Lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica di inquadramento

Consiglio di Stato, Sezione seconda, Sentenza 3 febbraio 2020, n. 856.

La massima estrapolata:

In materia di pubblico impiego lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica di inquadramento, anche se verificatosi su formale incarico e su posto vacante, non determina, a meno che specifiche disposizioni di legge non prevedono eccezionalmente il contrario, né l’attribuzione del corrispondente inquadramento sovraordinato, né la corrispondente retribuzione.

Sentenza 3 febbraio 2020, n. 856

Data udienza 17 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1514 del 2010, proposto dal signor
Vi. La., rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Ga., con domicilio eletto presso lo studio Studio Gh. in Roma, via (…);
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda n. 02821/2008, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. Giovanni Orsini e uditi per le parti l’avv. Pa. Sc. su delega dell’avv. Do. Ga. e l’avv.dello Stato Lu. Fi.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appello in esame è volto ad ottenere la riforma della sentenza del Tar per la Puglia indicata in epigrafe che ha respinto il ricorso del dottor La. contro il provvedimento del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che ha rigettato la richiesta del ricorrente di attribuzione del parametro economico 144,50 erogato a favore dei commissari responsabili della sicurezza per gli istituti di livello dirigenziale, nonché per il riconoscimento del diritto dello stesso ricorrente a ricevere a far data dal 4 aprile 2007 il trattamento economico stipendiale per la qualifica superiore (VIII) di commissario capo in luogo di quella attribuitagli (parametro 133,25) con condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle differenze già maturate.
2. Con decreto del 20 marzo 2007 del direttore generale del personale e della formazione del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, sono state attribuite al dottor La., vicecommissario penitenziario, VII qualifica funzionale, le funzioni di comandante di reparto e responsabile dell’area della sicurezza della casa circondariale di Trani a far data dal 4 aprile 2007; conseguentemente, il ricorrente ha chiesto al Dipartimento l’attribuzione del parametro economico stipendiale superiore. Al mancato accoglimento della richiesta ha fatto seguito l’impugnazione del diniego presso il Tar per la Puglia-Bari.
3. Con la sentenza appellata il Tar ha respinto il ricorso ritenendo che la richiesta del dottor La. si sostanziasse non in una mera retribuzione di mansioni superiori temporaneamente svolte, ma nell’accertamento del diritto ad essere inquadrato alla qualifica superiore; richiesta che il giudice di primo grado non ha considerato accoglibile in quanto nel rapporto di pubblico impiego non è applicabile l’articolo 2103 del codice civile e non è ammissibile l’attribuzione al dipendente di un trattamento economico superiore e diverso rispetto a quello della qualifica giuridica posseduta.
4. L’appello deduce (primo motivo) l’eccesso di potere per travisamento e erronea interpretazione del petitum del ricorso di prime cure, la motivazione insufficiente e la violazione dell’articolo 7 del decreto ministeriale 28 gennaio 2004 e degli articoli 11,12 e 13 del decreto legislativo n. 146 del 2000, nonchè (secondo motivo) la violazione dell’articolo 36 della Costituzione, dell’articolo 33, comma 1 del d.p.r. n. 3 del 1957, dell’articolo 7 del decreto ministeriale 28 gennaio 2004 e dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 146 del 2000.
5. In data 4 gennaio 2011 si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia.
6. L’appellante ha depositato una memoria in data 15 novembre 2019 nella quale insiste per l’accoglimento dell’appello.
7. Nell’udienza pubblica del 17 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. L’appello è infondato.
8.1. Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata che avrebbe travisato il petitum del ricorso volto non già ad ottenere l’accertamento del diritto ad essere inquadrato nella qualifica superiore, ma a richiedere il riconoscimento del diritto a ricevere il trattamento economico stipendiale della qualifica superiore. Inoltre, contesta l’assunto secondo cui con il ricorso di primo grado si richiedesse il riconoscimento in via definitiva, anziché temporanea, del trattamento economico superiore. Nella memoria depositata in data 15 novembre 2019 si ribadisce il carattere temporaneo della richiesta di riconoscimento della retribuzione della qualifica superiore, che sarebbe peraltro confermato dal fatto che il dottor La., con effetto dal 1 luglio 2011, ha acquisito la qualifica di commissario capo e beneficiato del parametro 144,50 in ragione della nuova qualifica rivestita e non per l’assegnazione precedente alle mansioni superiori che quindi ha avuto effettivamente carattere temporaneo.
8.2. Con il secondo motivo si ritiene erronea la tesi sostenuta nella sentenza secondo cui nel rapporto di pubblico impiego si deve escludere in ogni caso che lo svolgimento di mansioni superiori possa legittimare il diritto ad ottenere il corrispondente trattamento economico. Sul punto l’appellante afferma che in presenza di espresse previsioni normative (nel caso di specie l’articolo 7 comma 2 del decreto ministeriale 28 gennaio 2004) è invece consentito l’utilizzo del dipendente in una posizione di impiego diversa da quella formalmente rivestita. L’appellante nega, infine, che sia applicabile al caso in esame l’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 146 del 2000 che prevede che presso gli istituti di livello dirigenziale i vicecommissari penitenziari possono svolgere le funzioni di responsabile vicario della sicurezza, in quanto le funzioni vicarie sono relative ad una sostituzione in caso di assenza o impedimento temporaneo e non invece all’attribuzione quale titolare di tale posizione di comando.
8.3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente.
8.3.1. Come riconosciuto dallo stesso ricorrente, nel rapporto di impiego delle forze di polizia, sottratto alla privatizzazione, continua ad applicarsi il principio della irrilevanza giuridica ed economica dello svolgimento di mansioni superiori, dato che lo stato giuridico di tali pubblici dipendenti si desume dagli atti formali di nomina e promozione. La giurisprudenza amministrativa ha affermato, al riguardo, che il principio di proporzionalità della retribuzione stabilita dall’articolo 36 della Costituzione è indirizzato al legislatore ordinario e deve essere armonizzato con altri principi di pari rilievo costituzionale come quelli sanciti dagli articoli 97 e 98 della Costituzione. In termini generali quindi, in mancanza di una norma espressa, ai dipendenti pubblici ricadenti nell’ambito del settore del pubblico impiego non privatizzato non spettano le differenze retributive derivanti da mansioni superiori svolte rispetto a quelle previste nel provvedimento di nomina o di inquadramento. Per quanto riguarda in particolare il trattamento economico si deve precisare, infatti, che la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici appartenenti, come nel caso di specie, alle categorie escluse dalla privatizzazione è sottratta espressamente all’applicazione delle norme che si riferiscono al personale contrattualizzato. Conseguentemente, lo svolgimento di mansioni superiori alla qualifica di inquadramento, anche se verificatosi su formale incarico e su posto vacante, non determina, a meno che specifiche disposizioni di legge non prevedono eccezionalmente il contrario, né l’attribuzione del corrispondente inquadramento sovraordinato, né la corrispondente retribuzione (tra le molte, Cons. St., Ad.Pl. n. 11 del 2000; id. V sez., n. 290 del 1999).
Fermo restando che, qualora la richiesta dell’odierno appellante avesse riguardato la sua promozione alla qualifica superiore e non il mero riconoscimento dell’incremento retributivo in ragione delle funzioni svolte, essa avrebbe dovuto in ogni caso essere respinta per le motivazioni precisate nella sentenza di primo grado, occorre valutare se, in base all’articolo 7 comma 2 del decreto ministeriale 28 gennaio 2004, dovesse essere riconosciuto all’appellante il trattamento economico corrispondente alla qualifica superiore.
8.3.2. L’articolo 7, comma 2, del decreto ministeriale 28 gennaio 2004 prevede che “negli istituti penitenziari di livello dirigenziale, fino a quando non saranno completate le dotazioni organiche del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria, i vicecommissari e i commissari penitenziari, oltre alle funzioni del comandante del reparto, potranno svolgere le funzioni di cui all’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2000, n. 146”.
L’appellante ritiene che tale norma costituisca la base normativa che avrebbe dovuto consentire il riconoscimento a suo favore della differenza retributiva di cui alla qualifica superiore.
Tale assunto non può essere condiviso.
La norma in questione, infatti, ha natura transitoria, essendo finalizzata a regolare lo svolgimento delle funzioni di comandante di reparto e di responsabile della sicurezza fino al completamento delle dotazioni organiche del ruolo direttivo del Corpo di polizia penitenziaria. Il decreto del 28 gennaio 2004 ha per oggetto la definizione dei compiti e delle mansioni degli appartenenti ai ruoli direttivi, ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria specificando, come espressamente indicato nelle premesse dello stesso decreto, le previsioni degli articoli 6 e 21 del decreto legislativo n. 146 del 2000. In tale ambito, le norme transitorie di cui all’articolo 7 servono quindi a legittimare l’impiego degli ispettori nel ruolo di comandante di reparto (comma 1) e dei vicecommissari e commissari nelle funzioni di comandante di reparto e in quelle di cui all’articolo 6, comma 3 del d.lgs n. 147/2000 (comma 2). Ne consegue che, nel periodo intercorrente tra la riforma della dirigenza del Corpo e il completamento degli organici, i dipendenti in questione potevano svolgere le funzioni indicate; tali funzioni sono state attribuite al personale esclusivamente in conformità con le prescrizioni della legge di riforma solo al ricorrere della copertura integrale delle dotazioni e all’adeguamento delle piante organiche. Fino a quel momento quindi le mansioni indicate non potevano essere considerate proprie di una qualifica superiore. D’altra parte, il citato articolo 6, comma 3, stabilisce, con riferimento alle strutture di livello dirigenziale, che i vicecommissari possono svolgervi, come ha precisato il Tar, le funzioni di responsabile vicario della sicurezza. Tali funzioni rientravano quindi nella qualifica rivestita a suo tempo dal ricorrente e, contrariamente a quanto dedotto nell’appello, l’articolo 7, comma 2, del d. m. 28 gennaio 2004, che richiama il comma 3 dell’articolo 6 del d.lgs. n. 146 e non il comma 4 (relativo alle mansioni dei commissari capo), non può essere considerato quale norma legittimante la corresponsione della maggiorazione retributiva richiesta.
9. Alla luce delle considerazioni esposte l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 2000.00 (duemila/00) oltre gli oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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