Corte di Cassazione, civile, Sentenza|12 luglio 2022| n. 22013.
Vendita con patto di riservato dominio
Nella vendita con patto di riservato dominio, prevista dall’art. 1523 cod. civ. il quale stabilisce, inequivocabilmente, che l’effetto dell’acquisto della proprietà del bene si viene a verificare con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ancorché il compratore assuma i rischi dal momento della consegna, fino all’assolvimento dell’obbligo del pagamento dell’ultima rata, il venditore resta il solo proprietario e che, quindi, l’effetto traslativo si realizza solo con l’avveramento di detta condizione ma con efficacia “ex nunc”, evidenziandosi, altresì, che, in osservanza del disposto dell’art. 1524 cod. civ., la riserva di proprietà è anche opponibile ai creditori del compratore, se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento. La conseguenza che deriva da tale ricostruzione è che il compratore, nella forma contrattuale contemplata dal citato art. 1523 cod. civ., fino a tale esito finale comportante la produzione dell’effetto traslativo, non possiede il bene ma lo detiene, sulla scorta della consapevolezza della sussistenza del diritto di proprietà altrui
Sentenza|12 luglio 2022| n. 22013. Vendita con patto di riservato dominio
Data udienza 9 giugno 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Diritto di proprietà – Trasferimento – Scrittura privata – Clausole contrattuali – Interpretazione – Art. 1363 cc – Effetto traslativo – Volontà delle parti – Forma scritta – Necessità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 13105/17) proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale apposta a margine del ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), tutti rappresentati e difesi, in virtu’ di procura speciale alle liti rilasciata per notar (OMISSIS) del 29 giugno 2021 (rep. n. 8988), dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, in (OMISSIS);
– controricorrenti –
e
(OMISSIS) (O (OMISSIS)) e (OMISSIS);
– intimate –
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 234/2017 (pubblicata il 14 febbraio 2017);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2022 dal Consigliere relatore Aldo Carrato;
lette le conclusioni scritte del P.G., in persona del Sostituto Procuratore generale Alessandro Pepe, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie depositate, ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., dai difensori di entrambe le parti.
Vendita con patto di riservato dominio
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza n. 2789/2011, il Tribunale di Brescia, decidendo sulla causa introdotta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), rigettava le domande attoree dirette all’accertamento della loro qualita’ di proprietari del compendio immobiliare denominato “(OMISSIS)” (di cui alle particelle (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) del Comune censuario di Verolanuova), in forza di scritture private intercorse tra i danti causa delle parti in giudizio, nelle date del 27.12.1967, 11.11.1968 e 20.05.1975 e, comunque, per maturata usucapione; dichiarava assorbita la contrapposta domanda riconvenzionale proposta dai convenuti e poneva a carico degli attori l’onere delle spese.
A fondamento di detta decisione il Tribunale adito cosi’ argomentava:
– la scrittura privata recante la data 27.12.1967, denominata promessa di vendita, non era stata sottoscritta per accettazione dal promissario acquirente, ne’ la produzione in giudizio da parte degli eredi dell’oblato poteva valere come accettazione della proposta essendo medio tempore intervenuto il decesso del promittente;
– non era individuabile un effetto traslativo della proprieta’ nella scrittura privata in data 11.11.1968, costituendo la stessa semplice quietanza liberatoria, oltre che riconoscimento del diritto di proprieta’ in capo a (OMISSIS) non accompagnato, tuttavia, da un valido atto di trasferimento, ne’ un tale effetto poteva essere attribuito alla ulteriore dichiarazione rilasciata da (OMISSIS) in data 20.05.1975;
– la citata scrittura privata in data 27.12.1967, anche a volere riconoscere la sua successiva accettazione da parte del promissario acquirente, costituiva un contratto preliminare di compravendita con effetti semplicemente obbligatori per i promissari venditori, ne’ in epoca successiva era intervenuto il contratto definitivo di trasferimento del diritto di proprieta’;
– le parti attrici, del resto, non avevano avanzato domanda ex articolo 2932 c.c., e, in ogni caso, la relativa azione era da ritenere prescritta;
– quanto alla domanda di acquisto per usucapione, doveva ritenersi che sino al pagamento dell’ultima rata del prezzo, avvenuto nel 1995, la proprieta’ del compendio era rimasta in capo alla Cassa per la Formazione della piccola proprieta’ contadina e che non era, pertanto, configurabile l’animus possidendi in capo al dante causa delle parti attrici, anche in ragione del fatto che l’atto di vendita con riserva della proprieta’ aveva attribuito ai (OMISSIS) il solo godimento materiale del bene, stante il meccanismo delineato nell’articolo 1523 c.c., e costoro non potevano, quindi, aver trasferito a (OMISSIS) un animus di cui essi stessi erano carenti;
– dalla data dell’ultimo pagamento erogato alla citata Cassa alla proposizione della domanda non era decorso, per converso, il periodo ventennale richiesto dall’articolo 1158 c.c..
2. Decidendo sull’appello proposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) medio tempore deceduta, e nella costituzione degli appellati, la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 234/2017 (pubblicata il 14 febbraio 2017), lo rigettava, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Brescia e condannando gli appellanti in via solidale alla rifusione delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata pronuncia, la citata Corte di appello osservava che: – il documento in data 27.12.1967, sottoscritto da (OMISSIS) e (OMISSIS) (ma non anche da (OMISSIS)), costituiva una proposta preliminare di vendita del richiamato compendio immobiliare “(OMISSIS)”; – il secondo documento, datato 11.11.1968 e del pari sottoscritto dai soli (OMISSIS), faceva riferimento al primo ed in esso i sottoscrittori dichiaravano e confermavano che il prezzo di vendita era stato pagato, riconoscendo, pertanto, di essere stati completamente tacitati di ogni pretesa per la citata vendita, impegnandosi, anche per conto dei propri eredi o aventi causa, ad intervenire all’atto notarile e dichiaravano, infine, che gli immobili erano di proprieta’ di (OMISSIS), obbligandosi a corrispondergli l’affitto del fondo; – il terzo documento, in data 20.05.1975 e sottoscritto dal solo (OMISSIS), faceva riferimento al preliminare di vendita ed alla convenzione aggiuntiva con quietanza del prezzo, nonche’ all’atto di cessione di quote (intervenuto con (OMISSIS)), confermando tanto il preliminare che la convenzione aggiuntiva ed attestando, infine, che il prezzo era stato interamente pagato, oltre a riconoscere ancora che il compendio immobiliare dedotto in giudizio era di proprieta’ del citato (OMISSIS).
Cio’ posto, la Corte territoriale rilevava che la questione dell’equipollenza della produzione in giudizio delle scritture di cui sopra, non sottoscritte dal (OMISSIS) ad accettazione delle stesse, dovesse essere valutata tenendo conto del valore giuridico alle stesse attribuibile e, segnatamente, se fosse possibile desumere che le stesse costituivano proposte unilaterali (seguite dall’asserita accettazione perfezionata con la loro produzione in giudizio) di vendita dai (OMISSIS) a (OMISSIS).
A tal riguardo, la Corte bresciana riteneva che il primo dei documenti citati, del 27.12.1967, costituiva proposta preliminare di vendita, dal momento che con esse (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano impegnati a cedere al (OMISSIS), per il prezzo ivi determinato, e secondo la tempistica riportata, il podere “(OMISSIS)” ne’, stante la valenza meramente obbligatoria di tale atto, era di ostacolo a cio’ il fatto che, alla citata data del 27.12.1967, la proprieta’ del bene era ancora in capo alla Cassa per la Formazione della Piccola Proprieta’ Contadina, che l’aveva a sua volta venduta ai (OMISSIS) con riserva di diritto di proprieta’ ex articolo 1523 c.c., sino al pagamento dell’ultima rata del prezzo.
Rilevava ancora il giudice di appello che l’apprezzamento della valenza del secondo documento, in data 11.11.1968 ed anch’esso sottoscritto dai soli (OMISSIS), si presentava ancor piu’ problematico sul piano interpretativo.
In esso, invero, si faceva innanzitutto riferimento alla precedente promessa di vendita, dandosi atto dell’intervenuto integrale pagamento del prezzo ivi pattuito (secondo le modalita’ dinanzi ricordate) e, al tempo stesso, i sottoscrittori si erano impegnati ad intervenire all’atto notarile di vendita, dichiarando che gli immobili fossero di completa proprieta’ di (OMISSIS), al quale si impegnavano a pagare il relativo canone di affitto.
A sua volta il terzo documento, sottoscritto dal solo (OMISSIS) dopo la intervenuta cessione, in suo favore, della quota di competenza di (OMISSIS), riportava la conferma dell’intervenuto saldo, l’impegno ad intervenire all’atto notarile ed il riconoscimento della proprieta’ in capo al menzionato (OMISSIS).
Riteneva, quindi, la citata Corte di appello che all’atto dell’11.11.1968 ed a quello successivo del 20.5.1975 non poteva attribuirsi valore traslativo della proprieta’.
Cio’ perche’ dal contenuto degli stessi si evinceva una mera manifestazione dichiarativa (secondo cui la proprieta’ dei beni era da attribuire a (OMISSIS)) che, in quanto tale, non era idonea al trasferimento della proprieta’ immobiliare, essendo a tal fine necessario che l’effetto traslativo risultasse espresso attraverso una inequivoca esplicazione della relativa volonta’ negoziale. Tanto sul presupposto che l’acquisto a titolo derivativo di proprieta’ immobiliare puo’ avvenire solo mediante la stipula di un atto avente forma scritta, attraverso il quale i contraenti trasferiscono il diritto, ritenendosi non idoneo a tal fine un mero atto ricognitivo o dichiarativo che, in se’ e per se’, limita e circoscrive la sua portata al semplice riconoscimento di una determinata situazione giuridica.
Orbene, alla luce di tali argomentazioni, la Corte territoriale rilevava che dalle richiamate scritture private non era desumibile una chiara volonta’ traslativa, non potendo una tale conclusione desumersi, ex se, dagli incisi “riconosciamo di essere stati completamente tacitati di ogni nostro avere o pretesa per la sopracitata vendita ” o ” il prezzo di vendita e’ di lire 80.000.00 ci e’ stato pagato”, dovendosi, altresi’, considerare che dal documento in data 11.11.1968, il quale conteneva, nell’incipit la frase “in relazione alla promessa di vendita di data 27.12.196Z..”, poteva evincersi anche la sola presa d’atto che era intervenuto il pagamento del prezzo pattuito con lo stesso preliminare. Inoltre, anche l’espressione che i sottoscrittori si erano impegnati “ad intervenire, a semplice richiesta, all’atto notarile di vendita…”, stante la sua genericita’, non poteva essere inequivocamente interpretata.
Ne’ – considerava ancora la Corte bresciana – a diversa conclusione poteva condurre il riconoscimento del diritto di proprieta’ in capo al (OMISSIS), attestazione di per se’ non idonea a determinare l’effetto traslativo, ne’ il successivo impegno dei sottoscrittori a riconoscere come concedente lo stesso (OMISSIS), giacche’ anche tale manifestazione non necessariamente implicava un coevo trasferimento del diritto dominicale, ben potendo circoscrivere i propri effetti all’ambito obbligatorio.
A tal riguardo, la stessa Corte di appello evidenziava che nulla impediva alle parti, nell’esercizio della loro autonomia, di anticipare gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare e, dunque, di dare corso al pagamento del relativo prezzo e al trasferimento del godimento del bene al promissario acquirente, e persino di attribuirgli immediatamente i vantaggi economici che sarebbero conseguiti all’instaurando acquisto, senza che in cio’ potesse individuarsi una contestuale manifestazione di volonta’ traslativa.
Il giudice di appello poneva, altresi’, in rilievo che neppure era direttamente rilevante il comportamento successivo tenuto dalle parti, e dunque il fatto che il (OMISSIS), nell’adempimento dell’obbligo negoziale di accollo dei debiti dei (OMISSIS) verso la Cassa, avesse provveduto ai pagamenti dei ratei successivi, o ancora che i (OMISSIS) avessero corrisposto a costui i canoni di affitto, trattandosi di dati fattuali che ben potevano essere riferiti all’assetto dei rapporti obbligatori tra le parti, ma non potevano sostituire il dato formale sopra ricordato.
Ne’ a diversa conclusione avrebbe potuto condurre l’esame del terzo documento, sottoscritto peraltro dal solo (OMISSIS), in data 20.5.1975 (oltretutto coevo all’atto di cessione della quota della costituenda proprieta’ da (OMISSIS) e (OMISSIS)), giacche’ anche in questo caso si era in presenza di una manifestazione di volonta’ di natura ricognitiva che, per quanto, dinanzi esposto, non era idonea a determinare il trasferimento del diritto di proprieta’.
Conclusivamente, la Corte bresciana riteneva che non fosse condivisibile l’assunto propugnato dagli appellanti secondo cui ai documenti richiamati, in particolare quelli in data 11.11.1968 e in data 20.5.1975, andava attribuita valenza traslativa del diritto di proprieta’ del compendio immobiliare, dovendosi ad essi attribuire un’efficacia obbligatoria e meramente dichiarativa. Cio’ rendeva, dunque, superfluo l’esame della prospettata problematica relativa alla equipollenza della produzione in giudizio, da parte degli eredi (OMISSIS), ad accettazione delle proposte ivi formulate, nonche’ l’ulteriore profilo della eventuale nullita’ dell’atto di trasferimento per violazione della L. n. 47 del 1985, articolo 18.
La Corte di secondo grado rilevava, inoltre, l’infondatezza dei motivi di gravame relativi alla dichiarata esclusione, con la sentenza di prime cure, delle condizioni per l’acquisto a titolo di usucapione del controverso compendio immobiliare, difettando l’univocita’ di riscontri probatori implicanti il riconoscimento della proprieta’ in capo al (OMISSIS), ponendo in risalto, altresi’, l’incompatibilita’ tra animus possidendi e vendita con riservato dominio, ritenendo, in conclusione, che non poteva condividersi l’assunto secondo cui, sin dal 1968, il (OMISSIS) aveva acquisito il possesso del podere, anche solo con l’animus.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS).
Hanno resistito con controricorso (contenente un motivo di ricorso incidentale condizionato) gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte e i difensori di tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
Vendita con patto di riservato dominio
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1350 c.c., per avere la Corte di appello di Brescia ritenuto che le scritture del 1968 e del 1975 non contenessero una idonea manifestazione della volonta’ di vendere, malgrado la necessita’ della forma scritta che la legge impone per determinati tipi di atti non implichi affatto subordinare la validita’ del negozio all’utilizzo di dichiarazioni solenni o a carattere predefinito, potendosi desumere il consenso diretto a produrre l’effetto traslativo anche da dichiarazioni che implichino univocamente l’esternazione di detta volonta’.
2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione o falsa applicazione degli articoli 1325, 1343 e ss. e 1470 c.c., per aver la citata Corte di appello qualificato la scrittura privata del 1968 quale mero atto ricognitivo e, come tale, inidoneo al trasferimento del diritto di proprieta’. Pertanto, si sostiene la mancata applicazione dei principi enunciati da questa Corte, secondo cui la possibilita’ di attribuire efficacia costitutiva ad una dichiarazione ricognitiva dell’altrui diritto dominicale su di un bene immobile, presuppone che anche la causa della dichiarazione risulti dall’atto, atteso che trattandosi di un bene immobile, per il cui trasferimento e’ necessaria la forma scritta ad substantiam, tutti gli elementi essenziali devono risultare per iscritto, posto che nei documenti da essa esaminati la causa e’ chiaramente enunciata, sia mediante l’espresso richiamo alla precedente promessa di vendita, sia mediante l’esplicita indicazione nello specifico titolo giuridico.
Vendita con patto di riservato dominio
3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato – in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli articoli 1363 e 1362 c.c., sul presupposto dell’asserita inosservanza, nell’impugnata sentenza, del precetto che impone come l’interpretazione delle clausole contrattuali debba avvenire “le une per mezzo delle altre” (nella specie quelle concernenti la riconosciuta attualita’ del diritto di proprieta’ del (OMISSIS) sul fondo controverso), nonche’ tenendo conto del “complesso dell’atto”, con la conseguenza che, nel caso di specie, non poteva dubitarsi – soprattutto con riferimento al contenuto delle scritture private in data 11.11.1968 e in data 20.5.1975 – della inequivoca manifestazione della volonta’ di alienazione da parte dei (OMISSIS) in favore dello stesso (OMISSIS) del compendio immobiliare, avuto riguardo anche al criterio ermeneutico dell’effettiva “intenzione” dei contraenti e di quello riferito al loro comportamento complessivo.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli articoli 1146, 1140 e 1523 c.c., nonche’ la violazione o falsa applicazione degli articoli 1363 e 1362 c.c., nella parte in cui il giudice di appello aveva affermato l’incompatibilita’ fra acquisto con riservato dominio ed animus possidendi.
5. Con la quinta censura i ricorrenti hanno denunciato – con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione degli articoli 1140 e 1146 c.c., deducendo l’erroneita’ dell’impugnata sentenza laddove, in merito alla domanda di usucapione, aveva escluso che fosse insorto, in capo al (OMISSIS), il necessario animus possidendi a seguito della stipula della scrittura 11.11.1968, con la quale lo stesso aveva ceduto in affitto il fondo ai (OMISSIS) (e cio’ in quanto la qualita’ di concedente nel rapporto di affitto non presuppone la titolarita’ della proprieta’ e non costituisce quindi esercizio del possesso).
Vendita con patto di riservato dominio
6. Con la sesta ed ultima doglianza i ricorrenti hanno dedotto – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione o falsa applicazione dell’articolo 1166 c.c., sul presupposto che la Corte di appello aveva travisato il principio secondo cui l’impedimento derivante da condizione o termine concerne l’acquirente sotto condizione sospensiva nell’usucapione ordinaria degli immobili e non puo’ essere opposto a chi, essendo del tutto estraneo al negozio condizionale, sia comunque venuto in possesso del bene costituente oggetto del negozio medesimo.
7. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato i controricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e con riguardo ai motivi dal quarto al sesto del ricorso principale – la violazione o falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4), avendo la Corte di appello di Brescia operato una erronea acquisizione di un dato probatorio circa l’effettiva instaurazione tra i sigg. (OMISSIS), quali diretti coltivatori insediati sul bene, ed il (OMISSIS), di un rapporto di affittanza.
8. Rileva il collegio che i primi tre motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente, siccome strettamente connessi,
attenendo alla questione relativa alla riconoscibilita’ o meno della
configurazione di un’attivita’ riconducibile ad una vendita delle proprieta’ immobiliari di cui ai contratti riconducibili alle tre scritture private dedotte
in giudizio, e, in speciale modo, alla stregua delle condizioni e delle clausole emergenti da quelle in data 11.11.1968 e 20.5.1975, risultando pacifica, invece, la qualificazione della prima del 27.12.1967 (e lo riconoscono gli stessi ricorrenti) come contratto preliminare, avente, percio’, solo effetti obbligatori.
Essi sono infondati per le ragioni che seguono.
Vendita con patto di riservato dominio
Diversamente da quanto prospettato dalle parti ricorrenti, i due successivi atti stipulati in ordine temporale, in effetti, si risolvono – sulla base del loro complessivo contenuto (puntualmente evidenziato nell’impugnata sentenza ed adeguatamente valutato dalla Corte di appello) – in meri atti di ricognizione del diritto di proprieta’ degli immobili dedotti in controversia. Quindi, difetta, al riguardo, l’atto negoziale di trasferimento immobiliare (che, ovviamente, non puo’ corrispondere ad un contratto preliminare, avente meri effetti obbligatori), il quale – come e’ pacifico – e’ indispensabile affinche’ i diritti (per l’appunto, immobiliari) che ne costituiscono l’oggetto possano essere trasferiti per iscritto (requisito richiesto ad substantiam ai sensi dell’articolo 1350 c.c.), che non puo’ essere, quindi, surrogato da un semplice atto ricognitivo, il quale, infatti, presuppone l’esistenza e la validita’ dell’atto oggetto del riconoscimento.
A tal proposito, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 9687/2003, Cass. n. 20198/2004 e, piu’ recentemente, Cass. n. 7055/2016) e’ univoca nell’affermare che, ai fini dell’acquisto a titolo derivativo della proprieta’ di un bene immobile, non puo’ ritenersi idoneo un negozio di mero accertamento, che puo’ eliminare incertezze sulla situazione giuridica, ma non sostituire il titolo costitutivo, essendo necessario, invece, un contratto con forma scritta dal quale risulti la volonta’ attuale delle parti di determinare l’effetto traslativo (e, nello specifico, la Corte bresciana ha correttamente escluso che anche a singole e piu’ precise espressioni – quali quelle riportate alle pagg. 10-11 della motivazione dell’impugnata sentenza, richiamata in narrativa potesse ricondursi la produzione di siffatta efficacia), sicche’ e’ irrilevante che una delle parti, anche in forma scritta, faccia riferimento ad un precedente rapporto qualora questo non sia documentato (come nel caso della mera esteriorizzazione di una dichiarazione unilaterale ricognitiva della proprieta’ altrui).
L’aspetto dirimente della mancanza dell’atto traslativo presupposto si connota come un aspetto preliminare, che – come esattamente rilevato nell’impugnata sentenza – comporta il superamento della questione sulla prospettata equipollenza della produzione in giudizio delle tre scritture in discorso alla loro sottoscrizione.
Vendita con patto di riservato dominio
Del resto, su un piano generale, la supposta equivalenza puo’ valere per gli atti negoziali bilaterali ma non per gli atti unilaterali meramente ricognitivi che attestano un trasferimento che si da’ per avvenuto e che, quindi, non contengono alcuna proposta da accettare (per l’appunto mediante l’acquisizione in sede processuale). E cio’ senza trascurare la circostanza, pure rilevante, che la produzione in giudizio di tali scritture e’ stata operata dagli eredi dell’asserito acquirente, nel mentre e’ solo la parte originaria che, con la produzione in ambito giudiziale, puo’ far proprio un atto che presupponeva la sua sottoscrizione, non potendo, percio’, sopperirvi gli eredi, atteso che la manifestazione di volonta’ contrattuale, propria del soggetto contraente, non puo’ essere espressa da altri (v. Cass. n. 3810/2004 e Cass. n. 12120/2006).
Occorre, inoltre, aggiungere che gli eredi del (OMISSIS) hanno, peraltro, inteso invocare un avvenuto trasferimento delle proprieta’ immobiliari oggetto del contendere in favore del loro suddetto de cuius, obliterando la rilevanza della circostanza che i beni erano stati venduti alla Cassa per la formazione della piccola proprieta’ contadina e, poi, da questa alienati a (OMISSIS) e (OMISSIS) con patto di riservato dominio, riconoscendosi, peraltro, nella scrittura privata dell’11 novembre 1968 che alla citata Cassa erano dovute ancora 28 rate annuali per il completamento del pagamento del prezzo e che, solo con atto del 30 maggio 1997, detta Cassa ebbe a dichiarare che l’intero prezzo era stato corrisposto e che, quindi, il patto di riservato dominio aveva perso la sua efficacia. Pertanto, prima di quest’ultima data, nessun trasferimento della proprieta’ sarebbe potuto avvenire dai (OMISSIS) al (OMISSIS), per il semplice fatto che o (OMISSIS) non ne erano divenuti proprietari.
Tanto in virtu’ della natura propria e degli effetti che sono riconducibili alla figura della vendita con patto di riservato dominio, prevista dall’articolo 1523 c.c., il quale stabilisce, inequivocabilmente, che l’effetto dell’acquisto della proprieta’ del bene si viene a verificare con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ancorche’ il compratore assuma i rischi dal momento della consegna.
Vendita con patto di riservato dominio
La giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Cass. n. 2126/1980 e, da ultimo, Cass. n. 27128/2021) – nell’esaminare la peculiarita’ di questa forma di vendita (riferibile come oggetto anche ai beni immobili: cfr. Cass. n. 2167/1980) – si e’ espressa in modo del tutto conforme al dato testuale (opzione interpretativa privilegiata anche dalla dottrina assolutamente maggioritaria), con la conseguenza che, fino all’assolvimento dell’obbligo del pagamento dell’ultima rata, il venditore resta il solo proprietario e che, quindi, l’effetto traslativo si realizza solo con l’avveramento di detta condizione ma con efficacia ex nunc, evidenziandosi, altresi’, che, in osservanza del disposto dell’articolo 1524 c.c., la riserva di proprieta’ e’ anche opponibile ai creditori del compratore, se risulta da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento.
La conseguenza che deriva da tale ricostruzione e’ che il compratore nella forma contrattuale contemplata dall’articolo 1523 c.c., fino a tale esito finale comportante la produzione dell’effetto traslativo, non possiede il bene ma lo detiene, sulla scorta della consapevolezza della sussistenza del diritto di proprieta’ altrui.
In definitiva, alla stregua del riferito impianto argomentativo, i primi tre motivi del ricorso vanno respinti.
9. Anche le successive tre censure – esaminabili unitariamente in quanto connesse, siccome relative alla critica avverso il rigetto dell’appello in ordine ai motivi attinenti alla domanda di usucapione (pure respinta dal giudice di primo grado) – sono prive di fondamento e vanno disattese.
Proprio in virtu’ della focalizzazione dello sviluppo della complessa vicenda dedotta in giudizio e degli effetti conseguenti alla vendita con patto di riservato dominio, e’ corretto il ragionamento svolto dalla Corte di appello laddove, proprio sul presupposto che nessuno puo’ trasferire a terzi un diritto di cui non e’ titolare, non poteva affermarsi che, in forza delle dichiarazioni contenute nelle scritture dell’11 settembre 1968 e del 20 maggio 1975, i (OMISSIS) potessero aver trasferito al (OMISSIS) l’esercizio, in via di fatto, di un possesso, anche solo animus, del compendio in questione, proprio perche’ essi non lo avevano invero precedentemente acquisito, ma ne erano rimasti meri detentori.
Altrettanto esattamente la Corte territoriale ha sostenuto l’irrilevanza, ai fini della possibile configurazione di una condizione di possessore in capo al (OMISSIS), della circostanza che quest’ultimo si fosse accollato l’obbligo di effettuare i versamenti delle residue rate in favore della Cassa della piccola proprieta’ contadina, avendo tale condotta comportato la mera sostituzione sul piano soggettivo dell’adempiente, senza, tuttavia, modificare la qualita’ di detentore dei beni (persistita sino al momento del compimento dell’effetto traslativo finale, dichiarato come avvenuto dalla citata Cassa solo con atto unilaterale notarile del 30 maggio 1997, per quanto riconosciuto dagli stessi ricorrenti: v. pag. 6, punto 1.9, del ricorso).
Vendita con patto di riservato dominio
Ugualmente condivisibile e conforme a diritto e’ l’ulteriore argomentazione della Corte bresciana secondo la quale nemmeno attraverso la dichiarazione ricognitiva con contestuale assunzione della qualita’ di meri affittuari del compendio resa nella piu’ volte ricordata scrittura dell’11 novembre 1968 si sarebbe potuta configurare l’insorgenza, in capo al (OMISSIS), dell’animus possidendi, posto che il mero fatto della percezione dei canoni di affitto non costituisce, in se’, l’esercizio di fatto di un diritto dominicale, essendo pacifico che la qualita’ di concedente (o locatore) viene riconosciuta a chi attribuisce negozialmente ad altri il godimento del bene, anche indipendentemente dalla titolarita’ del diritto di proprieta’ sullo stesso.
Il giudice di appello ha, quindi, conseguentemente ritenuto che il pagamento dei canoni di affitto non ha costituito altro, da parte dei (OMISSIS), che l’adempimento di un contratto con effetti obbligatori incasellatosi nel piu’ ampio e complesso rapporto giuridico instauratosi con il (OMISSIS), caratterizzato dall’immediata percezione, da parte dello stesso, di vantaggi economici riconducibili al futuro trasferimento della proprieta’ del compendio, in realta’ non perfezionatosi tra le parti, ma con la realizzazione del finale effetto traslativo proveniente dalla indicata Cassa, effettiva proprietaria (e nei cui confronti avrebbero dovuto essere opposti eventuali atti comportanti l’interversio possessionis), solo per effetto del pagamento dell’ultima rata della vendita ex articolo 1523 c.c..
Da tutti questi elementi adeguatamente valutati (con apprezzamento delle circostanze fattuali accertate ed insindacabili nella presente sede di legittimita’), consegue, quindi, che la Corte di appello ha correttamente escluso che il (OMISSIS) avesse acquisito il possesso del conteso compendio immobiliare sin dal 1968, anche solo sotto forma di animus possidendi, cosi’ rilevando l’insussistenza di un valido possesso ad usucapionem.
10. In conclusione, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso principale deve essere integralmente respinto, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato formulato dai controricorrenti.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiche’ il ricorso principale e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ stato rigettato, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto l’articolo 13, comma 1 quater, del testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 – della sussistenza, a carico dei ricorrenti, in solido, dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato.
Condanna i ricorrenti principali, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 12.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply