Valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell’infrazione disciplinare

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 24 luglio 2019, n. 5226.

La massima estrapolata:

La valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell’infrazione disciplinare è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, la quale si esprime al riguardo con un giudizio dell’organo collegiale, la Commissione di disciplina, che il giudice amministrativo in sede di legittimità non può sindacare nel merito, ma solo in quanto abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell’istruttoria.

Sentenza 24 luglio 2019, n. 5226

Data udienza 18 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1274 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Ca., St. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
ed altri non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente P.I.: ANNULLAMENTO DELLA DETERMINAZIONE DEL COMANDANTE INTERREGIONALE DELL’ITALIA MERIDIONALE DELLA GUARDIA DI FINANZA DEL -OMISSIS-CON LA QUALE È STATA DISPOSTA LA PERDITA DI GRADO PER RIMOZIONE.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze e di Guardia di Finanza – Comando Generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 luglio 2019 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati Fr. Ca. e l’Avvocato dello Stato An. Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

L’odierno appellante, già appuntato scelto nel Corpo della Guardia di Finanza, nel dicembre del 2012, a seguito di un controllo da parte di una pattuglia dei Carabinieri, è risultato in possesso di grammi 1,05 di cocaina.
Il predetto, sottoposto a drug test, è nell’immediato risultato positivo a detta sostanza stupefacente, mentre ulteriori accertamenti disposti nel prosieguo in ambito ospedaliero hanno dato esito negativo.
Sottoposto a visita psichiatrica il militare ha dichiarato di aver fatto uso di tale sostanza stupefacente in sei occasioni, su istigazione di una persona con la quale all’epoca intratteneva una relazione extraconiugale.
Successivamente, peraltro, il militare ha disconosciuto la veridicità di tale affermazione e, nell’ambito di memoria difensiva, ha chiarito di aver fatto uso della sostanza stupefacente solo in quell’unica occasione.
A seguito dell’inchiesta disciplinare, avendo la Commissione di disciplina ritenuto l’interessato non meritevole di conservare il grado, il Comandante interregionale dell’Italia meridionale del Corpo con determina in data -OMISSIS-gli ha inflitto la sanzione della perdita del grado per rimozione.
Dopo aver inutilmente esperito ricorso gerarchico, il militare ha impugnato tale sanzione avanti al TAR Campania il quale con la sentenza in epigrafe indicata ha però respinto il gravame.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi in esame dal soccombente che ne ha chiesto l’integrale riforma deducendo articolati motivi di impugnazione.
Si è costituita in resistenza l’appellata Amministrazione..
Le Parti hanno depositato memorie, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 18 luglio 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello non è fondato e va pertanto respinto con integrale conferma della sentenza gravata.
Con il primo e secondo motivo l’appellante sostiene che l’Amministrazione ha applicato la gravissima sanzione espulsiva senza tenere conto della assoluta occasionalità dell’episodio contestato e degli ottimi precedenti di carriera dell’incolpato.
Con il terzo e quarto motivo l’appellante deduce il carattere assolutamente sproporzionale della sanzione inflittagli, dimostrato dal fatto che – ad esempio – per gli appartenenti alla Polizia di Stato la destituzione è prevista solo nel caso di recidiva nell’uso di stupefacenti e non nell’ipotesi di primo episodio, sanzionata con la sospensione dal servizio.
I mezzi, che possono esser unitariamente scrutinati attesa la reciproca interconnessione, non sono fondati.
Per quanto riguarda la dedotta sproporzione della sanzione, è innanzi tutto da rilevare che la valutazione in ordine al rilievo e alla gravità dell’infrazione disciplinare è rimessa alla discrezionalità dell’Amministrazione, la quale si esprime al riguardo con un giudizio dell’organo collegiale (la Commissione di disciplina) che il giudice amministrativo in sede di legittimità non può sindacare nel merito, ma solo in quanto abnorme o illogico in rapporto alle risultanze dell’istruttoria.
Nel caso all’esame tali profili di illogicità non sussistono, in quanto la condotta dell’appellato risulta di oggettiva gravità in relazione all’appartenenza dello stesso ad un Corpo militare come la Guardia di Finanza tra le cui prioritarie finalità istituzionali rientra proprio il contrasto ai fenomeni di criminalità connessi al traffico e allo spaccio di stupefacenti.
In altri termini, è evidente la contrapposizione tra il comportamento assunto dal dipendente, le finalità istituzionali del Corpo ed i doveri derivanti dal giuramento prestato e tale contrapposizione rende logicamente incompatibile la permanenza in servizio del militare.
Del resto, come evidenziato da costante giurisprudenza della Sezione, è intuitivo, secondo comuni canoni di logica ed esperienza, che il consumo di stupefacenti comporta – in via diretta o indiretta – un’inevitabile contiguità o comunque contatto con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti spacciatori, operanti nell’illegalità e dediti a traffici che il Corpo ha, invece, proprio la missione istituzionale di reprimere. (cfr. IV Sez. n. 5684 del 2018).
Concludendo sul punto, il provvedimento espulsivo oggetto di contestazione non si connota come abnorme o sproporzionato, tenuto conto appunto delle funzioni repressive del traffico di stupefacenti specificamente assegnate ai militari della Guardia di Finanza (cfr. IV Sez. n. 307 del 2018).
Per quanto concerne, infine, l’omessa considerazione dell’assenza di precedenti disciplinari a carico dell’interessato e dei buoni precedenti di carriera dello stesso, è sufficiente ribadire che le sanzioni di stato non possono essere graduate, sicché, una volta accertata la violazione del giuramento e una volta accertato il venir meno delle doti morali necessarie per l’appartenenza alla Guardia di Finanza con conseguente interruzione del rapporto fiduciario che deve necessariamente intercorrere tra il militare e l’Istituzione di appartenenza, la continuazione del rapporto di impiego ne è inevitabilmente preclusa.
Quanto al diverso regime disciplinare previsto per gli appartenenti alla Polizia di Stato, è da osservare – in aggiunta a quanto esposto sulla specifica missione istituzionale della Guardia di Finanza – che gli appartenenti alla Polizia di Stato hanno uno status civile mentre gli appartenenti al Corpo hanno uno status militare, che comporta obblighi di servizio specifici ed ulteriori rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici.
Sotto il profilo procedimentale l’appellante torna a dedurre l’incompetenza del Comandante interregionale e sostiene che la sanzione avrebbe potuto esser inflitta solo dal Comandante Generale del Corpo.
Il mezzo non è fondato.
L’art. 2149 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, nel dettare specifiche “disposizioni in materia di disciplina militare per il personale del Corpo della Guardia di Finanza”, prevede (comma 2) che:
“La potestà sanzionatoria di stato per il personale del Corpo della Guardia di finanza compete:
a) al Ministro dell’economia e delle finanze nei confronti degli ufficiali generali e colonnelli;
b) al Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza nei confronti del restante personale”.
Dalla chiara previsione normativa consegue a tutta evidenza che, laddove, all’esito del procedimento disciplinare, l’amministrazione si determini per l’irrogazione di una sanzione di stato al militare che non abbia il grado di generale o colonnello, la competenza all’adozione del relativo provvedimento è del Comandante generale, e quindi legittimamente (come avvenuto nel caso di specie), su espressa delega di questi può provvedere il Comandante Interregionale.
Infatti, come ben evidenziato dal TAR, ai sensi degli artt. 16 e 17 TU n. 165 del 2001 richiamato dall’art. 2931 C.O.M., deve ritenersi sussistente un generale potere di delega alle Autorità sottoordinate da parte del Comandante Generale per quanto riguarda i provvedimenti inerenti la gestione del personale.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto, con conferma della sentenza impugnata.
Le spese di questo grado del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna -OMISSIS- al pagamento di euro 2000,00 (duemila/00), oltre spese generali IVA e CPA se dovuti, in favore del Comando generale del Corpo della Guardia di Finanza per spese e onorari del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e all’articolo 9, paragrafi 1 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 e all’articolo 2-septies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *