzione disciplinare e sia stato dallo stesso esplicitamente richiestone, non puo’ convertirla in altra meno grave.
8.- Inammissibili i due motivi, il ricorso deve essere rigettato, senza pronunzia a proposito delle spese del giudizio di legittimita’, non avendo svolto attivita’ difensiva la parte intimata.
2.- Accolta la domanda e proposto appello dal (OMISSIS), la Corte d’appello di Milano con sentenza del 24.05.10 accoglieva l’impugnazione, per quanto qui rileva ritenendo che, in relazione al comportamento tenuto, la sanzione irrogata fosse eccessiva e che, pertanto, il datore quale titolare del potere disciplinare dovesse procedere ad una sua riduzione.
3.- (OMISSIS) proponeva ricorso per cassazione. Non svolgeva attivita’ difensiva (OMISSIS).
4.- Il Consigliere relatore, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., ha depositato relazione, che e’ stata notificata al difensore costituito assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza. (OMISSIS) ha depositato memoria.
5.- (OMISSIS) con due motivi lamenta:
5.1.- violazione degli articoli 2104 e 2106 c.c. e articolo 56 c.c.n.l. dipendenti postali 11.07.03, in quanto il dipendente aveva rivolto frasi ingiuriose a due colleghe, intralciandone la prestazione ed impedendo le operazioni cui esse erano addette, attuando una condotta contraria ai doveri fissati dalle disposizioni codicistiche e dalla norma collettiva (articolo 56), per la quale la sospensione e’ applicabile ove il lavoratore sia autore di minacce o ingiurie gravi verso altri dipendenti o di comportamenti che producano interruzione o turbativa del servizio;
5.2.- carenza di motivazione in quanto la Corte di merito, quantunque richiestane, non aveva determinato la minor sanzione da irrogare al dipendente in ragione della mancata proporzione rilevata.
6.- Quanto al primo motivo deve rilevarsi che la Corte d’appello ha ricostruito i fatti addebitati ed e’ giunta alla conclusione che le parole profferite dal (OMISSIS), oggetto di un esposto di due lavoratrici, avevano contenuto offensivo, ma non minaccioso, e comunque erano dirette non specificamente alle predette, quanto ad un terzo dipendente, addetto alla stessa areola in cui lavoravano le due esponenti. Sulla base di questo accertamento di fatto ha ritenuto esistente l’inadempimento, ma sproporzionata la sanzione. Le censure mosse dalla ricorrente hanno ad oggetto il giudizio di proporzionalita’, che e’ frutto di valutazioni di merito congruamente motivate ed e’, pertanto, incensurabile in sede di legittimita’.
7.- Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che per la giurisprudenza di legittimita’ la potesta’ di infliggere sanzioni disciplinari e’ riservata dall’articolo 2106 c.c. alla discrezionalita’ dell’imprenditore, in quanto contenuta nel piu’ ampio potere di direzione dell’impresa a costui attribuito dall’articolo 2086 c.c., a sua volta compreso nella liberta’ di iniziativa economica di cui all’articolo 41 Cost. (Cass. 25.05.95 n. 5753). Ne consegue che il giudice, pur nel caso sia stato adito dal datore di lavoro per la conferma della sanzione disciplinare e sia stato dallo stesso esplicitamente richiestone, non puo’ convertirla in altra meno grave.
8.- Inammissibili i due motivi, il ricorso deve essere rigettato, senza pronunzia a proposito delle spese del giudizio di legittimita’, non avendo svolto attivita’ difensiva la parte intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, nulla disponendo per le spese
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