Giudizio di anomalia dell’offerta

Consiglio di Stato, Sentenza|10 novembre 2021| n. 7497.

Giudizio di anomalia dell’offerta.

In materia di giudizio di anomalia dell’offerta il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni dell’amministrazione solo sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci: il giudizio di anomalia dell’offerta è infatti connotato da ampi margini di discrezionalità e costituisce “espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, di esclusiva pertinenza dell’amministrazione, esulando dalla competenza del giudice amministrativo, il cui sindacato è limitato solo al caso in cui le valutazioni della pubblica amministrazione siano inficiate da macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione o errori di fatto”.

Sentenza|10 novembre 2021| n. 7497. Giudizio di anomalia dell’offerta

Data udienza 7 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Appalto pubblico – Offerta economicamente più vantaggiosa – Clausola sociale – Obbligo dell’aggiudicataria di riassorbimento del personale assunto con contratto di lavoro dipendente dai precedenti gestori – Offerta – Verifica di congruità – Indicazione di minori costi per il personale – Anomalia dell’offerta – Sindacato del giudice amministrativo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 825 del 2021, proposto da
Le Ma. Ce. Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Du. e Di. Va., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Soc. Coop. Re., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Mi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Verona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fu. Sq. e Gi. Mi., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione prima, n. 22/2021, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio i gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Verona;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Soc. Coop. Re.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2021 il Cons. Anna Bottiglieri e preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, versate in atti dagli avvocati Du., Va., Mi. e Sq.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

Giudizio di anomalia dell’offerta

FATTO

Il Comune di Verona indiceva gara per l’affidamento per 48 mesi, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di accoglienza del pubblico, controllo sale, apertura al pubblico e servizi accessori in tutte le sedi museali comunali. La lex specialis, oltre a contenere la c.d. “clausola sociale”, recante l’obbligo dell’aggiudicataria di riassorbire il personale assunto con contratto di lavoro dipendente dai precedenti gestori, prevedeva la possibilità di una proroga tecnica semestrale e della richiesta di ripetizione per un anno di servizi analoghi (art. 63, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50): pertanto il valore complessivo della gara era di Euro. 9.142.546,00 al netto di Iva.
Con determina n. 2240/2020 la procedura, dopo la positiva verifica di congruità, era aggiudicata a Le Ma. Ce. Soc. Coop. (d’ora in avanti anche solo Ma. Ce.), la cui offerta economica, con il ribasso del 22.19% sulla base d’asta indicata dalla stazione appaltante, aveva prevalso su quella della Soc. Coop. Re. (d’ora in avanti anche solo Re.), parimenti sottoposta a verifica di congruità, che aveva offerto il minor ribasso del 19,10%, e ciò nella parità conseguita dalle offerte tecniche di entrambe le società, premiate con il massimo del punteggio previsto per tale aspetto (70 punti).
Re. con ricorso e motivi aggiunti impugnava innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto l’aggiudicazione con riguardo al positivo esito della verifica di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, sostenendone l’anomalia sotto vari profili. Concludeva per l’annullamento dell’atto gravato, la declaratoria dell’inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more con l’aggiudicataria, il risarcimento del danno in forma specifica, mediante subentro, o, in via subordinata, per equivalente.
Nel giudizio così instaurato si costituivano in resistenza il Comune di Verona e Ma. Ce.; questa proponeva ricorso incidentale escludente, sostenendo l’applicazione da parte dell’offerta di Re. di un contratto collettivo nazionale di lavoro non pertinente rispetto ai servizi oggetto di affidamento.

 

Giudizio di anomalia dell’offerta

L’adito Tribunale con la sentenza segnata in epigrafe: accoglieva il ricorso principale e alcuni motivi aggiunti di Re., ritenendo l’offerta dell’aggiudicataria nel complesso inattendibile, perchè sottostimata per varie voci di costo non compensate con altri elementi; respingeva il ricorso incidentale di Ma. Ce., ritenendo la coerenza tra il contratto collettivo indicato nell’offerta di Re. e l’oggetto dell’appalto; annullava l’aggiudicazione, dichiarando l’inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more con Ma. Ce. limitatamente alla parte non ancora eseguita; compensava tra le parti le spese del giudizio.
Ma. Ce. ha appellato la predetta sentenza, avverso cui ha dedotto erroneità per falsa rappresentazione dei fatti e difetto di motivazione ed erroneità per error in iudicando sia in relazione a ognuno dei motivi di impugnativa di Re. accolti dal primo giudice sia in relazione alla reiezione del suo ricorso incidentale escludente. Ha domandato l’annullamento della sentenza e l’accertamento della legittimità del provvedimento con cui si è aggiudicata la gara e del suo diritto a conseguire la stipula del contratto ovvero a subentrare in quello eventualmente stipulato nelle more con l’appellata.
Re. si è costituita in resistenza, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza dei motivi di gravame e concludendo per la reiezione dell’appello.
Il Comune di Verona si è costituito in giudizio. In fatto, ha rappresentato che il servizio per cui è causa, per lo più sospeso a causa del Covid, nelle more della stipula del contratto era stato affidato a Ma. Ce. sin dai primi di luglio 2020 e di aver avviato la procedura, non ancora conclusa, per l’individuazione della nuova aggiudicataria, secondo quanto stabilito dalla sentenza di primo grado. In diritto, ha sostenuto articolatamente la correttezza e la legittimità del proprio operato e chiesto la reiezione di entrambi i ricorsi di primo grado, principale con motivi aggiunti e incidentale.
Con ordinanza 12 marzo 2021, n. 1261, la Sezione, in accoglimento della domanda cautelare formulata dalla parte appellante, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
Nel prosieguo, il Comune di Verona ha versato in atti il contratto stipulato con Ma. Ce. il 20 maggio 2021; quest’ultima ha depositato una memoria difensiva.
In vista dell’udienza di trattazione del merito tutte le parti si sono rimesse agli scritti depositati, chiedendo il passaggio in decisione della causa senza preventiva discussione.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 7 ottobre 2021.

 

Giudizio di anomalia dell’offerta

DIRITTO

1. Il Tar per il Veneto, Sezione prima, con sentenza n. 22/2021, in accoglimento del ricorso e di alcuni dei connessi motivi aggiunti proposti dalla seconda classificata Re., ha annullato l’aggiudicazione a favore di Ma. Ce. della procedura di cui in fatto bandita dal Comune di Verona, ritenendo, contrariamente all’esito della verifica di congruità espletata dalla stazione appaltante, l’inattendibilità dell’offerta dell’aggiudicataria per sottostima di varie voci di costo; al contempo, ha respinto il ricorso incidentale escludente di Ma. Ce., fondato sulla asserita applicazione da parte di Re. di un contratto collettivo nazionale di lavoro non pertinente rispetto ai servizi oggetto di gara.
L’appellante Ma. Ce. domanda la riforma della predetta sentenza, che ritiene erronea sotto tutti i profili di cui si compone; Re. ne difende invece le conclusioni. Il Comune di Verona sostiene la correttezza e la legittimità del proprio operato, e conclude per la reiezione di entrambi i ricorsi di primo grado, principale con motivi aggiunti e incidentale.
2. Tenuto conto dell’oggetto della questione principale posta all’odierno giudizio, è opportuno richiamare sinteticamente l’orientamento consolidato in giurisprudenza, secondo cui la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare la complessiva attendibilità e serietà della stessa, sulla base di una valutazione, a opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce, in quanto tale, espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato, in via di principio insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per ragioni legate alla eventuale (e soprattutto dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 31 agosto 2021, n. 6126; 2 agosto 2021, n. 5644; III, 19 ottobre 2020, n. 6317; V, 16 aprile 2019, n. 2496). Trattandosi quindi di valutare l’offerta nel suo complesso, il giudizio di anomalia non ha a oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, mirando piuttosto ad accertare se essa in concreto sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; pertanto la valutazione di congruità, come detto globale e sintetica, non deve concentrarsi esclusivamente e in modo parcellizzato sulle singole voci di prezzo (tra tante, Cons. Stato, V, 19 aprile 2021, n. 3169); con il che vuol dirsi che, se anche singole voci di prezzo o, per meglio dire, singoli costi non abbiano trovato immediata e diretta giustificazione, non per questo l’offerta va ritenuta inattendibile, dovendosi, invece, tener conto della loro incidenza sul costo complessivo del servizio per poter arrivare ad affermare che tali carenze siano in grado di rendere dubbia la corrispettività proposta dall’offerente e validata dalla stazione appaltante (Cons. Stato, V, 21 luglio 2021, n. 5483).
3. Ciò premesso, va rilevato che l’appello contesta innanzitutto la correttezza della sentenza impugnata nella parte in cui è stata accolta la doglianza di Re. con cui era stato lamentato che Ma. Ce. avesse indicato minori costi per il personale sulla base di un calcolo del tasso medio di assenteismo (3.69% rispetto al monte ore lavorate teorico annuo) inferiore di circa la metà rispetto a quello previsto dalle tabelle ministeriali (6,5%).
Ma. Ce. a sua volta aveva evidenziato di essersi riferita ai propri dati storici, effettivi e analitici di assenteismo medio del triennio precedente, documentabili e certificati da un professionista, relativi al proprio personale in servizio per lo svolgimento di un appalto ana svolto dal 2014 per lo stesso Comune di Verona (per la gestione, progettazione e realizzazione di visite guidate e laboratori didattici dei Musei civici comunali), aggiungendo che il previsto accantonamento pari a Euro 40.000,00, in aggiunta al costo stimato della manodopera, era in ogni caso idoneo a fronteggiare, in uno al pure previsto utile di Euro 34.000,00, eventuali scostamenti.

 

Giudizio di anomalia dell’offerta

Sul punto il primo giudice, premesso che il tasso di assenteismo dipende in larga parte dalle caratteristiche specifiche del personale impiegato (stato di salute; età anagrafica; appartenenza di genere), osservato trattarsi di un appalto caratterizzato da alta intensità dell’impiego di manodopera e richiamata la giurisprudenza che segnala in materia la necessità di stime prudenziali, ha ritenuto non corretto che Ma. Ce. avesse fatto riferimento al proprio tasso di assenteismo aziendale, corrispondente a personale diverso da quello da impiegare nell’appalto, e ciò per effetto della c.d. “clausola sociale” di cui alla legge di gara. Ha quindi ritenuto che il denunziato scostamento, “vistoso e significativo”, comportasse “maggiori costi stimabili nella somma (allegata dalla ricorrente e non contestata dalle controparti) di circa Euro 150.000,00, che non può trovare una sufficiente compensazione nella somma di Euro 40.000,00 accantonata per far fronte a spese impreviste e nella somma di circa Euro 34.000,00 di utile stimata dalla controinteressata”.
3.1. Nel predetto percorso argomentativo il primo giudice, nel rapportare lo scostamento in parola all’importo di Euro 150.000,00, ha tenuto conto della stima effettuata da Re..
Ma tale stima non può essere confermata, risultando – come lamenta la parte appellante – sproporzionata rispetto all’effettivo numero dei lavoratori da assorbire in virtù della clausola sociale prevista dalla legge di gara, da cui l’erroneità della sentenza impugnata.
3.2. Ai sensi della clausola sociale in parola (art. 17 del Foglio Patti e Condizioni) “l’Aggiudicatario si obbliga prioritariamente all’assunzione del personale delle ditte che svolgevano precedentemente il servizio in appalto, in applicazione delle norme dei contratti collettivi di settore – Comparto Servizi Integrati/Multiservizi”.
Detto contratto collettivo di settore, all’art. 4, dispone che il “cambio appalto” è rivolto ai soli lavoratori regolarmente assunti a tempo indeterminato da almeno 4 mesi, escludendo così dall’applicazione della clausola sociale i lavoratori a tempo determinato, a titolo occasionale o comunque precario.

 

Giudizio di anomalia dell’offerta

Sicchè assume rilievo la circostanza, evidenziata sia dall’appellante che dal Comune di Verona, che gran parte del personale impiegato nel precedente servizio era regolato da rapporti di lavoro precari, a tempo determinato o comunque occasionali, così che solo una minima parte di esso, in quanto assunto a tempo indeterminato, risulta “assorbibile” in virtù della predetta clausola sociale.
E nulla muta considerando che, come afferma l’appellata, le giustificazioni presentate da Ma. Ce. nel corso della verifica di anomalia sembrano ventilare anche l’assunzione (a tempo indeterminato) dei dipendenti precari che svolgevano precedentemente il servizio.
Invero, ancorchè le giustificazioni possano concorrere a decrittare l’offerta presentata in gara, certo è che la stazione appaltante non potrebbe pretendere l’utilizzo di un maggior numero di addetti rispetto a quelli che l’offerente ha indicato come sufficienti per lo svolgimento del servizio (50), novero che, nella specie, alla luce dello specifico contenuto della clausola sociale, è costituito solo in minima parte da personale proveniente dalle precedenti gestioni, e, di converso, per la gran parte, da dipendenti della società aggiudicataria: bene si giustifica quindi l’indicazione da parte sua di un tasso di assenteismo minore di quello indicato dalle tabelle ministeriali, perchè rilevato su propri dati storici, connessi allo svolgimento di servizi nello stesso ambito museale, con la conseguenza che, anche laddove potesse essere rilevata una diseconomia, essa non potrebbe mai raggiungere il livello, incompensabile, considerato dal primo giudice.
Del resto, in termini generali, uno scostamento tra i costi del lavoro stabiliti nelle offerte e quanto indicato nelle tabelle ministeriali è ammissibile, purché adeguatamente giustificato dall’impresa in sede di giudizio di anomalia.
In particolare, per la giurisprudenza, “I valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, perciò l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica” (da ultimo, Cons. Stato, III, 17 gennaio 2020 n. 414).
4. Gli ulteriori motivi di appello, che si rivolgono avverso i capi della sentenza impugnata che hanno accolto varie censure proposte da Re. nei motivi aggiunti, sono parimenti fondati.
4.1. La prima di tali censure attiene agli oneri da sopportare per l’acquisto delle divise.
In particolare Ma. Ce. nelle giustificazioni rese aveva affermato di non dover sopportare al riguardo alcun costo, avendo a disposizione un numero sufficiente di divise che non sono più utilizzate in quanto acquistate per lo svolgimento di appalti ormai cessati.
Sul punto Re. aveva sostenuto l’inconferenza di siffatta giustificazione, evidenziando trattarsi di beni con un periodo di ammortamento di 30 mesi, come stabilito dal d.m. 31 dicembre 1988 per i prodotti tessili, rispetto a un contratto di durata minima di 48 mesi, da cui la necessità di prevedere i costi del rinnovo delle divise, pari a circa Euro 35.000,00, (due divise estive e due invernali di costo pari a Euro 150,00 ciascuna per le 50 le unità di personale considerate nell’offerta di Ma. Ce., oltre i 40 operatori a tempo parziale da destinare ad alcuni servizi).
Il primo giudice ha ritenuto che “la giustificazione presentata, in cui si fa riferimento alla disponibilità delle divise non utilizzate per altri appalti cessati, non tiene conto effettivamente che si tratta di beni soggetti ad ammortamento, e che la durata del contratto eccede tale periodo, con la conseguenza che è verosimile che almeno in parte debbano nel tempo essere sostenuti costi maggiori e non preventivati per l’acquisto di nuove divise”.
Tale conclusione non può essere condivisa.
Sono corretti i rilievi di Ma. Ce. che evidenziano sia che il ragionamento del primo giudice si fonda sul presupposto, come visto erroneo, che tutti i cinquanta addetti da impiegare nell’appalto derivino dal “cambio appalto”, sia che non è stata adeguatamente considerata né la scorta di divise di cui dispone la società in forza degli appalti cessati, né le condizioni di favore di cui essa dispone presso i fornitori, elementi questi esposti nelle giustificazioni e a suo tempo favorevolmente valutati dalla stazione appaltante.
Inoltre non può essere validato neanche il riferimento assoluto, operato dalla sentenza negli esposti termini, al d.m. 31 dicembre 1988, risultando corretta la notazione dell’appellante per cui in nessuna disposizione dello stesso vengono in rilievo le divise utilizzate nella tipologia di affidamento per cui è causa.
4.2. Un’altra censura accolta attiene alla mancata considerazione dei maggiori costi dovuti al compenso spettante al consulente del lavoro.
In particolare Ma. Ce. aveva affermato di non doversi far carico di maggiori costi per la rilevazione delle presenze, già disponendo di un software che ha un costo forfettario fino a 400 addetti, sufficiente a far fronte anche rispetto ai nuovi assunti, mentre Re. ha sostenuto che mancherebbe comunque il calcolo dei costi necessari all’elaborazione dei dati raccolti dal sistema informatico relativi alla produzione dei listini paga, al versamento periodico delle imposte attraverso i modelli F24, alle comunicazioni di attivazione della mutua, alle assunzioni, ai licenziamenti ecc., attività che implicano necessariamente l’apporto di un professionista, da compensarsi, e degli operatori dell’ufficio del personale dedicati all’appalto.
Il primo giudice ha ritenuto che gli oneri relativi alla rilevazione della presenza del personale da assumere “non esauriscono i costi relativi alla gestione del personale, i quali comprendono anche la produzione dei listini paga, il versamento periodico delle imposte, le assunzioni, i licenziamenti e il compenso del personale addetto a tali incombenze e di un consulente del lavoro”.
Sul punto Ma. Ce. lamenta, tra altro, come tale rilievo non abbia considerato che la stazione appaltante avesse validato le spese molto ridotte, se non nulle, in parola, in forza di “economie realizzate nel processo di produzione del servizio reso, fondate sulla propria organizzazione aziendale, dimensionata per un quantitativo globale di lavoratori tale da poter comprendere senza costi ulteriori anche la gestione economica e previdenziale del personale dell’appalto veronese”.
La doglianza è fondata.
La valutazione della stazione appaltante si rivela invero del tutto logica e bene motivata e, in quanto tale, non offre il destro al diverso apprezzamento che vi ha contrapposto il primo giudice, in spregio al principio, ripetuto in giurisprudenza, secondo cui in materia di giudizio di anomalia dell’offerta il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni dell’amministrazione solo sotto il profilo della logicità, ragionevolezza e adeguatezza dell’istruttoria, senza poter tuttavia procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci: il giudizio di anomalia dell’offerta è infatti connotato da ampi margini di discrezionalità e costituisce “espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, di esclusiva pertinenza dell’amministrazione, esulando dalla competenza del giudice amministrativo, il cui sindacato è limitato solo al caso in cui le valutazioni della pubblica amministrazione siano inficiate da macroscopiche illegittimità, quali gravi e plateali errori di valutazione o errori di fatto” (Cons. Stato, IV, 7 agosto 2020, n. 4973; V, 12 marzo 2020, n. 1772), diversamente incorrendosi in una “inammissibile invasione della sfera propria della pubblica amministrazione (Cons. Stato, V, 27 novembre 2020, n. 7444; 23 maggio 2019, n. 6419; 26 novembre 2018, n. 6689; 24 agosto 2018, n. 5047; 17 maggio 2018, n. 2953; 22 dicembre 2014, n. 6231; 18 febbraio 2013, n. 974; 19 novembre 2012, n. 5846; 23 luglio 2012, n. 4206; 11 maggio 2012, n. 2732).
4.3. L’ultima censura accolta di Re. ha riguardato la mancata considerazione dei maggiori costi necessari per la formazione degli addetti, ragguagliati a Euro 79.740,00, a fronte dell’importo di Euro 17.823,23 indicato da Ma. Ce. nei secondi giustificativi.
Re. è pervenuta al predetto maggior importo calcolando il costo per la sicurezza di Euro 150,00 per persona all’anno, moltiplicato per il numero di 50 dipendenti da assumere, a cui ha aggiunto il numero di 40 dipendenti già impiegati, a cui aggiungere altresì i maggiori costi relativi alla partecipazione, obbligatoriamente prevista dalla lex specialis, ai corsi antincendio e di primo soccorso, con la previsione di un compenso per il formatore.
Il primo giudice ha osservato sul punto che fossero sottostimati anche “i costi per i corsi sulla sicurezza, per quelli relativi all’antincendio e al primo soccorso ai quali il personale è tenuto a partecipare secondo quanto stabilito dalla lex specialis. Infatti è sufficiente fare riferimento al costo annuo minimo aziendale per la sicurezza per persona all’anno – indicato dalla stazione appaltante nell’ultima tabella del “Foglio patti e condizioni” e stimato in Euro 150,00 – per constatare che tale importo, moltiplicato per le 50 unità di personale da assumere, comporta un costo Euro 30.000,00, maggiore di quello indicato nelle seconde giustificazioni in Euro 17.823,23, a cui devono essere comunque aggiunti i costi per i corsi antincendio e di primo soccorso a carico dell’aggiudicataria ai sensi dell’art. 2, lett. A, punto 10 del’Foglio patti e condizioni'”.
La conclusione non convince, tenuto conto del fatto che, come esposto da Ma. Ce.:
– nelle prime giustificazioni la società aveva chiarito che la stima dei costi per la formazione ammontava a Euro 8.000,00 all’anno, rappresentando altresì l’esistenza di un apposito “conto formativo aziendale” pari ad Euro 23.722,22;
– il Comune aveva chiesto ulteriori approfonditi chiarimenti, volti a confermare l’effettiva sostenibilità dei costi, indipendentemente dalle risorse del predetto conto formativo;
– la società, nelle seconde giustificazioni, aveva risposto in senso affermativo, confermando che l’offerta presentata sarebbe stata in grado di sostenere l’intera cifra stimabile per la formazione, anche senza accedere alle risorse del conto in parola, e aveva prodotto un “quadro economico del costo delle ore di formazione”, ove figura l’importo di Euro 40.000,00 per la formazione sui quattro anni di servizio (10.000,00 per anno);
– l’importo di Euro 150 stimato per i costi della sicurezza dalle Tabelle ministeriali ricomprende costi quali i dispositivi di protezione individuale (casco, occhialini, guanti, scarpe antinfortunio, paraorecchie, ecc.) che non trovano applicazione per le mansioni e i rischi attinenti al servizio di sorveglianza oggetto dell’appalto;
– l’importo per gli oneri per la sicurezza è dunque nella fattispecie destinata esclusivamente all’informazione e alla formazione sulla sicurezza sul posto del lavoro, per un totale di 8 ore;
– la società, come già evidenziato nelle giustificazioni, dispone a Verona di un nucleo di operatori che, prestando servizio nell’appalto di didattica museale e avendo già svolto servizi di sorveglianza in importanti mostre temporanee svoltesi nelle medesime sedi museali della stazione appaltante, sono già formati sulla sicurezza e sulle procedure di evacuazione e di gestione delle emergenze, con conseguente evidente riduzione dei costi per la formazione sulla sicurezza;
– infine, agli Euro 17.823,23 di costi per la formazione considerati da Re. vanno aggiunti ulteriori Euro 10.000,00 indicati dalla società alla voce “costi aziendali per la sicurezza” e dedicati alla formazione sulla sicurezza.
Sicchè, in definitiva, l’importo di dette due ultime voci, anche prescindendo dal “conto formativo aziendale” derivante da una quota minima versata dall’azienda per ciascun dipendente al fine di costituire un fondo per la formazione continua, non si discosta da quello ritenuto congruo dal primo giudice, se non in minima parte, che bene può formare oggetto di compensazione con altri elementi.
5. Sulla scorta delle osservazioni svolte consegue l’accoglimento dell’appello; ne deriva la carenza di interesse dell’appellante a contestare l’ammissione in gara di Re.. Sicchè le censure che Ma. Ce. dirige avverso la reiezione del suo ricorso incidentale escludente di primo grado pure disposta dalla sentenza impugnata possono pertanto essere assorbite.
La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore
Elena Quadri – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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