Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore

Consiglio di Stato, Sentenza|14 marzo 2022| n. 1777.

Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore.

La scelta pianificatoria deteriore non implica, pertanto, né la necessaria attribuzione, a fini perequativi, di diritti edificatori per quell’area, né la necessità di una motivazione peculiare e specifica, salvo che, in quello che può definirsi il medesimo contesto territoriale, nell’ambito delle scelte di pianificazione urbanistica adottate o approvate, siano stati attribuiti diritti con finalità perequativa ad altri suoli che presentano caratteristiche omogenee rispetto a quelli invece esclusi.

Sentenza|14 marzo 2022| n. 1777. Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore

Data udienza 3 febbraio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Strumenti urbanistici – Pianificazione – Scelta pianificatoria deteriore – Conseguenze – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10182 del 2020, proposto dai signori Sa. Ma. e Fa. Iv. Ma., rappresentati e difesi dagli avvocati Pa. Di Ri. e Pa. St. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pa. St. Ri. in Roma, viale (…);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Lazio e la Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti
della società Nu. Fl. s.r.l., della società Nu. Flo. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma Sezione Seconda, n. 8728 del 24 luglio 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il consigliere Michele Conforti;
Vista l’istanza congiunta depositata dagli avvocati Pa. Di Ri., Pa. St. Ri. e Ni. Sa. di passaggio in decisione della causa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore

FATTO e DIRITTO

1. Giunge all’esame del Consiglio di Stato l’appello proposto avverso la sentenza n. 8728 del 24 luglio 2020 del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, che ha respinto la domanda di annullamento proposta, nei limiti dell’interesse dei ricorrenti, avverso la deliberazione n. 18 del 12 febbraio 2008 e gli atti ad esso connessi e presupposti.
2. Questi i fatti salienti del giudizio.
3. Gli odierni appellanti sono proprietari di un’area ubicata nel territorio di Roma Capitale ed individuata al foglio n. (omissis) part. nn. (omissis); foglio n. (omissis) part. nn. (omissis); foglio n. (omissis), part. n. (omissis); foglio n. (omissis) part. nn. (omissis), nel Comprensorio c.d. di (omissis).
3.1. Le aree facevano parte di un comprensorio urbanistico unitario “E1-Espansione con piani comprensoriali unitari” con densità secondo il PRG del 1965 di 200 ab/Ha.
3.2. La suddetta densità è stata poi dimezzata in sede di Variante c.d. “di Salvaguardia”.
3.3. L’area non è stata invece interessata dalla Variante c.d. “delle Certezze”.
3.4. L’edificabilità veniva interamente soppressa in sede di approvazione del nuovo P.r.g., avvenuta nel 2008.
3.5. Le potenzialità di cubatura della pregressa destinazione non risultano essere mai state attivate da parte di nessuno dei titolari delle aree inserite nel comprensorio e, pertanto, quest’ultimo è rimasto un’area “a verde”.
3.6. Nel corso del procedimento, gli interessati hanno fatto pervenire alcune osservazioni che, però, sono state disattese da Roma Capitale.
4. Avverso la deliberazione suindicata hanno proposto ricorso le società So. S.r.l. ed altri, nonché i signori Sa. Ma. e Fa. Iv. Ma., nella loro qualità di eredi della signora Am. Di Gi..
5. Con il suddetto ricorso, affidato a quattro mezzi di impugnazione, gli interessati hanno dedotto l’illegittimità del provvedimento, deducendo:
1) l’eccesso di potere per “l’incoerenza” del provvedimento impugnato, ravvisabile rispetto a quanto previsto dagli articoli 17 e seguenti delle n. t.a. del nuovo P.r.g., in materia di perequazione urbanistica;
2) l’eccesso di potere sotto il profilo dell’irrazionalità della scelta operata, nonché la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
3) l’eccesso di potere per l’illogicità e per la disparità di trattamento, nonché la violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990;
4) in via subordinata, la violazione degli articoli 7 e segg. della legge n. 1150/1942 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, nella parte in cui la destinazione dei loro terreni era stata mutata da “area edificabile-G4” a zona agricola, pur non essendo la zona soggetta a vincoli paesistici o di altro tipo ed essendo caratterizzata dalla presenza di opere di urbanizzazione.
6. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, la quale ha resistito alla domanda di annullamento, formulando, in via pregiudiziale, alcune eccezioni pregiudiziali di inammissibilità e improcedibilità del ricorso.
7. Con la sentenza n. 8728/2020, il T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, ha respinto il ricorso ed ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, quantificate in euro 2.500,00, oltre accessori.
7.1. Segnatamente, il Giudice di primo grado:
a) ha respinto le eccezioni pregiudiziali, affermando, testualmente, che “Tali censure, al di là delle eccezioni di inammissibilità o improcedibilità del ricorso – che devono essere comunque disattese, in base alla valenza di atto autonomo del nuovo PRG rispetto agli strumenti urbanistici precedenti ed al mancato completamento dell’iter procedimentale di cui alla delibera A.C. n. 20/2013 volta ad un eventuale riconoscimento delle compensazioni de quibus – sono infondate e devono essere respinte”;
b) ha rilevato che le scelte di pianificazione degli enti locali rientrano “nell’ampia discrezionalità dell’Ente”;
c) ha respinto le doglianze relative al mancato riconoscimento di diritti edificatori, per ragioni perequative, in quanto tale riconoscimento è ancorato a specifici presupposti e, secondo alcuni precedenti del medesimo T.a.r., evidentemente condivisi dal Collegio decidente, “la parte ricorrente “non può (al riguardo) dolersi di alcuna disparità di trattamento, essendo la compensazione un istituto applicabile ad alcune specifiche ed individuate aree urbanisticamente edificabili ma ancora libere, esterne ai Parchi istituiti (L.R. 29/1997) e la cui edificabilità non era da questi compromessa, (le TL) ritenute necessarie (“irrinunciabili”, appunto) per garantire la attivabilità di un sistema ambientale”;
d) ha ritenuto infondata la deduzione circa la disparità di trattamento rispetto al riconoscimento invece avvenuto a vantaggio delle società Nu. Fl. s.r.l. e Nu. Flo. s.r.l., poiché, in questi casi, i riconoscimenti sono avvenuti nell’ambito di vicende peculiari;
e) ha respinto la censura di difetto di istruttoria e quella di difetto di motivazione, in quanto, “oltre che assai generica, appare infondata”: si evidenzia che, nel caso di specie, l’area preservata risulta totalmente inedificata e per la sua posizione può svolgere una funzione nell’organizzazione urbanistica del territorio comunale, in coerenza con la disciplina stabilita dall’art. 74 n. t.a., disciplinante il c.d. “Agro romano”.
8. Alcuni dei ricorrenti in primo grado e, precisamente, i signori Sa. Ma. e Fa. Iv. Ma. hanno impugnato la sentenza di primo grado, proponendo appello.

 

Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore

9. Con il primo motivo di appello, si impugna la sentenza di primo grado, deducendo la violazione degli art. 17 e 19 delle n. t.a. del P.r.g. di Roma Capitale.
Si rimarca che il T.a.r. non avrebbe valorizzato la finalità di principio sancita, espressamente, dall’art. 17 n. t.a. e consistente nel perseguimento dei valori di equità e non discriminazione nella pianificazione urbanistica.
Questa finalità sarebbe stata invece illegittimamente disattesa, perché “dopo aver attribuito un valore di principio all’istituto della perequazione, si sarebbe dovuto prevedere la compensazione con riguardo a tutto il comprensorio di (omissis), laddove invece, con una prescrizione di dettaglio, è stato stabilito di limitare la compensazione ad una limitata porzione di aree e ad un limitrofo comprensorio, avente le medesime oggettive caratteristiche, escludendo tutti gli altri proprietari.”.
10. Con il secondo motivo di appello, gli interessati gravano la sentenza, perché non avrebbe accolto la doglianza relativa al difetto di istruttoria e di motivazione.
Questi vizi della funzione sarebbero palesi, per gli appellanti, perché la nuova pianificazione smentirebbe, a breve distanza di tempo, senza il necessario corredo istruttorio e motivazionale, quella precedente, che aveva confermato la vocazione edificatoria dell’area in questione.
11. Si è costituita in giudizio Roma Capitale, mentre non si sono costituite la Regione Lazio, la Città metropolitana di Roma Capitale, la società Nu. Fl. e la società Nu. Flo..
12. Con la memoria del 17 dicembre 2021, Roma Capitale ha esposto le sue difese, chiedendo il rigetto dell’appello.
13. Con la memoria del 29 dicembre 2021, gli appellanti hanno illustrato sinteticamente le deduzioni già esposte nell’appello.
14. All’udienza del 2 febbraio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
15. L’appello è infondato.
15.1. Il gravame muove dall’asserita violazione dei principi e delle coordinate pianificatorie poste, in materia di compensazione urbanistica, dall’art. 17 n. t.a., di cui l’art. 19 n. t.a. non costituirebbe coerente norma attuativa, e dalla disparità di trattamento che si sarebbe verificata nell’ambito del medesimo comparto edificatorio denominato (omissis).
15.2. L’appellante deduce che, con l’art. 17 n. t.a., Roma Capitale avrebbe informato la materia della pianificazione urbanistica a principi di equità e uniformità, ma poi avrebbe disatteso tali postulati conferendo una capacità edificatoria a titolo di perequazione soltanto a taluni soggetti, proprietari di aree nel comprensorio, e non ad altri, invece pregiudicati dalla totale perdita di ogni residua capacità edificatoria.

 

Strumenti urbanistici la pianificazione e scelta pianificatoria deteriore

15.3. Il Collegio ritiene infondati gli assunti costituenti il presupposto della censura in esame, già dedotta in primo grado e criticamente reiterata in appello.
15.4. Invero, si osserva che l’art. 17 n. t.a., su cui si basano le contestazioni di parte, assume quali criteri concorrenti, al fine del riconoscimento della perequazione urbanistica, ragioni equitative e di uniformità dei suoli.
15.5. Secondo questa disposizione, nell’ambito della medesima area del territorio cittadino, ove non sussistano particolari ragioni di differenziazione fra i suoli interessati dalle scelte pianificatorie, l’attribuzione della cubatura edificabile (id est, i c.d. diritti edificatori) dovrebbe avvenire in maniera omogenea. Soltanto, così, infatti, potrebbero dirsi perseguiti, al contempo, “equità ” e “uniformità “.
15.6. Nondimeno, nel caso in esame, nel ricorso di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020) – gli odierni appellanti hanno puntualizzato che la disparità di trattamento e, dunque, per mutuare il lessico della disposizione innanzi richiamata, la mancata “uniformità ” e la mancata “equità ” della scelta comunale di non compensare la perdita di ogni capacità edificatoria dei terreni di loro proprietà, sarebbe dipesa dal fatto che, ad altri terreni, questo beneficio sarebbe stato invece riconosciuto, mediante la deliberazione di G.M. n. 125/2001 (cfr., sul punto, pag. 11 e 12 del ricorso di primo grado).
15.7. Senonché, come bene evidenziato dalla sentenza gravata, la deliberazione in questione ha ampiamente giustificato il riconoscimento di tale quota di cubatura, correlandola ad un accordo di cessione delle aree – che sono divenute, dunque, di proprietà di Roma Capitale – concluso tra le parti e non a specifiche scelte compiute nell’ambito del procedimento di pianificazione.
15.8. Ciò rende peculiare la situazione del tertium comparationis individuato dagli appellanti, che, a stretto rigore, non costituisce neppure un’ipotesi di applicazione della c.d. perequazione urbanistica (con assegnazione di “diritti edificatori”), ma dell’affine fenomeno della compensazione urbanistica (con assegnazione di un “credito edificatorio”), e rende infondata la pretesa disparità di trattamento, foriera dell’asserita e stigmatizzata mancata uniformità tra le situazioni.
16. Invero, per corroborare le sue asserzioni la parte appellante muove da alcuni precedenti di questo Consiglio e, in particolare, dalla sentenza della Sezione del 16 gennaio 2012 n. 119.
16.1. Nondimeno, proprio in questa sentenza, si sottolineano due aspetti che smentiscono le deduzioni di parte appellante.
16.2. Il primo è quello che sottolinea, in linea con la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la discrezionalità di cui è titolare l’amministrazione in sede di pianificazione.
16.2.1. Il citato precedente evidenzia che non “…può condividersi l’impostazione di parte appellante secondo cui, una volta non ricompresi i suoli de quibus fra quelli assoggettati a tutela nell’ambito del “Piano delle certezze”, vi sarebbe stata una sorta di “consumazione” del relativo potere in capo all’Amministrazione, restando precluse ulteriori scelte limitative dell’edificabilità delle aree: ciò in ragione del pacifico indirizzo secondo cui in sede di pianificazione generale ben possono essere soddisfatte, attraverso l’attribuzione di destinazioni limitative o preclusive dell’edificazione, esigenze di contenimento dell’espansione dell’abitato nonché di salvaguardia di valori paesaggistici e ambientali, in vista del perseguimento di obiettivi di miglioramento della vivibilità del territorio comunale (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008, nr. 5478)”.
16.2.2. Il passaggio da sottolineare, coerente con la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, è quello che afferma che, ove l’amministrazione lo reputi opportuno, essa dispone, sempre, di un potere di reformatio in peius della capacità edificatoria di un fondo.
16.3. Il secondo aspetto di interesse, logicamente correlato al primo, nella prospettiva del sindacato sulla legittimità della scelta circa l’attribuzione o meno dei diritti edificatori con finalità perequativa, è costituito dai punti della motivazione nei quali si scrive, partendo dalla riscontrata unitarietà del comprensorio in cui si situavano i vari terreni interessati da scelte disomogenee, “che suscita dubbi di legittimità la decisione di riservare un trattamento disomogeneo ai tre sub-comprensori, azzerando di fatto la volumetria edificabile di quello su cui sorge la proprietà della stessa appellante” e si evidenzia che “…la Sezione condivide integralmente le osservazioni svolte dal verificatore, il quale proprio dalla considerazione sostanzialmente unitaria che, negli intenti delle stesse Amministrazioni procedenti, dovevano ricevere gli atti di pianificazione qui impugnati fa discendere un giudizio di irragionevolezza di una differenziazione, ai fini del riconoscimento della compensazione, tra suoli penalizzati dalla “Variante delle certezze” e suoli penalizzati dal Nuovo P.R.G.”.
16.3.1. Risulta dunque dirimente, affinché la scelta dell’amministrazione possa dirsi o meno illegittima, nel negare l’attribuzione dei diritti edificatori al proprietario di una determinata area, che, nell’ambito del medesimo comparto, questi diritti siano stati invece riconosciuti al proprietario di un’area che può considerarsi omogenea (e, perciò, uniforme, pur senza che ciò implichi la “piena identità o meno fra la situazione dell’odierna appellante e quella di altri soggetti”) a quella invece penalizzata.
16.3.2. Nel caso di specie, ciò non avviene, per la richiamata diversità del presupposto che ha portato all’attribuzione di diritti edificatori ad alcuni titolari di aree comprese nel medesimo comparto denominato (omissis).
16.3.3. Questa diversità – consistente nell’avvenuta cessione delle aree da parte degli altri proprietari di fondi localizzati nel comprensorio, nell’ambito di un accordo transattivo, finalizzato a definire, in alcuni casi, anche un contenzioso in atto – giustifica, sul versante della legittimità della scelta operata, la mancata attribuzione di diritti edificatori attraverso l’impiego della tecnica pianificatoria della c.d. perequazione urbanistica all’odierna parte appellante.
16.4. In linea con i principi generali, può conclusivamente affermarsi, dunque, che l’ente competente alla pianificazione può legittimamente attribuire ad una determinata area qualsivoglia destinazione urbanistica, anche deteriore, rispetto alla pregressa capacità edificatoria riconosciuta a quell’area, non valendo ad impedirlo alcun principio di divieto di reformatio in peius.
La scelta pianificatoria deteriore non implica, pertanto, né la necessaria attribuzione, a fini perequativi, di diritti edificatori per quell’area, né la necessità di una motivazione peculiare e specifica, salvo che, in quello che può definirsi il medesimo contesto territoriale, nell’ambito delle scelte di pianificazione urbanistica adottate o approvate, siano stati attribuiti diritti con finalità perequativa ad altri suoli che presentano caratteristiche omogenee rispetto a quelli invece esclusi.
17. In definitiva, in considerazione delle motivazioni sin qui esposte, l’appello va respinto e, pertanto, va integralmente confermata la sentenza di primo grado.
18. In ragione della complessità e della novità della materia, si ritiene equo compensare le spese del giudizio di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. r.g. 10182 del 2020 lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Compensa le spese del giudizio di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giuseppe Rotondo – Consigliere
Michele Conforti – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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