Vincolo paesaggistico ed abusi edilizi

Consiglio di Stato, Sentenza|6 dicembre 2021| n. 8121.

Vincolo paesaggistico ed abusi edilizi.

In caso di vincolo paesaggistico sull’area, qualsiasi intervento edilizio idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica e in sua assenza è soggetto a sanzione demolitoria. Inoltre, in tali casi è sufficiente che si tratti di opere realizzabili mediante d.i.a., atteso che l’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico.

Sentenza|6 dicembre 2021| n. 8121. Vincolo paesaggistico ed abusi edilizi

Data udienza 26 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Vincolo paesaggistico – Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Atto dovuto

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6891 del 2014, proposto dal Comune -OMISSIS- in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Br. Cr. e Fa. Ma. Fe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ni. La. in Roma, via (…),
contro
Il -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ca. e Al. Di Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la-OMISSIS- resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2021 il Cons. Carla Ciuffetti, udito l’avvocato An. Am. su delega dell’avvocato Br. Cr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Vincolo paesaggistico ed abusi edilizi

FATTO e DIRITTO

1. La pronuncia in epigrafe ha accolto il ricorso dell’odierna parte appellata avverso la disposizione dirigenziale n. 1880 in data 6 ottobre 2006, Servizio antiabusivismo edilizio del Comune -OMISSIS- recante ingiunzione di demolizione di opere ritenute abusive, realizzate su superficie di copertura di stabile posto in zona sottoposta a vincolo paesaggistico (decreto ministeriale 31 gennaio 1956) – consistenti nell’apposizione di pavimentazione, apposizione di due ringhiere, l’una con staffe al calpestio e pilastrini in muratura, l’altra inserita in portavasi, di due aiuole in laterizi, di una panchina in calcestruzzo e di una tenda veranda sulla scala di accesso dal giardino pertinenziale – “sotto l’assorbente profilo di cui al primo motivo, secondo i quali – in sintesi – le opere riscontrate dalla Polizia Municipale e oggetto del provvedimento impugnato non costituirebbero un quid novi, così da non necessitare di titolo edilizio”. In particolare, secondo il Tar, si ha cambio di destinazione d’uso di un solaio di copertura in terrazzo, quando occorrono specifici interventi edilizi per renderlo praticabile, per i quali è quindi necessario il permesso di costruire, poiché comportano un aumento di superficie utile: nella fattispecie, invece, la superficie di copertura era già praticabile, come risultava da verbale di accertamento in data 19 maggio 2006, attraverso una rampa di scale, oltre che dal giardino pertinenziale della stessa proprietà, collegato all’area in questione mediante una tenda veranda, “circostanze che attestano la precedente destinazione a terrazzo dell’area scoperta”. Perciò, ad avviso del Tar, era irrilevante la questione della valenza innovativa o meno delle opere realizzate, compresa la tenda veranda, in quanto arredo temporaneo, da considerare intervento liberalizzato che non comporta aumento di volumi o superfici, per la cui realizzazione l’art. 6, co. 1, d. P. R. n. 380/2001, non richiede alcun titolo.
2. Con il presente appello il Comune -OMISSIS- deduce quanto segue:
a) “errores in procedendo e in iudicando – errata individuazione dei presupposti dell’atto impugnato”: il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere respinto, in quanto “malposto”, essendo basato sulla violazione dell’art. 31 del d. P. R. n. 380/2001, mentre l’ordinanza di demolizione si fondava sul richiamo all’art. 27, co. 2, del medesimo d. P. R. che impone al Comune “la vigilanza edilizia sul territorio, prevede la demolizione e punisce le opere che incidono per esempio su beni tutelati paesaggisticamente come nel caso di specie”; dunque non sarebbe stato colto “il presupposto giustificativo del provvedimento”, che non avrebbe riguardato solo la realizzazione di opere sul lastrico solare dell’edificio, “ma l’assenza di titolo per farlo, aggravata dall’insistenza delle opere abusive su bene oggetto di spiccata tutela”;
b) “error in iudicando – sul concetto di trasformazione del lastrico solare”: il convincimento del Tar, secondo il quale non sarebbe stata effettuata dalla ricorrente una trasformazione da lastrico solare in terrazzo, trascurerebbe le norme poste a presidio dei valori tutelati dal vincolo di protezione integrale posto dal decreto ministeriale 24 gennaio 1953 e dal Piano territoriale paesistico di (omissis), oltre ad essere erroneo in fatto, poiché tale lastrico, già prima dei lavori contestati, era accessibile dall’edificio attraverso una rampa di scale; infatti, sia dall’ingiunzione di demolizione, che dal rapporto redatto dalla Polizia municipale a seguito di sopralluogo, risulterebbe che tale rampa scale “degradando dalla strada conduce scendendo all’appartamento”, sito al disotto della strada; in non vi sarebbe alcun documento a supporto di un tale erroneo convincimento, “anzi la circostanza che il lastrico sia stato reso raggiungibile con la scala proveniente dal giardino dell’appartamento (coperta con tenda veranda) collide ancor più con la circostanza assunta dal giudice di primo grado, ma che resta assolutamente non provata e, si badi, nemmeno sostenuta da controparte, ma esclusivamente dedotta dal giudice dall’erronea lettura del provvedimento e del verbale di sopralluogo”;
c) “error in iudicando – sulla valenza innovativa e il mutamento di destinazione d’uso”: la documentazione in atti dimostrerebbe l’erroneità del convincimento del Tar in ordine alla mancanza di opere finalizzate al cambio di destinazione d’uso; il verbale di sopralluogo evidenzia la mancanza parziale di balaustra, il che ne dimostrerebbe la mancanza anche in precedenza, l’apposizione di pavimentazione, indici del carattere innovativo delle opere, “senza che nessuna deduzione (anche tecnica) sulla vetustà o sull’uso come terrazzo dello stesso sia mai stata incardinata nel giudizio”; sicché sarebbe infondata la tesi della parte appellata in merito alla natura di manutenzione degli interventi effettuati, tali quindi da non richiedere l’autorizzazione ai sensi dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, poiché tale autorizzazione è esclusa dall’art. 149 del medesimo d.lgs. solo qualora detti interventi non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, circostanza non ricorrente nella fattispecie.

 

Vincolo paesaggistico ed abusi edilizi

3. La parte appellata si è costituita in giudizio, eccependo l’inammissibilità dell’appello in quanto si sarebbe formato il giudicato sulle statuizione della sentenza in epigrafe, non impugnate dall’appellante, relative alla mancanza sia di interventi di trasformazione di lastrico solare in terrazzo sia di elementi di innovazione, dato il proscioglimento della parte ricorrente in sede penale, a motivo
della mancanza di aumento di volume, di modifiche della sagoma o del prospetto del fabbricato. Con memoria depositata in data 23 settembre 2021, la parte appellata ha eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di procura speciale. Nel merito si chiede il rigetto dell’appello.
4. La causa, chiamata all’udienza del 26 ottobre 2021, è stata trattenuta in decisione.
5. Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni di inammissibilità del gravame proposte dalla parte appellata.
Tali eccezioni devono essere respinte.
L’appello è teso ad avversare il convincimento del Tar in ordine alla mancanza di opere di trasformazione di lastrico solare in terrazzo, come si evince in particolare dal secondo motivo d’appello, né assume rilievo in contrario la circostanza che non sia specificamente gravata la pronuncia in epigrafe, laddove richiama le motivazioni del proscioglimento della parte appellata in sede penale in quanto, ad avviso dell’appellante, qualsiasi alterazione dello stato dei luoghi in zona vincolata sarebbe assoggettata alla previa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica.
Inoltre, si constata che il mandato, in cui si delega il difensore “a rappresentare e difendere il Comune -OMISSIS- congiuntamente e disgiuntamente, nel giudizio di cui al presente ricorso”, apposto dopo l’ultima pagina dell’appello, ne reca la stessa data ed è chiaramente riferibile al gravame della sentenza in epigrafe.
6. Venendo all’esame dell’appello, il Collegio ritiene che la stretta connessione dei profili di diritto e di fatto rappresentati nei motivi ivi esposti ne consigli l’esame congiunto.
6.1. Occorre osservare che l’atto impugnato evidenzia in premessa, alla luce delle risultanze dell’istruttoria tecnica, che “l’area in cui ricade l’intervento è vincolata dal D.m. 31.1.1956, emesso ai sensi della parte terza, titolo I, art. 157 del Decreto Legislativo 22.01. 2004, n. 42, recante il Codice dei Beni Culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10, della legge 6 luglio 2002, n. 137” e che esso è adottato visto l’art. 27, co. 2, del d.lgs. n. 380/2004.
Deve rilevarsi che a tale fondamento dell’atto impugnato – come lamenta l’appellante con il primo motivo d’appello – non è riservata alcuna valutazione dalla pronuncia impugnata, nel presupposto che sia dimostrata la mancanza di opere atte a realizzare la trasformazione di un lastrico solare in terrazzo.
Tuttavia, tale conclusione non pare idoneamente supportata dalla documentazione in atti, come evidenzia l’appellante con il secondo motivo d’appello. Nel verbale di sequestro della Polizia Municipale in data 19 maggio 2006 si dichiara che alla superficie in questione si accede “scendendo la rampa di scale”, il che porta ad avallare la tesi comunale per cui tale rampa di scale “degradando dalla strada conduce scendendo all’appartamento”, sito al disotto della strada. Lo stesso verbale evidenzia la mancanza di ringhiera su un lato del manufatto: tale circostanza, come evidenziato dal terzo motivo del gravame, pare indicare la preesistente mancanza di strutture di protezione.
Tali elementi indicano una destinazione della superficie, preesistente ai controversi interventi, a lastrico solare, non già a terrazzo. Perciò, deve ritenersi che detti interventi abbiano prodotto quell’alterazione dello stato dei luoghi che, in zona vincolata richiede il previo titolo per la loro realizzazione. Non consente una diversa conclusione il proscioglimento della parte appellata in sede penale, in cui si è ritenuto che le opere in questione non comportassero aumento di volume, modifiche della sagoma o del prospetto del fabbricato. Infatti, secondo l’indirizzo di questo Consiglio, “in caso di vincolo paesaggistico sull’area, qualsiasi intervento edilizio idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica e in sua assenza è soggetto a sanzione demolitoria. Inoltre, in tali casi è sufficiente che si tratti di opere realizzabili mediante d.i.a., atteso che l’art. 27 del D.P.R. n. 380/2001, impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico” (Cons. Stato, sez. VI, 8 novembre 2021, n. 7426).
7. Dunque, l’appello deve essere ritenuto fondato e deve essere accolto.
Il regolamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso presentato in primo grado dalla parte appellata.
Condanna la stessa parte appellata alla rifusione, in favore dell’Amministrazione, delle spese processuali del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre s.g. e accessori di legge con rifusione del c.u. se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere, Estensore
Carmelina Addesso – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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