Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|6 ottobre 2021| n. 27106.

Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza.

Nella materia condominiale, il diritto al rimborso delle spese sostenute dal singolo condomino per la gestione delle cose comuni ai sensi dell’art. 1134 c.c., a differenza di quanto previsto dall’art. 1100 c.c. nella comunione ordinaria, non insorge in caso di trascuranza degli altri comunisti, ma presuppone il requisito dell’urgenza, intendendo la legge trattare con rigore la possibilità che il singolo possa intervenire nell’amministrazione dei beni in proprietà. (Nella specie la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che su un condominio minimo aveva negato il diritto al rimborso delle spese anticipate per le parti comuni, attesa la carenza del requisito della loro indifferibilità).

Ordinanza|6 ottobre 2021| n. 27106. Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

Data udienza 27 maggio 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Condominio minimo – Applicabilità dell’art. 1134 c.c. – Rimborso delle spese di gestione delle parti comuni sostenute dal partecipante nel caso di urgenza – Compensazione delle spese processuali – Controllo dell’osservanza del principio di soccombenza – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 10288/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 515/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 515/2016 della Corte d’appello di Roma, depositata il 27 gennaio 2016.
(OMISSIS) resiste con controricorso.
2. La Corte d’appello di Roma ha accolto il gravame proposto da (OMISSIS) contro la sentenza resa dal Tribunale di Frosinone il 1 febbraio 2007, rigettando la domanda formulata in via riconvenzionale da (OMISSIS) per conseguire il rimborso della somme da lui versate per la manutenzione ed il miglioramento dell’intero fabbricato sito in via (OMISSIS), il quale comprende soltanto due unita’ immobiliare di rispettiva proprieta’ esclusiva delle parti. I giudici di secondo grado hanno ravvisato nella fattispecie un condominio minimo, con conseguente applicabilita’ dell’articolo 1134 c.c., negando il diritto al rimborso delle spese anticipate per le parti comuni da (OMISSIS), stante la carenza dell’attributo di indifferibilita’ delle stesse, alla stregua delle risultanze della CTU. E’ stata invece confermata la statuizione del Tribunale attinente al diritto di (OMISSIS) di conseguire il rimborso delle spese sostenute per i lavori svolti sulla porzione di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS) ed al diniego dell’ordine di riduzione in pristino delle medesime opere.
3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’articolo 375 c.p.c., comma 2 e articolo 380 bis.1 c.p.c.. Il ricorrente ha presentato memoria.
4. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione degli articoli 1104 e segg. e dell’articolo 1117 c.c. e la “falsa applicazione dell’istituto del condominio” e dell’articolo 1134 c.c., la censura evidenzia come il ricorrente avesse sostenuto ingenti somme per i lavori di manutenzione e di ristrutturazione necessari alla conservazione dell’intero fabbricato, cio’ per l’aspettativa di divenire unico proprietario dello stesso ingenerata dalla madre (OMISSIS) e per l’inerzia della sorella (OMISSIS), di seguito divenuta proprietaria del vano cantina all’insaputa di (OMISSIS).

 

Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e mancata applicazione dell’articolo 2028 c.c., non avendo la Corte d’appello “preso in considerazione l’istituto della gestione d’affari”, essendo (OMISSIS) a conoscenza dell’attivita’ gestoria di (OMISSIS) ed avendo percio’ al riguardo mostrato tolleranza.
4.1. I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente perche’ connessi, denotano plurimi profili di inammissibilita’.
Il ricorrente, pur invocando soltanto la violazione di norme di diritto, sollecita questa Corte a prescegliere diverse qualificazioni giuridiche della fattispecie rispetto a quelle accertate in fatto dalla Corte di Roma, quanto, in particolare, alla qualificazione del contesto proprietario come di semplice comunione e non di condominio. Le prime due censure, ancora, chiedono di valutare circostanze di cui neppur vi e’ menzione nella sentenza impugnata, senza che il ricorrente deduca in quale atto del giudizio di merito avesse allegato tali questioni, come impone l’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Cio’, in particolare, quanto ai presupposti di fatto per la configurabilita’ della “negotiorum gestio”, che non possono accertarsi per la prima volta nel giudizio di cassazione, ovvero l’intenzione di (OMISSIS) di gestire un affare altrui (contraddetta dalla dedotta aspettativa di divenire unico proprietario dell’immobile), la spontaneita’ dell’intervento, l’impossibilita’ di intervenire da parte della comproprietaria interessata, l’alienita’ dell’affare, l’utilita’ dell’inizio della gestione.
Egualmente inammissibile e’ l’invocazione di una diversa valutazione delle risultanze probatorie, la quale non e’ nemmeno riferibile al parametro di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.
Va poi osservato che il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in ordine all’applicabilita’ dell’articolo 1134 c.c., in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, e l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilita’ ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1 (Cass. Sez. U., 21/03/2017, n. 7155).

 

Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

La censura non si contrappone con specificita’, agli effetti dell’articolo 366, comma 1, n. 4, alla ratio decidendi della sentenza della Corte d’appello, la quale ha argomentato l’applicazione, nel caso di specie, dell’articolo 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la L. n. 220 del 2012). Questa Corte ha del resto costantemente spiegato come non occorra, ai fini della costituzione del condominio, una manifestazione di volonta’ dei partecipanti diretta a produrre l’effetto dell’applicazione degli articoli 1117 c.c. e segg.. La situazione di condominio edilizio si ha per costituita nel momento stesso in cui l’originario unico proprietario opera il frazionamento della proprieta’ di un edificio, trasferendo una o alcune unita’ immobiliari ad altri soggetti, e cosi’ determinando la presunzione legale di cui all’articolo 1117 c.c., con riguardo alle parti del fabbricato che, per ubicazione e struttura, siano – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali (cfr., tra le tante, Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766). Costituitosi, pertanto, da tale momento ex facto il condominio, si applica la relativa disciplina codicistica, ivi compreso l’articolo 1134 c.c., il quale, a differenza dell’articolo 1110 c.c., che opera in materia di comunione ordinaria, regola il rimborso delle spese di gestione delle parti comuni sostenute dal partecipante non alla mera trascuranza o tolleranza degli altri comunisti (come ipotizza il ricorrente), quanto al diverso e piu’ stringente presupposto dell’urgenza, intendendo la legge trattare nel condominio con maggior rigore la possibilita’ che il singolo possa interferire nell’amministrazione dei beni in comproprieta’.

 

Rimborso delle spese di gestione nel caso di urgenza

Ne discende che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorieta’ tra i beni comuni e le proprieta’ individuali, situazione che si riscontra anche nel caso di condominio minimo, cioe’ di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi e’ rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’articolo 1134 c.c. (cosi’ Cass. Sez. U, 31/01/2006, n. 2046; Cass. Sez. 2, 12/10/2011, n. 21015; Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759). Tale requisito dell’urgenza (neppure prospettato dal ricorrente a sostegno della sua pretesa) condiziona il diritto al rimborso del condomino gestore, il quale deva darne prova, e si spiega come dimostrazione che le spese anticipate dal singolo fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a se’, a terzi od alla cosa comune, e dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilita’ di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. Sez. 6-2, 08/06/2017, n. 14326). Nulla e’ invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (articolo 1110 c.c.). Cio’ vale anche per i condomini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimita’ decide validamente. Se non si raggiunge l’unanimita’ e non si decide, poiche’ la maggioranza non puo’ formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all’autorita’ giudiziaria, come previsto dagli articoli 1139 e 1105 c.c. (Cass. Sez. 2, 16/04/2018, n. 9280; Cass. Sez. 2, 12/10/2011, n. 21015; Cass. Sez. U., 31/01/2006, n. 2046).
La stessa gestione di affari, inammissibilmente invocata dal ricorrente, supporrebbe la prova della paralisi di attivita’ da parte dell’assemblea condominiale, organo cui spetta la competenza di compiere l’atto di manutenzione che viene in considerazione (Cass. Sez. 3, 15/10/1963, n. 2757).
5. Il terzo motivo di ricorso di (OMISSIS) deduce la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c. e del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014. La Corte d’appello, all’esito del parziale accoglimento del gravame, ha dunque respinto la domanda di (OMISSIS) volta al rimborso della somme da lui versate per la manutenzione dell’intero immobile, e lasciato ferma per il resto la sentenza di primo grado in ordine alla domanda di rivendica e restituzione della propria porzione del fabbricato formulata da (OMISSIS) ed alla domanda di (OMISSIS) per il rimborso delle spese relative ai lavori svolti sulla porzione di proprieta’ esclusiva di (OMISSIS). Le spese processuali sono state regolate compensando per un terzo le stesse e condannando (OMISSIS) a rimborsare la frazione residua a (OMISSIS), liquidata in Euro 4.916,00 per il giudizio di primo grado ed in Euro 4.507,00 per il giudizio di appello.
Il terzo motivo di ricorso lamenta la mancata compensazione delle spese, avendo la sentenza impugnata condannato alle spese (OMISSIS), benche’ vittorioso per il parziale accoglimento della propria riconvenzionale. E’ inoltre dedotta la mancata applicazione del valori medi dei compensi di cui alle tabelle, ex articolo Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa compreso nello scaglione tra Euro 5.200 ed Euro 26.000 dichiarato da (OMISSIS) nell’atto di appello.
5.1. Il terzo motivo di ricorso va respinto.
5.2. Quanto alla doglianza sulla mancata compensazione, essa e’ del tutto priva di fondamento, in quanto, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non puo’ essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione e’, dunque, limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunita’ di compensare in tutto o in parte le spese di lite nell’ipotesi di soccombenza reciproca (cfr. Cass. Sez. 3, 11/01/2008, n. 406; Cass. Sez. 1, 04/08/2017, n. 19613).
D’altro, canto, per costante orientamento di questa Corte, la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca o parziale e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimita’, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalita’ fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (tra le tante, Cass. Sez. 2, 31/01/2014, n. 2149; Cass. Sez. 3, 11/01/2008, n. 406).
Non e’ dunque sindacabile in sede di legittimita’ la statuizione della sentenza d’appello che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, provveda all’accoglimento parziale delle reciproche domande proposte in via principale e riconvenzionale, articolate in piu’ capi, dei quali alcuni accolti ed altri rigettati, e, nello statuire nuovamente sulle spese, provveda alla liquidazione di entrambi i gradi di giudizio considerando la sussistenza di una situazione di soccombenza reciproca e percio’ compensando parzialmente tra le parti delle spese processuali.
5.3. E’ poi inammissibile il terzo motivo nella parte in cui il ricorrente deduce l’eccessivita’ delle spese liquidate in favore della controparte sulla base di una errata determinazione del valore della controversia, rilevante ai fini dello scaglione applicabile, il che comporta altresi’ l’erroneita’ dei parametri tariffari individuati nella censura come base di calcolo. Il motivo individua il valore della causa come compreso nello scaglione tra Euro 5.200 ed Euro 26.000, traendone argomento dalla dichiarazione fatta da (OMISSIS) nell’atto di appello. Sennonche’, e’ noto come l’indicazione del valore della causa riportata in calce all’atto introduttivo ai fini della determinazione del contributo unificato dovuto per legge ha finalita’ esclusivamente fiscale e non puo’ spiegare alcun effetto agli effetti della determinazione del valore della controversia (cfr. Cass. Sez. 2, 20/12/2007, n. 26988). Piuttosto, il valore delle cause relative a beni immobili (fra le quali quella di rivendica, come e’ stata qualificata la domanda proposta in primo grado da (OMISSIS)) si determina sulla base del reddito dominicale o della rendita catastale della “res” (da moltiplicare secondo i parametri di cui all’articolo 15 c.p.c.), con la conseguenza che, in assenza sia dell’uno che dell’altra, il giudice deve attenersi alle risultanze degli atti e, non emergendo da essi concreti ed attendibili elementi per la stima, ritenere la causa di valore indeterminabile. Ove trovassero applicazione, quindi, i compensi stabiliti per le cause di valore compreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00, la liquidazione effettuata dalla Corte d’appello di Roma sarebbe del tutto conforme ai valori medi fissati nella tabella del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis.
D’altro canto, trattandosi di liquidazione delle spese processuali successiva al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, neppure sussiste, come assume il ricorrente, un vincolo normativo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione.
5.4. Il ricorso va percio’ rigettato ed il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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