Cassazione toga rossa

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 14 luglio 2014, n. 30886

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PRESTIPINO Antonio – Presidente
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. CERVADORO Mirella – Consigliere
Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS);
avverso la sentenza, in data 23.05.2013, della Corte di Appello di Genova che, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il ricorrente alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 120,00 di multa per il reato di truffa.
Sentita la relazione del Consigliere relatore Dr. Giovanni Diotallevi;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Riello Luigi, che ha concluso con al richiesta di rigetto del ricorso.
Sentito l’avv.to (OMISSIS), del foro di (OMISSIS), in sostituzione dell’avv.to (OMISSIS), che si riporta alla memoria depositata in data 28.4.14. Deposita conclusioni e nota spese per la parte civile (OMISSIS).
E’ presente l’avv.to (OMISSIS), del foro di (OMISSIS), che si riporta ai motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
(OMISSIS) ricorre avverso la sentenza, in data 23.05.2013, della Corte di Appello di Genova che, in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il ricorrente alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 120,00 di multa per il reato di truffa. Chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato il ricorrente deduce:
a) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b) ed e) in relazione all’articolo 640 c.p. e articolo 61 c.p., n. 7, nonche’ in relazione all’articolo 192 c.p.p.. Secondo il ricorrente la Corte d’appello non avrebbe esaminato tutti gli elementi a disposizione e non avrebbe fornito una convincente risposta alle sue deduzioni.
La sentenza, infatti, non avrebbe chiarito perche’ il mero silenzio o l’uso di un termine giuridicamente errato o approssimativo abbia potuto costituire artifizio o raggiro idoneo a indurre altri in errore: avrebbe quindi omesso una corretta motivazione sul punto essenziale in ordine alla sussistenza o meno del reato per cui e’ stato processato.
Secondo il ricorrente non sarebbe chiaro il ragionamento dei Giudici d’appello in base al quale si e’ ritenuto che il compratore si sia determinato all’acquisto basandosi sulle mere affermazioni del (OMISSIS) e non invece su tutti gli elementi che ordinariamente determinano l’acquirente nella conclusione di un contratto di compravendita immobiliare.
Parimenti, mancherebbe la prova del nesso causale tra l’artificio o il raggiro posto in essere dall’imputato e l’atto di disposizione economica, posto che non potrebbe ritenersi che la vantata presenza di una stanza in piu’ sia stata determinante per la conclusione del contratto. A questo si aggiunga che l’esame dell’imputato, da cui la Corte ha desunto la circostanza della malafede del (OMISSIS), poiche’ ritenuto a conoscenza della realta’ catastale dell’immobile, avrebbe in realta’ dimostrato che anche lo stesso acquirente ne sarebbe stato consapevole.
b) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione ex articolo 606 c.p.p., comma 1 lettera b) ed e) in relazione all’articolo 192 c.p.p..
Secondo il ricorrente la persona offesa, sulla cui testimonianza si e’ largamente fondata l’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS), avrebbe reso affermazioni censurabili sotto il profilo logico, non essendo chiara la ragione per cui un compratore avveduto come il (OMISSIS) abbia accettato la stipula di un preliminare e, conseguentemente, versato somme di denaro, senza verificare lo stato di diritto dell’immobile, come da prassi nelle trattative immobiliari. Di questa indagine positiva, in punto di credibilita’ oggettiva e soggettiva della persona offesa, mancherebbe traccia nella sentenza impugnata. Parimenti, nel provvedimento non si sarebbe nemmeno dato conto del fatto, non trascurabile, relativo al tempo intercorso tra il fatto e la denuncia del medesimo, elemento, questo, che avrebbe dovuto essere valutato come sintomatico della volonta’ di non adempiere al contratto da parte del compratore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
2. Nel ricorso, invero, il ricorrente si limita a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, che non e’ logicamente sostenibile, alla luce delle argomentazioni addotte dalla Corte di Appello, che, con una motivazione esaustiva e priva di vizi logici, ha ampiamente argomentato in ordine all’affermazione di responsabilita’ del (OMISSIS) per il reato di truffa (p. 3-4 della sentenza), tenuto conto della condotta posta in essere dal ricorrente e della testimonianza raccolta.
In tema di elemento materiale del reato di truffa, questa Corte ha piu’ volte affermato il principio in base al quale “Integra gli estremi della truffa contrattuale la condotta di chi ponga in essere artifizi o raggiri consistenti nel tacere o nel dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabile l’elemento materiale della truffa nel silenzio serbato dal costruttore in ordine ad alcuni difetti strutturali del bene immobile compravenduto ed alle difformita’ dello stesso rispetto alla originaria concessione edilizia ed al progetto approvato).” (Sez. 2, Sentenza n. 28703 del 19/03/2013).
3. Alla luce delle suesposte considerazione appare esente da censure logico giuridiche la valutazione in base alla quale e’ stato ritenuto che l’uso di una terminologia specifica da parte del ricorrente, ha portato a qualificare diversamente un vano dell’immobile, inducendo in errore la persona offesa la quale, avendo erroneamente ritenuto presente l’abitabilita’ del vano in questione, si e’ poi coerentemente determinata per la risoluzione del contratto.
4. Sulla base di queste valutazioni va rigettata l’impugnazione proposta cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (OMISSIS) che liquida in euro 2500,00 oltre 15% di spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (OMISSIS) che liquida in euro 2500,00 oltre 15% di spese generali, oltre I.V.A. e C.P.A..

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