Corte di Cassazione, civile, Sentenza|22 settembre 2022| n. 27854.

Successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione

In tema di successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione, vale la regola per la quale l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa.

Sentenza|22 settembre 2022| n. 27854. Successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione

Data udienza 10 maggio 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Somministrazione di lavoro a tempo determinato – Successione di contratti – Esclusione dell’estensione dell’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto ai contratti precedenti – Previsione di aiuti comunitari per i lavoratori svantaggiati – Regolamentazione del rapporto somministrato dalle norme relative al contratto di lavoro a tempo determinato nei limiti di compatibilità – Inapplicabilità delle disposizioni espressamente escluse – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24898-2017 proposto da:
(OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 256/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 11/09/2017 R.G.N. 69/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/05/2022 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, visto il Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

Successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione

FATTO

1. Con sentenza 11 settembre 2017, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello di (OMISSIS) avverso la sentenza di primo grado, di reiezione delle sue domande di accertamento della nullita’ dei plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato conclusi con (OMISSIS) s.p.a., in difetto di specificazione delle concrete esigenze produttive e per violazione del CCNL dei lavoratori somministrati in relazione alle proroghe, di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato quale effetto della nullita’ di apposizione del termine e di condanna della societa’ alla riammissione in servizio e al risarcimento del danno.
2. Come gia’ il Tribunale, essa ha ritenuto la decadenza del lavoratore dall’impugnazione di tutti i contratti di somministrazione a tempo determinato anteriori agli ultimi due (rispettivamente decorrenti dal 15 luglio 2015 e dal 27 luglio 2015), per l’applicabilita’ della L. n. 183 del 2010, articolo 32 anche ai contratti di somministrazione a tempo determinato. La Corte bresciana ha inoltre escluso la configurabilita’ di un unico rapporto di lavoro, in assenza di una prestazione continuativa di attivita’ tra un contratto e l’altro.
3. Quanto agli ultimi due, tempestivamente impugnati, essa ne ha rilevato la stipulazione in regime di acausalita’, peraltro specificando il primo le ragioni del ricorso alla somministrazione e indicando il secondo il ricorrente alla stregua di soggetto svantaggiato; e inoltre, il rispetto dei limiti di legge in relazione alle proroghe.
4. Con atto notificato il 18 ottobre 2017, il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., mentre la societa’, ritualmente intimata, non ha svolto difese.
5. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte a norma del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8bis inserito dalla L. conv. n. 176 del 2020, nel senso del rigetto.

Successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, articolo 6 come modificato dalla L. n. 183 del 2010, articolo 32 in relazione agli articoli 2966 c.c. e articolo 24 Cost., per non avere la Corte territoriale esteso l’impugnazione stragiudiziale dei due ultimi contratti anche ai rapporti di lavoro precario anteriori, siccome succedutisi nel tempo con sostanziale continuita’, con un intervallo comunque inferiore al termine di impugnazione stragiudiziale, quanto meno al contratto cessato il 15 maggio 2015, per la decorrenza di un termine inferiore ai centoventi giorni previsti dalla L. n. 183 del 2010, controvertendo le parti sulla (il)legittimita’ di apposizione del termine al contratto individuale di lavoro nel rapporto tra lavoratore e somministratore di manodopera, risultando eccessiva la compressione del diritto di difesa nell’imposizione al predetto di impugnazione dei singoli contratti alla scadenza.
Numero registro generale 24898/2017 Numero sezionale 1646/2022
2. Esso e’ infondato. Numero di raccolta generale 27854/2022
Data pubblicazione 22/09/2022
3. In via di premessa, giova ribadire l’applicabilita’ della L. n. 183 del 2010, articolo 32, comma 1bis introdotto dal Decreto Legge n. 225 del 2010, conv. con mod. dalla L. n. 10 del 2011, per la previsione “in sede di prima applicazione” del differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, a tutti i contratti ai quali tale regime risulti esteso e riguardante tutti gli ambiti di novita’ di cui al novellato L. n. 304 del 1966, articolo 6; sicche’, con riguardo ai contratti a termine e ai contratti a termine in somministrazione, non solo in corso ma anche con termine scaduto e per i quali la decadenza sia maturata nell’intervallo di tempo tra il 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore del cd. “collegato lavoro”) e il 23 gennaio 2011 (scadenza del termine di sessanta giorni per l’entrata in vigore della novella introduttiva del termine decadenziale), si applica il differimento della decadenza mediante la rimessione in termini, rispondendo alla ratio legis di attenuare, in chiave costituzionalmente orientata, le conseguenze legate all’introduzione ex novo del suddetto e ristretto termine di decadenza (Cass. 14 dicembre 2015, n. 25103; Cass. s.u. 14 marzo 2016, n. 4913; Cass. 6 maggio 2021, n. 12033; con particolare riguardo all’applicabilita’ ai contratti in somministrazione gia’ scaduti alla data del 24 novembre 2010: Cass. 8 febbraio 2016, n. 2420; Cass. 27 marzo 2017, n. 7788).
3.1. Merita poi dare convinta continuita’, non essendovi motivo per discostarsene, al principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione, la regola per la quale l’impugnazione stragiudiziale dell’ultimo contratto della serie non si estende ai contratti precedenti, neppure ove tra un contratto e l’altro sia decorso un termine inferiore a quello di sessanta giorni utile per l’impugnativa (Cass. 21 novembre 2018, n. 30134). Ne’ esso si pone in contrasto con il diritto dell’Unione quale fattore, ai sensi dell’articolo 6, comma 2 della direttiva 2008/104/CE, di ostacolo o impedimento alla “stipulazione di un contratto di lavoro o l’avvio di un rapporto di lavoro tra l’impresa utilizzatrice e il lavoratore tramite agenzia interinale al termine della sua missione”, poiche’ la direttiva in questione, che non e’ autoapplicativa, si rivolge unicamente agli Stati membri, senza imporre alle autorita’ giudiziarie nazionali un obbligo di disapplicazione di qualsiasi disposizione di diritto nazionale che preveda, al riguardo, divieti o restrizioni che non siano giustificati da ragioni di interesse generale (Cass. 30 settembre 2019, n. 24356, in motivazione sub p.ti da 5 a 8.2.).

Successione di contratti di lavoro a tempo determinato in somministrazione

4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’articolo 23 CCNL lavoratori somministrati del 27 febbraio 2014, per la previsione della necessita’ di indicazione nei contratti di lavoro dei casi e delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo giustificanti la costituzione del rapporto precario, in legittima deroga in melius per i lavoratori all’eliminazione delle suddette ragioni ad opera del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, secondo la previsione dell’articolo 2077 c.c., tuttora vigente, di inderogabilita’ dei contratti collettivi in danno dei lavoratori.
Il lavoratore denuncia, infatti, che una diversa interpretazione disconoscerebbe l’importanza della contrattazione collettiva nel sistema delle relazioni industriali.
E infine l’illegittimita’, in particolare, della causale relativa al lavoratore svantaggiato, per la sua natura discriminatoria in contrasto con l’ordinamento comunitario.
5. Esso e’ in parte inammissibile e in parte infondato.
Occorre subito evidenziare come la Corte territoriale abbia argomentato la legittimita’ dei due (soli) contratti di somministrazione a termine tempestivamente impugnati, entrambi stipulati nel mese di luglio 2015, sulla base di una duplice ratio decidendi:
a) per il regime di acausalita’ all’epoca vigente a norma del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, che pone la questione del rapporto di prevalenza tra una normativa di legge peggiorativa per i lavoratori (articoli da 31 a 33, 38 e 55, comma 1, lettera d) ed una migliore contrattuale collettiva (articolo 23 CCNL lavoratori somministrati del 27 febbraio 2014), per la previsione invece di necessita’ delle causali (per rinvio ad una norma di legge, il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 20 che esse contemplava, tuttavia abrogata dalla legge successiva citata), attraverso filtro interpretativo dell’articolo 2077 c.c.;
b) in ogni caso, indipendentemente dalle previsioni del Decreto Legislativo n. 81 del 2015, per la specificazione, nel contratto dal 15 luglio 2015, delle ragioni di ricorso alla somministrazione e, in quello dal 27 luglio 2015, del ricorrente come “lavoratore svantaggiato”, di talche’ non necessaria l’indicazione della causale (cosi’ al terzo capoverso di pg. 5 della sentenza).
Ebbene, quanto alla ragione sub a), essa non risulta punto confutata; quella sub b), invece lo e’ sotto il profilo del “contrasto con l’ordinamento comunitario, in quanto discriminatoria nei confronti del lavoratore avente una posizione piu’ debole sul mercato del lavoro”: esso non prevedendo “che il lavoratore, gia’ svantaggiato, possa accedere al mercato del lavoro in condizioni deteriori rispetto al lavoratore non svantaggiato” (cosi’ al penultimo capoverso di pg. 9 del ricorso). La censura, oltre che generica per la mancata specificazione della disposizione dell’ordinamento Eurounitario che sarebbe violata e per un non meno generico richiamo dei principi costituzionali di uguaglianza, di diritto al lavoro e della sua tutela, non coglie la ratio, di favore per il lavoratore, della previsione di una categoria di “lavoratore svantaggiato”, contenuta nel Regolamento CE 800/08 della Commissione del 6 agosto, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria).
Tale previsione, e segnatamente dei lavoratori che abbiano superato i cinquant’anni (articolo 2, n. 18, lettera c del Regolamento), che interessa (OMISSIS) (come indicato al quart’ultimo capoverso di pg. 9 del ricorso), si iscrive infatti in una prospettiva di aiuti ad essi e ai lavoratori disabili impiegati dall’impresa interessata, per incentivarne un aumento netto del numero (Considerando 30 del Regolamento): rappresentando la “promozione della formazione e dell’assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili e la compensazione dei sovraccosti per l’occupazione di lavoratori disabili… un obiettivo fondamentale delle politiche socioeconomiche della Comunita’ e degli Stati membri” (Considerando 61); inducendo solitamente “la formazione… esternalita’ positive per la societa’ nel suo complesso, in quanto aumenta la riserva di lavoratori qualificati alla quale altre imprese possono attingere”, migliorando “la competitivita’ dell’industria comunitaria e” svolgendo “un ruolo importante nella strategia comunitaria a favore dell’occupazione” (Considerando 62); cosi’ giustificando, per le loro ancora notevoli difficolta’ di accesso al mercato del lavoro, “l’adozione, da parte delle autorita’ pubbliche, di misure volte ad incentivare le imprese ad aumentare il livello occupazionale, in particolare a beneficio dei lavoratori appartenenti alle categorie svantaggiate” (Considerando 64); e segnatamente di aiuti per la loro assunzione sotto forma di integrazioni salariali (articolo 40 del Regolamento).
Il rigetto, per le ragioni illustrate, della critica alla ragione decisoria sub b) rende inammissibile quella relativa alla ragione decisoria sub a).
E’ noto infatti che, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza (o addirittura mancanza di una specifica formulazione) delle censure mosse ad una delle rationes decidendi renda inammissibili per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 14 febbraio 2012, n. 2108; Cass. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 21 dicembre 2015, n. 25613; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3307; Cass. 15 luglio 2020, n. 15114).
7. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4 e mera apparenza della motivazione, in relazione alla violazione della disciplina contrattuale (CCNL per lavori somministrati del 15 maggio 2008 e 27 febbraio 2014) delle proroghe (che devono essere sottoscritte dal lavoratore e non potendo il periodo di assegnazione iniziale essere prorogato piu’ di sei volte), per l’utilizzazione consecutiva del lavoratore nella sostanza con unico originario contratto seguito da venticinque proroghe dal 2 gennaio 2014 al 14 dicembre 2014 ed altro contratto originario seguito da sette proroghe dal 16 febbraio al 9 maggio 2015.
8. Esso e’ infondato.
9. Come noto, la motivazione e’ meramente apparente nell’ipotesi in cui, benche’ graficamente esistente, essa non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie ipotetiche congetture (Cass. 23 maggio 2019, n. 13977; Cass. 1 marzo 2022, n. 6758).
Nel caso di specie, la denunciata nullita’ non sussiste per la concisa ma adeguata argomentazione giustificativa della Corte territoriale (all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza), anche per relationem alla condivisa motivazione del Tribunale (al sesto e settimo alinea di pg. 3 della sentenza).
10. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione degli articoli 42, comma 1 CCNL lavoratori somministrati del 20 maggio 2008, 47, comma 1 CCNL lavoratori somministrati del 27 luglio 2014, in relazione al Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 22, comma 2, articolo 1344 c.c., articolo 5, comma 5 quinto Direttiva 2008/104/CE, per avere la Corte territoriale formalisticamente ritenuto rispettati i limiti di utilizzazione del lavoratore in somministrazione, di proroga del periodo di assegnazione iniziale per sei volte nell’arco di 36 mesi (articolo 42 CCNL lavoratori somministrati del 16 maggio 2008 e articolo 47, comma 1 lavoratori somministrati del 27 febbraio 2014), in realta’ consecutiva nella sostanza con unico originario contratto seguito da 25 proroghe dal 2 gennaio 2014 al 14 dicembre 2014 ed altro contratto originario seguito da sette proroghe dal 16 febbraio al 9 maggio 2015, secondo un’interpretazione elusiva della prescrizione della Direttiva denunciata (sul lavoro tramite agenzia interinale) di adozione da”gli Stati membri” delle “misure necessarie… per evitare il ricorso abusivo” a tale tipologia di lavoro e “prevenire missioni successive con lo scopo di eludere le disposizioni della presente direttiva”, a tutela della stabilita’ del rapporto di lavoro e di limitazione della possibilita’ di costituzione e successione dei contratti, cosi’ legittimando la pratica della cd. “somministrazione all’infinito”.
11. Anch’esso e’ infondato.
12. Infatti, il ricorrente ha formulato le proprie domande di accertamento di nullita’ dei plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato, per violazione del CCNL dei lavoratori somministrati in relazione alle proroghe, di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e di condanna alla riammissione in servizio e al risarcimento del danno, nei confronti di (OMISSIS) s.p.a., sua datrice di lavoro in somministrazione a tempo determinato. Per esso il Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 22, comma 2 stabilisce che: “In caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro e’ soggetto alla disciplina di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e ss. Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro puo’ in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore”.
12.1. Occorre allora subito chiarire come la disciplina del rapporto di lavoro in somministrazione sia regolata secondo le norme del contratto di lavoro a tempo determinato, “nei limiti di compatibilita’”, coerenti con il collegamento funzionale (per la reciproca integrazione degli interessi economici sottesi) tra il contratto commerciale di somministrazione ed il contratto di lavoro, i quali tuttavia conservano causa ed oggetto autonomi: cosi’ dando luogo ad una separazione fra la gestione normativa e la gestione tecnico-produttiva del lavoratore, nella distinzione dei soggetti cui rispettivamente pertiene la titolarita’ giuridica (somministratore) e la gestione (utilizzatore) del rapporto, per l’operare di una scissione peculiarmente connotante la fattispecie di somministrazione. E che in ogni caso si esclude l’applicabilita’ ad esso (per quanto qui interessa) del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 5, comma 3, regolante la successione di contratti a termine non rispettosi degli intervalli temporali ivi stabiliti.
Per la disciplina dei limiti (nei casi e nella durata) di proroga del termine iniziale del contratto di lavoro soccorre allora l’articolo 22, comma 2, secondo periodo, il quale opera come trascritto, un rinvio al CCNL applicato dal somministratore: nel caso di specie, gli articoli 42 CCNL per lavoratori somministrati del 16 maggio 2008 e articolo 47, comma 1 per lavoratori somministrati del 27 febbraio 2014, oggetto di denuncia di violazione. Entrambe tali norme contrattuali stabiliscono il limite massimo di proroga di sei volte nell’arco di trentasei mesi.
E la Corte territoriale ha accertato, cosi’ come il Tribunale, che tali limiti sono stati rispettati (all’ultimo capoverso di pg. 5 della sentenza).
13. Nel rispetto della normativa interna, non puo’ allora essere fondatamente invocata l’applicazione dell’articolo 5, comma 5 della Direttiva n. 2008/104/CE per il lavoro tramite agenzia interinale: tanto meno (riguardando il rapporto tra lavoratore e impresa utilizzatrice), la rilevanza della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 ottobre 2020, in causa C-681/2018, JH c. KG (seguito dal suo piu’ recente arresto del 17 marzo 2022, in causa C-232/20, Daimler), secondo cui l’articolo 5, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2008/104 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che non limita il numero di missioni successive che un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale puo’ svolgere presso la stessa impresa utilizzatrice e che non subordina la legittimita’ del ricorso al lavoro tramite agenzia interinale all’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustifichino tale ricorso. Per contro, dovendo tale disposizione essere interpretata nel senso che essa osta a che uno Stato membro non adotti alcuna misura al fine di preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale, nonche’ ad una normativa nazionale che non preveda alcuna misura al fine di evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore tramite agenzia interinale di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della direttiva 2008/104 nel suo insieme.
13.1. La direttiva n. 2008/104/CE riguarda, infatti, la disciplina prevista dal lavoro in somministrazione, mentre il rapporto in esame e’ regolato come detto, “nei limiti di compatibilita’”, dalle norme del contratto di lavoro a tempo determinato, cui invece ha riguardo la Direttiva n. 1999/70/CE, appunto sul lavoro a termine.
Le diverse discipline di riferimento rendono ragione dell’inapplicabilita’ in via analogica di quelle disposizioni espressamente escluse (contenute nel Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 5, commi 3 e ss.) dal rinvio a questo operato dal Decreto Legislativo n. 276 del 2003, articolo 22, comma 2, quale espressione di una discontinuita’ nel percorso di progressiva equiparazione funzionale del contratto di somministrazione a tempo determinato e del contratto di lavoro a tempo determinato (Cass. 13 agosto 2019, n. 21390, con specifico riferimento all’inapplicabilita’ in via analogica del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, articolo 4).
14. Dalle argomentazioni sopra svolte discende allora il rigetto del ricorso, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo la parte vittoriosa svolto difese e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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