Il trasferimento di ufficio in via amministrativa

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 9 marzo 2020, n. 1657.

La massima estrapolata:

Il trasferimento di ufficio in via amministrativa di cui all’art. 2 r.d.lgs. n. 511 del 1946 va distinto dal trasferimento ad altra sede o dalla destinazione ad altre funzioni del magistrato quale misura cautelare e provvisoria applicabile nel procedimento disciplinare su istanza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione o del Ministro della giustizia, dalla Sezione disciplinare del CSM e ciò per diversità di presupposti (causa indipendente da colpa che impedisce lo svolgimento delle funzioni con piena indipendenza e imparzialità, nella procedura amministrativa; addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento in sede disciplinare) e di garanzie.

Sentenza 9 marzo 2020, n. 1657

Data udienza 28 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3316 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Cr. Sc., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ministero della giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 28 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Gi. C. Sc. e dello Stato Fe. Va.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

L’odierna appellante -OMISSIS- magistrato ordinario dal 1995, dal 2003 sostituto procuratore presso la -OMISSIS- e dall’agosto 2017 in servizio presso la -OMISSIS-, impugnava con ricorso e motivi aggiunti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio gli atti del Consiglio Superiore della Magistratura (proposta della Prima Commissione 14 marzo 2018; delibere del Plenum 15 marzo e 4 luglio 2018) concretanti il suo trasferimento d’ufficio ex art. 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), per incompatibilità “con la funzione di pubblico ministero e con ogni funzione giudiziaria nella sede di -OMISSIS-” e la destinazione, d’ufficio, al Tribunale di -OMISSIS-.
Nel giudizio si costituivano in resistenza il Ministero della giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura.
L’adito Tribunale amministrativo, con sentenza 9 gennaio 2019, n. 281 della prima sezione, respingeva il ricorso, compensando tra le parti le spese di lite.
La sentenza, in sintesi:
– rilevava che l’art. 2 r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (Guarentigie della magistratura), come novellato dall’art. 26, comma 1, del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 ha circoscritto il trasferimento d’ufficio del magistrato alle sole ipotesi di incompatibilità incolpevole (da intendersi nel senso che la situazione che determina il trasferimento d’ufficio può anche essere causalmente riconducibile a una condotta volontaria, purché essa valutata nella sua oggettività, al di fuori di giudizi di riprovevolezza);
– respingeva il primo motivo di impugnazione, per il quale il procedimento di trasferimento d’ufficio andava sospeso in quanto riferito agli stessi fatti oggetto di un procedimento penale e di un procedimento disciplinare; accertava al riguardo che i fatti su cui si era incentrato il trasferimento d’ufficio erano estranei alle condotte contestate in sede penale e disciplinare;
– respingeva il secondo motivo, fondato sulla circostanza che l’istruttoria si era concentrata solo sulla situazione presso la -OMISSIS-, senza tener conto che il magistrato era già stato trasferito a -OMISSIS-, dove non potevano ritenersi presenti situazioni giustificative del trasferimento d’ufficio; osservava sul punto che il trasferimento a -OMISSIS- era stato disposto extra ordinem, a tutela del magistrato, per ragioni di sicurezza correlate alla sua incolumità personale, e che le motivazioni con cui il CSM aveva respinto la stessa prospettazione in sede procedimentale erano indenni da mende logiche e coerenti con il quadro normativo di riferimento;
– respingeva il terzo motivo, con cui l’interessata sosteneva l’insussistenza dell’incompatibilità funzionale, ritenendo le valutazioni di merito del CSM ben motivate sulla scorta delle circostanze fattuali correttamente desunte dal corredo probatorio;
– respingeva i motivi aggiunti, contro il trasferimento dell’interessata al Tribunale di -OMISSIS- con funzioni di giudice, perché prospettanti gli stessi vizi già valutati come insussistenti.
L’interessata -OMISSIS- ha proposto appello avverso, deducendo: 1) Violazione dell’art. 2 della legge sulle Guarentigie della magistratura, violazione dell’art. 3 della circolare recante la “Procedura per l’applicazione dell’art. 2 Legge Guarentigie” adottata con delibera 26 luglio 2017, mancata sospensione del procedimento amministrativo di trasferimento ex art. 2 della legge sulle Guarentigie della magistratura in pendenza dei procedimenti penale e disciplinare aventi ad oggetto i i medesimi fatti, sviamento e illogicità manifesti, difetto di motivazione, violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ.; 2) Violazione dell’art. 2 comma 2, della legge sulle Guarentigie della magistratura; violazione dell’art. 42 del Regolamento interno del CSM approvato con deliberazione del 26 settembre 2016; violazione dell’art. 1, comma 2, della Circolare recante la “Procedura per l’applicazione dell’art. 2 Legge Guarentigie” adottata con delibera 26 luglio 2017, eccesso di potere per ingiustizia manifesta, perplessità, illogicità, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; 3) Violazione dell’art. 2, comma 2, della legge sulle Guarentigie della magistratura, violazione dell’art. 42 del Regolamento interno del CSM approvato con deliberazione 26 settembre 2016; violazione della Circolare recante la “Procedura per l’applicazione dell’art. 2 Legge Guarentigie” adottata con delibera 26 luglio 2017; eccesso di potere per ingiustizia manifesta, perplessità, illogicità, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione; violazione dell’art. 107 Cost.. L’appellante ha concluso per la riforma della sentenza e l’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.
Il Ministero della giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura si sono costituiti in giudizio, domandando la reiezione dell’appello, di cui hanno sostenuto l’infondatezza.
L’appellante ha depositato una memoria difensiva.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 28 novembre 2019.

DIRITTO

1. La sentenza appellata ha ritenuto la legittimità degli atti del Consiglio Superiore della Magistratura (proposta della Prima Commissione 14 marzo 2018; delibere del Plenum 15 marzo 2018 e 4 luglio 2018) che hanno disposto il trasferimento d’ufficio al Tribunale di -OMISSIS- per incompatibilità ambientale e funzionale dell’appellante, magistrato ordinario dal 1995, già sostituto procuratore presso la -OMISSIS-, dall’agosto 2017 in servizio presso la -OMISSIS-.
A base di detto trasferimento d’ufficio vi sono fatti relativi al periodo in cui il magistrato era sostituto procuratore presso la -OMISSIS- e all’atto della chiusura del procedimento il magistrato era ormai in servizio presso la -OMISSIS-, ove era stato trasferito in via straordinaria, per motivi di sicurezza.
2. Viene in rilievo l’art. 2 (Inamovibilità della sede), secondo comma, del r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (c.d. “legge sulle Guarentigie della magistratura” come modificata dall’art, 26, comma 1, d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 – Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005, n. 150), in relazione al quale un recente precedente di questa V Sezione del Consiglio di Stato (Cons. Stato, V, 22 agosto 2019, n. 5783) ha svolto osservazioni di carattere sistematico che, stante la loro conferenza, possono qui essere ribadite.
Deve pertanto osservarsi che l’articolo 2, r.d.lgs 31 maggio 1946, n. 511 (c.d. “legge sulle Guarentigie della magistratura), fino all’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al d.lgs. n. 109 del 2006, prevedeva che i magistrati “possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni […] quando, per qualsiasi causa anche indipendente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giustizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario”.
In ragione dell’ampiezza del contenuto normativo e dell’assenza di limiti espliciti all’oggetto delle valutazioni, spesso lo strumento, pur se orientato alla tutela della obiettiva “credibilità ” della funzione giudiziaria, sopravanzava la dimensione soggettiva del magistrato e si sovrapponeva all’azione disciplinare, estendendosi, con effetti afflittivi, a qualsiasi condotta individuale del medesimo.
Tale sovrapposizione era facilitata dalla circostanza che, prima del d.lgs. n. 109 del 2006, il sistema disciplinare dei magistrati ordinari era improntato all’atipicità delle condotte disciplinarmente rilevanti. Perciò, per individuare il campo proprio dell’art. 2 in esame, si faceva ricorso alla lata locuzione del “prestigio dell’ordine giudiziario” che, nondimeno, non elideva il rischio della coincidenza in concreto degli ambiti applicativi delle diverse misure.
In questo contesto (anche in riferimento al profilo della terzietà e imparzialità dell’organo giudicante, nella parziale coincidenza della composizione della sezione disciplinare con il Plenum del CSM, cui spetta la competenza sulla richiesta di trasferimento d’ufficio), la giurisprudenza giustificava la possibile coesistenza e sovrapponibilità degli istituti in presenza dei medesimi fatti generatori colpevoli, in ragione della differenza di natura (amministrativa, quella del trasferimento per incompatibilità ambientale; giurisdizionale, quella del procedimento disciplinare), di oggetto e di finalità (Cass., SS.UU., 11 febbraio 2003, n. 1994).
A fronte della ontologica diversità tra i due procedimenti (il trasferimento per incompatibilità, gestito nelle forme del procedimento amministrativo, finalizzato non a muovere, in prospettiva sanzionatoria, rimproveri a condotte non conformi allo status, bensì a rimuovere sopravvenuti impedimenti al regolare funzionamento degli uffici giudiziari, in tutti i casi in cui il magistrato non potesse esercitare la funzione nella sede e alle condizioni richieste per il prestigio dell’ordine giudiziario, indipendentemente dall’accertamento di profili di colpevolezza: Cons. Stato, IV, 10 giugno 2010, n. 3712), restava comunque ferma l’oggettiva diversità delle garanzie difensive.
In particolare, la giurisprudenza amministrativa in tema di trasferimento per incompatibilità tendeva, sul piano sostanziale, a conferire rilevanza solo a fatti ben individuati nella loro concretezza e rilevanza causale anche se non imputabili, con esclusione di meri sospetti, illazioni e circostanze non provate e, sul piano formale, a garantire all’interessato adeguati ed effettivi strumenti di partecipazione contraddittoria.
Il quadro normativo è mutato con il d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati), approvato in attuazione dell’art. 1, comma 1, lett. f), della legge 25 luglio 2005, n. 150. L’art. 13 ha modificato l’art. 2 in esame, nel senso che il trasferimento d’ufficio dei magistrati avviene, ora, “quando, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità “.
Le innovazioni di interesse sono rappresentate:
a) dalla nuova individuazione del presupposto del trasferimento d’ufficio, che viene delineato con esclusivo riferimento alle cause indipendenti da colpa del magistrato;
b) dalla individuazione dell’oggetto della tutela, che dal “prestigio dell’ordine giudiziario” si tramuta nello svolgimento delle funzioni “con piena indipendenza e imparzialità “.
Il secondo profilo non è particolarmente significativo. Vi è infatti, per diffuso intendimento, una sostanziale continuità tra l’accezione di ” prestigio”, incentrata sull’obiettiva credibilità della funzione giudiziaria e sulla fiducia che essa è in grado di generare nella società, e il riferimento all’indipendenza, quale capacità di svolgere le funzioni senza condizionamenti, e all’imparzialità, ovvero allo svolgimento di funzioni con obiettività rispetto agli affari da trattare. Del resto, indipendenza e imparzialità non solo debbono connotare la considerazione di cui il singolo magistrato deve godere nel concreto esercizio delle funzioni, ma si riflettono anche, e in quella misura effettiva, nella proiezione esterna del prestigio dell’intero ordine giudiziario: sicché, se appaiono vulnerate in concreto, parimenti vulnerate ne sono credibilità e fiducia collettive nella giustizia.
Più problematica è l’innovativa individuazione del presupposto del trasferimento d’ufficio e dell’ambito di applicazione.
A questo proposito, va rilevato che le modifiche normative sono ricollegabili alla riforma della responsabilità disciplinare, incentrata, da un lato, sulla tipizzazione degli illeciti disciplinari e, dall’altro, sulla previsione di nuove sanzioni disciplinari, fra le quali il trasferimento coattivo, anche in via cautelare.
Sicché il trasferimento di ufficio in via amministrativa di cui all’art. 2 r.d.lgs. n. 511 del 1946 va distinto dal trasferimento ad altra sede o dalla destinazione ad altre funzioni del magistrato quale misura cautelare e provvisoria applicabile nel procedimento disciplinare su istanza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione o del Ministro della giustizia, dalla Sezione disciplinare del CSM (art. 13, comma 2, d.lgs. n. 109 del 2006), e ciò per diversità di presupposti (causa indipendente da colpa che impedisce lo svolgimento delle funzioni con piena indipendenza e imparzialità, nella procedura amministrativa; addebiti punibili con una sanzione diversa dall’ammonimento in sede disciplinare) e di garanzie (procedimento amministrativo, il cui esito è suscettibile di impugnazione al giudice amministrativo, sia pure limitatamente ai profili di illogicità, abnormità o aporia motivazionale: Cons. Stato, IV, 18 marzo 2008, n. 1171; procedimento giurisdizionale della Sezione disciplinare, con decisioni ricorribili alle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione). Dal che il coerente corollario che l’archiviazione di un esposto nei confronti di un magistrato all’esito di procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale non vale a precludere il trasferimento disciplinare (Cass., SS.UU., 28 settembre 2009, n. 20730).
Nel nuovo contesto, è evidente che, negli effetti pratici, il risultato del trasferimento disciplinare toglie ragione al trasferimento amministrativo, e che la voluntas legis del 2006 è, sulla scorta degli orientamenti giurisprudenziali allora maturati, di accentuare la distinzione tra procedimento (giurisdizionale) disciplinare e procedimento (amministrativo) di trasferimento, al primo competendo la sanzione di comportamenti rilevanti disciplinarmente a titolo di dolo o colpa, al secondo spettando le situazioni obiettive incidenti sulla funzionalità dell’attività giudiziaria, estranee al vaglio di colpevolezza del magistrato.
Tale è, infatti, il quadro che emerge dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato successiva alla novella (Cons. Stato, IV, 13 giugno 2011, n. 3587), che ha sottolineato che la ratio legis della riforma del 2006 è stata, a questi riguardi, di identificare il presupposto per il trasferimento amministrativo nella incompatibilità “incolpevole”, distinguendo tra i trasferimenti disposti in esito a veri e propri procedimenti disciplinari e i trasferimenti amministrativi, con ridimensionamento della questione di se il termine “colpa” nella disposizione de qua debba essere interpretato come un richiamo all’elemento soggettivo dell’illecito (“colpevolezza” in senso lato, a sua volta suscettibile di atteggiarsi in dolo o colpa) ovvero nel senso generico di trasgressione di qualsiasi dovere etico o deontologico.
È rimasto, in particolare, chiaro che la norma prevede la trasferibilità sulla sufficiente base di una realtà situazionale oggettiva, generata da fatti solo eventualmente riconducibili a condotte del magistrato interessato, e comunque indipendentemente da un giudizio di riprovevolezza. In altre parole, ai fini del procedimento amministrativo ciò che rileva è, per i suoi riflessi di ordine generale, la situazione oggettiva ingenerata nell’ufficio e nell’ambiente, non di suo la condotta dell’individuo: e quella situazione può essere causata anche da una condotta volontaria del magistrato, pur se non riprovevole.
Indi, in termini generali, la condotta del magistrato va “riguardata in sé come mero fatto materiale e indipendentemente da qualsiasi giudizio che se ne dia (di liceità o illiceità, di apprezzamento o di riprovazione etc.)” e può integrare il presupposto fattuale per dar luogo al procedimento amministrativo di trasferimento per incompatibilità ambientale per la sussistenza di un obiettivo pericolo per l’immagine di funzionalità e affidabilità dell’ufficio. Può trattarsi, quindi, di condotta anche “volontaria” che, però, nell’ipotesi, non viene presa in considerazione nei termini di condotta “colpevole” (Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2014, n. 6209).
Conseguentemente, se non possono essere poste a fondamento del trasferimento per incompatibilità ambientale le “medesime ragioni” legittimanti l’iniziativa disciplinare, al contempo non si può pregiudizialmente escludere la considerazione del medesimo “nucleo di fatti” sull’uno e sull’altro versante, in quanto ciò che deve restare ben distinto è che essi – nei rispettivi procedimenti – siano autonomamente apprezzati nella loro obiettiva rilevanza e, specificamente, in quello amministrativo, senza improprie commistioni o sovrapposizioni con la materia disciplinare, la quale è volta a garantire non già la funzionalità e l’affidabilità oggettiva dell’ufficio rivestito, bensì che la condotta individuale del magistrato non devii dal minimo deontologico-professionale richiesto dalla legge alla sua figura di magistrato-funzionario (Cons. Stato, V, n. 5783/2019, cit.).
3. A questo punto, passando al caso concreto, si può rilevare che nell’esame delle censure svolte dall’interessata avverso il trasferimento di ufficio l’appellata sentenza si è attenuta alle esposte coordinate, pervenendo a conclusioni che non sono scalfite dalle doglianze di appello.
4. In particolare, sono infondate e vanno respinte tutte le doglianze articolate nel primo mezzo.
4.1. La principale censura del motivo è fondata sulla circolare da ultimo aggiornata con deliberazione 26 luglio 2017, con cui il CSM ha regolato il procedimento amministrativo ex art. 2, r.d.lgs. n. 511 del 1946, prevedendo la sospensione del procedimento stesso per l’ipotesi del concorso dell’azione disciplinare o penale sui medesimi fatti.
L’appellante assume l’esistenza di un tale concorso, da cui deriverebbe l’obbligo del CSM di sospendere il procedimento di trasferimento. Ella evidenzia che il trasferimento d’ufficio è stato disposto sulla base degli stessi fatti che avevano portato all’avvio nei suoi confronti di un procedimento penale e di un procedimento disciplinare; sostiene l’erroneità della sentenza nel non aver colto tale identità, e nell’aver invece ritenuto che i due blocchi procedimentali (azione penale e disciplinare da un lato; trasferimento d’ufficio dall’altro) fossero sostenuti da ragioni autonome.
La tesi dell’appellante non trova riscontro negli atti di causa.
Si può pertanto prescindere dall’esame dell’argomentazione difensiva della difesa erariale, che sostiene che tale circolare non trovi applicazione, ratione temporis, nel procedimento in esame.
4.1.1. L’appellata sentenza ha rilevato che sia il procedimento penale che quello disciplinare contestano all’appellante la sua mancata astensione in procedimenti in cui era parte, come soggetto patrocinatore o comunque coinvolto, un avvocato esercitante anche nel settore penale, con il quale l’appellante aveva intrattenuto una relazione.
L’appellata sentenza ha poi evidenziato l’autonomia, rispetto a quella fattispecie, dei fatti a base del procedimento di trasferimento, che così individua: a) la pendenza di un procedimento ex art. 612-bis Cod. pen. nei riguardi dell’avvocato predetto, in cui l’appellante era parte offesa; b) l’omessa segnalazione da parte dell’appellante della detta relazione, che coinvolgeva l’avvocato di cui sopra, che patrocinava in sede penale nel territorio in cui la medesima prestava servizio come sostituto procuratore; c) la dichiarazione resa dal Procuratore Generale presso la Corte ‘Appello -OMISSIS- circa la relazione che l’appellante gli avrebbe riferito di intrattenere con un sovrintendente di polizia in servizio al Commissariato di -OMISSIS-; d) i “rapporti conflittuali con i colleghi, palesati dalle dichiarazioni astiose e fuori misura rese contro il presidente del Tribunale di -OMISSIS- e contro il procuratore generale de -OMISSIS-“.
Ciò posto, si osserva qui che le condotte sub c) e d) attengono, all’evidenza, a questioni estranee a quelle oggetto di valutazione penale e disciplinare.
Resta da valutare se, come sostiene l’appellante, le questioni sub a) e b), ovvero l’omessa segnalazione da parte dell’appellante della relazione sentimentale intercorsa con il predetto avvocato e l’esistenza di un procedimento penale per stalking a carico dell’avvocato stesso e ai danni del magistrato, possano essere apparentate alla fattispecie contestata nelle diverse sedi, stante la comune afferenza alla relazione sentimentale stessa, passata e conclusa.
La risposta è negativa.
4.1.2. Il procedimento penale per stalking pendente presso la -OMISSIS- [punto a)] è fatto a carico di terzi, e segnatamente a carico del predetto avvocato.
Quel procedimento penale è pertanto insuscettibile di essere accomunato agli addebiti mossi all’appellante in sede penale e disciplinare, e tanto non hanno fatto i provvedimenti gravati. Anzi, la delibera della Prima Commissione del CSM del 14 marzo 2018, contenente la proposta di trasferimento d’ufficio per cui è causa poi approvata dal Plenum, dà atto che tale procedimento penale ha determinato, su richiesta della -OMISSIS-, il trasferimento extra ordinem, per ragioni di sicurezza, dell’appellante, quale parte offesa, dalla -OMISSIS- alla -OMISSIS-.
4.1.3. La “mancata astensione” contestata all’appellante in sede penale e disciplinare attiene all’area delle indebite interferenze nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali; la “omessa segnalazione” considerata nel trasferimento per cui è causa [punto b)] afferisce invece ai rapporti interorganici interni all’ufficio di appartenenza del magistrato e alla complessiva proiezione esterna di questo.
La diversità degli ambiti di rilievo delle due condotte sopra considerate consente già da sola di escludere la loro sovrapponibilità .
Alla stessa conclusione si deve pervenire quanto al piano degli effetti: non è vero che, come sostiene l’appellante, la “omessa segnalazione” è fatto rilevante solo in riferimento alla “mancata astensione”, e che, quindi, debba essere senz’altro attratta nella sede penale e disciplinare in cui rileva quest’ultima.
L’omessa segnalazione della relazione è infatti condotta autonomamente apprezzabile, in quanto la non conoscenza che ne è dipesa in capo all’ufficio giudiziario di un fatto non di secondario rilievo, atteso che la relazione sentimentale coinvolgeva un avvocato operante in sede penale anche nel distretto in cui operava l’appellante, e che era invece noto all’esterno – come può ritenersi attestato, tra altro, sia dall’esposto di terzi presentato il 29 luglio 2016 alla -OMISSIS- da cui ha preso avvio il procedimento di trasferimento che dalla pendenza del predetto giudizio penale presso la -OMISSIS- – è di suo idonea a compromettere nella sua mera e materiale significatività, ovvero indipendentemente da qualsiasi profilo di rimproverabilità, la percezione ab externo della serenità, imparzialità e indipendenza nella attività dell’ufficio, il quale per di più, come rileva il CSM, è anche di “piccolissime dimensioni” (due soli sostituti), con manifesto, dunque, aggravio della eco che la situazione ha ingenerato in danno della credibilità e attendibilità della funzione giudiziaria: bene di appartenenza generale di cui – nello Stato di diritto – non è data alla persona del magistrato la disponibilità .
E’ ai soli fini del ripristino delle predette condizioni che l’omessa segnalazione è stata valutata nel procedimento di trasferimento di cui trattasi, unitamente agli altri fatti pure ivi considerati.
L’organo di governo autonomo della magistratura non ha infatti espresso giudizi di disvalore in riferimento alla mancata segnalazione, né ha indagato se essa dovesse considerarsi obbligatoria ai sensi degli artt. 18 e 19 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario), limitandosi a considerarla in senso oggettivo, vale a dire come situazione in sé lesiva della credibilità della pubblica funzione.
Non si può pertanto dire neanche che nel relativo apprezzamento vi sia stata una commistione con valutazioni di colpevolezza.
Per quanto possa importare, si può soggiungere che non rileva che, come lamentato dall’appellante, i soggetti che hanno presentato l’esposto avessero ragioni di animosità nei suoi confronti, avendo subito un procedimento penale trattato in primo grado proprio dall’appellante; e che l’esposto, che concludeva per l’apertura di un procedimento ex art. 323 Cod. pen., sia stato archiviato. Infatti per un verso tale circostanza, come rileva la stessa deducente, è stata riconosciuta espressamente dal CSM; e, per altro verso, lo stesso CSM ha svolto l’autonomo accertamento sui fatti ivi segnalati, che ha dato luogo al trasferimento d’ufficio per cui è causa.
4.1.4. Si deve pertanto concludere per l’assenza di interferenze, anche quanto ai predetti punti a) e b), tra i procedimenti penale e disciplinare, da un lato, e il procedimento di trasferimento d’ufficio, dall’altro.
Non vale di contro rilevare, con l’appellante, che il procedimento di trasferimento sia “disseminato di riferimenti” all’addebito disciplinare e a quello penale.
Infatti, non vi era, a monte, una reale possibilità che gli atti qui impugnati potessero esporre “asetticamente” le sole ragioni del trasferimento d’ufficio, senza dar conto del più articolato contesto di interesse dell’appellante e dei relativi presupposti: e ciò sol che si consideri che tali provvedimenti hanno, tra altro, dato conto della diversità e dell’autonomia dello specifico potere con quelli esercitato, differenziandolo dai diversi poteri in corso di esercizio, che, quanto meno per tale motivo, non potevano non essere illustrati.
4.2. Con lo stesso mezzo si sostiene ancora che la sentenza, recependo quanto ritenuto dal CSM in ordine alla complessiva “situazione di appannamento della credibilità e della capacità di esercizio imparziale delle funzioni” sofferta dall’interessata in relazione ai fattori considerati nel trasferimento d’ufficio, abbia fatto riferimento al quadro normativo dell’originaria formulazione dell’art. 2 del r.d.lgs. n. 511 del 1946, piuttosto che a quello rinveniente dalla novella del 2006.
La censura non ha fondamento.
Come rilevato, al di là dei termini utilizzati nella precedente e nella attuale dizione della disposizione, vi è una sostanziale continuità del bene protetto che, anche per come derivante dal d.lgs. n. 109 del 2006, è la proiezione dell’indipendenza e dell’imparzialità della funzione giudiziaria.
4.3. Non occorrono poi parole per rilevare l’infondatezza dell’affermazione dell’appellante in ordine all’irrilevanza sostanziale delle ragioni del trasferimento d’ufficio sopra indicate sub c) e d).
Si tratta, evidentemente, di una soggettiva lettura dei fatti e dei loro effetti sulla funzionalità dell’ufficio giudiziario, che non prevale su quella dell’organo di governo autonomo, competente al loro apprezzamento, che ha dato luogo a determinazioni di cui l’interessata non riesce a dimostrare né l’illogicità né la sproporzionatezza.
4.4. Infine, l’appellante non può essere seguita quando sostiene la carenza istruttoria che avrebbe afflitto la ragione di cui al punto d), ovvero i “rapporti conflittuali con i colleghi, palesati dalle dichiarazioni astiose e fuori misura rese contro il presidente del Tribunale di -OMISSIS- e contro il procuratore generale de -OMISSIS-“. La carenza è desunta dal fatto che il provvedimento le ha imputato di aver affermato nel procedimento la non veridicità di quanto affermato dal Procuratore Generale, ovvero che lei stessa gli aveva riferito l’esistenza della relazione sentimentale di cui al punto c) con il sovrintendente, laddove tale smentita era espressione del suo diritto di difesa ed era volta a solo contestare l’affermazione che tale soggetto, regolarmente coniugato, potesse rappresentare il suo “nuovo compagno di vita”.
Sul punto, va osservato che le argomentazioni difensive riguardano solo una delle ragioni di incompatibilità rilevate dal CSM, che viene investita, vieppiù, solo parzialmente, sicché il (pur) ipotetico loro eventuale accoglimento non condurrebbe, in ogni caso, all’annullamento del trasferimento d’ufficio.
Tanto chiarito, il Collegio rileva che anche la ragione sub d) si è limitata, per la parte qui in evidenza, a dare atto di un fatto, senza convertirsi in un rimprovero alla condotta del magistrato. Non è pertanto necessario indagare in questa sede se la smentita, che non è peraltro contestata in sé, fosse giustificata dall’esercizio del diritto di difesa nei termini prospettati dall’appellante. In ogni caso, può aggiungersi che la fondatezza di tali termini non emerge ictu oculi, considerato che le relazioni sentimentali sono insuscettibili, per loro natura, di essere definite solo in rapporto allo stato giuridico degli interessati.
Quanto, infine, al rilievo che la conflittualità con il predetto Procuratore Generale non potesse essere desunta dalle difese svolte nel procedimento, dovendo invece attenere all’esercizio delle funzioni, basti osservare che il CSM la ha definita come “latente”.
5. E’ infondato e va respinto il secondo mezzo.
5.1. Osserva al riguardo il Collegio che parte delle contestazioni ivi formulate si rivelano sostanzialmente ripetitive delle argomentazioni, già sopra esaminate e respinte, relative all’asserita insussistenza dei presupposti per ritenere integrate le incompatibilità rilevate dal CSM.
5.2. Quanto, invece, alle nuove censure introdotte con il motivo si rileva che:
– non è vero che sia mancata la considerazione del già avvenuto trasferimento extra ordinem dell’appellante a -OMISSIS-, ovvero che l’incompatibilità sia stata vagliata solo con riferimento al circondario di -OMISSIS-. Il gravato provvedimento ha infatti più volte menzionato tale trasferimento e lo ha autonomamente considerato, come nell’immediato seguito;
– non può trovare accoglimento la tesi dell’appellante dell’insussistenza delle ragioni di incompatibilità nella sede di -OMISSIS-.
Il CSM ha infatti adeguatamente motivato l’incompatibilità territoriale con specifico riferimento alla sede di -OMISSIS-, considerato che l’avvocato più volte menzionato presta il proprio patrocinio anche in tale sede.
Non rileva, di contro, che tale patrocinio sia stato, in passato, molto limitato, come osserva l’appellante: il trasferimento d’ufficio mira infatti a precostituire le condizioni di corretta amministrazione della giustizia pro futuro.
Anche l’incompatibilità funzionale risulta adeguatamente giustificata.
In particolare, la proposta della competente commissione consiliare del CSM approvata dal Plenum è priva sul punto di mende logiche.
Risultano, in particolare, corretti l’osservazione preliminare che si tratta di “circostanze attinenti alla […] vita privata e sentimentale, che non si intende punto sindacare”, e il contestuale rilievo che, peraltro, “non può che essere appannata, nei rapporti con l’avvocatura e soprattutto con la polizia giudiziaria, la credibilità di un pubblico ministero che ha in essere, e non solo non la dichiara ma la nega, una relazione con un sovrintendente di polizia in servizio al Commissariato del Comune ove prestava servizio: e tale appannamento si riflette in negativo, quanto meno nella percezione sociale, sull’esercizio indipendente ed imparziale della funzione di pubblico ministero, il cui interfacciarsi con la polizia giudiziaria è quotidiano e deve essere fondato sulla reciproca affidabilità “, che conducono, in definitiva, il CSM a ritenere che le ragioni di cui sopra non potevano dirsi superate dal trasferimento dalla -OMISSIS- alla -OMISSIS- “sia per la breve distanza che intercorre tra i due circondari del medesimo distretto, sia perché -OMISSIS- patrocina anche a -OMISSIS- (sia pure in misura contenuta) sia perché non sarebbe così eliminata l’incompatibilità funzionale, da ritenersi sussistente sulla base dei plurimi elementi prima evidenziati”;
– non emergendo rapporti di coniugio o di convivenza more uxorio, la relazione sentimentale con il sovrintendente di suo non assumeva, come evoca l’appellante, i tratti delle incompatibilità di cui al combinato disposto dell’art. 19, ultimo comma, e dell’art. 18, primo e secondo comma, dell’Ordinamento giudiziario, almeno in difetto di altri elementi;
– alla luce di quanto rilevato al precedente capo 4.1.1., e contrariamente da quanto affermato dall’interessata, è corretta l’affermazione dell’appellata sentenza che il CSM non si è fondato solo sulla predetta relazione ormai conclusa con l’avvocato e sul conseguente strepitus fori;
– le incompatibilità di cui trattasi, diversamente da quanto sostenuto dall’interessata, non sono state correlate alla mancata astensione nei procedimenti che vedevano coinvolto l’avvocato con cui la medesima aveva intrattenuto una relazione sentimentale, condotta che forma oggetto di contestazione penale e disciplinare;
– la consistenza obiettiva appurata dopo accurata istruttoria e la varietà delle ragioni di incompatibilità enucleate dal CSM consentono di superare ogni questione derivante dalla possibilità, evidenziata dall’interessata, che alcune di esse possano essere state precostituite a suo danno dai presentatori dell’esposto da cui il procedimento ha preso avvio e dallo stesso avvocato di cui appena sopra.
6. E’ infondato e va respinto il terzo mezzo.
6.1. L’appellante torna a sostenere l’insussistenza dei presupposti dell’incompatibilità funzionale.
Limitando l’esame delle relative censure alle nuove argomentazioni, si osserva che è vero che i rapporti conflittuali in seno all’ufficio giudiziario sono stati rilevati con riferimento alla Procura di -OMISSIS-.
Tuttavia tale circostanza non si converte in un vizio della determinazione, come sostiene l’appellante: invero il CSM ha motivato specificamente l’incompatibilità funzionale con riferimento alla Procura di -OMISSIS- con le ragioni già riferite al capo 5.2. che precede.
Inoltre, la già rilevata ampiezza delle situazioni ascrivibili sotto l’egida dell’art. 2 del r.d.lgs. n. 511 del 1946 e la loro estraneità al vaglio di colpevolezza del magistrato rende irrilevante che le ragioni dell’incompatibilità funzionale nella fattispecie non attengano allo “svolgimento spregiudicato della funzione et similia”.
L’appellante sostiene poi che il contrasto con il Procuratore Generale rilevato dal CSM è smentito sia da quanto dal medesimo positivamente riferito ai suoi riguardi nell’audizione del 30 maggio 2017 sia dal fatto che lo stesso Procuratore Generale le ha conferito la reggenza della -OMISSIS- per il tempo necessario alla nomina del nuovo Procuratore, che si è dipanato nel periodo aprile 2016/maggio 2017, comprendente anche la vicenda qui in rilievo.
Al riguardo, si osserva che le predette notazioni, più che deporre per un vizio del procedimento in esame, cui è estraneo un giudizio sulla professionalità dell’appellante, corroborano l’impianto argomentativo dell’atto del CSM, che, com’è normale visto l’alto ufficio, ha conferito rilievo alle dichiarazioni del Procuratore Generale in ordine alla relazione sentimentale esistente tra l’appellante e il sovrintendente di polizia in servizio al Commissariato di -OMISSIS-: del resto, si tratta di affermazioni provenienti da “persona terza e disinteressata verso l’accaduto” e che “non risulta avere ragioni di personale astio o risentimento verso la dott.ssa -OMISSIS-“.
Infine, non è conducente la rilevata insussistenza di forme di inimicizia tra l’appellante e colleghi, atteso che il CSM non vi ha mai fatto cenno.
7. Per tutto quanto precede, l’appello va respinto.
Stante la peculiarità della vicenda controversa, le spese di giudizio del grado possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Vista la richiesta dell’interessato e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo a identificare la parte interessata stessa e le altre persone citate nel provvedimento.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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