La liquidazione in via equitativa del danno

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 aprile 2023| n. 9744.

La liquidazione in via equitativa del danno

La liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell’ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l’illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico, e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la liquidazione in via equitativa del danno patito dal conduttore di un locale cantinato, ove erano allocati articoli da regalo deteriorati in conseguenza di un allagamento ascrivibile al condominio, in assenza di prova di tale pregiudizio).

Sentenza|12 aprile 2023| n. 9744. La liquidazione in via equitativa del danno

Data udienza 22 febbraio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio – Invalidità derivanti dal difetto di capacità processuale – Sanabilità anche di propria iniziativa dalle parti – Intervento del giudice inteso a promuovere la sanatoria è obbligatorio ammissibile in qualsiasi fase o grado del giudizio – Efficacia ex tunc senza il limite delle preclusioni – Liquidazione equitativa del danno – Presupposti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19399/2020 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.r.L., in persona del rappresentante legale p.t., (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)), pec (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore e rappresentante legale p.t., (OMISSIS) S.r.L., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) ((OMISSIS));
-controricorrente-
nonche’ contro
CONDOMINIO (OMISSIS); CONDOMINIO (OMISSIS);
-intimati-
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 2175/2019 depositata in data 08/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2023 dal Consigliere MARILENA GORGONI.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, CORRADO MISTRI, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

La liquidazione in via equitativa del danno

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) S.r.L. conveniva, dinanzi al Tribunale di Palermo, il Condominio di (OMISSIS), al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’allagamento del piano cantinato, collocato all’interno del condominio convenuto, da essa condotto in locazione; danni consistenti nell’anticipazione delle spese per le riparazioni urgenti, nel danneggiamento di pregiati articoli da regalo e nei costi sostenuti per lo smaltimento del materiale fangoso e della merce andata distrutta.
Il condominio, costituitosi, eccepiva il difetto di prova circa il verificarsi dell’allagamento, negava di avere alcuna responsabilita’ in merito all’occorso, perche’ le tubazioni da cui si era verificata la perdita appartenevano anche ai Condomini di (OMISSIS) e di (OMISSIS) che chiedeva di chiamare in causa; in via subordinata, contestava la rilevanza della documentazione prodotta dalla societa’ attrice per dimostrare l’an e il quantum del danno subito.
Il Tribunale, con la sentenza n. 4198/2014, dichiarava il condominio convenuto decaduto dalla facolta’ di chiamare terzi in giudizio, non avendo perfezionato correttamente il procedimento di notificazione dell’istanza di chiamata di terzo, ne accertava la responsabilita’ per i fatti verificatisi ai danni della societa’ (OMISSIS) e lo condannava a corrisponderle l’importo di Euro 2.196,66, a titolo di rimborso delle spese sostenute per la riparazione delle tubature, per la rimozione e per lo smaltimento dei materiali danneggiati, e quello di Euro 32.000,00, liquidato equitativamente, per il danneggiamento della merce, oltre agli interessi ed alla rivalutazione.
Il Condominio di (OMISSIS) impugnava la suddetta decisione dinanzi alla Corte d’Appello di (OMISSIS) che, con la sentenza n. 2175/2019, ha accolto parzialmente il gravame e ha ridotto ad Euro 2.196,66 l’importo dovuto alla societa’ (OMISSIS).
In particolare, la Corte di merito ha ritenuto provate le spese di riparazione della colonna di scarico del materiale fangoso accumulatosi nei locali allagati, sulla base della documentazione in atti ed alla luce delle dichiarazioni testimoniali, ma ha reputato che il danno alla merce, costituita da articoli da regalo presenti nei locali allagati, non fosse stato dimostrato: le fotografie prodotte non davano contezza della qualita’ e quantita’ del materiale andato distrutto, perche’ riproducevano solo contenitori in cartone ed imballi di cui non era percepibile il contenuto; mancava un inventario della merce di cui si lamentava la perdita di valore commerciale; non era stato promosso alcun accertamento tecnico preventivo dei danni lamentati; molti oggetti erano in metallo o altro materiale non deteriorabile; le dichiarazioni dei testi escussi si erano rivelate generiche. Ha concluso, quindi, che la societa’ (OMISSIS) S.r.L. non avesse soddisfatto l’onere di provare il danno ed ha ritenuto errato il ricorso, da parte del Tribunale, alla valutazione equitativa dello stesso, perche’ non si era raggiunta in giudizio la prova che il danno si fosse verificato e che fosse impossibile o notevolmente difficile quantificarlo.
Per la cassazione di detta decisione ricorre la societa’ (OMISSIS) che formula due motivi.
Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS) (OMISSIS).
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore, CORRADO MISTRI, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

La liquidazione in via equitativa del danno

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la societa’ ricorrente imputa alla Corte d’Appello di essere incorsa nella “Violazione o falsa applicazione degli articoli 1130 e 1131 c.c., nonche’ degli articoli 75 e 182 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3 cod.proc.c.iv”, perche’ non ha rilevato che l’amministratore del condominio non era stato autorizzato dall’assemblea condominiale, ai sensi dell’articolo 1131, comma 3, c.c., alla proposizione dell’atto di appello.
L’eccezione di inammissibilita’ dell’impugnazione per carenza di capacita’ processuale dell’amministratore del condominio – sostiene la ricorrente – era stata sollevata nella comparsa di costituzione e risposta in appello e ribadita nella comparsa conclusionale, ma la Corte d’Appello non si sarebbe pronunciata sulla stessa; trattandosi, tuttavia, di una eccezione processuale, la ricorrente, consapevole di non poter lamentare l’omessa pronuncia, la quale riguarda solo le questioni di merito, ripropone in questa sede l’eccezione; e, al fine di argomentarne la fondatezza, invoca la decisione a sezioni Unite n. 18331/2010 con cui questa Corte, riguardo al se l’amministratore di condominio debba essere autorizzato o meno dall’assemblea per resistere ad una domanda proposta nei confronti del condominio, ha distinto le materie (risultanti dal combinato disposto articolo 1131, comma 1, e articolo 1130 c.c.) con riferimento alle quali l’amministratore e’ autonomamente legittimato per effetto della legge da quelle in cui, non avendo una legittimazione ex lege, ha bisogno di essere previamente autorizzato dall’assemblea.
La ricorrente rileva che: i) la gestione del contenzioso per cui e’ causa non rientra tra le attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 c.c. nel testo ratione temporis vigente; ii) questa Corte, nella pronuncia n. 18331/2010, aveva escluso che l’azione risarcitoria derivante da infiltrazioni d’acqua rientrasse tra quelle di cui al combinato disposto degli articoli 1130 e 1131 c.c. ed aveva affermato che l’amministratore di condominio avrebbe anche potuto costituirsi in giudizio senza autorizzazione dell’assemblea, ma avrebbe dovuto ottenere la ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare la pronuncia di inammissibilita’ dell’atto di costituzione o di impugnazione; iii) l’amministratore del condominio non solo non aveva l’autorizzazione preventiva dell’assemblea, ma non aveva ottenuto la ratifica dell’attivita’ svolta neppure a seguito dell’eccezione di cui all’articolo 75 c.p.c., dovendosi negare rilievo al documento n. 5 della nota di deposito, indicizzato verbale assemblea del 13 ottobre 2014, concernente la volonta’ del condominio di proporre appello avverso la sentenza n. 4198/2014 del Tribunale di (OMISSIS), perche’ esso non conterrebbe alcuna delibera assembleare di autorizzazione e/o di ratifica relativa alla costituzione nel giudizio di primo grado e all’impugnazione della sentenza sfavorevole da parte dell’amministratore, tant’e’ che nel verbale si dava comunicazione che le spese vive per l’appello ammontavano ad Euro 1.335,50 da suddividersi in 20 quote, ciascuna di Euro 66,78 da versare entro la data del 20 ottobre 2014 “a pena di non potere piu’ fare ricorso in appello. Chi non versera’ la quota sara’ responsabile di una eventuale non presentazione dell’appello; iv) stante la mancanza di una delibera assembleare di autorizzazione preventiva, secondo quanto stabilito dalla pronuncia a sezioni unite richiamata, allo scopo di paralizzare l’eccezione di inammissibilita’ della costituzione in giudizio o dell’impugnazione, tenuto conto che la ratifica non era stata prodotta, neppure a seguito dell’eccezione ex articolo 75 c.p.c., il giudice avrebbe potuto assegnare un termine ex articolo 182 c.p.c. all’amministratore del condominio per ottenere la ratifica; tanto non era avvenuto, sicche’, in applicazione della decisione n. 12525/2018, il vizio di capacita’ processuale del condominio dovrebbe dichiararsi non piu’ sanabile, con conseguente richiesta a questa Corte di rilevare l’inammissibilita’ dell’atto di appello proposto dal condomino, per carenza di legittimazione processuale attiva, con cassazione della sentenza d’appello, in quanto il difetto di autorizzazione preventiva o di ratifica puo’ essere sanato ex articolo 182 c.p.c. in sede di legittimita’, ma solo nel caso in cui il difetto sia stato rilevato d’ufficio.

La liquidazione in via equitativa del danno

Il motivo non puo’ accogliersi.
Giova, al riguardo, premettere:
a) che la pronuncia del giudice di appello la quale non esamini e non decida l’eccezione di cui all’articolo 75 c.p.c. reca un difetto di attivita’ del giudice di secondo grado, il quale deve essere fatto valere dal ricorrente in sede di legittimita’ non con la denuncia di un vizio di violazione di legge, in quanto simile censura presuppone che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto; parte ricorrente e’ incorsa in errore deducendo la violazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, anziche’ imputando alla Corte territoriale un error in procedendo;
b) che, peraltro, il mancato esame da parte del giudice di appello di una questione puramente processuale non puo’ dar luogo al vizio di omessa pronuncia, il quale e’ configurabile con riguardo alle sole domande di merito, come opportunamente afferma anche la societa’ (OMISSIS), e non puo’, quindi, assurgere a causa autonoma di nullita’ della sentenza, potendo profilarsi, al riguardo, una nullita’ (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’articolo 112 c.p.c., se, ed in quanto, risulti errata la soluzione implicitamente data dal Giudice alla questione sollevata dalla parte medesima (cfr., ex multis, Cass. 19/06/1997, n. 5482; Cass. 21/11/2001, n. 14670; Cass. 25/06/ 2003, n. 10073; Cass. 6/12/ 2004, n. 22860; Cass. 24/06/ 2005, n. 13649).
Ora, il Collegio ritiene di poter superare l’errore di cui alla lettera a), in considerazione dello specifico contenuto delle argomentazioni a supporto della censura, e, riqualificando d’ufficio il vizio ascritto alla sentenza impugnata come error in procedendo, che sia suo compito, in questa sede, stabilire, anche attraverso l’esame diretto degli atti, attesa la ricorrenza di un vizio processuale, se ricorra o meno la carenza di legittimazione processuale del condominio, implicitamente negata dal giudice a quo, e se ne consegua la nullita’ derivata della sentenza.
Per ben cogliere la sostanza della censura e’ bene ripercorrere la vicenda processuale.
La societa’ (OMISSIS), appellata, costituendosi, aveva eccepito la carenza di legittimazione processuale del Condominio – per quanto ancora rileva in questa sede – per difetto di autorizzazione preventiva dell’assemblea ad impugnare la sentenza di prime cure sfavorevole.
All’udienza di prima comparizione e di trattazione, il 17 luglio 2005, il Condominio aveva prodotto in copia cortesia, tra gli altri, il verbale dell’assemblea condominiale del 13 ottobre 2014 (gia’ inviato telematicamente) che, a suo avviso, conteneva l’autorizzazione a proporre appello avverso la decisione del Tribunale.
Detta produzione documentale veniva contestata dall’odierna ricorrente sia il 17 luglio 2005 sia nel corso della successiva udienza del 13 ottobre 2017 in quanto irrituale e non autorizzata.
All’udienza di precisazione delle conclusioni il Condominio concludeva come in atto di appello e comparsa di risposta.
Con la comparsa conclusionale la societa’ (OMISSIS) insisteva sull’inammissibilita’ della produzione documentale del Condominio, perche’ non autorizzata, rilevava che dai verbali di assemblea prodotti non emergeva ne’ un’autorizzazione assembleare preventiva a proporre appello ne’ una ratifica all’atto di appello gia’ proposto e insisteva affinche’ la Corte d’Appello dichiarasse l’amministratore privo di legittimazione attiva.
Il condominio, nella sua comparsa conclusionale, deduceva che la produzione documentale atta a dimostrare la legittimazione processuale dell’amministratore era stata contestata – tardivamente – non nel merito, ma solo in relazione alla sua ammissibilita’ e chiedeva che il giudice, in forza del combinato disposto degli articoli 182 comma 2 e 339 c.p.c., ammettesse la documentazione in discussione; con la memoria di replica sosteneva che i documenti depositati erano idonei a dimostrare la sussistenza dell’autorizzazione assembleare a proporre appello.

La liquidazione in via equitativa del danno

Alla luce di quanto riferito, deve osservarsi che il difetto di capacita’ processuale delle parti risulta sanabile; e non solo per intervento del giudice. “Si deve pertanto concludere nel senso che le invalidita’ derivanti dal difetto di capacita’ processuale possono essere sanate anche di propria iniziativa dalle parti; segnatamente con la regolarizzazione della costituzione in giudizio della parte cui l’invalidita’ si riferisce. Mentre l’intervento del giudice inteso a promuovere la sanatoria e’ obbligatorio, va esercitato in qualsiasi fase o grado del giudizio, e ha efficacia ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali” (Cass. 26/06/2019, n. 17062); pertanto, il condominio, a fortiori a fronte dell’eccezione di controparte, era legittimato a produrre la documentazione atta a dimostrare la propria capacita’ processuale, senza bisogno di autorizzazione del giudice.
Resta, dunque, da verificare se il verbale di assemblea, su cui, non a caso, si appuntano le critiche della societa’ (OMISSIS) contenesse oppure no un’autorizzazione ad impugnare la decisione di primo grado.
La verifica, secondo il Collegio, ha esito positivo:
a) il punto 1 all’ordine del giorno era cosi’ indicato: notifica sentenza n. 4198/2014 R.G. Trib. Palermo relativa al procedimento n. 3168/10 R.H. Trib. Palermo – provvedimenti urgenti e conseguenziali;
b) si dava atto che un gruppo di condomini aveva avuto un colloquio con l’avv. (OMISSIS), legale del condominio;
c) veniva allegata la nota dell’avv. (OMISSIS) che comunicava il costo delle spese di appello;
d) si indicava l’ammontare della quota individuale ed il termine entro cui avrebbe dovuto essere versata;
e) si specificava: “chi non versera’ la quota sara’ responsabile di una eventuale non presentazione dell’appello”.
Tali elementi inducono a ritenere che i condomini avessero deciso di procedere con l’atto di appello e che a tale conclusione induca soprattutto l’avvertimento che il mancato versamento della quota individuale avrebbe potuto provocare la “non presentazione dell’appello”; segno che, contrariamente, a quanto ritenuto dalla societa’ (OMISSIS) l’assemblea aveva deciso, a fronte della soccombenza in primo grado, di procedere con l’impugnazione della decisione sfavorevole.

La liquidazione in via equitativa del danno

Il motivo, pertanto, va rigettato.
2) Con il secondo motivo la ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione degli articoli 1226 e 1227 c.c., nonche’ 115 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.”.
La societa’ (OMISSIS) sostiene che, accertata la responsabilita’ del condominio in entrambi i gradi di giudizio, la logica avrebbe imposto di ritenere che i beni – articoli da regalo e lampadari – depositati all’interno dei locali danneggiati dall’allagamento fossero andati almeno in parte perduti e che la difficolta’ di quantificare il danno non potesse che emergere de plano dall’irriconoscibilita’ e dal deterioramento dei beni provocati dalla miscela di acqua, fango e reflui degli scarichi condominiali.
La censura non puo’ accogliersi, perche’ la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni che l’hanno indotta ad escludere che vi fossero i presupposti per liquidare equitativamente il danno: documentazione fotografica, genericita’ delle prove testimoniali, assenza di inventario della merce, mancanza di un accertamento tecnico preventivo, non deteriorabilita’ di alcuni oggetti.
Anche senza considerare che l’accertamento di un comportamento antigiuridico non provoca, diversamente da quanto adombra la difesa del ricorrente, automaticamente il risarcimento del danno, perche’ il nocumento patrimoniale non puo’ essere mai identificato in re ipsa ed il pregiudizio risarcibile e’ sempre danno – conseguenza, da provare anche per presunzioni, l’accoglimento delle censure del ricorrente implicherebbe un inammissibile nuovo e diverso (l’asserita irriconoscibilita’ e il deterioramento della merce si scontrano con le risultanze delle fotografie agli atti che ritraevano, secondo il giudice a quo, solo contenitori in cartone e imballi) accertamento dei fatti di causa sia quanto alla ricorrenza dei danni sia quanto alla difficolta’ di provarne l’ammontare.
Non sussistono ragioni, dunque, per discostarsi dal seguente principio di diritto, pronunciato in una fattispecie che presenta innegabili similitudini con quella per cui e’ causa, atteso che si controverteva della richiesta risarcitoria derivante dall’allagamento di un appartamento: “La liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell’ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non puo’ essere assolto dimostrando semplicemente che l’illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresi’, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico, e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l’impossibilita’ o l’estrema difficolta’ di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entita’” (Cass. 22/02/2017, n. 4534).

La liquidazione in via equitativa del danno

3) Ne consegue il rigetto del ricorso.
4) Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento, in favore del Condominio controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dall’articolo 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

 

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