Termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120 comma 2-bis

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 15 maggio 2019, n. 3151.

La massima estrapolata:

Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120 comma 2-bis decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati da motivazione”; non può dubitarsi che “la concreta disponibilità ” dalla quale è fatto ora decorrere il termine di impugnazione costituisce nozione diversa dalla “piena conoscenza” di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.; il legislatore, infatti, ha voluto con detta formula individuare il momento in cui l’impresa ha acquisito l’atto – perché comunicatole ovvero pubblicato con il suo intero contenuto o, ancora, in mancanza dell’uno e dell’altro, acquisito mediante accesso ai documenti – ed è in grado di percepirne l’effettiva illegittimità.

Sentenza 15 maggio 2019, n. 3151

Data udienza 21 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5782 del 2018, proposto da
Regione Calabria, in persona del Presidente della Regione in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Or. Mo., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Al. – Società ae. it. s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. An., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti
A.M.. – Ai. ma. se. li., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ma., Ma. Ca. e Ar. Pe., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Ma. in Roma, via (…);
Pu. s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria del R.t.i. con De. s.n. c. di Sa. Tu. & C., non costituita in giudizio;

sul ricorso in appello iscritto numero di registro generale 5839 del 2018, proposto da
A.M.. – Ai. ma. se. li., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Ca., Gi. Ma. e Ar. Pe., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Ma. in Roma, via (…);
contro
Al. – Società ae. it. s.p.a. in amministrazione straordinaria, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. An., con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. An. in Roma, via (…);
Regione Calabria, non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 5782 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Calabria (sezione Prima) n. 01243/2018, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 5839 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Per La Calabria (sezione Prima) n. 01243/2018, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Al. – Società ae. it. s.p.a. in amministrazione straordinaria e di A.M.. Ai. Ma. Se. Li.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Mo. e Ma., Va. per delega di An.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 12 maggio 2017 la Regione Calabria – Dipartimento turismo, beni culturali, istruzione e cultura indiceva una procedura di gara per l’affidamento dei “servizi di promozione e comunicazione per la realizzazione di una campagna di “advertising” finalizzata ad intercettare nuovi flussi turistici verso la destinazione “Calabria” ed alla promozione del territorio regionale calabrese nei mercati di riferimento”.
1.1. Il bando di gara era articolato in quattro lotti, due relativi ai mercati internazionali e due ai mercati nazionali, ed era prevista la possibilità per ogni concorrente di partecipare ad un solo lotto per tipologia di mercato, per complessivi due lotti.
1.2. Il disciplinare di gara richiedeva agli operatori economici partecipanti il possesso dei seguenti requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi:
a) iscrizione nel registro delle imprese delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio, ovvero, in caso di concorrente avente sede in uno degli Stati membri dell’Unione europea “in ana registro dello Stato di appartenenza secondo le indicazioni disponibili nel registro online dei certificati (e-Certis)”;
b) conseguimento di un “fatturato globale degli ultimi tre esercizi finanziari (anni 2014 – 2015 – 2016) di importo non inferiore, cumulativamente, a quello del lotto per il quale concorrono”;
c) avvenuta esecuzione di “almeno due servizi analoghi nel settore oggetto della presente gara negli ultimi tre esercizi finanziari (anni 2014 – 2015 – 2016)”;
d) possesso “di un adeguato gruppo di lavoro (in termini di risorse umane) per la realizzazione della campagna”;
e) possesso “di regolare concessione degli spazi pubblicitari da utilizzare per la campagna, ai sensi della vigente normativa in materia”;
f) possesso di “idonee referenze bancarie rilasciate da almeno due istituti di credito”.
1.3. Il disciplinare di gara prevedeva, inoltre, l’obbligo a carico di ciascun partecipante di inserire nella Busta A – documentazione amministrativa, una cauzione provvisoria prestata secondo le modalità previste dal par. 10, corredata dall’espresso impegno del garante a rilasciare la cauzione definitiva in caso di aggiudicazione dell’appalto.
2. Presentavano domanda di partecipazione alla gara, tra gli altri, Al. – società ae. it. s.p.a. in amministrazione straordinaria e A.M.. – Ai. ma. se. li., entrambe per i lotti 1 e 3.
2.1. Nel corso della seduta del 23 agosto 2017, la commissione giudicatrice provvedeva alla verifica della regolarità e della conformità alla lex specialis della documentazione amministrativa presentata dai concorrenti ai fini della successiva ammissione alla procedura di gara e, riscontate carenze documentali nella documentazione presentata da A.M.. (mancata indicazione della capacità economico – finanziaria posseduta dal concorrente in termini di fatturato generale e specifico maturato nel triennio 2014 – 2016, mancata indicazione dei bilanci societari per il triennio 2014 – 2016 e dei servizi analoghi svolti nel suddetto periodo, indicazione di gruppo di lavoro “non adeguato”, mancata produzione di referenze bancarie, mancata presentazione di cauzione provvisoria, e produzione di visura camerale estera priva di traduzione giurata in lingua italiana), sospendeva le operazioni di gara e richiedeva parere all’Avvocatura regionale sulla possibilità di attivare il soccorso istruttorio per sanare le carenze accertate.
2.2. L’Avvocatura regionale, con parere del 18 settembre 2017, riteneva inapplicabile il soccorso istruttorio, e, per questo, insanabili le carenze documentali dell’offerta di A.M.. ; la commissione giudicatrice, pertanto, nella seduta pubblica del 28 settembre 2017, proponeva l’esclusione dalla gara della concorrente, disposta con decreto dirigenziale 10 ottobre 2017 n. 11192 dalla Regione Calabria con il quale erano indicati gli operatori ammessi e quelli esclusi.
2.3. Successivamente, la Regione Calabria, con decreto dirigenziale 7 febbraio 2018, n. 491, revocava la sua precedente determinazione di escludere A.M.. dalla procedura di gara, disponendone l’ammissione alle fasi successive.
3. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, proposto ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm., Al. s.p.a. impugnava il provvedimento di annullamento in autotutela dell’esclusione di A.M.. con conseguente sua ammissione alla procedura di gara. Con ricorso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., era, invece, impugnato il provvedimento della Regione Calabria 19 marzo 2018, prot. 99951 di reiezione delle istanze di accesso ai documenti presentate da Al. s.p.a. il 9 marzo 2018.
3.1. Con ordinanza 17 aprile 2018, n. 169 il Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria accoglieva il ricorso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. e ordinava alla Regione Calabria di produrre in giudizio i documenti oggetto delle istanze di accesso formulate dalla ricorrente. Esaminata la documentazione così ottenuta, Al. s.p.a. proponeva motivi aggiunti con i quali erano fatti valere ulteriori vizi di legittimità dei provvedimenti impugnati con ricorso principale.
4. Nella pendenza del giudizio, la commissione giudicatrice procedeva all’esame delle offerte tecniche e di quelle economiche presentate dagli operatori economici, nonché all’attribuzione dei punteggi e alla redazione delle relative graduatorie. All’esito di tali operazioni, Al. s.p.a. era collocata al primo posto della graduatoria elaborata per il lotto n. 1, il R.t.i. con mandataria Primaidea s.r.l., seconda, e la A.M.. , terza graduata; per il lotto n. 3, la A.M.. risultava graduata al primo posto, seconda Al. s.p.a..
4.1. La commissione giudicatrice, rilevato che l’offerta della A.M.. aveva riportato punteggi superiori alle soglie di cui all’art. 97, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sia per l’elemento tecnico che per quello economico, avviava il procedimento di anomalia dell’offerta e, con nota 1° giugno 2018, richiedeva alla società, “le giustificazioni relative ai costi che hanno concorso a formare l’importo offerto”.
4.2. La commissione, ritenuto che nessun chiarimento era tempestivamente pervenuto da A.M.. , nella seduta pubblica del 9 luglio 2018, ne disponeva l’esclusione dalla gara, riformulava la graduatoria relativa al terzo lotto con la collocazione di Al. s.p.a. al primo posto, formulava la proposta di aggiudicazione per ciascuno dei quattro lotti (Al. s.p.a. sarebbe stata aggiudicataria del primo e del terzo lotto).
5. Il giudizio di primo grado, nel quale erano costituite la Regione Calabria e A.M.. , era concluso dalla sentenza 15 giugno 2018, n. 1243, di accoglimento del ricorso proposto e conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. La Regione Calabria e la A.M.. erano condannate al pagamento delle spese di lite.
6. Propone appello la Regione Calabria; nel giudizio (con Rg. n. 5782/2018) si è costituita Al. s.p.a.; le parti hanno presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm..
La sentenza è impugnata con autonomo atto di appello anche da A.S.M.L.; nel giudizio (con Rg. n. 5839/2018), si è costituita Al. s.p.a.. Le parti hanno presentato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui è seguita memoria di replica di Al. s.p.a..
All’udienza del 21 febbraio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente va disposta la riunione dei giudizi ex art. 96, comma 1, Cod. proc. amm., trattandosi di appelli avverso la medesima sentenza.
2. Va ora esaminata l’eccezione di inammissibilità sopravvenuta degli appelli per carenza di interesse formulata da Al. s.p.a. nella propria memoria difensiva.
2.1. Al. s.p.a. sostiene che l’appellante A.M.. non potrebbe trarre alcuna utilità dall’eventuale accoglimento dell’appello, per essere stata nuovamente esclusa dalla procedura di gara con provvedimento assunto dalla commissione giudicatrice nella seduta del 9 luglio 2018, motivato dalla mancata presentazione, entro i termini imposti dalla commissione stessa, delle giustificazioni richieste nell’ambito del subprocedimento di valutazione della congruità dell’offerta. Il provvedimento di esclusione, aggiunge l’appellata, non sarebbe stato impugnato nei termini di legge (che dovrebbero ritenersi decorrenti dalla data della seduta pubblica di gara nella quale lo stesso è stato assunto alla presenza di un rappresentante della società ).
2.2. Replica A.M.. che il provvedimento di esclusione è superato dalla successiva determinazione della commissione di gara con la quale, in seguito a sua esplicita richiesta di riesame in autotutela della decisione ed annullamento dell’esclusione, sono state valutate le giustificazioni fornite e si è concluso per la congruità dell’offerta.
2.3. L’eccezione è infondata.
2.3.1. E’ in atti una comunicazione della presidente della commissione di gara del 22 agosto 2018 rivolta all’indirizzo PEC della A.S.M.L. con la quale si rende noto che la commissione, riunitasi in seduta riservata per l’esame delle giustificazioni trasmesse dalla società, ha valutato congrua l’offerta presentata e che ha deciso di non procedere all’aggiudicazione preferendo sospendere la procedura di gara in attesa della decisione del Consiglio di Stato.
2.3.2. La comunicazione non risulta preceduta da un provvedimento con il quale, in via di autotutela, viene disposto l’annullamento della esclusione della A.S.M.L. dalla procedura di gara (assunto nella seduta del 9 luglio 2018), ma lo presuppone logicamente: non avrebbe potuto la commissione di gara riunirsi per esaminare le giustificazioni fornita dalla società appellante se priva non avesse valutato sussistenti le condizioni per la sua riammissione alla procedura. Ne segue che, sia pure in via implicita, la comunicazione del 22 agosto 2018 e la decisione assunta in merito alla congruità dell’offerta, dispone il rientro in gara della A.S.M.L..
2.3.3. Sussiste, pertanto, il sicuro interesse dell’appellante alla decisione del presente appello, potendo conseguire, in caso di suo accoglimento, l’aggiudicazione del terzo lotto posto in gara.
3. Con il primo motivo di appello la Regione Calabria contesta la sentenza per “Omessa declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti per carenza di interesse”; l’appellante si duole che il giudice di primo grado non abbia dichiarato improcedibile il ricorso proposto da Al. s.p.a. avvero l’ammissione di A.M.. alla procedura di gara sebbene la società ricorrente, risultata aggiudicataria del primo lotto, avesse presentato, per il terzo lotto, un’offerta economica con percentuale di ribasso pari a 0,00% e per questo inammissibile (come da giurisprudenza citata), precludendosi così la possibilità di rendersi aggiudicataria del suddetto lotto.
Al. s.p.a., conclude l’appellante, non avrebbe alcun interesse all’accoglimento del ricorso e alla conseguente esclusione della A.M.. , poiché, per essere aggiudicataria del primo lotto, e aver presentato un’offerta inammissibile per il terzo, non potrebbe ottenere in sede giudiziaria un vantaggio maggiore di quello già conseguito in sede di gara.
3.1. Il motivo è infondato
L’offerta inammissibile – se tale si ritenga quella proposta da Al. s.p.a. per il terzo lotto – impone l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara; la Regione Calabria, però, non ha adottato alcun provvedimento di esclusione nei confronti dell’appellata, la quale, pertanto, riveste a pieno titolo la qualifica di concorrente all’interno della procedura di gara, tanto è vero che, come esposto nella parte in fatto, la sua offerta è stata oggetto di valutazione da parte della commissione con conseguente attribuzione di punteggio e collocazione in graduatoria.
Fino a quando l’operatore economico non sia escluso dalla procedura di gara con provvedimento amministrativo non impugnato ovvero, se impugnato, confermato da sentenza passata in giudicato, è legittimato ad impugnare gli atti della procedura di gara, ivi compresa l’ammissione di altro concorrente (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, 11 maggio 2017, pronunciata nella causa C-131 Archus; Cons. Stato, sez. V, 18 ottobre 2018, n. 5958; Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4).
3.2. Se la stazione appaltante non si è ancora pronunciata, non può richiedersi all’autorità giudiziaria di valutare – neanche in via meramente incidentale – l’ammissibilità dell’offerta proposta da uno degli operatori economici.
Simili accertamenti sono preclusi al giudice amministrativo che, per espressa indicazione dell’art. 35, comma 2, Cod. proc. amm., “non può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”. Se fosse accertata, nella presente sede giudiziaria, l’inammissibilità dell’offerta di Al. s.p.a. per aver previsto un ribasso pari a 0,00%, senza un precedente provvedimento dell’amministrazione, in qualche modo veicolato all’interno del giudizio, sarebbe di fatto adottata pronuncia sull’ammissibilità della partecipazione dell’operatore economico, valutazione rimessa esclusivamente alla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827).
4. Con il secondo motivo di appello la sentenza di primo grado è contestata per “Error in procedendo – omessa declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti”. Motivo di appello di identico contenuto è stato proposto anche da A.M..
L’appellante si duole che il giudice di primo grado non abbia dichiarato irricevibile il ricorso di Al. s.p.a. in quanto proposto oltre trenta giorni dalla data di pubblicazione del provvedimento 15 dicembre 2017, n. 14306, di ammissione di A.M.. (a seguito di annullamento in autotutela della precedente esclusione) sul Bollettino ufficiale della Regione Calabria del 9 gennaio 2018, n. 4, essendo stato il ricorso notificato il 9 marzo 2018 e, comunque, oltre trenta giorni dalla notifica a mezzo PEC all’indirizzo della ricorrente.
4.1. I motivi sono infondati.
4.2. La sentenza ha respinto l’eccezione di irricevibilità :
a) quanto alla notifica effettuata all’indirizzo PEC di Al. s.p.a., per l’assenza di prova dell’avvenuta consegna del messaggio, per aver l’amministrazione resistente prodotto la sola copia della ricevuta di accettazione della PEC (e non anche, dunque, quella della ricevuta di consegna);
b) quanto all’avvenuta pubblicazione sul B.U.R.C., per il carattere derogatorio (della disciplina generale), e quindi, di stretta interpretazione, della disposizione dell’art. 29, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50 che fissa il dies a quo per l’impugnazione dei provvedimenti di esclusione ed ammissione nel giorno di pubblicazione degli stessi sul profilo della stazione appaltante, non surrogabile, pertanto, da altre forme di pubblicità, quali, ad esempio, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione.
4.3. La Regione appellante non contesta l’assenza in atti della prova dell’avvenuta consegna del messaggio indirizzato alla PEC di Al. s.p.a., ma si limita ad affermare che esso è stato tempestivamente inoltrato.
Così formulata la censura è inammissibile poiché non esprime una critica alla ragione della decisione che possa condurre il giudice di appello ad una diversa valutazione.
4.4. Anche A.M.. non contesta l’assenza di prova dell’avvenuta consegna, ma critica la posizione assunta dal giudice di primo grado perché formalistica a fronte di una “prova di esistenza rafforzata (ricevuta di accettazione della p.e.c. inviata) indirizzata ad indirizzo p.e.c. attribuibile ad Al.”.
La critica va respinta: la ricevuta di accettazione costituisce elemento probatorio indispensabile per dimostrare che il messaggio inoltrato via PEC sia giunto nella sfera di conoscenza del destinatario (al pari, per le notifiche cartacee, dell’avviso di ricevimento) con conseguente attivazione della c.d. presunzione di conoscenza; in mancanza, ove sia depositata la sola ricevuta di accettazione, è provato che il procedimento notificatorio è stato attivato ma non che è stato debitamente concluso, dimostrando, la suddetta ricevuta, solamente che il messaggio è stato acquisito dal gestore del sistema (cfr. decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 2 novembre 2005, in materia di Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica ove, all’art. 1, lett. e) è fornita la definizione della “ricevuta di accettazione”: “la ricevuta, sottoscritta con la firma del gestore di posta elettronica certificata del mittente, contenente i dati di certificazione, rilasciata al mittente dal punto di accesso a fronte dell’invio di un messaggio di posta elettronica certificata”)
4.5. Quanto alla possibilità di far decorrere il termine di impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, le appellanti non esprimono una critica puntuale, e, tuttavia, le censure possono ritenersi ammissibili poiché implicitamente rivolte a contestare l’interpretazione del dato normativo proposta dal giudice di primo grado.
4.6. La decisione del giudice di primo grado merita conferma sul punto.
Costituisce circostanza pacifica in atti che il provvedimento non è stato pubblicato sul profilo della committente come prescritto dall’art. 29, comma 1, Cod. proc. amm.; le appellanti invocano, però, quale dies a quo del termine di impugnazione (il giorno del)la pubblicazione del provvedimento nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, per essere questo il momento in cui si è avuto la “piena conoscenza” del provvedimento, secondo la regola generale dell’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm sul decorso del termine per la proposizione del ricorso contente domanda di annullamento di un atto amministrativo.
4.7. E’, però, ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale che si è espresso in senso negativo sulla possibilità di ritenere applicabile anche al giudizio di impugnazione dei provvedimenti di ammissione e/o di esclusione adottati nel corso di una procedura di evidenza pubblica, la regola generale per l’individuazione della decorrenza del termine di impugnazione di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm..
Come ben esposto dal giudice di primo grado è opinione condivisa che la regola posta dall’art. 120, comma 2-bis, cit. vada letta in combinato con la previsione dell’art. 29, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, così come modificata dall’art. 20 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice), per la quale “Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati da motivazione”; non può dubitarsi che “la concreta disponibilità ” dalla quale è fatto ora decorrere il termine di impugnazione costituisce nozione diversa dalla “piena conoscenza” di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.; il legislatore, infatti, ha voluto con detta formula individuare il momento in cui l’impresa ha acquisito l’atto – perché comunicatole ovvero pubblicato con il suo intero contenuto o, ancora, in mancanza dell’uno e dell’altro, acquisito mediante accesso ai documenti – ed è in grado di percepirne l’effettiva illegittimità (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7256).
In definitiva, allora, la previsione dell’art. 120, comma 2bis, cit., già regola speciale, applicabile ad una specifica materia, e, pertanto, prevalente sulla regola generale, (come rilevato da Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2018, n. 2176), interpretata in combinato con la disposizione di cui all’art. 29, comma 1, d.lgs. 80 cit., appare ora anche incompatibile con l’applicazione della regola generale di cui all’art. 41, comma 2, Cod. proc. amm.
5. Nel medesimo motivo di appello la Regione Calabria contesta la sentenza di primo grado per aver ritenuto nulla la notifica del ricorso introduttivo del giudizio alla A.M.. sebbene effettuata ad indirizzo PEC diverso da quello proprio della società controinteressata; a suo dire, la notifica dovrebbe essere considerata inesistente con conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado.
5.1. Medesimo motivo di appello propone anche A.M.. per “Erronea, contraddittoria e illogica motivazione della sentenza in ordine all’ammissibilità e ricevibilità del ricorso; violazione degli artt. 3-bis e 6 della l. n. 53/1994, dell’art. 156 C.P.C., 41 C.P.C., 24 Cost., Omessa pronuncia su eccezione determinante”.
5.1.1. Rammenta l’appellante:
– che Al. s.p.a. aveva effettuato due notifiche del ricorso introduttivo: la prima, del 9 marzo 2018, a mezzo PEC, all’indirizzo (omissis), che il difensore della ricorrente dichiarava aver estratto dal registro degli indirizzi di posta elettronica certificata INI – PEC, e la seconda, del 22 marzo 2018, ex art. 142, comma 2, Cod. proc. civ., alla sede legale estera della controinteressata;
– di aver eccepito nel giudizio di primo grado che delle due notifiche, la prima, doveva ritenersi inesistente poiché l’indirizzo cui era stata diretta apparteneva a società diversa, la Ry. DA., e, la seconda, illegittima per contrasto con le disposizioni che regolano le notifiche all’estero;
– che il giudice di primo grado aveva respinto l’eccezione di inammissibilità per aver ritenuto la prima notifica nulla in quanto rivolta ad un indirizzo che, sebbene non appartenente alla controinteressata, era con essa in collegamento tanto da averlo indicato nella domanda di partecipazione quale indirizzo al quale intendeva ricevere ogni comunicazione riguardante la procedura di gara, con conseguente avvenuto raggiungimento dello scopo a seguito di costituzione in giudizio della società ex art. 156, comma 3, Cod. proc. civ., e irrilevanza delle modalità con le quali era stata operata la notifica all’estero.
5.1.2. Contesta, pertanto, al giudice di primo grado di non aver tenuto conto che A.M.. è società con sede legale all’estero per la quale le uniche modalità di notificazione degli atti giudiziari legittime sono quelle previste dall’art. 142 Cod. proc. civ., che rimanda alle norme internazionali, senza che, da un lato, sia applicabile il principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156 Cod. proc. civ., e, dall’altro, sia possibile procedere a mezzo di notificazione per via telematica, per la previsione, contenuta nell’art. 3-bis l. del 1994, n. 53, dell’obbligo di estrarre gli indirizzi P.E.C. solo da pubblici elenchi nei quali non vi sono indirizzi di soggetti residenti all’estero.
5.1.3. La conclusione dell’appellante è che la notifica effettuata all’indirizzo PEC (omissis) va considerata tam quam non esset, poiché indirizzo non appartenente a A.M.. , ma al soggetto diverso Ry., con conseguente dichiarazione non veritiera del difensore di Al. s.p.a. di aver estratto l’indirizzo PEC della controinteressata dal pubblico elenco INIPEC.
6. I motivi di appello sono infondati.
6.1. L’indirizzo (omissis) era presente nell’elenco INI- PEC; per disposizione dell’art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53 “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”. A tale indirizzo potevano essere indirizzati gli atti giudiziari.
Non è contestato, tuttavia, che tale indirizzo non appartenesse alla concorrente A.M.. , ma ad altro soggetto giuridico, la società estera Ry., risultante fornita di rappresentanza legale in Italia e dell’indirizzo PEC, appunto, al quale indirizzare gli atti giudiziari.
Allo stesso modo è circostanza pacifica che A.M.. , nella domanda di partecipazione alla procedura di gara, abbia dichiarato di voler ricevere tutte le comunicazioni relative alla gara stessa al predetto indirizzo di posta elettronica certificata.
Alla luce delle circostanze esposte va risolta la questione della validità della notifica del ricorso introduttivo del giudizio effettuata da Al. s.p.a. alla controinteressata al predetto indirizzo PEC (omissis).
6.2. Il Collegio ritiene, come il giudice di primo grado, che la notifica sia nulla e non, invece, inesistente come ritenuto dalle appellanti.
La nullità è conseguenza della violazione dell’art. 141 Cod. proc. civ., che impone di effettuare le notificazioni all’indirizzo del destinatario (ora, per interpretazione evolutiva, indirizzo telematico).
6.2.1. E’ orientamento costante della giurisprudenza ordinaria e amministrativa quello per cui la notificazione è inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario (cfr. Cass. civ., Sez. Un. 20 luglio 2016, n. 14916; Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6008).
6.2.2. Va condivisa la considerazione del giudice di primo grado che, nel caso di specie, un collegamento rilevante tra il luogo (che, in caso di notifica elettronica, non può che essere un luogo “telematico”) nel quale è avvenuta la notifica del ricorso – l’indirizzo (omissis) – e la società estera A.M.. fosse certamente esistente se quest’ultima ha ritenuto di indicarlo come indirizzo cui intendeva ricevere tutte le comunicazioni nel corso della procedura di gara, così implicitamente mostrando che, ove fosse stato utilizzato, essa avrebbe certamente avuto conoscenza delle comunicazioni a sé dirette.
6.2.3. La presenza dell’indirizzo PEC nell’elenco INI- PEC (qualificato come elenco ufficiale dall’art. 6-bis d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 Codice dell’amministrazione digitale al pari di ReGIndE, d.m. 2011 n. 44, con verifica a carico della parte notificante) è ciò che ha attestato il difensore della ricorrente; e costituisce, per quanto detto, condizione sufficiente ad effettuare la notifica per via telematica.
6.2.4. Non v’è ragione, poi, per escludere, come suggerito dall’appellante, che per un soggetto con sede legale all’estero non possa trovare applicazione il principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3, Cod. proc. civ.; si tratta di principio di carattere generale, che non conosce limitazioni soggettive, poiché diretto ad impedire la chiusura in rito del giudizio (o defatiganti attività di rinnovazione degli atti processuali) ove risultino in concreto garantite le finalità di tutela del diritto di difesa altrui cui sono dirette le regole del processo.
Nel caso di specie, la costituzione in giudizio di A.M.. , con esposizione completa delle proprie difese, fa ritenere pienamente raggiunto lo scopo cui è diretta la notificazione dell’atto giudiziario, la piena realizzazione del contraddittorio. Si è, dunque, prodotta la sanatoria della nullità della notificazione. Che la costituzione sanante sia avvenuta in ragione della conoscenza dell’atto ottenuta per la prima notifica, ovvero perché conosciuta a seguito della seconda notifica, possibilità prospettata dalla Regione Calabria, è del tutto irrilevante ai fini della regolare costituzione del contraddittorio, né quanto prospettato è stato fornito anche solo di un principio di prova.
6.2.5. Per essere correttamente costituito il contraddittorio già con la prima notifica, non v’è necessità di esaminare le censure rivolta alla seconda notifica alla sede legale estera della società .
7. Va ora esaminato il secondo motivo di appello di A.S.M.L. con il quale è censurata la sentenza di primo grado per “Error in procedendo: violazione degli art. 116 c.p.a. e 24 Cost.; incompetenza, eccesso di potere giurisdizionale”.
La società riferisce che il Presidente del Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza 17 aprile 2018, n. 169, emessa inaudita altera parte, ha accolto l’autonomo ricorso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. proposto da Al. s.p.a. avverso il provvedimento della Regione Calabria, 19 marzo 2018, n. 99951, di diniego alle istanze di accesso ai documenti relativi alla sua offerta avanzata dall’appellata.
Rileva, al riguardo, che la predetta ordinanza conteneva il richiamo agli artt. 46, comma 2, e 65 comma 3, Cod. proc. amm., così dando mostra della volontà del Presidente estensore di aver inteso ordinare l’esibizione documentale esercitando i poteri istruttori conferiti dal codice per il caso di inerzia dell’amministrazione resistente nel deposito dei documenti impugnati e di quelli presupposti; senonchè, il ricorso proposto da Al. s.p.a. era qualificabile come istanza incidentale di accesso incardinata all’interno di un procedimento autonomo ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., con conseguente necessità di pronuncia a seguito di camera di consiglio nel pieno contraddittorio con le altre parti del giudizio.
Conclude che l’ordinanza presidenziale è da considerare irrituale, con ogni conseguenza in punto di legittimità della successiva sentenza che ha concluso il giudizio, ove risultano accolti i motivi proposti con atto di motivi aggiunti notificato da Al. s.p.a. dopo aver avuto conoscenza dei documenti dei quali era stata ordinata l’esibizione.
7.1. Il motivo è inammissibile.
7.2. Proposto ricorso avverso il provvedimento di ammissione di A.S.M.L. alla procedura di gara, Al. s.p.a. ha impugnato il provvedimento con il quale la Regione Calabria le aveva negato l’accesso ai documenti con ricorso incardinato nell’ambito del precedente giudizio.
Il ricorso avverso il diniego all’accesso era, pertanto, qualificabile come ricorso incidentale ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., per la rilevanza nell’ambito del giudizio principale dei documenti ai quali era richiesto di accedere.
7.3. La domanda di accesso incidentale va decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio (ultimo periodo del secondo comma dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm.).
La previgente disposizione sull’accesso incidentale, l’art. 25 l. 7 agosto 1990, n. 241, prevedeva espressamente la trattazione in “camera di consiglio” dell’istanza incidentale di accesso; nell’attuale formulazione della disposizione manca, invece, ogni riferimento alle modalità di decisione dell’istanza.
Cionondimeno, non possono esservi dubbi che il giudice che intenda pronunciare subito sull’istanza di accesso incidentale, senza attendere la pronuncia della sentenza, sia tenuto a fissare apposita camera di consiglio per la discussione.
V’è nel codice del processo amministrativo una disposizione di carattere generale, l’art. 87, comma 2, sui giudizi che si trattano in camera di consiglio; tra questi, alla lett. c), è previsto “il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa”. Non potendosi dubitare del fatto che l’istanza incidentale di accesso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., dia luogo all’instaurazione di un giudizio di accesso ai documenti, sia pure all’interno di altro giudizio già pendente, l’obbligo di trattazione in camera di consiglio trova sicura applicazione anche al caso in esame.
D’altra parte, darebbe adito a non pochi dubbi di costituzionalità un’interpretazione delle disposizioni citate volta ad escludere la necessaria trattazione in camera di consiglio dell’istanza di accesso incidentale, per il carattere contenzioso del giudizio e le evidenti ragioni di tutela dell’amministrazione e delle parti controinteressate all’accesso.
In definitiva: l’ordinanza con la quale è decisa l’istanza incidentale per l’accesso ai sensi dell’art. 116, comma 2, Cod. proc. amm., non può essere pronunciata inaudita altera parte (senza considerare che la forma tipica del provvedimento pronunciato a contraddittorio non integro è quella del decreto e non quella dell’ordinanza).
7.4. L’ordinanza del Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria 17 aprile 2019, n. 169 con la quale era ordinata l’esibizione dei documenti richiesti da Al. s.p.a. è, dunque, nulla per contrasto con le disposizioni in precedenza richiamate.
Né può ritenersi che il Presidente abbia inteso esercitare i poteri istruttori riconosciuti dall’art. 65, comma 3, Cod. proc. amm. al presidente o al magistrato da lui delegato per il caso di mancato deposito da parte dell’amministrazione dei provvedimenti di cui all’art. 46, comma 2, Cod. proc. amm..
E’ decisiva la considerazione per la quale l’ordinanza presidenziale di cui si discute è stata pronunciata sul ricorso di parte rivolto ad impugnare il diniego all’accesso dell’amministrazione detentrice dei documenti e, dunque, “contro le determinazioni… sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi” secondo la previsione del primo comma dell’art. 116 cit che, così, definisce l’ambito di applicazione del rito in materia di accesso ai documenti amministrativi.
D’altra parte, i provvedimenti oggetto di accesso non sono, certamente, il “provvedimento impugnato” ovvero “gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio”, dell’art. 46, comma 2, Cod. proc. amm., ma sono i documenti cui Al. s.p.a. domandava di accedere per poter valutare la sussistenza di eventuali ulteriori vizi di legittimità del provvedimento impugnato con il ricorso principale e, dunque, allo scopo di articolare ulteriori motivi a fondamento delle proprie ragioni.
7.5. Riconosciuta l’invalidità dell’ordinanza adottata dal Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, il motivo di appello è, comunque, inammissibile.
7.5.1. Ritiene il Collegio di dar seguito all’orientamento giurisprudenziale per il quale – sebbene l’attuale disciplina non preveda più, come il previgente art. 25, comma 5, l. 7 agosto 1990, n. 241, l’appellabilità entro trenta giorni al Consiglio di Stato – l’ordinanza che decide sull’istanza in materia di accesso presentata in corso di causa sia immediatamente appellabile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5765; in termini, ma in relazione alla previdente disciplina, Cons. Stato, sez. V, 25 giugno 2010, n. 4068 che opera una ulteriore distinzione ritenendo non impugnabili immediatamente, ma solamente con la sentenza che decide il giudizio, le ordinanze che respingono il ricorso perché ritengono i documenti richiesti non utili ai fini del giudizio in corso, riprendendo così Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 2004, n. 1629, V, 9 dicembre 2008, n. 6121; la distinzione non pare a perfetta tenuta, specie ove si consideri le condizioni per l’accesso ai documenti, ma la questione non richiede di essere affrontata non rilevando nel presente giudizio).
Milita in tal senso la natura decisoria dell’ordinanza che decide sul diritto dell’istante ad accedere ai documenti detenuti dall’amministrazione, per cui alla forma dell’ordinanza corrisponde il contenuto della sentenza, con conseguente applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile (cfr. Cass. civ., sez. lavoro, 31 marzo 2017, n. 8467; SS.UU. 17 giugno 2013, n. 15116).
7.5.2. A.M.. (come pure la Regione Calabria) poteva, pertanto, impugnare immediatamente l’ordinanza presidenziale ed ottenere la sospensione degli effetti esecutivi da parte del giudice d’appello, visto che l’ordinanza, al pari della sentenza in forma semplificata che definisce l’autonomo giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi, contiene un ordine di esibizione immediatamente esecutivo, da evadere nel termine non superiore, di norma, a trenta giorni.
L’odierno motivo di impugnazione – anche a volerlo ritenere validamente proposto all’interno dell’appello avverso la sentenza di primo grado e nei termini di tre mesi dalla pubblicazione dell’ordinanza – è inammissibile perché gli effetti dell’ordinanza si sono oramai prodotti, essendo stati i documenti richiesti portati a conoscenza della ricorrente e nessuna utilità potrebbe conseguire la società dal suo accoglimento, secondo il noto brocardo factum infectum fieri nequit.
7.5.3. Neppure è possibile sostenere, come fa l’appellante nel motivo di appello, che la nullità dell’ordinanza abbia prodotto effetti invalidanti sulla sentenza conclusiva del giudizio, per aver quest’ultima accolto i motivi aggiunti formulati sulla base dei documenti conosciuti grazie all’ordine giudiziario di ostensione: l’ordinanza con la quale è deciso il giudizio sul silenzio ha carattere autonomo rispetto alla pronuncia conclusiva del giudizio, ove la preceda, onde non sussiste quel nesso di dipendenza che comporta la propagazione della nullità degli atti (art. 159, comma 3 Cod. proc. civ.); d’altra parte, la conoscenza dei documenti – in qualunque modo avvenuta e, dunque, anche mediante un provvedimento del giudice invalido – onerava la parte alla tempestiva proposizione dei motivi aggiunti per far valere gli ulteriori vizi riscontrati.
In via conclusiva, A.M.. avrebbe dovuto impugnare immediatamente l’ordinanza del Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, eventualmente richiedendo la sospensione degli effetti esecutivi dell’ordinanza che accoglieva l’istanza di accesso ai documenti.
8. Si giunge ora ad esaminare i motivi di appello che attengono al merito del giudizio.
8.1. La Regione Calabria contesta la sentenza di primo grado per “Error in iudicando – Infondatezza del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti”; il giudice avrebbe erroneamente ritenuto A.M.. inottemperante alle richieste formulate dalla stazione appaltante in sede di soccorso istruttorio in particolare quanto alla presentazione di cauzione provvisoria.
8.2. In effetti, il giudice di primo grado ha annullato il provvedimento di ammissione di A.M.. alla procedura di gara per aver ritenuto che, nonostante il soccorso istruttorio disposto dalla stazione appaltante in ragione delle carenze documentali presenti nella domanda di presentazione – sulla cui ammissibilità, contestata con il ricorso principale, era possibile prescindere – la concorrente non avesse sanato le predette carenze.
È fatto riferimento, in special modo:
– alla mancanza della cauzione provvisoria: rileva il giudice di primo grado che, all’esito del soccorso istruttorio, A.M.. aveva presentato una cauzione rilasciata dalla Banca Nazionale del lavoro s.p.a. non a favore dell’operatore economico concorrente nella procedura di gara, ma di Ry. DA., soggetto diverso che non aveva in alcun modo preso parte alla procedura;
– alla carenza delle referenze bancarie: rilevata l’assenza e richiestane la produzione in sede di soccorso istruttorio, la concorrente aveva presentato una referenza rilasciata da Citibank Europe PLC che attestava effettivamente l’esistenza di un rapporto bancario “satisfattorio”, ma che era stato instaurato il 27 ottobre 2017, vale a dire dopo la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara (10 luglio 2017);
– all’inadeguatezza del gruppo di lavoro: in sede di soccorso istruttorio, la stazione appaltante aveva rilevato che il gruppo di lavoro proposto dalla concorrente nella sua domanda non era adeguato, e la concorrente aveva operato una vera integrazione della composizione, così disponendo una modifica dell’offerta e non semplicemente la sanatoria di una carenza documentale.
8.3. La Regione Calabria richiama gli orientamenti giurisprudenziali ispirati al favor partecipationis (e sintetizzati dalla massima ricorrente per la quale “la disciplina della procedura di gara non deve essere concepita come una sorta di corsa ad ostacoli fra adempimenti formali imposti agli operatori economici e all’amministrazione, ma deve mirare ad appurare, in modo efficiente, quale sia l’offerta migliore, verificando la sussistenza dei requisiti tecnici, economici, morali e professionali dell’aggiudicatario”), e rileva la contraddizione del primo giudice che, da un lato, in relazione alla notifica del ricorso introduttivo, ha ritenuto esistente un collegamento tra Ry. DA. e A.M.. utile a far ritenere nulla e non esistente la notifica, e, dall’altro, sul piano sostanziale, in merito alla validità della cauzione provvisoria, non vi ha riconosciuto rilevanza alcuna, nonostante A.M.. sia soggetta a controllo totalitario di Ry..
Quanto, invece, alle referenze bancarie, contesta al giudice di non aver considerato che esse hanno la finalità di dimostrare la solidità economica e finanziaria della società e che, per questa ragione, possono essere rese anche successivamente alla data di presentazione delle offerte per attestare un requisito preesistente.
Infine, quanto al gruppo di lavoro, l’appellante evidenzia che la valutazione della stazione appaltante circa la sua adeguatezza, in ottemperanza al disposto soccorso istruttorio, non è sindacabile in sede giurisdizionale.
8.4. Ana motivo di appello è proposto da A.M.. che, relativamente alla cauzione provvisoria, sostiene che l’intestazione a Ry., anziché alla società controllata concorrente nella procedura di gara, sia il frutto di “errore puramente formale”, privo di reali conseguenze, considerato che la cauzione riportava espressamente il riferimento alla procedura di gara e, in special modo, ai lotti cui aveva partecipato, onde, qualora si fosse verificato l’evento per il quale la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all’escussione della cauzione – pericolo ritenuto dall’appellante meramente ipotetico e non verificatosi in concreto – ben avrebbe potuto richiedere all’istituto bancario il pagamento della somma garantita.
In relazione alla referenza bancaria, la società appellante si duole che giudice di primo grado di non abbia tenuto conto che le referenze bancarie costituiscono la prova dell’esistenza di un requisito, la solidità economica e finanziaria della società, per cui esse, in quanto elementi documentali, possono sopravvenire alla data di presentazione dell’offerta, a differenza dei requisiti stessi che, a quella data, devono essere necessariamente posseduti dal concorrente.
Infine, quanto al gruppo di lavoro, è contestato alla sentenza di aver accolto pedissequamente la ricostruzione di Al. s.p.a. per la quale a seguito del soccorso istruttorio v’era stata integrazione del gruppo, sebbene sin dalla fase iniziale, essa aveva indicato quattro persone come componenti il gruppo di lavoro allegandone il relativo curriculum vitae; il gruppo di lavoro adeguato, inoltre, era richiesto come “requisito di partecipazione” e non come elemento afferente l’offerta.
9. I motivi di appello sono infondati.
9.1. La cauzione provvisoria è prevista dall’art. 93 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; è una garanzia per gli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione ad una partecipazione ad una gara di appalto, ivi compresi, naturalmente, la dimostrazione del possesso dei requisiti dichiarati in ragione dei quali è avvenuta la ammissione ad essa.
In ragione di ciò, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che la finalità dell’istituto è quella di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, 31 agosto 2016, n. 3751).
9.2. E’ evidente, allora, che una cauzione provvisoria rilasciata a garanzia dell’impegno di soggetto diverso dall’operatore partecipante alla procedura di gara non può ritenersi validamente prestata, anche se, come nel caso di specie, si tratta di società controllante (sul rapporto tra controllante e controllata in sede di procedura di gara, cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 settembre 2018, n. 5420).
L’offerta, della cui serietà e affidabilità la cauzione è prova, proviene, infatti, da soggetto diverso dal garantito e la stazione appaltante non potrebbe richiedere all’istituto garante di versare la somma per inadempimento agli obblighi di legge commesso dal primo.
La circostanza, che entrambe le appellanti sottolineano, che si sia trattato di “mero errore materiale” nella compilazione del contratto, non comporta una diversa conclusione, poiché, anzi, se tale è, porterebbe, addirittura, far dubitare della validità dell’intero contratto, e, comunque, resta il fatto che la società non si è prontamente attivata per la sua correzione.
Non v’è, infine, contraddizione nella sentenza: ai fini della notifica il collegamento con l’indirizzo PEC della controllante – peraltro dichiarato dalla stessa appellante come indirizzo al quale ricevere le comunicazioni relative alla procedura di gara – consente di ritenere che A.M.. potesse avere conoscenza degli atti ivi indirizzati, laddove, invece, il collegamento controllante/controllata non può garantire la serietà dell’offerta che proviene dall’una anziché dall’altra.
9.3. Le critiche alla decisione del giudice in merito alle referenze bancarie non trovano miglior sorte e proprio per le ragioni da loro indicate: è vero che le referenze bancarie costituiscono mezzo di prova di un requisito richiesto per la partecipazione alla procedura, la solidità economica finanziaria dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2019, n. 2351), e che, per questa ragione, potrebbero essere formate anche dopo la scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, ma, sempre che esse attestino la preesistenza del requisito stesso.
La (seconda) referenza bancaria presentata da A.M.. attesta, invece, l’ordinato svolgimento di un rapporto instaurato con l’istituto bancario in un periodo successivo alla presentazione della domanda di partecipazione; è evidente, allora, che tale documento non è idoneo a dimostrare la già esistente solidità economica e finanziaria dell’operatore economico al momento della partecipazione.
9.4. Va confermato, dunque, la decisione del giudice di primo grado per il quale, neppure all’esito del soccorso istruttorio attivato dalla stazione appaltante, A.M.. ha colmato le carenze documentali presenti nella propria domanda di partecipazione e insuperabili ragioni di esclusione dalla procedura di gara.
Resta assorbita la questione in merito all’adeguatezza del gruppo di lavoro indicato dalla società appellante, come pure tutti i motivi di ricorso riproposti da Al. s.p.a. ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm..
10. In punto di spese la Regione Calabria e l’A.M.. contestano la sentenza di primo grado per aver tenuto conto nella loro determinazione del mancato deposito di copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, come imposto dall’art. 7, comma 4, d.l. 31 agosto 2016, n. 168 conv. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197 Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, per l’efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa. Sostengono le parti di aver depositato tutti gli atti difensivi anche in formato cartaceo.
In effetti il giudice d’appello non specifica quali atti non siano stati depositati in formato cartaceo.
Ritiene opportuno il Collegio compensare le spese di entrambi i gradi del giudizio tra tutte le parti in causa per la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, ne dispone la riunione e li respinge.
Compensa tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Claudio Contessa – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere

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