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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 29 maggio 2015, n. 11188. In relazione alle attività ginniche la responsabilità dell’insegnante, e di conseguenza del Ministero, è configurabile o a fronte di specifica violazione del dovere di sorveglianza e di addestramento; o in relazione a lesioni o ad altri danni subiti dagli allievi che di per sé dimostrino che è stato loro consentito di svolgere attività violente, o tali da comportare l’uso di attrezzature inidonee od intrinsecamente pericolose; o tali da implicare un margine di rischio di incidenti superiore a quello suscettibile di prevenzione tramite il controllo e la disciplina esercitati dall’insegnante. Ma nulla avrebbe consentito, neppure al più scrupoloso dei docenti, di evitare che una ragazza si fratturasse il dito colpendo male la palla, durante la lezione di palla a volo. Né è stato dedotto o provato che le attrezzature – palestra, pallone, ecc. – non fossero regolamentari o presentassero intrinsecamente dei rischi anche lievi. Incidenti di minimo rilievo, quale quello in oggetto, non giustificano l’addebito di responsabilità alla scuola, né gli oneri processuali che ne conseguono

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 29 maggio 2015, n. 11188 Svolgimento dei processo Con sentenza depositata il 28 giugno 2011 n. 2390 e notificata il 17 gennaio 2012 la Corte di appello di Napoli – in riforma della sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Napoli – ha condannato il Ministero dell’Istruzione,...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 maggio 2015, n. 10291. In tema di responsabilità omissiva per contagio (in capo al Ministero), si applica il principio della regolarità causale della condotta omissiva che presuppone, oltre all’accertamento della violazione dell’obbligo di tenere la condotta, l’accertamento, in riferimento all’epoca di produzione del preparato, della conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso sangue infetto, in modo che, secondo un giudizio ipotetico, possa dirsi che l’azione omessa avrebbe potuto impedire l’evento, essendo oggettivamente prevedibile che ne sarebbe potuta derivare come conseguenza la lesione. E tale accertamento che – unitamente all’accertamento della omissione dell’attività dovuta, della esistenza della patologia, dell’assenza di altri fattori causali alternativi – rientra nelle competenze del giudice del merito, deve ritenersi raggiunto con il riconoscimento del virus dell’epatite B (per via della unicità dell’eventi di cui si è detto) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1978, dovendosi fare riferimento alla conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici, sempre che non emerga altra data antecedente con Io stesso livello di oggettività

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 20 maggio 2015, n. 10291 Motivi della decisione Si esamina preliminarmente il profilo relativo alla responsabilità del Ministero per danni da emotrasfusioni, avvenute negli anni dal 1970 al 1974, atteso che in mancanza di responsabilità dello stesso ogni indagine sulla prescrizione dei diritti sarebbe superflua. La Corte di...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 18 maggio 2015, n. 10131. Ai fini della responsabilità per attività pericolosa di cui all’art. 2050 c.c., costituiscono attività pericolose non solo quelle che tali sono qualificate dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle altre che comportano la rilevante possibilità del verificarsi di un danno, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi usati. Non solo nel caso di danno che sia conseguenza di una azione, ma anche nell’ipotesi di danno derivato da omissione di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in relazione alla natura dell’attività esercitata alla stregua delle norme di comune diligenza e prudenza, per cui, di regola, l’attività edilizia, massimamente quando comporti rilevanti opere di trasformazione o di rivolgimento o spostamento di masse terrose e scavi profondi ed interessanti vaste aree, non può non essere considerata attività pericolosa ai fini indicati dalla detta norma. Il proprietario che fa eseguire nel suo fondo opere di escavazione, risponde direttamente del danno che a causa di essi sia derivato al fondo confinante, anche se l’esecuzione dei lavori sia stata data in appalto, e dunque indipendentemente dal suo diritto ad ottenere la rivalsa nei confronti dell’appaltatore la cui responsabilità verso i terzi danneggiati può eventualmente aggiungersi alla sua, ma non sostituirla od eliminarla

    SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 18 maggio 2015, n. 10131 Con atto di citazione ritualmente notificato M.A. , S.G. , C.G. (nato nel (…)), C.M. e Co.Gi. (nato nel (…)), esponevano: – che erano usufruttuarie le prime due e proprietari tutti gli altri di un immobile sito in (omissis) ; – che...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 6 maggio 2015, n. 9009. Tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex art. 2043 cod. civ., quale quella che risulta evocata nel caso specifico, il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può – in base ad un ordine crescente di gravità – o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 cod. civ.) e a maggior ragione ove si inquadri la fattispecie del danno nella previsione di cui all’art. 2043 cod. civ. In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 6 maggio 2015, n. 9009   Svolgimento del processo   Con sentenza in data 4 aprile 2011 n.1440, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma n.25291/2002, ha accolto la domanda proposta dall’appellante S.F. nei confronti del Ministero dell’Interno e del Fondo...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 marzo 2015, n. 6243. L’ASL è responsabile civilmente, ai sensi dell’art. 1228 cod. civ., del fatto illecito che il medico, con essa convenzionato per l’assistenza medico-generica, abbia commesso in esecuzione della prestazione curativa, ove resa nei limiti in cui la stessa è assicurata e garantita dal S.S.N. in base ai livelli stabiliti secondo la legge

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE sentenza 27 marzo 2015, n. 6243 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SEGRETO Antonio – Presidente – Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere – Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere – Dott. SCRIMA Antonietta...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2015, n. 7193. La domanda di risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, proposta dal danneggiato nei confronti del soggetto responsabile, comprende necessariamente tutte le voci che compongono il danno ed in particolare il lucro cessante, pur se non contiene alcuna precisazione in tal senso

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 10 aprile 2015, n. 7193 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SEGRETO Antonio – Presidente Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere Dott. D’AMICO...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 15 aprile 2015, n. 7661. In caso di protesto illegittimo, il danno patrimoniale (in questo caso subito dalla attività commerciale) e quello non patrimoniale (alla reputazione) vanno sempre provati dal richiedente

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 15 aprile 2015, n. 7661 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CARLEO Giovanni – Presidente Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere Dott....