Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 settembre 2022| n. 26807.
Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto
Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, rimanendo fuori della portata del giudicato le questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono (Nel caso di specie, disattendendo l’unico motivo con cui il ricorrente aveva lamentato la violazione dell’art. 2909 cod. civ., la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata che aveva confermato il rigetto dell’opposizione proposta da quest’ultimo ex art. 615 cod. proc. civ., avverso l’esecuzione immobiliare intrapresa dalla società controricorrente in relazione ad un credito nascente da un contratto di mutuo fondiario, ritenendo l’iniziativa preclusa dall’esistenza di un giudicato esterno: in particolare, specifica il giudice di legittimità, considerato che già nel primo giudizio di opposizione si era discusso della questione relativa alla “condizione risolutiva” prevista dall’art. 15 del d.P.R. n. 7 del 1976, sarebbe stato onere dell’opponente, sin da allora, eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto a valersi di tale condizione, cosicché, in difetto, ogni disamina in merito non poteva che ritenersi ormai preclusa nel rinnovato giudizio di opposizione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 4 marzo 2020, n. 6091).
Sentenza|12 settembre 2022| n. 26807. Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto
Data udienza 19 maggio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Opposizione all’esecuzione – Questione relativa alla condizione risolutiva di cui all’art. 15 DPR n. 7/76 già trattata nel primo giudizio – Onere dell’opponente di eccepire la prescrizione del diritto a valersi di tale condizione – Mancato assolvimento – Preclusione della disamina nel nuovo giudizio – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere
Dott. GIAIME GUIZZI Stefano – rel. Consigliere
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 35981-2019 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA, nella qualita’ di procuratrice di (OMISSIS) S.r.l., in persona della Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3510/2019 della CORTE DI APPELLO di MILANO, depositata il 20/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/05/2022 dal Consigliere Dott. GIAIME GUIZZI Stefano.
Il giudicato copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto
FATTI DI CAUSA
1. (OMISSIS) ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 3510/19, del 20 agosto 2019, della Corte di Appello di Milano, che – respingendone il gravame avverso la sentenza n. 772/18, del 14 maggio 2018, del Tribunale di Pavia – ha confermato il rigetto dell’opposizione proposta dal (OMISSIS), ex articolo 615 c.p.c., avverso l’esecuzione immobiliare intrapresa dalla societa’ (OMISSIS) S.p.a., ritenendo l’iniziativa preclusa dall’esistenza di un giudicato esterno.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierno ricorrente di aver gia’ proposto opposizione – anteriormente a quella oggetto del presente giudizio – avverso l’esecuzione immobiliare promossa da (OMISSIS) (in relazione ad un credito nascente da un contratto di mutuo fondiario), iniziativa, allora, basata sul rilievo della prescrizione del diritto azionato in via esecutiva. In particolare, il (OMISSIS) aveva “illo tempore” eccepito – in assenza di atti interruttivi precedenti la notifica dell’atto di precetto, risalente al 21 aprile 2008 – l’intervenuto decorso del termine decennale di prescrizione a far data 30 giugno 1995, ovvero quella della prima scadenza rateale non adempiuta dalla parte mutuante. L’esito di tale pregresso giudizio consisteva, tuttavia, in una decisione di rigetto da parte di ambo i giudici di merito investiti di quella iniziativa ex articolo 615 c.p.c., pronuncia la seconda delle quali (non essendo stata fatta oggetto di ricorso per cassazione) passava in giudicato. Veniva, infatti, rigettata la tesi allora sostenuta dal (OMISSIS), osservandosi che il termine di prescrizione doveva ritenersi decorrente dalla fine dell’ammortamento, in mancanza di un fatto risolutivo anteriore, posto che la risoluzione del contratto non era avvenuta, se non con la notifica del precetto. Si richiamavano, infatti, entrambe quelle pronunce ad un precedente di questa Corte (Cass. Sez. Un., sent. 19 maggio 2008, n. 12639), secondo cui la notificazione di un atto di precetto al mutuatario inadempiente per il pagamento del credito comporta la risoluzione del contratto, dovendo la “condizione risolutiva” di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 21 gennaio 1976, n. 7, articolo 15 intendersi alla stregua di una clausola risolutiva espressa.
Tanto premesso in relazione all’esito di quel primo giudizio di opposizione ex articolo 615 c.p.c., l’odierno ricorrente assume di averne incardinato uno successivo, cioe’ quello definito dalla Corte milanese con la sentenza oggi impugnata, basandosi su motivi nuovi, o meglio su una differente “causa petendi”. Assume, in particolare, di aver lamentato – con tale rinnovata iniziativa l’intervenuta prescrizione decennale, questa volta, del diritto all’esercizio della c.d. “condizione risolutiva” di cui al citato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15, vedendo, pero’, rigettare anche tale opposizione, sul rilievo che quelle svolte fossero “argomentazioni difensive afferenti alla medesima questione della prescrizione di quello stesso credito, che non travalicano i limiti oggettivi degli elementi costitutivi della precedente domandi; e che, anzi, sono ad esse sovrapponibili quanto a petitum e tutt’altro che autonome rispetto a causa petendi”.
3. Avverso la pronuncia della Corte ambrosiana ricorre per cassazione il (OMISSIS), sulla base – come detto – di un unico motivo.
3.1. Esso – proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto.
Il ricorrente censura la sentenza impugnata perche’ avrebbe errato nell’interpretare il principio, enunciato da questa Corte, secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, dal momento che eccepire l’intervenuta prescrizione del diritto all’esercizio della “condizione risolutiva”, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15, e’ “cosa ben diversa dall’eccepire la maturata prescrizione decennale dell’esercizio del diritto di credito su cui e’ indubbiamente intervenuto il giudicato”. Nella specie, poiche’ l’inadempimento risale alla prima scadenza rateale inadempiuta del 30 giugno 1995, entro dieci anni a decorrere da tale data il mutuatario avrebbe dovuto esercitare – pena, altrimenti, la prescrizione – il diritto ad avvalersi della suddetta “condizione risolutiva”, cio’ che non avvenne, se non con la notificazione dell’atto di precetto del 21 aprile 2008.
Di conseguenza, il (OMISSIS) censura anche la statuizione con cui la Corte di Appello ha disposto la sua condanna a norma dell’articolo 96 c.p.c., comma 1.
4. (OMISSIS) ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilita’, ovvero, in subordine, di infondatezza.
5. Il ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie censure.
6. Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha rassegnato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. Il ricorso va rigettato.
7.1. Il solo motivo di ricorso – che evoca, nella sostanza, violazione dell’articolo 2909 c.c. (lamentando, esclusivamente su tali basi, la disposta condanna in appello ex articolo 96 c.p.c.) – e’ in parte infondato e in parte inammissibile.
7.1.1. Invero, ancora di recente questa Corte ha evidenziato che “il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia”, rimanendo fuori della portata del giudicato le “questioni” – alle quali non e’ riconducibile, nel presente caso, quella sulla prescrizione del diritto ad avvalersi della “condizione risolutiva”, proprio perche’, in ipotesi, gia’ maturata in occasione del primo giudizio di opposizione ex articolo 615 c.p.c. – “che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono” (da ultimo, Cass. Sez. 2, sent. 4 marzo 2020, n. 6091, Rv. 657127-01).
In buona sostanza, il giudicato “implicito” richiede un “rapporto di dipendenza indissolubile”, tra la questione effettivamente decisa e quella che si assume oggetto di implicita decisione, “tale da determinare l’assoluta inutilita’ di una decisione sulla seconda questione” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 29 aprile 2003, n. 6632, Rv. 562504-01; Cass. Sez. 2, sent. 27 ottobre 2011, n. 22416, Rv. 620138-01; Cass. Sez. Lav., sent. 6 aprile 2012, n. 5581, Rv. 621797-01; Cass. Sez. 1, ord. 13 marzo 2020, n. 7115, Rv. 657491-01), precisandosi che tale nesso sussiste quando “l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza” – del quale si invoca l’efficacia di giudicato implicito – “attenga a questioni” che “costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile” di quelle decise (Cass. Sez. 1, sent. 5 luglio 2013, n. 16824, Rv. 627047-01).
Orbene, poiche’ gia’ nel primo giudizio di opposizione si e’ discusso della “condizione risolutiva” prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 7 del 1976, articolo 15, sarebbe stato onere dell’opponente, sin da allora, eccepire la prescrizione del diritto a valersi di tale condizione, sicche’, non essendo cio’ avvenuto, deve ritenersi la disamina di tale tema preclusa nel (rinnovato) giudizio di opposizione.
La censura di violazione dell’articolo 2909 c.c. e’, dunque, infondata.
7.1.2. Infine, e’ appena il caso di rilevare l’inammissibilita’ della censura che investe la statuizione di condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 1; il ricorrente, infatti, si limitavdedurre il difetto dei presupposti (mala fede o colpa grave) per l’applicazione di tale norma, ma solo in ragione del fatto che nessun giudicato “implicito” – di rigetto – potesse essersi formato sull’eccezione di prescrizione del diritto ad avvalersi della “condizione risolutiva” suddetta, senza evidenziare “autonomi” profili di illegittimita’ di quella pronuncia di condanna, cio’ che rende la censura priva di specificita’.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
9. A carico del ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando (OMISSIS).t a rifondere, alla societa’ (OMISSIS) S.p.a., le spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 8.000,00, piu’ Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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