L’urbanistica concerne la disciplina dell’uso del territorio

Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 1 aprile 2019, n. 2117.

La massima estrapolata:

L’urbanistica concerne la disciplina dell’uso del territorio -art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977- e non solo quel particolare uso consistente nella edilizia: vi rientrano, pertanto, tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonchè la protezione dell’ambiente. Ne consegue che mentre per le opere di trasformazione di tipo fondiario non è normalmente richiesta la concessione, l’atto concessorio di tipo urbanistico è, invece, necessario allorchè la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti, livellamenti finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, compresi quelli turistici o sportivi.

Sentenza 1 aprile 2019, n. 2111

Data udienza 21 marzo 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5087 del 2007, proposto dal Comune di Brescia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Ra., Ma. Ra., Fr. Mo. ed An. Or. con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ra. in Roma, via (…);
contro
La s.r.l. Tr. Li., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ga. Pa. e Re. Pu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Pa. in Roma, viale (…);
Signore Co. Ro. ed altri, non costituitesi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, – Sezione Staccata di Brescia n. 405/2006- resa tra le parti, concernente una ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione di materiale ghiaioso.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della s.r.l. Tr. Li.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Pa. Ra. e Ga. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe appellata, n. 405/2006 il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Sezione Staccata di Brescia- ha accolto il ricorso n. 91 del 2001, corredato da motivi aggiunti, proposto dalla s.r.l. Tr. Li. e dai signori Co. Ro. ed altri, volto ad ottenere l’annullamento del provvedimento comunale del 16 novembre 2001 di ingiunzione a ripristinare lo stato dei luoghi mediante rimozione del materiale ghiaioso.
2. Gli originarii ricorrenti avevano articolato plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere, in sostanza lamentando la erroneità della tesi comunale secondo cui le opere realizzate necessitassero di concessione ad edificare di cui all’art. 1 della legge n. 10 del 1977 e fossero in contrasto con l’art. 38 bis delle norme di attuazione del p.r.g.,
3. Il Comune di Brescia si era costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso in quanto infondato.
4. Con la sentenza impugnata, il T.a.r ha accolto il ricorso, sui seguenti rilievi:
a) l’intervento oggetto del giudizio consisteva nella posa di ghiaia su un terreno erboso per una superficie di circa mq 1296, effettuata al fine di rendere possibile il parcheggio dei camion della società di trasporti originaria ricorrente;
b) tale “opera” non necessitava di concessione ad edificare, in quanto consistente nella mera posa di materiale facilmente asportabile non implicante un quid pluris idoneo a rendere la situazione non reversibile;
c) il provvedimento impugnato era viziato anche laddove fondava l’ordine di ripristino sulla contrarietà dell’intervento all’art. 38 delle n. t.a. del p.r.g. allora vigente, in quanto:
I) l’area di proprietà degli originarii ricorrenti ricadeva in zona F5 – Parco delle Ca.- soggetta, all’epoca in cui venne realizzato l’intervento, all’art. 38 bis delle n. t.a. del p.r.g., che prevedeva che “l’intera zona è destinata a parco da realizzarsi mediante piano attuativo unitario con acquisizione di terreno e convenzioni circa l’uso pubblico di aree, attrezzature e laghi di cava. L’attività di escavazione è consentita se finalizzata al recupero per attrezzature di uso pubblico per il tempo libero e disciplinata da apposite convenzioni ai sensi della l.r. 18/82 ed in conformità con le indicazioni del vigente piano cave. Il progetto del parco disciplinerà gli usi particolari dei suoli nonché le particolari categorie di attrezzature. Per gli edifici esistenti sono ammessi il restauro e la ristrutturazione nei limiti di cui al precedente art. 4, nell’ambito delle destinazioni esistenti. E’ consentito altresì un aumento fino al 10% della slp esistente per una sola volta, esclusivamente per l’installazione di servizi igienici e tecnologici e per il miglioramento delle condizioni abitative degli alloggi. Sono ammissibili interventi di sistemazione a terra e di realizzazione di posti macchina interrati nell’ambito delle pertinenze che non superino il 150 della slp. Per le installazioni per lo sport ed il tempo libero esistenti, oltre le operazioni per gli edifici sopra descritte, sono ammessi nuovi interventi a terra per il soddisfacimento del fabbisogno arretrato di parcheggi e arredo verde”;
II) non era ravvisabile (al contrario di quanto sostenuto dagli originarii ricorrenti) alcun vincolo di carattere espropriativo, la previsione suddetta aveva carattere meramente conformativo della proprietà privata, e, per questo, non era soggetta all’applicazione della normativa di cui all’art. 2 della legge n. 1187 del 1968 (come correttamente sostenuto dall’amministrazione resistente): purtuttavia, per le sue caratteristiche concrete, l’intervento posto in essere, (non comportante una modificazione permanente dello stato dei luoghi) non ea incompatibile con le previsioni dell’art. 38 bis delle n. t.a. citato, poiché esso non pregiudicava la realizzazione del parco previsto nella zona, previa adozione del piano attuativo, né consisteva in una attività esplicitamente vietata dalla norma stessa:
III) posto che l’intervento non era significativo dal punto di vista dell’immutazione dello stato dei luoghi, non si poteva in alcun modo sostenere che fosse incompatibile con la destinazione impressa alla zona dal riportato art. 38, sulla cui attuazione non influiva.
5. L’amministrazione comunale originaria resistente, rimasta soccombente nel giudizio di prime cure, ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe, chiedendo la sua riforma, sostenendo che:
a) era stata realizzata una modificazione dell’assetto dei terreni, essendosi realizzato uno spazio adeguato al deposito ed al parcheggio dei mezzi pesanti mediante lo scoticamento del manto erboso per una superficie di circa mq 1296 e successiva copertura con uno strato di materiale ghiaioso misto;
b) detta trasformazione necessitava di provvedimento concessorio;
c) l’intervento si poneva altresì in contrasto con l’art. 38 bis del PRG all’epoca dei fatti vigente, disciplinante la zona F5 – Parco delle Ca. in cui ricadevano i terreni in oggetto, a mente del quale “l’intera zona è destinata a…varco da realizzarsi previo piano attuativo unitario con acquisizione di terreno e convenzioni circa l’uso pubblico di aree, attrezzature e laghi di cava”..”per gli edifici esistenti sono ammessi il restauro e la ristrutturazione nei limiti di cui al precedente art. 4. nell’ambito delle destinazioni esistenti”.
6. In data 25 ottobre 2007, la s.r.l. Tr. Li. si è costituita nell’odierno giudizio di appello, chiedendo la reiezione del ricorso in appello in quanto infondato.
7. In data 13 febbraio 2019 il Comune di Brescia ha depositato una memoria, puntualizzando e ribadendo le proprie difese e facendo presente che la migliore riprova della stabilità e permanenza dell’opera realizzata era fornita dalla circostanza che l’assetto del territorio era rimasto identico a quello immutato (illegittimamente) dagli originarii ricorrenti.
8. Alla pubblica udienza del 21 marzo 2019 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto, nei sensi di cui alla motivazione che segue, con conseguente riforma dell’impugnata decisione, reiezione del ricorso di primo grado, e reviviscenza degli effetti degli atti impugnati.
11. In via preliminare, il Collegio rileva che;
a) la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite e di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio;
b) gli originarii ricorrenti non hanno riproposto motivi rimasti assorbiti, né hanno impugnato il capo della sentenza nel quale è stato escluso che la disciplina impressa sull’area concretasse un vincolo di natura espropriativa: ne consegue che gli unici profili devoluti alla cognizione di questo Collegio riposano nelle censure proposte dal Comune appellante, dovendosi anche considerare che è rimasta del pari incontestata la consistenza dell’intervento realizzato, riposante nello scoticamento del manto erboso per una superficie di circa mq 1296 e successiva copertura con uno strato di materiale ghiaioso misto.
2. Le censure proposte dal Comune sono fondate, in quanto:
a) la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del suolo, poiché tale trasformazione può esservi solo quando vi è un titolo edilizio, il cui rilascio è subordinato al rispetto delle previsioni dello strumento urbanistico;
b) un intervento che attui una rilevante trasformazione urbanistica del territorio – e che altera ad esempio la destinazione agricola di un terreno, perciò solo rappresenta un “intervento di nuova costruzione”, assoggettato al previo rilascio del permesso di costruire, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, comma 1, lett. e), e 10 del D.P.R. n. 380/01;
c) questa Sezione poi (Cons. Stato Sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5539; Cons Stato Sez. IV, 21 aprile 2006, n. 2258) ha rilevato (il riferimento è alla antevigente legislazione, ma la questione non muta alla luce del T.U. n. 380 del 2001) che “vero è che il contributo relativo al costo di costruzione (art. 6 della legge n. 10 del 28 gennaio 1977, c.d. legge “Bucalossi”) è riconducibile all’attività costruttiva ex se considerata; nondimeno, trattandosi di un prelievo paratributario, il corrispettivo in questione è comunque dovuto in presenza di una “trasformazione edilizia” che indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione”;
d) ad analoghi approdi, è pervenuto il giudice penale (Cass. pen., Sez. III, 24 gennaio 2006, n. 6444:” in tema di tutela del paesaggio, la attività di livellamento del terreno per la realizzazione di un campo da golf in zona sottoposta a vincolo non rientra tra quelle non soggette ad autorizzazione, di cui all’art. 149 del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, e la sua esecuzione in difetto di autorizzazione configura il reato di cui all’art. 181 del citato decreto n. 42″; Cass. pen. Sez. III, 22-12-1999; Cass. pen. Sez. III, 22 giugno 1998, n. 12002: “l’urbanistica concerne la disciplina dell’uso del territorio -art. 80 d.P.R. n. 616 del 1977- e non solo quel particolare uso consistente nella edilizia: vi rientrano, pertanto, tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali di salvaguardia e di trasformazione del suolo, nonchè la protezione dell’ambiente. Ne consegue che mentre per le opere di trasformazione di tipo fondiario non è normalmente richiesta la concessione, l’atto concessorio di tipo urbanistico è, invece, necessario allorchè la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti, livellamenti finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, compresi quelli turistici o sportivi -in applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto necessaria la concessione urbanistica per la realizzazione di un campo da golf”).
La Sezione, inoltre, ritiene altresì decisivo che – per l’art. 6, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, non è necessario il rilascio del titolo edilizio per i “i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari”, dal che si desume che – per ogni altro movimento di terra di qualsiasi consistenza – occorra invece il rilascio del titolo edilizio.
Tale definizione – per il suo carattere ricognitivo dei principi rilevanti in materia – riguarda anche i movimenti di terra e le modifiche dei luoghi posti in essere prima dell’entrata in vigore del testo unico ed evidenzia la legittimità dell’atto impugnato in primo grado, emanato in relazione ad un vero e proprio mutamento di destinazione, essendo risultato il parcheggio di automezzi pesanti;
3. Tenuto conto della imponenza dell’intervento, ed alla stregua dei condivisibili principi in precedenza esposti, è evidente che la tesi posta in via principale dal primo Giudice a sostegno della sua statuizione di annullamento si appalesa quindi errata, e ciò implica l’accoglimento dell’appello, senza che sia neppure necessario approfondire la ulteriore tematica della sussistenza -o meno- di un contrasto tra l’intervento realizzato e la disciplina urbanistica dell’area riposante nell’art. 38 bis del
PRG all’epoca dei fatti vigente, disciplinante la zona F5 – Parco delle Ca. in cui ricadono i terreni di cui si discorre.
4. Conclusivamente, l’appello va accolto alla stregua delle superiori, assorbenti, considerazioni, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, deve essere integralmente respinto il ricorso di primo grado, perché manifestamente infondato, con reviviscenza degli effetti degli atti impugnati.
5. Alla soccombenza consegue la condanna delle ricorrenti in primo grado – in solido tra loro – alle spese del doppio grado di giudizio, in favore dell’appellante amministrazione comunale, nella misura che va determinata in euro quindicimila (Euro 15.000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5087 del 2007, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, respinge il ricorso di primo grado n. 91 del 2001, con reviviscenza degli effetti degli atti impugnati.
Condanna la società appellata e costituita, nonché le signore appellate, tutte in solido tra loro, al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore dell’appellante amministrazione comunale, nella misura di euro quindicimila (Euro 15.000//00) oltre oneri accessori, se dovuti (di cui 5.000 per il primo grado e 10.000 per il secondo grado).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere

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