CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV
sentenza 27 febbraio 2014, n. 9693

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente
Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TRIESTE;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1410/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 28/11/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D’Angelo Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) in sost. dell’Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS) dif. di fiducia, che si riporta ai nuovi motivi.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pordenone, Sez. Distaccata di San Vito al Tagliamento, con sentenza del 28/4/2010, condanno’ (OMISSIS) alla pena stimata di giustizia, per avere causato, svolgendo l’attivita’ di legale rappresentante (insieme al fratello (OMISSIS), la cui posizione risulta essere stata definita a parte) dell’impresa (OMISSIS), lesioni personali gravi ai danni dell’operano dipendente (OMISSIS), per colpa generica e specifica. In particolare, emerge dalle statuizioni giudiziarie che il (OMISSIS), non utilizzando i dispositivi di protezione individuale, che tuttavia l’istruttoria aveva appurato essere stati messi a sua disposizione, e non adeguatamente formato ed informato, nell’espletamento della propria attivita’ lavorativa, dopo aver assemblato erroneamente un trabattello, montava sullo stesso in maniera incongrua (dall’esterno), cosi’ precipitando al suolo e procurandosi le lesioni di cui al capo d’imputazione.
1.1. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza 28/11/2012, assolse l’imputato perche’ il atto non costituisce reato. Assume, in sintesi, la Corte territoriale, pur affermando che l’imputato, siccome il socio e congiunto (OMISSIS), rivestiva il ruolo di datore di lavoro, che “Pur non contestando (…) che le violazioni indicate nell’imputazione siano ascrivibili al datore di lavoro (…) debbano essere distinti due piani: sotto il profilo generale ed astratto i lavoratori erano stati informati circa il metodo corretto di salita sui ponteggi, circa il divieto di utilizzare per la salita e discesa i montanti esterni ed erano stati messi a loro disposizione i necessari DPI dispositivi di protezione individuali (…); l’obbligo di verificare che tali istruzioni fossero puntualmente recepite ed attuate non puo’ essere posto a carico di chi operava stabilmente in cantieri diversi e con squadre diverse. L’appellante aveva provveduto a perfezionare il percorso formativo di coloro che dipendevano direttamente da lui e che aveva la possibilita’ di controllare continuativamente (…), analogo obbligo gravava su (OMISSIS) che era l’unico dei due amministratori in grado di verificare l’operato dei dipendenti della propria squadra. Al di la’, quindi, delle qualifiche formali, gli obblighi concretamente violati facevano carico in via esclusiva a (OMISSIS), di talche’ l’appellante va ritenuto esente da colpa”.
2. Avverso la sentenza d’appello proponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Trieste.
2.1. Con l’unitaria, articolata censura posta a corredo dell’impugnazione il ricorrente denunzia vizio motivazionale in questa sede rilevabile, evidenziando i profili di cui, in sintesi, appresso.
Incongruamente, la Corte territoriale, dopo aver affermato (condividendo sul punto le conclusioni del giudice di primo grado) che le lesioni erano ascrivibili alla violazione di regole cautelari; che l’imputato, in quanto rappresentante ed amministratore della s.r.l. (OMISSIS) doveva considerarsi datore di lavoro dell’operaio infortunato; che sul datore di lavoro gravava l’obbligo di formare ed informare i lavoratori, assicurandosi che le istruzioni venissero comprese effettivamente e concretamente rispettate; che il (OMISSIS) era caduto per essere salito sopra un trabattello, dal medesimo assemblato senza rispettare le istruzioni di montaggio, che lo stesso ignorava, sibbene avesse partecipato ad una riunione formativa nella quale era stato invitato a prendere visione del POS; che, pertanto, quest’ultimo non era stato istruito “circa le corrette modalita’ di montaggio del trabattello”, tanto che l’infortunato, non avendo predisposto la scala interna, si era maldestramente arrampicato lungo i montanti esterni, aveva affermato che “i lavoratori erano stati informati circa il metodo corretto di salita sui ponteggi”. Inoltre, dopo aver attribuito al datore di lavoro il dovere di verificare che le istruzioni antinfortunistiche fossero comprese e rispettate, aveva ritenuto di escludere la penale responsabilita’ dell’imputato valorizzando la suddivisione di fatto della direzione sui cantieri, elidendo la responsabilita’ derivante dalla posizione di coamministratore. Infine, assume l’illogicita’ di aver giudicato soddisfatto il dovere di informazione sul contenuto del POS mediante il mero invito a prendere lettura del documento (siccome era avvenuto sulla base del verbale del 10/1/2006 redatto in azienda), cosi’ scaricando sui lavoratori il compito di formarsi e informarsi. Ne’ poteva sostenersi che l’obbligo di formazione e informazione gravasse solo in capo ad (OMISSIS) quanto agli operai che svolgevano la loro attivita’ nel cantiere ove si ebbe a verificare l’infortunio, stante che la qualifica di amministratore e legale rappresentante, e, quindi, di datore di lavoro, apparteneva anche ad (OMISSIS).
3. Con memoria pervenuta il 13/1/2014 il Difensore dell’imputato, rilevato che il ricorso del Procuratore generale locale non era stato notificato alla parte privata, in violazione dell’articolo 584 c.p.p., chiedeva trasmettersi gli atti al giudice a quo perche’ la relativa cancelleria facesse luogo all’incombente omesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. L’eccezione procedurale sollevata dall’imputato non e’ fondata, stante che secondo il condiviso orientamento di questa Corte l’omessa notifica dell’atto d’impugnazione della pubblica accusa alle parti private, o viceversa, non e’ causa di nullita’ di ordine generale ne’ da luogo all’inammissibilita’ del gravame, comportando unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato dell’eventuale (ove prevista) impugnazione incidentale (cfr., fra le tante, Cass., 3 , n. 3266 del 10/12/2009, Rv. 245859; 5 , n. 5525/09 del 25/11/2008, Rv. 243157; 2 , n. 16891 dell’11/4/2007, Rv. 236657). Nessun vulnus, infatti, al contrario dell’assunto, patisce la parte che non ha ricevuto la notificazione (parti private) o la comunicazione (P.M.) in quanto, pervenutagli tempestiva comunicazione dell’udienza viene posta in utile condizione per conoscere il contenuto dell’impugnazione.
5. Il ricorso e’ fondato.
E’ radicale ed insanabile la contraddizione logica nella quale e’ caduta la Corte territoriale affermando, ad un tempo, che l’operaio infortunatosi non era stato istruito in ordine alle correte modalita’ di montaggio del trabattello e che tale omessa istruzione non era in alcun modo giustificabile (pag. 3); che anche l’imputato rivestiva il ruolo di datore di lavoro, assieme al congiunto (OMISSIS); che era innegabile che l’omissione di formazione e informazione era da ascriversi a responsabilita’ del datore di lavoro e, tuttavia, che l’imputato dovesse andare esente da penale responsabilita’ poiche’ la vigilanza concreta in quel cantiere competeva a (OMISSIS).
Di conseguenza risulta incomprensibile l’affermazione, smentita dalla premessa sopra riportata, che i lavoratori erano stati informati delle corrette modalita’ di montaggio dei ponteggi, enunciata in fine della pagina 4.
5.1. Inoltre, senza necessita’ di approfondire l’aspetto dell’indelegabilita’ della posizione di garanzia in relazione a contesti aziendali minimi (sul punto nulla e’ dato sapere dalle sentenze di merito), non puo’ certamente sollevare da responsabilita’ il datore di lavoro la pretesa assunzione fattuale di esclusivo garante da parte di altro soggetto rivestente lo stesso ruolo datoriale. Invero, sarebbe occorso ben altro per procurare l’effetto dell’esonero di (OMISSIS), secondo la consolidata e pluridecennale interpretazione giurisprudenziale, che ha, poi, trovato scrittura normativa nel Decreto Legislativo n. 81 del 974/2008, articolo 16, (atto scritto con data certa, accettato espressamente e per iscritto, pienezza dei poteri, con corrispondente autonomia di spesa) Esonero che, in ogni caso, non potrebbe giammai sollevare il delegante dal dovere di vigilanza, pur esercitato, evidentemente per le aziende di grandi dimensioni, attraverso adozione d’idoneo sistema di controllo del modello gestionale ed organizzativo (articolo 30, comma 4, richiamato dall’articolo 16, stesso corpo normativo).
L’analisi deve essere correttamente mirata tenendo presente la funzione e lo scopo della responsabilita’ penale derivante da posizione di garanzia. Senza necessita’ di ripercorrere un terreno ampiamente arato, che qui bastera’ dare per noto, puo’ essere utile ricordare solo che una tale responsabilita’ serve ad assicurare la tutela di valori primari (quali la vita e l’integrita’ psicofisica) i cui titolari, per ragioni le piu’ varie che l’Ordinamento prende in considerazione, da soli non sarebbero in grado di garantire appieno.
6. Per le esposte ragioni la sentenza deve essere annullata. Il giudice del rinvio nel giudicare dell’impugnazione dovra’ impegnarsi in adeguata motivazione alla luce di quanto chiarito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte di appello di Trieste.

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