Verificatasi una causa d’interruzione del processo

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2526.

Verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata “edictio actionis” da quello della “vocatio in ius”, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”. Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice di ordinare, anche qualora sia già decorso il (diverso) termine di cui all’art. 305 c.p.c., la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un ulteriore termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, comma 3, e del successivo art. 307, comma 3, c.p.c..

Ordinanza|3 febbraio 2021| n. 2526

Data udienza 3 dicembre 2020

Integrale

Tag/parola chiave: Interruzione del processo – Onere processuale della tempestiva riassunzione – Assolvimento con il deposito della prima istanza – Notifica – Inerzia della parte

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 18688-2019 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 3007/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata l’08/05/2018;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio non partecipata del 03/12/2020, dal Consigliere Relatore Dott. Cristiano Valle.
osserva quanto segue:

FATTO E DIRITTO

L’avvocato (OMISSIS), unitamente all’avvocato (OMISSIS), venne convenuta in giudizio da (OMISSIS), per responsabilita’ professionale.
Il Tribunale di Roma rigetto’ la domanda nei confronti di entrambi i professionisti legali.
La Corte di Appello di Roma adita dal (OMISSIS) ha accolto l’impugnazione e condannato l’avvocato (OMISSIS) al pagamento di poco piu’ di undicimila Euro oltre interessi, e confermato il rigetto della domanda proposta nei confronti dell’avvocato (OMISSIS), gravando il (OMISSIS) delle spese della fase di appello in favore del (OMISSIS) e la (OMISSIS) di quelle di entrambe le fasi.
(OMISSIS) impugna la sentenza della Corte territoriale e ne chiede la riforma, con ricorso affidato a tre motivi.
(OMISSIS) e (OMISSIS) sono rimasti intimati.
La proposta del Consigliere relatore, di definizione in sede camerale, non partecipata, e’ stata ritualmente comunicata alle parti.
La parte ricorrente ha depositato memoria nel termine di legge.
Il primo motivo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., articoli 115, 116, 303, 305 e 307 c.p.c..
Il secondo mezzo afferma congiuntamente vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’articolo 112 c.p.c. e articoli 1176 e 2697 c.c. e vizio di omessa valutazione di un fatto determinante, ai sensi dell’articolo 360 codice di rito, n. 5.
Il terzo motivo deduce, pure congiuntamente, vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli articoli 83, 112, 115 e 116 c.p.c. e articolo 2697 c.c. e omessa valutazione di un fatto determinante, ai sensi dell’articolo 360 codice di rito, n. 5.
Il primo motivo di ricorso e’ manifestamente infondato: l’istanza di riassunzione venne tempestivamente proposta dal difensore del (OMISSIS) il 14/02/2014, nel termine di sei mesi dall’evento interruttivo, decorrente dal 16/09/2013, come riconosce la stessa ricorrente, e il Presidente della Corte emise proprio decreto il 19-20/02/2014, fissando termine per la notifica fino al 26/03/2014 e la sola proroga venne chiesta in data 28/03/2014 dopo la scadenza del detto termine (ordinatorio e non perentorio) per notificare ricorso e decreto a causa della notifica non andata a buon fine e, quindi, la proroga venne, una seconda volta, richiesta, ma oltre il termine semestrale e venne concessa dalla Corte, con provvedimento reso in udienza, fissandosi per la notifica dell’atto di riassunzione nuovo termine fino all’udienza del 15/10/2014.
La Corte di Appello di Roma correttamente ha, pertanto, rigettato l’istanza di estinzione formulata dalla (OMISSIS), dando continuita’ all’orientamento piu’ recente della giurisprudenza di legittimita’ (da ultimo di Cass. n. 09819 del 20/04/2018 Rv. 648428 – 01 che richiama Sez. U n. 14854 del 28/06/2006 Rv. 589898 – 01): “Verificatasi una causa d’interrnione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivaione del processo interrotto, destinato a realivarsi distinguendo il momento della rinnovata “edictio actionis” da quello della “vocatio in ius”, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’articolo 305 c.p.c., e’ riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicche’, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca piu’ alcun ruolo, atteso che la fissione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessita’ di assicurare il rispetto delle regole proprie della “vocatio in ius”. Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice di ordinare, anche qualora sia gia’ decorso il (diverso) termine di cui all’articolo 305 c.p.c., la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’articolo 291 c.p.c., entro un ulteriore termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinera’ l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso articolo 291, comma 3, e del successivo articolo 307 c.p.c., comma 3″.
Deve ribadirsi, pertanto, che l’onere processuale della tempestiva riassunzione e’ assolto con il deposito della prima istanza, in quanto la restante attivita’ attiene alla chiamata in giudizio (vocatio in ius) e all’ordine del giudice di rinotifica ove la notifica non sia andata a buon fine in applicazione dell’articolo 291 c.p.c. (l’estinzione si avrebbe ex articolo 291, comma 3, codice di rito solo in caso di inerzia della parte).
Non viene, quindi, in rilievo l’articolo 154 c.p.c. (e la ricorrente impugna richiamando Cass. n. 11260 del 20/05/2011 Rv. 618063 – 01 che solo in un obiter sembra discostarsi, come rileva Cass. n. 9819 del 2018, sopra richiamata, da Sez. U n. 14854 del 2006).
Il primo mezzo e’, pertanto, rigettato.
I restanti due motivi sono del tutto inammissibili in quanto essi attengono, sebbene formulati anche con riferimento al vizio di sussunzione, al giudizio di fatto, ossia chiedono a questa Corte il nuovo apprezzamento di fatti gia’ compiutamente vagliati dal giudice dell’impugnazione territoriale.
In particolare, essi si incentrano sull’interpretazione della domanda formulata dal (OMISSIS) nelle cause presupposte e da parte del giudice di primo grado di quelle cause, nelle quali la (OMISSIS) (e il (OMISSIS)) svolsero attivita’ difensiva per il (OMISSIS), e non propongono, pertanto, alcun vizio di violazione e (o) falsa applicazione delle norme di diritto (solo nominalmente) richiamate nelle loro epigrafi.
Il giudizio controfattuale risulta, peraltro, adeguatamente effettuato dalla Corte di merito con riferimento all’attivita’ professionale della (OMISSIS).
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Nulla per le spese di lite di questa fase di legittimita’ non essendovi controparti costituite.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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