Violazione degli obblighi di assistenza familiare

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 marzo 2022| n. 10630.

Violazione degli obblighi di assistenza familiare

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, per mancato adempimento degli obblighi di mantenimento del figlio minore, non può ritenersi inapplicabile la causa di non punibilità per tenuità del fatto quando venga presa in considerazione la sola “protrazione” temporale della condotta, non specificando però in cosa consista la connotazione di gravità della condotta senza, per di più, prendere in considerazione gli adempimenti effettuati, seppur tardivamente, che quantomeno hanno fatto venir meno il disvalore patrimoniale della condotta.

Sentenza|24 marzo 2022| n. 10630. Violazione degli obblighi di assistenza familiare

Data udienza 2 marzo 2022

Integrale

Tag – parola: Violazione degli obblighi di assistenza familiare – Esclusione dell’incapacità economica assoluta dell’imputato – Sussistenza dello stato di bisogno dei figli minori – Carenza motivazionale in relazione alla particolare tenuità del fatto – Annullamento con rinvio

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente

Dott. APRILE Ercole – Consigliere

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere

Dott. ROSATI Martino – rel. Consigliere

Dott. DI GERONIMO Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/11/2020 della Corte di appello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Rosati Martino;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Cimmino Alessandro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS), attraverso il proprio difensore, impugna la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 24 novembre 2020, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2), per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla propria figlia minore (OMISSIS), non versando l’assegno di mantenimento impostogli dal giudice civile con sentenza di separazione coniugale, ne’ provvedendo altrimenti.
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione nel capo relativo all’affermazione di colpevolezza, sotto il duplice profilo: a) della sussistenza di uno stato di bisogno della minore, versando, anzi, ella in condizioni agiate, secondo quanto riferito dalla stessa madre querelante; b) della configurabilita’ del dolo, avendo egli dimostrato di essere disoccupato ed impossidente, di aver comunque fatto pervenire alla moglie piccoli aiuti economici e beni di prima necessita’, nonche’ avendo adempiuto regolarmente il proprio obbligo non appena ottenuta una stabile occupazione lavorativa, versando altresi’ tutti gli arretrati.
2.2. Violazione di legge e vizi di motivazione nella parte relativa al diniego della esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, avendo la Corte d’appello omesso di tenere nella dovuta considerazione, a tal fine, la sostanziale incensuratezza del ricorrente e la sua condotta riparatoria, sintomatiche della mera occasionalita’ del suo illecito.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla subordinazione della sospensione condizionale della pena all’ulteriore adempimento della prestazione di attivita’ lavorativa non retribuita in favore della collettivita’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso non e’ fondato.
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di principi costantemente affermati da questa Corte in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare: ovvero che l’incapacita’ economica dell’obbligato dev’essere assoluta ed integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilita’ di introiti (Sez. 6, n. 53173 del 22/05/2018, R., Rv. 274613; Sez. 6, n. 33997 del 24/06/2015, C., Rv. 264667); che incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi tale impossibilita’ di adempiere, non essendo idonea, a tal fine, la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficolta’ (tra le tantissime, Sez. 6, n. 8063 del 08/02/2012, G., Rv. 252427), ne’ potendo la sua responsabilita’ essere esclusa in base alla mera documentazione formale dello stato di disoccupazione (Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, S., Rv. 254515; Sez. 6, n. 5751 del 14/12/2010, dep. 2011, P., Rv. 249339); che il reato sussiste anche se l’altro genitore provveda in via sussidiaria a corrispondere ai bisogni della prole, senza che possa rilevare l’eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto, in tale situazione, all’assolvimento del suo primario dovere (Sez. 6, n. 34675 del 07/07/2016, R., Rv. 267702; Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, S., Rv. 261871); che, infine, la minore eta’ dei discendenti rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva dello stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento, assicurando i predetti mezzi (Sez. 6, n. 53607 del 20/11/2014, cit.; Sez. 6, n. 20636 del 02/05/2007, Cerasa, Rv. 236619).
Per questa parte, dunque, l’impugnazione dev’essere respinta.
2. Merita d’essere accolto, invece, il secondo motivo di ricorso, in tema di non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, poiche’, sul punto, la motivazione della sentenza impugnata non puo’ ritenersi adeguata.
Laddove valorizza la protrazione della condotta nel tempo ed i “derivati riflessi improntati ad una concreta gravita’”, essa e’ generica ed assertiva, poiche’ non spiega in cosa consista tale “gravita’” e non si misura, invece, sotto tale profilo, con l’indiscusso adempimento, ancorche’ tardivo, anche del debito arretrato, che ha sostanzialmente neutralizzato, quanto meno, il nocumento patrimoniale provocato dal reato.
Allorche’, poi, afferma che tale comportamento post delictum non possa essere comunque tenuto in considerazione perche’ “non elide l’antigiuridicita’ della condotta”, la Corte incorre in un vero e proprio errore di diritto.
L’articolo 131-bis c.p., delinea, infatti, una causa di non punibilita’, fondata sul presupposto della inutilita’ della pena in presenza di un’offesa minima al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice. Perche’, dunque, possa ritenersi non meritevole di pena, la condotta deve comunque necessariamente conservare la propria connotazione di antigiuridicita’, e cioe’ di conformita’ al tipo legale e di offensivita’, dovendosi altrimenti pervenire ad un esito assolutorio, a seconda dei casi, perche’ il fatto non sussiste oppure non costituisce reato o non e’ previsto dalla legge come tale. La valorizzazione della perdurante antigiuridicita’ della condotta dell’imputato, operata dalla sentenza, non e’ dunque congruente rispetto alla determinazione su di essa fondata.
3. Dev’essere assentita, infine, anche la terza doglianza.
L’affermazione contenuta in sentenza, per cui non sarebbe sindacabile in appello il riconoscimento o meno della sospensione condizionale della pena, e’ giuridicamente errata, trattandosi, sul punto, di un giudizio di fatto, che, se devoluto con l’atto d’appello, impone al giudice investito di quest’ultimo di pronunciarsi. Il precedente di legittimita’ che la Corte distrettuale cita a conforto di tale sua determinazione (Sez. 3, n. 7608 del 17/11/2009, dep. 2010, Ammendola, Rv. 246183) non e’ conferente, poiche’ si riferisce al sindacato del giudice di legittimita’, come si coglie agevolmente dalla lettura della relativa motivazione e non della sola massima da essa estratta.
4. Sui punti oggetto del secondo e del terzo motivo di ricorso, dunque, la sentenza impugnata dev’essere annullata, con rinvio al giudice di merito, affinche’ provveda al necessario supplemento di motivazione in conformita’ ai delineati principi di diritto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego di applicazione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., e della sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad ara sezione della Corte di appello di Caltanissetta.
Rigetta il ricorso nel resto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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