Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|9 settembre 2021| n. 33497.

In tema di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, assume valenza decettiva la condotta del responsabile di una società concessionaria di più emittenti radio-televisive che, al fine di ottenere le agevolazioni finanziarie previste dalla legge 23 dicembre 1998, n. 448, e dal decreto ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, contravvenendo all’obbligo di separazione contabile in relazione a ciascuna emittente, attesti falsamente la riferibilità di taluni dati essenziali dell’attività d’impresa ad un’emittente anziché all’effettiva (nella specie, il fatturato medio ed il numero dei dipendenti), atteso che la mancata osservanza del suddetto obbligo impedisce l’espletamento dei controlli da parte delle autorità preposte a verificare i requisiti di ogni singola emittente richiedente i contributi.

Sentenza|9 settembre 2021| n. 33497. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Data udienza 28 maggio 2021

Integrale

Tag – parola: Contributi – Emittenti televisive – Medesimo palinsesto – Operatività nella stessa regione – Contributi statali riferiti alle emittenti e non alla società editrice

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGO Geppino – Presidente
Dott. MANTOVANO Alfredo – rel. Consigliere

Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. MONACO Marco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS) SRL;
avverso la sentenza del 04/12/2020 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. MANTOVANO ALFREDO, in giudizio con contraddittorio scritto ai sensi del Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, comma 8.

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

RITENUTO IN FATTO

1. La CORTE APPELLO di BOLOGNA, con sentenza in data 4/12/2020-dep. 17/12/2020, riformava la sentenza in data 8/02/2019 con la quale il TRIBUNALE di PARMA in composizione monocratica:
a) aveva condannato (OMISSIS) a pena di giustizia per i reati, riuniti per continuazione e senza il riconoscimento delle attenuanti generiche, di truffa continuata e aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (capo a) limitatamente alle condotte illecite poste in essere per i bandi di cui agli anni 2010- 2011- 2012 e 2013, e di falso continuato e aggravato (capo b) limitatamente alle condotte illecite poste in essere per i bandi di cui agli anni 2011- 2012 e 2013;
l)) aveva dichiarato non doversi procedere a carico di (OMISSIS) per i reati contestati sub a e b relativamente ai bandi di cui agli anni 2008, 2009 e – quanto alla condotta di falso – anche per il 2010, perche’ estinti per prescrizione;
c) aveva dichiarato (OMISSIS) spa (divenuto srl) responsabile dell’illecito amministrativo di cui al capo c, limitatamente alle condotte illecite poste in essere per i bandi di cui gli anni 2009- 2010- 2011- 2012 e 2013 e, con l’attenuante di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 12 comma 2, lettera b, e lo aveva condannato al pagamento della sanzione pecuniaria di 60.200 Euro;
d) aveva dichiarato non doversi procedere a carico di (OMISSIS) riguardo al medesimo illecito amministrativo per le condotte di cui ai bandi all’anno 2008 perche’ estinto per prescrizione;
e) aveva confiscato quanto sottoposto a sequestro in misura pari a 385.975,77, in quanto profitto di reato.
In riforma di tale decisione, la CORTE territoriale dichiarava non doversi procedere a carico di (OMISSIS) per il reato contestato sub a relativamente al bando di cui all’anno 2011 e al reato contestato sub b per i bandi di cui agli anni 2011 e 2012, perche’ estinti per prescrizione. Rideterminava la pena, riducendola e confermava nel resto la sentenza di primo grado.
2. La condotta contestata a (OMISSIS) con riferimento alla truffa sub a era consistita nell’avere, quale amministratore unico della (OMISSIS) spa (poi divenuta srl), indotto in errore il Ministero dello Sviluppo Economico e il CORECOM dell’Emilia Romagna sulla sussistenza dei requisiti per ottenere agevolazioni finanziarie relative ai bandi emessi dal 2008 al 2013 ai sensi della L. n. 448 del 1998, articolo 45, comma 3 e Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, e di avere cosi’ procurato a se’ l’ingiusto profitto di contributi per il sostegno delle emittenti locali in misura superiore a quello spettante, per un importo pari a Euro 678.612,46, e comunque non maggiore di 790.439,09 Euro (reato commesso a PARMA dal 7/05/2008 al 17/12/2013), peraltro in violazione della disposizione di cui al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 8, comma 1, dalla quale deriva la revoca dei contributi ottenuti in caso di dichiarazioni mendaci e di false attestazioni. Quanto al falso sub b, (OMISSIS) e’ stato condannato per avere, nella medesima qualifica e con le stesse modalita’ operative, redatto e inoltrato plurime domande di accesso ai contributi, con indicazioni mendaci sui requisiti prescritti.

 

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A (OMISSIS) spa era contestato il reato di cui all’articolo 24, comma 1 e 2, in relazione al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 5 e 6, perche’ non aveva adottato e non aveva attuato, prima della commissione dei fatti sub a, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati quali quelli commessi da (OMISSIS), amministratore unico della societa’.
3. Propongono distinti ricorsi per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, (OMISSIS) e (OMISSIS) srl (OMISSIS) deduce i seguenti motivi:
– come primo, la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) con riferimento alla interpretazione del Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, della L. n. 448 del 1998 e del Decreto Legislativo n. 177 del 2005. Premesso che l’illecito penale per il quale l’imputato ha riportato condanna consiste nella violazione della normativa extrapenale che fa da presupposto all’imputazione, la tesi difensiva e’ che (OMISSIS), societa’ titolare delle emittenti (OMISSIS) e (OMISSIS), operanti sul medesimo bacino di utenza e in modalita’ analogica, non era sottoposta all’epoca dei fatti all’obbligo di separazione contabile fra le due emittenti: per questo le indicazioni sul fatturato erano state fornite al CORECOM seguendo anziche’ il criterio della diretta riferibilita’ dei costi e dei ricavi a ciascuna di esse, quello della estensione, della forza e della qualita’ del segnale tv; l’altro criterio era di difficile applicazione, poiche’ la programmazione dei due canali tv era quasi per intero sovrapponibile, mentre il criterio delle caratteristiche del segnale rifletteva la maggiore capacita’ diffusiva dei contenuti, soprattutto di pubblicita’, da cui dipendevano le entrate della societa’ editrice. Identico discorso vale per i lavoratori impiegati, il cui rapporto intercorreva soltanto con (OMISSIS), e operavano indifferentemente per l’una o per l’altra delle emittenti. Sarebbe pertanto errato il criterio seguito dalla CORTE territoriale di desumere il criterio della quota parte dal Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 4, poiche’ in tal modo si va oltre l’analogia: si e’ infatti in presenza di due emittenti che si trovano nella stessa regione, non di un’unica emittente operante in piu’ regioni, qual e’ il caso dell’articolo 4. Peraltro tale disposizione non indica i criteri da adottare per ripartire le quote, ne’ prescrive un regime di separazione contabile; e quando il Collegio di appello sostiene che il termine “societa’”, alla stregua dei lavori preparatori, va inteso come “emittente tv richiedente il contributo”, si tratta di un balzo ermeneutico che bypasserebbe la volonta’ del Legislatore. Anche dai lavori preparatori emergerebbe che per l’articolo 3 vale l’obbligo di separazione contabile fra attivita’ televisive e non televisive, non invece fra attivita’ televisiva eventualmente esercitata da una stessa societa’ tramite diverse emittenti. Poiche’ il Decreto Ministeriale in questione si rivolge alle emittenti tv locali titolari di concessione, l’uso del termine “societa’” si riferisce all’ente giuridico titolare della concessione, non al canale tv per il quale sono richiesti i contributi, e quindi nella specie a (OMISSIS), le cui concessioni risalgono al 1994. Il Decreto Legislativo n. 177 del 2005, articolo 2 – il testo unico dei servizi dei media audiovisivi – identifica quali destinatari della disciplina non le emittenti tv, bensi’ le societa’ fornitrici di media audiovisivi: per questo il parere reso l’11/07/2007 dal MISE al CORECOM Calabria aveva affermato, in un passaggio non riportato in motivazione, che l’obbligo della separazione contabile di cui al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 3 sussiste ogni qual volta l’attivita’ da cui consegue fatturato configuri una tipologia di produzione di servizi diversi da quelli attinenti all’attivita’ televisiva, o sia riferibile a una attivita’ produttiva incardinata in un ramo di azienda con autonoma soggettivita’ giuridica; e le due emittenti gestite da (OMISSIS) erano prive di personalita’ giuridica.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

In senso contrario non rileverebbe la decisione del Consiglio di Stato del 17/05/2011 richiamata in sentenza, che non aveva spiegato se nella fattispecie oggetto di quel giudizio amministrativo l’editore svolgesse piu’ attivita’, televisive e non, o la sola attivita’ televisiva, e se le svolgesse con modalita’ analogiche o digitali. Sarebbe egualmente errato ripartire il personale dipendente da (OMISSIS) fra le due emittenti, alla stregua della circolare MISE 11/03/2014, che invece al punto 4 aveva preso atto che, in mancanza di una specifica attribuzione da parte degli enti previdenziali, andava accettata la suddivisione discrezionale del titolare dell’impresa; e alla stregua della delibera del CORECOM dell’Emilia Romagna n. 43/2014, che aveva affermato che per un soggetto che detenga il controllo di due o piu’ emittenti televisive, e per ciascuna presenti una domanda di contributo, la misura minima del personale vada riferita al soggetto giuridico proprietario nel suo complesso, non gia’ alle singole emittenti che controlla. Contesta altresi’ l’affermazione della sentenza della CORTE di APPELLO secondo cui, quand’anche l’editore avesse discrezionalita’ nel ripartire fra le due emittenti il fatturato e i dipendenti, la discrezionalita’ avrebbe dovuto comunque attenersi alle risultanze del bilancio, poiche’ una dichiarazione discrezionale e’ per definizione inidonea ad attestare l’esistenza di un fatto, e quindi non puo’ essere qualificata falsa;
come secondo, la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e lettera e) con riferimento ai due reati per i quali e’ stata pronunciata condanna, per motivazione illogica circa la equiparazione fra la violazione della norma regolamentare e la condotta sanzionata ai sensi degli articolo 640 bis e 483 c.p.. Una condotta in virtu’ della quale (OMISSIS): a) ha sempre indicato per (OMISSIS) la quota di fatturato in 50.000 Euro quale quota massima attribuibile in ragione della sua capacita’ diffusiva; b) nelle dichiarazioni per gli anni 2011, 2012 e 2013 ha comunicato che la ripartizione del fatturato e dei dipendenti corrispondeva a una valutazione discrezionale; c) le dichiarazioni sono state sempre accompagnate da documentazione con dati veri, in primis nel libro matricola. Non si sarebbe realizzato pertanto alcun comportamento inquadrabile come truffa o come falso, avendo (OMISSIS) dichiarato che le ripartizioni erano l’esito di una scelta discrezionale;
– come terzo, la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e lettera e) per erronea applicazione dell’articolo 5 c.p. e articolo 47 c.p., comma 3.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Nella specie potrebbe al piu’ ipotizzarsi un errore sulla legge extrapenale, non penalmente rilevante poiche’ non richiamata ne’ in modo espresso, ne’ per implicito, da elementi normativi del precetto penale. Si tratta pertanto non gia’ di un errore ai sensi dell’articolo 5 c.p., bensi’ ai sensi dell’articolo 47 c.p., comma 3, e quindi di un errore di fatto a tutti gli effetti. La CORTE territoriale non avrebbe motivato sul dolo: significativo a tal fine e’ l’aver ritenuto la responsabilita’ di (OMISSIS) anche quanto ai contributi richiesto per l’anno 2011, in ordine ai quali egli ne aveva ottenuti in quantita’ inferiore a quelli dovuti. Al contrario, i bandi per la partecipazione alle procedure di assegnazione dei contributi emanati nel periodo 2009-2013, oltre a non contenere alcuna specifica prescrizione sulle domande da presentare per due emittenti appartenenti a un identico soggetto giuridico che svolgesse attivita’ in ambito locale e in un unico bacino di utenza, non avevano riportavato indicazioni sulla modalita’ di applicazione del principio di separazione contabile fra le emittenti a cio’ tenute, e peraltro per anni il Corecom dell’Emilia Romagna non ha mai fatto pervenire notazioni sui contenuti dichiarativi delle domande. La difesa sostiene essere tautologica l’argomentazione della CORTE di APPELLO, secondo cui la quantita’ di circolari ministeriali e di note interpretative, unitamente alla pronuncia prima menzionata del Consiglio di Stato, renderebbero inverosimile che l’imputato non avesse compreso quali fossero i requisiti di partecipazione al bando: proprio tale argomentazione segnala in termini oggettivi un quadro normativo non chiaro;
come quarto, la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e lettera e) quanto alla sussistenza del reato con riferimento al bando 2011. Pur essendo intervenuta declaratoria di improcedibilita’ perche’ il reato e’ estinto per prescrizione, la difesa sollecita una assoluzione piena, poiche’ non condivide la tesi che le dichiarazioni mendaci attinenti alla partecipazione al bando fanno considerare illecito l’intero contributo corrisposto, e richiama un precedente in tal senso di questa sezione (sentenza 15/09/2015 n. 49956).

 

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Peraltro la revoca o la mancata erogazione del contributo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 8 integra una sanzione amministrativa, non un inesistente profitto ingiusto da truffa;
– come quinto, la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e lettera e) quanto al diniego delle attenuanti generiche e alla determinazione della pena base per i reati in continuazione. Sul primo la difesa contesta i parametri decisionali consistiti nella non ammissione degli addebiti, che non puo’ essere valutato in senso sfavorevole, e nel rilievo del danno cagionato, il cui bilanciamento trova sede nei criteri di cui all’articolo 133 c.p.. Sul secondo, censura l’assenza di motivazione in ordine ai criteri seguiti per determinare la pena base su cui e’ stata poi calcolata la continuazione.
4. (OMISSIS) srl, in persona del legale rappresentante, deduce i seguenti motivi:
– come primo, l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 640 bis c.p., in relazione al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 3, della L. n. 448 del 1998 e del Decreto Legislativo n. 177 del 2005. E’ corrispondente e sovrapponibile al primo motivo dedotto da (OMISSIS);
– come secondo, l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’articolo 43 c.p. e articolo 47 c.p., comma 3. E’ corrispondente e sovrapponibile al terzo motivo dedotto da (OMISSIS) e, con riferimento all’illecito penale contestato per il bando di cui al 2011, corrisponde al quarto motivo dedotto da (OMISSIS);
come terzo, riprende il primo motivo di entrambi i ricorsi quanto al ritenuto obbligo di separazione contabile fra le emittenti e alla insussistenza di poteri discrezionali nella ripartizione di fatturato e dipendenti, in sede di presentazione delle domande di accesso ai contributi, fra le due emittenti facenti capo alla societa’ (OMISSIS). Poiche’ e’ sull’inadempimento di tale obbligo che si fonda la sentenza di condanna, il ricorrente insiste sulla circostanza che tale obbligo non e’ in concreto configurabile, alla stregua: della relazione illustrativa al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, che all’articolo 3, secondo cui la separazione contabile sarebbe solo fra attivita’ televisive e attivita’ non televisive, qualora gestite da una stessa societa’, dei lavori preparatori dello stesso Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, del parere reso l’11/07/2007 al Corecom Calabria dal MISE, secondo cui l’obbligo della separazione contabile vi e’ nei casi in cui l’attivita’, da cui consegue un fatturato, configuri una tipologia di produzione di servizi diversi da quelli relativi all’attivita’ televisiva, ovvero sia riferibile a un’attivita’ produttiva incardinata in un ramo di azienda con autonoma soggettivita’ giuridica e fiscale. Ad avviso della difesa, la CORTE di APPELLO avrebbe letto in modo contorto il Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 3, ritenendolo riferito alla singola emittente televisiva richiedente, e non ai gestori di piu’ attivita’ che chiedono l’accesso ai contributi, pur avendo riconosciuto che anche il MISE ha confermato, con circolare dell’11/03/2014, l’ipotesi di un’impresa che presentasse domanda per due o piu’ emittenti televisive, e poi ripartisse discrezionalmente i dipendenti e il fatturato fra le diverse emittenti.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

La tesi del Collegio di secondo grado, che da cio’ desume che il soggetto richiedente debba effettuare la ripartizione, costituirebbe secondo il ricorrente un vizio di motivazione, perche’ nega discrezionalita’ a (OMISSIS) e a (OMISSIS), ritenendo che costoro abbiano realizzato un arbitrio; la circostanza, valorizzata dalla CORTE, per la quale – a fronte della richiesta del Corecom – (OMISSIS) aveva inviato la dichiarazione del 21/03/2011, con questo mostrando piena consapevolezza dell’esistenza dell’obbligo di separazione contabile, e pero’ dando a essa un contenuto falso, non corrisponderebbe alla realta’, perche’ oggetto della dichiarazione era la separazione non gia’ fra le attivita’ delle emittenti, bensi’ fra attivita’ televisive e attivita’ non televisive. Peraltro, a fronte di tale dichiarazione, Corecom non aveva replicato nulla, a conferma che (OMISSIS) aveva ben operato;
– come quarto, l’inosservanza e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 5, in ordine alla responsabilita’ da illecito amministrativo di (OMISSIS) s.p.a., relativamente al bando 2011, corrispondente al quarto motivo proposto da (OMISSIS). Pur volendo ammettere la responsabilita’ di (OMISSIS) per il delitto contestato di truffa aggravata, e’ certo che per il bando 2011 la societa’ aveva percepito un contributo complessivo inferiore a quello che le sarebbe spettato: concordando con tale dato oggettivo, la CORTE territoriale ha pero’ sostenuto che l’intero contributo per il 2011 dovesse considerarsi ingiusto profitto. Ma tale esito mai potrebbe valere per la societa’, poiche’ la responsabilita’ di essa sarebbe correlata a un interesse o a un vantaggio, che nella specie non sussistono;
– come quinto, l’inosservanza e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 22, in relazione all’articolo 640 bis c.p. e Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 24, nella misura in cui la sentenza della CORTE bolognese ritiene non maturata la prescrizione della sanzione amministrativa quanto al bando 2009, poiche’ ha collocato la consumazione del reato presupposto alla data di erogazione del contributo, anziche’ alla data di presentazione della domanda di accesso al contributo: tale postdatazione significa spostare sine die il momento finale di consumazione del reato, facendo dipendere la decorrenza del termine di prescrizione non gia’ dall’autore del reato ma dalla persona offesa.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Nell’imputazione di truffa la commissione del reato presupposto sul bando 2009 e’ collocata alla domanda di accesso ai contributi, depositata il 30/06/2009, alla dichiarazione sul fatturato triennale conseguito dall’emittente, presentata il 2/07/2009, alla dichiarazione sull’impiego dei dipendenti all’interno delle emittenti, presentata il 1/07/2009 per entrambe le emittenti, si’ che il termine di prescrizione della sanzione amministrativa va collocato fra il giugno e il luglio 2014;
– come sesto, l’inosservanza e l’erronea applicazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 9, comma 1 in relazione al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 8, comma 1. Il principio di specialita’ avrebbe imposto di applicare il solo provvedimento di revoca del contributo, mentre la CORTE ha sostenuto che il quid pluris della norma penale e’ costituito dall’induzione in errore e dall’ingiusto profitto. Secondo la difesa, tale conclusione e’ erronea, perche’ il concorso apparente presuppone un’area comune sovrapponibile fra le condotte descritte nelle norme concorrenti, e nella specie essa sussisterebbe;
– come settimo, l’inosservanza e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articoli 11, 12 e 21, quanto alla applicazione del trattamento sanzionatorio. La sanzione pecuniaria e’ stata infatti parametrata sul presupposto che (OMISSIS) vada ritenuta responsabile per i bandi relativi alle annualita’ dal 2009 al 2013, quando invece andavano espunte quanto meno le annualita’ 2009 e 2011, con congrua riduzione della sanzione. L’osservazione della CORTE territoriale, secondo cui l’aumento ai sensi dell’articolo 21 sarebbe stato assai modesto, appena il 10% della sanzione, rende ancora piu’ apodittica la risposta a questa contestazione, gia’ formulata in appello. La somma sottoposta a sequestro e’ stata quantificata in 678.612,46 Euro, con ordinanza del TRIBUNALE di PARMA quale Giudice del riesame, che l’ha valutata nel suo ammontare massimo, e con riferimento a tutti i bandi contestati, si’ che avrebbe dovuto essere ridotta dalla meta’ ai due terzi, come previsto dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 12, comma 3, e non soltanto di un terzo;
– come ottavo, l’inosservanza e l’erronea applicazione degli articoli 322 ter e 640 quater in relazione all’articolo 640 bis c.p. e del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 19, quanto alla applicazione della misura ablatoria alla sola (OMISSIS) e non anche nei confronti di (OMISSIS), e in ordine al quantum della confisca applicata, se non altro per via della prescrizione della sanzione amministrativa per il bando 2009, erroneamente non disposta dal Collegio di appello.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Con conclusioni scritte il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. chiede l’inammissibilita’ dei ricorsi, e osserva che essi ripropongono rilievi gia’ prospettati in appello: la CORTE territoriale li ha confutanti, alla stregua di un’interpretazione delle numerose circolari ministeriali e delle note interpretative del Corecom, e di una decisione del Consiglio di Stato, che evidenziava che sia la lettera del Regolamento ( Decreto Ministeriale n. 292 del 2004) che lo spirito complessivo del sistema agevolativo imponevano la separazione contabile nelle ipotesi in cui la stessa impresa fosse proprietaria di emittenti locali distinte (cfr. pg. 13). Nella pronuncia impugnata e’ stato evidenziato che (OMISSIS) fu invitato dal Corecom Emilia Romagna a integrare i documenti prodotti mediante dichiarazione attestante il regime di separazione contabile delle due emittenti televisive richiedenti i contributi, con la precisazione che tale regime doveva essere rispettato per tutte le attivita’, televisive e non, e il ricorrente a cio’ provvide con dichiarazione inviata il 21/03/2011. Tale dichiarazione, falsa in quanto e’ certa la mancanza di una separazione contabile in relazione a ciascuna delle emittenti televisive di cui la soc. (OMISSIS) era proprietaria, contraddice la principale deduzione difensiva secondo cui dalla normativa non era desumibile l’esigibilita’ di tale regime.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Prima della disamina nel dettaglio dei motivi dei ricorsi fin qui riassunti, va premesso in fatto, sulla scorta di quanto gia’ emerso, che (OMISSIS) spa (poi divenuta srl) era titolare di due concessioni per la radiodiffusione televisiva, e che (OMISSIS), nella qualita’ di amministratore unico della anzidetta societa’, a sua volta proprietaria delle due emittenti tv (OMISSIS) e (OMISSIS), aveva inoltrava al CORECOM dell’Emilia-Romagna richiesta di accesso ai benefici per entrambe negli anni dal 2008 al 2013. A tal fine aveva allegato alle domande dichiarazioni sostitutive di atto notorio, attestanti – per ciascuno degli anni in questione – per (OMISSIS) un fatturato medio di Euro 50.000 e numero di dipendenti mai superiore a sei, e per (OMISSIS) fatturati oscillanti tra 2.149.829 e 1.028.990 Euro, e un numero di dipendenti fra i 37 e i 23.
Le indagini svolte avevano permesso di accertare che tali attestazioni non corrispondevano alla realta’: la documentazione contabile acquisita da (OMISSIS) spa, le buste paga rintracciate e le dichiarazioni di taluni dipendenti avevano fatto emergere che, contrariamente al contenuto delle richieste di erogazione del contributo, (OMISSIS) era emittente di consistenza notevolmente inferiore rispetto a (OMISSIS), poiche’ aveva un minor numero di dipendenti e un fatturato piu’ ridotto. La valutazione del reale fatturato e del numero di effettivi dipendenti di ciascuna emittente aveva condotto a risultati differenti quanto al punteggio conseguito per ottenere il contributo erogato dal MISE: il quadro del raffronto fra il punteggio raggiunto in base ai dati attestati da (OMISSIS) e quello derivante dal calcolo effettuato dal perito e’ riportato analiticamente nelle tabelle 1 e 2 ai fg. 2 e 3 della sentenza della CORTE felsinea.
2. Come si e’ visto, il primo motivo del ricorso proposto da (OMISSIS), corrispondente al primo motivo del ricorso di (OMISSIS) spa, e in qualche modo anche al terzo della stessa societa’, censura l’errata interpretazione del Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, della L. n. 448 del 1998 e del Decreto Legislativo n. 177 del 2005, e con essa la carenza e l’illogicita’ della motivazione sui passaggi argomentativi di volta in volta indicati, che conducono alla ricostruzione della portata degli obblighi dichiarativi gravanti sull’imputato.
2.1. In particolare, quanto all’obbligo della separazione contabile, il primo profilo di contestazione riguarda lâEuroËœesegesi, che per il ricorrente la CORTE territoriale avrebbe operato in modo erroneo, del Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, riguardante l’obbligo della separazione contabile. La tesi difensiva e’ che l’articolo 4 in realta’ disciplina il diverso caso in cui una medesima emittente locale trasmetta nel territorio di due o piu’ regioni o province autonome: nel caso di specie, invece, si e’ in presenza di due emittenti operanti nella stessa regione. L’articolo 4 non indicherebbe i criteri da adottare nella ripartizione delle quote, ne’ prescriverebbe il regime di separazione contabile, cosi’ che nulla impedirebbe a un’emittente di frazionare fatturato e dipendenti in base alla diffusivita’ del segnale in ciascuna delle regioni su cui opera.
Nell’ottica difensiva, i lavori preparatori del Decreto Ministeriale cit. chiarirebbero che l’articolo 3 Decreto Ministeriale dispone l’obbligo di separazione contabile tra attivita’ televisive e non televisive, non tra attivita’ televisive eventualmente esercitate da una stessa societa’ tramite diverse emittenti. L’articolo 1 riguarderebbe non gia’ le emittenti televisive senza ulteriore specificazione, bensi’ le emittenti tv locali titolari di concessione: la titolarita’ della concessione individuerebbe prima e meglio dell’ambiguo termine âEuroËœemittente’ i destinatari del provvedimento. Ne consegue che il termine “societa’” nel Decreto Ministeriale si riferirebbe all’ente giuridico titolare della concessione, non al canale televisivo per il quale sono stati richiesti i contributi, e nella specie il soggetto titolare della cogestione era (OMISSIS).

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Il Collegio d’appello avrebbe poi trascurato che per il Decreto Legislativo n. 177 del 2005, a differenza di quel che sostiene la sentenza oggetto del ricorso, i soggetti destinatari della disciplina non possono essere le emittenti televisive intese come “le concessioni” o i “canali televisivi”, ma soltanto le societa’ fornitrici dei servizi di media audiovisivi; cio’ deriverebbe dall’articolo 2 e dal parere rilasciato dal MISE l’11 luglio 2007 al CORECOM Calabria, che in un passaggio afferma quanto segue: “l’obbligo della separazione contabile di cui al richiamato articolo tre del regolamento sussiste in tutti i casi in cui l’attivita’ da cui consegue un fatturato configuri una tipologia di produzione di servizi diversi da quelli relativi all’attivita’ televisiva ovvero sia riferibile all’attivita’ produttiva che pur facendo capo ad un medesimo soggetto sia pure di carattere televisivo sia incardinata in un ramo d’azienda dotato di un’autonoma soggettivita’ giuridica e fiscale con distinte partite Iva”. Soccorrerebbe anche l’articolo 5, comma 1, che escluderebbe con evidenza l’obbligo di separazione contabile per societa’ come (OMISSIS), operative soltanto in ambito locale su frequenze terrestri.
2.2. Quanto ai criteri di ripartizione del personale dipendente tra le due emittenti televisive, ad avviso della difesa la CORTE d’appello non avrebbe superato il disposto letterale della circolare MISE dell’11 Marzo 2014 e della Delib. CORECOM Emilia-Romagna del 10 novembre 2014.
2.3. Quanto all’esercizio della discrezionalita’, la censura difensiva riguarda la parte della sentenza impugnata nella quale la CORTE bolognese aveva sostenuto che, pur se l’editore avesse avuto discrezionalita’ nel ripartire tra le due emittenti il fatturato e i dipendenti, avrebbe comunque dovuto riferirsi alle risultanze del bilancio e del libro unico del lavoro: tale conclusione sarebbe contraddittoria perche’ una dichiarazione discrezionale per definizione non attesta l’esistenza o l’inesistenza di un fatto, e quindi non puo’ essere qualificata come falsa.

 

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3. Dunque, la censura sub 2.1., sull’interpretazione della normativa che prevede le modalita’ di erogazione dei benefici contributivi, contesta quella operata dalla CORTE territoriale. La premessa, in tal caso in diritto, muove dall’articolo 45 della Legge di bilancio n. 448/1998, e dal regolamento emanato in conformita’, secondo cui “Nell’ambito delle misure di sostegno all’emittenza previste dal Decreto Legge 27 agosto 1993, n. 323, articolo 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 ottobre 1993, n. 422, ed anche al fine di incentivare l’adeguamento degli impianti in base al piano nazionale di assegnazione delle frequenze per la radiodiffusione televisiva approvato dall’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni il 30 ottobre 1998, e’ stanziata la somma di lire 24 miliardi per l’anno 1999, 24 miliardi per l’anno 2000 e 33 miliardi per l’anno 2001. Detta somma e’ erogata entro il 30 giugno di ciascuno degli anni del triennio dal Ministero delle comunicazioni alle emittenti televisive locali titolari di concessione che siano state ammesse alle provvidenze di cui al citato Decreto Legge n. 323 del 1993, articolo 7 ed ai sensi del regolamento emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 680, in base ad apposito regolamento adottato dal Ministro delle comunicazioni di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentite le competenti Commissioni parlamentari. Per una quota degli oneri recati dal presente comma, pari a Lire 5 miliardi nel 1999 ed a Lire 2 miliardi nel 2000, si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 8”.

 

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Il Decreto Ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, emanato in coerenza con tale disposizione, “Regolamento recante nuove norme per la concessione alle emittenti televisive locali dei benefici previsti dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, articolo 45, comma 3, e successive modifiche e integrazioni”, prevede che:
beneficiari delle somme stanziate fossero (articolo 1, comma 2) “le emittenti televisive locali titolari di concessione o di autorizzazione rilasciata (….)”;
– l’ammontare annuo dello stanziamento avvenisse (articolo 1, comma 4 e 5) sulla base di una ripartizione operata dal MISE, secondo bacini di utenza costituiti dalle regioni e dalle province autonome in proporzione al fatturato realizzato nel triennio precedente dalle emittenti operanti nella medesima regione, con graduatoria predisposta tenendo conto di una serie di elementi di valutazione indicati nell’articolo 4;
– la domanda di ammissione al contributo dovesse essere presentata (articolo 6) da ciascuna delle emittenti locali titolari di concessioni o autorizzazioni, e contenere una serie indicazioni;
a proposito della separazione contabile (articolo 3), “I soggetti che presentano per la prima volta domanda per ottenere il contributo previsto dall’articolo 1, qualora gestiscano piu’ di una attivita’, anche non televisiva, devono instaurare entro l’esercizio in corso un regime di separazione contabile e devono produrre uno schema di bilancio in cui risultino separate contabilmente le poste di entrata e di spesa afferenti all’attivita’ dell’emittente televisiva e quelle inerenti ad altre attivita’; a partire dall’anno successivo i soggetti devono dichiarare di aver instaurato il regime di separazione contabile”;
circa la revoca del provvedimento di concessione (articolo 8), “Qualora risulti che la concessione del contributo e’ stata determinata da dichiarazioni mendaci o false attestazioni anche documentali contenute nella domanda ad essa allegata ovvero non e’ stato rispettato quanto previsto dall’articolo 3 o nel caso di perdita del requisito di cui all’articolo 1, comma 2, il contributo e’ revocato, previa contestazione, in esito ad un procedimento in contraddittorio (-)”.

 

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4. La lettura coordinata di tali disposizioni fa concludere che i contributi fossero destinati in via esclusiva a ciascuna singola emittente, come si desume sia dalla lettera dell’articolo 45, comma 3 (“alle emittenti televisive”), sia dalle norme del regolamento, aventi per oggetto soltanto le singole “emittenti” titolari delle relative concessioni o autorizzazioni. Che questa fosse la certa interpretazione della normativa e’ confermato dal fatto che lo stesso ricorrente aveva sempre presentato distinte domande di ammissione ai contributi per le due emittenti di cui era proprietaria (OMISSIS) spa, tant’e’ che le concessioni rilasciate erano due: la n. (OMISSIS) per (OMISSIS), e la n. (OMISSIS) per (OMISSIS), come si evince dal ricorso di (OMISSIS), ai fg. 6 e 7. Cio’ preclude la condivisione della tesi difensiva secondo cui il “beneficiario” della somma stanziata a norma dell’articolo 1 del regolamento doveva essere considerata (OMISSIS) spa, e non le singole emittenti.
La coerente conseguenza e’ che la separazione contabile andava effettuata proprio da quei “soggetti che gestiscano piu’ di un’attivita’ anche non televisiva”, ossia da soggetti che avevano in carico piu’ attivita’ televisive, ovvero ancora piu’ emittenti televisive, come era nel caso di (OMISSIS) spa, ovvero attivita’ televisive e non. Allorche’ il Decreto Ministeriale 5 novembre 2004, n. 292, articolo 3 utilizza il termine “anche” (non televisiva), e’ evidente che lo adopera come congiunzione con funzione aggiuntiva in relazione a quanto precedentemente detto: “piu’ di un’attivita’”, televisiva e non televisiva. L’intento normativo e’ evitare, per le ipotesi di plurime attivita’, televisive e non, gestite da un unico soggetto, confusione e sovrapposizione fra le differenti componenti delle varie attivita’, e quindi rendere impossibile o difficile l’accertamento teso a verificare se ogni singola emittente, richiedente i contributi, avesse o meno i requisiti di cui all’articolo 4.

 

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5. La censura difensiva che propone una diversa interpretazione della separazione contabile ricavabile dal Decreto Legislativo n. 177 del 2005 e’ pur essa da non condividere poiche’ lo stesso decreto, denominato “Testo unico della radiotelevisione”, riguarda, secondo l’articolo 1, “a) i principi generali che informano l’assetto del sistema radiotelevisivo nazionale, regionale e locale, e lo adeguano all’introduzione della tecnologia digitale ed al processo di convergenza tra la radiotelevisione ed altri settori delle comunicazioni interpersonali e di massa, quali le comunicazioni elettroniche, l’editoria, anche elettronica ed Internet in tutte le sue applicazioni; b) le disposizioni legislative vigenti in materia radiotelevisiva, con le integrazioni, modificazioni e abrogazioni necessarie al loro
coordinamento o per assicurarne la migliore attuazione, nel rispetto della Costituzione, delle norme di diritto internazionale vigenti nell’ordinamento interno e degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea ed alle Comunita’ Europee.
2. Formano oggetto del testo unico le disposizioni in materia di trasmissione di programmi televisivi, di programmi radiofonici e di programmi-dati, anche ad accesso condizionato, nonche’ la fornitura di servizi interattivi associati e di servizi di accesso condizionato su frequenze terrestri, via cavo e via satellite”.
Pertanto tale Decreto Legislativo non interferisce ne’ ha relazione di pertinenza col Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, che riguarda la concessione di benefici economici alle emittenti televisive, ed e’ fondato su una legge differente, la L. n. 448 del 1998. E’ vero che anche quel Decreto Legislativo contiene una norma, l’articolo 5, che prevede la separazione contabile, ma si tratta di una norma che ne tratta per le finalita’ proprie del d.lgvo, e quindi non e’ utilizzabile quale parametro per interpretare una norma anteriore, avente tutt’altro oggetto.
In tal senso, la tesi difensiva non e’ supportata dalla nota del MISE-Ministero dello sviluppo economico del 13/03/2013, avente per oggetto il “bando per l’attribuzione dei benefici previsti dalla L. n. 448 del 1998 e dal Decreto Ministeriale n. 292 del 2002 per l’anno 2012”. Alla stregua di tale documento (all. 8 al ricorso), “la completa digitalizzazione del sistema televisivo italiano (giugno 2012)” ha reso “obbligatoria la separazione contabile tra l’attivita’ di fornitore di servizi di media audiovisivi e l’attivita’ di operatore di rete”, ma “per l’istruzione delle richieste di contribuzione per l’anno 2012 occorre fare riferimento ai requisiti posseduti nel triennio precedente, per quanto riguarda il fatturato e nell’anno precedente per quanto riguarda i dipendenti”, con conseguente “separazione contabile tra l’attivita’ televisiva e le altre attivita’”. La considerazione dei dipendenti faceva riferimento con tutta evidenza alla singola emittente, mentre la separazione contabile appena menzionata non escludeva la separazione medesima fra differenti emittenti tv.
In coerenza con la circolare del MISE, la nota del CORECOM dell’Emilia Romagna del 25/03/2013 aveva considerato per il 2011 “sia i ricavi afferenti all’attivita’ di fornitore di servizi di media audiovisivi sia i ricavi afferenti all’attivita’ di operatore di rete”, (…) “sommando i ricavi derivanti dalle due attivita’ sub televisive ed escludendo dalla media solo le altre attivita’, diverse dalle due precedenti”. Emerge con chiarezza che un conto e’ l’addizione fra i ricavi derivanti dalla fornitura di “servizi di media audiovisivi” e dall’attivita’ “di operatore di rete”, e un conto e’ la confusione fra la contabilita’ di differenti emittenti tv, quale avvenuta nel caso in esame.
Per concludere sul punto, le differenti circolari e note richiamate dai ricorrenti non contraddicono l’interpretazione qui sostenuta, come ha correttamente osservato la CORTE di BOLOGNA al fg. 11, e come gia’ aveva notato il TRIBUNALE al fg. 29 della propria sentenza, allorche’ aveva richiamato le note 9/11/2005 e 24/09/2009 del Ministero delle Comunicazioni, che avvaloravano la corretta interpretazione di entrambi i Giudici del merito, cioe’ che “una societa’ che esercita piu’ attivita’, anche di sola natura televisiva, deve rispettare l’obbligo di separazione contabile”.

 

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Questo permette di respingere la censura sintetizza sub 2.1.
6. Riguardo al numero di dipendenti dichiarati in quantita’ superiore all’effettivo per (OMISSIS) e in meno per (OMISSIS), pur se il totale era corrispondente a quello reale, come emerge dalle tabelle 1 e 2 ai fg. 2 e 3 della sentenza della CORTE bolognese, la tesi difensiva secondo cui (OMISSIS) aveva discrezionalita’ nell’indicare quale fosse il numero dei dipendenti che lavorava per l’una o l’altra emittente si basa sulla circolare MISE del 11/03/2014 e sulla Delib. CORECOM Emilia Romagna n. 43/2014.
Logica impone di chiedersi come il ricorrente potesse fare affidamento su atti non ancora emanati quando poneva in essere le condotte a lui contestate, e soprattutto come, una volta affermato che a (OMISSIS) si applicava il principio della separazione contabile, fosse ipotizzabile l’esercizio di discrezionalita’ nell’indicare il numero dei dipendenti delle singole emittenti. Tale dato costituiva uno degli elementi di valutazione di cui al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 4: se non fosse stato corrispondente al vero avrebbe falsato la valutazione, e quindi la graduatoria, come e’ poi in concreto avvenuto.
E’ pertanto da condividere l’affermazione della CORTE territoriale che quegli atti non autorizzavano alcuna discrezionalita’, per cui la ripartizione operata in nome di quest’ultima fra (OMISSIS) e (OMISSIS) era evidentemente finalizzata a far entrare entrambe le emittenti nelle graduatorie utili ai fini del contributo, poiche’ con dichiarazioni distinte la piu’ grande ed efficiente vi avrebbe avuto accesso e l’altra no.

 

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In quest’ottica la truffa si riferisce non tanto al di piu’ ottenuto complessivamente, poiche’ dallo specchietto riassuntivo derivante dalle tabelle 1 e 2 piu’ volte citate la comparazione fra il di piu’ ottenuto dall’una emittente e il di meno ottenuto dall’altro porta a una entita’ di contributi incassati per anno non distante da quanto realmente spettante a contabilita’ unificata (per il 2011 addirittura inferiore): la truffa consiste nel fatto che, con dichiarazioni distinte per emittenti tv, una avrebbe avuto titolo a rientrare nella fascia di graduatoria abilitante ai contributi piu’ significativi e l’altra no. Tutto questo e’ stato illustrato nella sentenza della CORTE territoriale al fg. 14 e prima, ancora piu’ diffusamente, nella pronuncia del TRIBUNALE, ai fg. 30 e segg.
7. Quanto appena esposto consente di affrontare in modo piu’ sintetico il secondo motivo del ricorso di (OMISSIS), riguardante la pretesa erronea applicazione degli articoli 483 e 640 bis c.p. in relazione all’idoneita’ decettiva delle dichiarazioni dell’imputato oggetto delle imputazioni. La tesi difensiva esclude che la condotta dell’imputato fosse idonea a ingannare la pubblica amministrazione, poiche’ egli:
– aveva sempre indicato la quota di fatturato riferibile a (OMISSIS) nella medesima misura di Euro 50.000 quale quota massima attribuibile all’emittente in ragione della sua capacita’ diffusiva;
– aveva espressamente indicato nelle dichiarazioni relative agli anni 2011, 2012, e 2013 che la ripartizione sia del fatturato che dei dipendenti tra le due emittenti corrispondeva ad una valutazione discrezionale;
– aveva sempre accompagnato le dichiarazioni da documentazione riportante dati corrispondenti al vero quale il libro matricola e il libro unico del lavoro.
La conclusione del ricorrente e’ che, pur volendo ammettere l’erroneita’ delle attestazioni perche’ contrarie a quanto previsto dalla disciplina di settore, esse erano sprovviste della decettivita’ richiesta dai delitti contestati, poiche’ e’ consolidato il principio ermeneutico che l’attestazione qualificata falsa non leda la fede pubblica se l’inidoneita’ decettiva emerga ex ante dallo stesso documento in cui e’ trasfusa per le sue caratteristiche, senza necessita’ di ricercare altrove enunciati descrittivi o valutativi di segno contrario (Sez. 5, Sentenza n. 20815 del 17/04/2018 dep. 10/05/2018 Rv. 273343 imputati Fracasso e altro; e Sez. 5, Sentenza n. 36647 del 04/06/2008 dep. 24/09/2008 Rv. 241302 imputato Vena).
8. La censura, allorche’ rileva la carenza di decettivita’ della condotta, evoca il tema dell’inidoneita’ della condotta medesima e del reato impossibile. Tuttavia la non punibilita’ ai sensi dell’articolo 49 c.p. esige che l’incapacita’ dell’azione a produrre l’evento sia assoluta, intrinseca e organica secondo una valutazione oggettiva da compiersi, risalendo al momento iniziale dell’azione medesima, con la conseguenza che la non punibilita’ si verifica nella sola ipotesi di inidoneita’ dell’azione che renda impossibile e non solo improbabile l’evento (ex plurimis Cass. 8363/1985 Rv. 170515; Cass. n. 7897/1979 Rv. 142972).
Per escludere l’artifizio e l’errore della truffa non basta pertanto richiamare la disfunzione amministrativa, il disguido, i ritardi, la scarsa diligenza degli organi o del personale preposto, e quindi la carenza della normale attenzione e del tempestivo controllo, che avrebbero fatto scoprire l’artifizio e scongiurare l’errore: la legge vieta l’artifizio come finalizzato all’errore, e solo nella ipotesi che esso sia di una grossolanita’ e di una abnormita’ tali da essere immediatamente constatato e constatabile con la normale diligenza, se ne puo’ rilevare l’inidoneita’ a causare l’errore, e con esso il profitto e il danno (cf. Cass. 2315/1987 Rv. 175201; Cass. 42941/2014 Rv. 260476; Cass. 51538/2019 Rv. 278230; Cass. 51166/2019 Rv. 278011; Cass. 55180/2018 Rv. 274299). Quando l’artifizio o il raggiro consistono nella produzione di atti falsi, la grossolanita’ del falso, che comporta anche l’inidoneita’ degli artifizi e dei raggiri ai fini del reato di truffa, sta nella sua evidente riconoscibilita’ da parte di qualsiasi persona normale, poiche’ in materia di falsificazioni non si deve fare riferimento alle cognizioni particolari di persone qualificate (cf. Cass. 4841/1974 Rv. 127450; Cass. 36647/2008 Rv. 241302).

 

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La conclusione e’ che non ricorre l’ipotesi del reato impossibile per inidoneita’ dell’azione in caso di falso ideologico se, al fine di stabilire se sussista la falsita’ contestata all’imputato, siano necessari accertamenti e indagini (Cass. 15193/1990 Rv. 185798): infatti, in tema di falso ideologico, non ricorre l’ipotesi del reato impossibile per inidoneita’ dell’azione ove la contestata falsita’ dell’attestazione non emerga dal documento stesso in cui questa e’ trasfusa, ma ab extra, per effetto di enunciati descrittivi o va(utativi di segno contrario incorporati in altri documenti, in quanto il reato impossibile presuppone l’originaria e assoluta inefficienza causale dell’azione, da valutare oggettivamente in concreto e con giudizio ex ante, in relazione alle intrinseche caratteristiche dell’azione (Cass. 20815/2018 Rv. 273343, e da ultimo, ha ribadito i suddetti principi, Cass. II, n. 17836/2021).
9. Nel caso in esame la censura di cui al secondo motivo di (OMISSIS) e’ manifestamente infondata perche’:
– erano oggettivamente falsi i dati comunicati, relativi ai fatturati medi e al numero dei dipendenti, in base a cui cui era stata redatta la graduatoria alla stregua della quale venivano poi assegnati i contributi (cf. fg. 21, 24 e 31 della sentenza del TRIBUNALE; fg. 2- 13 della sentenza di appello) e non erano rilevabili previamente e con evidenza, tant’e’ che i contributi erano stato corrisposti in modo coerente con quanto attestato dal ricorrente e il presente procedimento ha tratto origine da un esposto presentato da quattro dipendenti: cf. fg. 2 sentenza di appello e fg. 23 sentenza del TRIBINALE, che ha precisato che “il Corecom non era in grado di verificare – dalla documentazione prodotta – dove lavorassero effettivamente i dipendenti dichiarati come prestare attivita’ lavorativa presso una o altra emittente”;
la falsita’ dei dati non emergeva dalle autocertificazioni e dalle dichiarazioni sostitutive bensi’, proprio come prospettato dalla difesa (cfr fg. 11 ricorso sub lettera c), avrebbe potuto o dovuto essere desunta dagli organi di controllo, e quindi dall’esterno;
la discrezionalita’ di valutazione evocata dal ricorrente ai fini della ripartizione sia del fatturato che dei dipendenti tra le due emittenti nelle dichiarazioni relative agli anni 2011-2012-2013 non rileva ai fini della inidoneita’ dell’azione, perche’ non e’ in grado di neutralizzare le attestazioni finalizzate a fare fede ai fini della graduatoria e della distribuzione dei contributi.

 

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10. Il terzo motivo riguarda la censura di erronea applicazione dell’articolo 5 c.p. e articolo 47 c.p., comma 3 quanto all’errore sulla legge extrapenale costituente errore sul fatto, e quanto alla motivazione apparente sulla sussistenza del dolo. La difesa sostiene che la CORTE territoriale ha errato nell’interpretazione della normativa, prescindendo dai criteri di accertamento dell’errore sulla legge penale, come conferma la confusione fra le varie disposizioni, correlata al susseguirsi di note e circolari, talvolta di segno apparentemente contrastante: la obiettiva scarsa chiarezza della disciplina da applicare avrebbe avuto una evidente ricaduta sulla dimostrazione del dolo. Allorche’ la CORTE di appello ha desunto quest’ultimo dalla dichiarazione sostitutiva del 21/03/2011, nell’ottica difensiva essa sarebbe incorsa nel travisamento di prova, poiche’ la dichiarazione riguardava la separazione tra attivita’ televisive e non televisive imposta dalla disciplina di settore, non quella tra le attivita’ televisive svolte dalle due emittenti.
E’ una censura infondata poiche’ l’accertamento dell’induzione in errore costituisce una indagine di fatto rimessa alla valutazione discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivata (Sez. 3, n. 2382 del 01/12/2011-dep. 20/01/2012, P.G., Avvocatura dello Stato in proc. Di Bari, Rv. 251910). Nella specie, e’ un vizio nel quale la CORTE territoriale non e’ incorsa, poiche’ l’iter argomentativo e’ adeguato e privo di aporie anzitutto in relazione all’interpretazione della normativa extrapenale: lo stesso (OMISSIS) al fg. 15 del ricorso ha dato atto che “le numerose note e circolari” riguardavano problematiche diverse da quella in esame. Non a caso ha omesso di elencare i casi di contrasti interpretativi sulla necessita’ della separazione contabile, mentre l’unico precedente costituito dalla sentenza n. 2986/2011 del Consiglio di Stato e’ in linea con l’interpretazione correttamente fornita dalla CORTE bolognese (cf. fg. 13 sentenza).
L’esame della corrispondenza tra CORECOM Emilia Romagna e l’imputato (cf. fg. 17 sentenza) ha permesso alla CORTE di evidenzare come costui, a fronte di una esplicita richiesta rivolta dal Comitato sulla circostanza se avesse effettuato la separazione contabile “per tutte le attivita’, televisive e non, facenti capo a un medesimo soggetto”, “consapevole della necessita’ di procedere a separazione contabile non ha obiettato assumendo l’impossibilita’ ma ha affermato il falso”. Su tale aspetto non e’ ravvisabile il travisamento della prova, come sostiene il ricorrente (fg. 16 ricorso), perche’ la richiesta sulla separazione contabile si riferiva anche alle due emittenti, non solo alla separazione tra attivita’ televisive e non televisive.

 

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11. La censura e’ pertanto infondata poiche’ il vizio di travisamento della prova e’ deducibile col ricorso per cassazione (ex plurimis Cass. 5336/2018), nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice – ma cio’ nella specie non e’ avvenuto, poiche’ anche il primo giudice aveva richiamato e fatto leva sulla dichiarazione del 21/03/2011, come si evince dal fg. 29 sentenza di primo grado -, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti. E neppure questo nella specie e’ avvenuto, perche’ entrambi i Giudici del merito hanno affermato che (OMISSIS) nella dichiarazione sostitutiva del 21/03/2011 aveva dichiarato “di avere instaurato il regime di separazione contabile senza ulteriore specificazione” (cf. fg. 29 sentenza TRIBUNALE).
Le dichiarazioni mendaci peraltro non riguardavano solo l’obbligo della separazione contabile ma, come hanno rimarcato sia il TRIBUNALE che la CORTE territoriale, pure il fatturato e il numero dei dipendenti, che erano gli elementi sulla base dei quali veniva stilata la graduatoria: su quest’ultimo punto non viene dedotto in che cosa consisterebbe l’errore di fatto nel quale fosse incorso il ricorrente.
12. Il quarto motivo del ricorso di (OMISSIS) censura la pretesa erronea applicazione dell’articolo 640 bis c.p. quanto al reato riferito all’erogazione del bando 2011, e sollecita l’assoluzione per insussistenza del fatto per le erogazioni relative al bando 2011, in ordine alle quali e’ intervenuta la declaratoria di prescrizione.
Tale istanza si basa sul fatto che, secondo la ricostruzione operata in sentenza, (OMISSIS) ha ottenuto per l’anno in questione un contributo inferiore a quelli cui avrebbe avuto diritto con la dichiarazione conforme alla legge, con la conseguenza che il contributo non riscosso e’ stato distribuito agli altri partecipanti alla gara. Come affermato da questa S.C. con la sentenza n. 49956/2015, la revoca o la mancata erogazione del contributo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 8 da’ luogo all’applicazione di una sanzione amministrativa, che nulla ha che vedere con individuazione del profitto ingiusto quale requisito strutturale della truffa.

 

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La censura e’ infondata. Va premesso in fatto che il contributo complessivo ottenuto nel 2011 per le due emittenti era stato pari a Euro 529.142,72, mentre se fosse stata resa una dichiarazione genuina il contributo complessivo a esse spettante sarebbe stato di Euro 564.793,25. La CORTE (al fg. 18) ha pero’ respinto la richiesta di assoluzione nel merito poiche’ anche per la annualita’ del 2011 era stato accertato che il ricorrente aveva reso false dichiarazioni nelle due domande di partecipazione al bando. “Ne discende – per riprendere quanto scrive il Giudice di appello – che anche tale condotta integra il delitto di truffa dal momento che comunque e’ stato ottenuto un contributo non dovuto per (OMISSIS) (a nulla rilevando il fatto che quel contributo, ove vi fosse stata genuina dichiarazione avrebbe dovuto essere erogato in favore di (OMISSIS) facente capo al medesimo soggetto (OMISSIS) SPA), in conseguenza di false dichiarazioni rese con riguardo ai requisiti di (OMISSIS) (gonfiate) e di (OMISSIS) (ridotti), cosicche’ non e’ possibile individuare frazioni lecite della condotta; ne consegue che e’ illecito l’intero contributo lucrato poiche’ la condotta fraudolenta contestata ha inquinato l’intera procedura”.
Dunque, gia’ quanto al fatto non e’ vero che dichiarazioni genuine avrebbero garantito a (OMISSIS) un contributo addirittura superiore. Il ricorrente prosegue nell’equivoco di considerare le due emittenti come un’unica entita’, senza considerare, per quanto detto, che ognuna aveva diritto a contributi diversificati: il che significa che, al di la’ di quanto avrebbe percepito (OMISSIS) per le due emittenti, qualora ove fossero stati dichiarati i dati veri e non quelli falsi, il contributo spettante a (OMISSIS) sarebbe stato inferiore a quello che gli era stato concesso, e questo esclude sul piano fattuale di pervenire all’assoluzione invece che alla declaratoria di prescrizione.
Anche in diritto la conclusione della CORTE bolognese resiste alla censura. Va invero considerata la peculiarita’ del profitto derivante dalla percezione di contributi rispetto al profitto derivante da un normale rapporto sinallagmatico. Deve ribadirsi il consolidato e condiviso orientamento di questa S.C. secondo cui “il profitto del reato di cui all’articolo 640-bis c.p., commesso dal privato che abbia illegittimamente percepito incentivi per l’espletamento di un servizio pubblico essenziale sulla base della falsa attestazione del possesso dei requisiti, deve essere quantificato nella misura dell’intera somma conseguita, atteso che tale erogazione non rappresenta il corrispettivo per la prestazione effettuata, ma un contributo finalizzato al perseguimento di obiettivi di carattere generale” (cf. Cass. Sez. 2, n. 3439/2021, Rv. 280609; Cass. n. 13928/2015, Rv. 263418; Sez. 2, n. 53650/2016 Rv. 268853; Sez. 2, n. 52808/2016 Rv. 268757).

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

13. Manifestamente infondata e’ infine la censura sul diniego delle generiche e sul trattamento sanzionatorio. La CORTE ha correlato H mancato riconoscimento delle attenuanti all’elevata entita’ del profitto ingiusto complessivamente ottenuto – per un importo compreso fra 678.612,46 e 790.439,09 Euro – e alla mancata restituzione, se pur parziale, di quanto indebitamente conseguito. Si tratta di una valutazione in fatto, congruamente espressa, insindacabile in Cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419): va ribadito il principio affermato da questa S.C. secondo cui non e’ necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, ovvero la valenza delle stesse, una volta riconosciute, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244). Quanto alla pena, essa risulta inflitta nel minimo edittale, cioe’ in due anni di reclusione, con un minimo incremento – appena un mese – a titolo di continuazione.
14. Con riferimento al ricorso di (OMISSIS), il primo e il terzo motivo corrispondono al primo motivo del ricorso di (OMISSIS), il secondo al terzo e al quarto motivo di (OMISSIS), e il quarto al quarto motivo di (OMISSIS): essendo gia’ stati oggetto di trattazione, si rinvia alle argomentazioni su di essi articolate in replica alle censure dello stesso (OMISSIS).
15. Al quinto motivo, riguardante l’avvenuta prescrizione della sanzione amministrativa quanto al bando 2009, che la CORTE bolognese ha ritenuto non maturata poiche’ ha collocato la consumazione del reato presupposto alla data di erogazione del contributo anziche’ alla data di presentazione della domanda di accesso al contributo, va ricordato che il Collegio ne ha ravvisato la ragione nel fatto che la sanzione amministrativa di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 22 si prescrive nei cinque anni dalla data di consumazione del reato, e quindi cinque anni dopo l’11/11/2010, allorche’ e’ avvenuta l’erogazione del contributo illecitamente ottenuto mediante condotte truffaldina: in tale arco temporale, e prima della scadenza, il 26/02/2015 e’ intervenuto atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’articolo 22, comma 2, poiche’ e’ stata depositata la richiesta di misura interdittiva.
La tesi difensiva secondo cui nella truffa a consumazione prolungata, configurabile quando la frode e’ strumentale al conseguimento di erogazioni pubbliche il cui versamento viene rateizzato, il momento della consumazione del reato dal quale far decorrere il termine iniziale ai fini della maturazione della prescrizione e’ quello in cui e’ stata posta in essere l’ultima azione utile finalizzata ad ottenere l’erogazione dell’ulteriore tranche di finanziamento – e quindi nella specie la proposizione della domanda di accesso ai contributi, o al piu’ tardi la presentazione della relativa documentazione -, si pone in contrasto con la consolidata e condivisa giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la truffa va qualificata come reato a consumazione prolungata, o frazionata, in tutti i casi in cui l’erogazione, e quindi la percezione da parte dell’agente di prestazioni indebite di finanziamenti e contributi sia rateizzata periodicamente nel tempo.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Poiche’ l’agente manifesta fin dall’inizio la volonta’ di realizzare un evento destinato a durare nel tempo, a cio’ consegue che il momento consumativo coincide con la cessazione dei pagamenti, che segna anche la fine dell’aggravamento del danno; cf. Sez. 5, n. 32050 del 11/06/2014, Rv. 260496; Sez. 2, 3 Marzo 2005, n. 11026; Sez. 2, 53667/2016; sez. 2 n. 17437/2019. Invece la truffa che non presenta tali caratteristiche ha natura di reato istantaneo e si consuma al momento della diminuzione patrimoniale e dell’ingiustificato arricchimento della propria attivita’ criminosa; cf. Cass. 2783/2019 Rv. 276665 – 02; Cass. 189/2020, Rv. 277814 – 01.
Il caso di specie rende evidente che non ci si trova di fronte ad una truffa a consumazione prolungata, poiche’ i contributi non erano stati erogati in modo rateizzato, ne’ questo e’ stato mai dedotto, e quindi correttamente la Corte di Appello ha ritenuto che il termine iniziale dal quale far decorrete la prescrizione fosse quello dell’11/11/2010, corrispondente alla data della erogazione del contributo; ma, alla stregua della citata giurisprudenza, si perverrebbe ad analogo esito pur se si ritenesse il reato a consumazione prolungata.
16. La censura contenuta nel sesto motivo evoca il principio di specialita’, che ad avviso della difesa avrebbe imposto di applicare il solo provvedimento di revoca del contributo, mentre la CORTE ha sostenuto che il quid pluris della norma penale e’ costituito dall’induzione in errore e dall’ingiusto profitto. Premesso che (OMISSIS) spa e’ stata condannata, in applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 10, 24 e 69 alla sanzione pecuniaria di Euro 60.200, la tesi difensiva e’ che nella specie sarebbero stati gli organi amministrativi, non gia’ il Giudice penale, a dover applicare il solo procedimento di revoca del provvedimento di concessione del contributo di cui al Decreto Ministeriale n. 292 del 2004, articolo 8 comma 1.
Ecco il testo di tale disposizione, recante la rubrica âEuroËœRevoca del provvedimento di concessione’:
“1. Qualora risulti che la concessione del contributo e’ stata determinata da dichiarazioni mendaci o false attestazioni anche documentali contenute nella domanda ad essa allegata ovvero non e’ stato rispettato quanto previsto dall’articolo 3 o nel caso di perdita del requisito di cui all’articolo 1, comma 2, il contributo e’ revocato, previa contestazione, in esito ad un procedimento in contraddittorio.

 

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2. Il contributo e’ revocato alle emittenti il cui patrimonio netto al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della domanda sia inferiore all’importo previsto dall’articolo 6, comma 3, della deliberazione dell’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni 1 dicembre 1998, n. 78, approvativa del regolamento per il rilascio delle concessioni per la radiodiffusione televisiva privata su frequenze terrestri, ove non sia stato reintegrato in sede di approvazione del bilancio. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle emittenti televisive private a carattere comunitario come definite dall’articolo 1, comma 1, lettera f), della citata deliberazione n. 78 del 1998.
3. La revoca dei contributi comporta l’obbligo a carico del soggetto beneficiario di riversare all’erario, entro i termini fissati nel provvedimento stesso, l’intero ammontare percepito, rivalutato secondo gli indici ufficiali ISTAT di inflazione in rapporto “ai prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati”, oltre agli interessi corrispettivi al tasso legale, nonche’ l’esclusione dalla partecipazione alla distribuzione dei contributi per i tre anni successivi all’accertamento della non corrispondenza di cui al comma 1.
4. Ove l’obbligato non ottemperi al versamento entro i termini fissati, il recupero coattivo dei contributi e degli accessori al contributo stesso, rivalutazione e interessi, viene disposto mediante iscrizione a ruolo delle somme complessivamente dovute”.
Il comma 3 dell’articolo riportato prevede dunque due sanzioni: a) la revoca del contributo, con conseguente obbligo di riversare all’erario l’intero ammontare percepito, rivalutato secondo gli indici ufficiali ISTAT, oltre agli interessi corrispettivi al tasso legale; b) l’esclusione dalla partecipazione alla distribuzione dei contributi per i tre anni successivi all’accertamento della non corrispondenza di cui al comma 1.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

In base alla L. n. 689 del 1981, articolo 9 (“Principio di specialita’”), “Quando uno stesso fatto e’ punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralita’ di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale (….)”. Il significato dell’espressione “sanzioni amministrative” e’ stabilito dall’articolo 12, “Ambito di applicazione” della medesima legge che cosi’ in modo certo sancisce: “Le disposizioni di questo capo (ndr: quindi anche dell’articolo 9) si’ osservano, in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali e’ prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non e’ prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari”.
La normativa di cui alla L. n. 689 del 1981 si applica pertanto alle sole sanzioni amministrative del pagamento di una somma di denaro, come e’ evidente anche dagli articolo 6, 8, 8-bis, 10 e 11, e non a qualsiasi altra sanzione amministrativa. Ne consegue che nel caso in esame non e’ ipotizzabile il concorso fra violazioni amministrative e norme penali, proprio perche’ le sanzioni previste dall’articolo 8 Decreto Ministeriale cit. non possono essere ricomprese nell’ambito della “sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro”, tale non potendosi ritenere ne’ la restituzione dei contribuiti illecitamente percepiti con rivalutazione e interessi legali ne’ la sanzione dell’esclusione.
17. Col settimo motivo (OMISSIS) deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, articolo 11, 12 e 21 quanto al trattamento sanzionatorio, poiche’ la sanzione pecuniaria e’ stata parametrata sul presupposto che la societa’ vada ritenuta responsabile per i bandi relativi alle annualita’ dal 2009 al 2013, quando invece andavano espunte quanto meno le annualita’ 2009 e 2011, con congrua riduzione della sanzione. (OMISSIS) infatti, nella prospettazione difensiva, non avrebbe potuto essere ritenuta responsabile sia in relazione al bando del 2011 sia a quello del 2009, essendo stata la sanzione prescritta, e pertanto dal computo avrebbero dovuto essere espunte le due anzidette annualita’; inoltre l’attenuante di cui al Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 12, comma 2, lettera b) era stata concessa nella misura di un terzo anziche’ in quella massima, pari alla meta’.

 

Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Le censure vanno disattese: la prima perche’ i motivi precedentemente articolati sub 4 e 5 sono stati ritenuti infondati, e quindi la assorbono; la seconda perche’ costituisce una contestazione nel merito, incompatibile con questa sede di legittimita’, a fronte di una motivazione congrua e coerente sul punto (cf. fg. 21 sentenza CORTE di appello).
18. L’ottavo motivo e’ scomponibile in due parti: (OMISSIS) censura anzitutto l’applicazione della misura ablatoria solo a essa e non anche nei confronti di (OMISSIS). La contestazione e’ stata correttamente respinta dalla CORTE di Appello, che ha ricordato come sul punto il P.M. non ha formulato appello, e vi e’ il divieto di reformatio in pejus: con questa motivazione la societa’ ricorrente non si e’ confrontata, e quindi non ha replicato. (OMISSIS) ripropone poi il quarto motivo, del quale si e’ gia’ trattato, poiche’ contesta il quantum della confisca applicata, se non altro per via della prescrizione della sanzione amministrativa per il bando 2009.
Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta l’ricorsi e condanna l’ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

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In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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