Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 febbraio 2023| n. 4725.

Spese processuali e l’abuso del processo

In tema di spese processuali, la disposizione di cui all’articolo 96, comma 3 cod. proc. civ. ha lo scopo di sanzionare una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”. Tale ipotesi è ravvisabile, segnatamente, in casi o di vera e propria “giuridica insostenibilità” del ricorso, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate con lo stesso, ovvero in presenza di altre condotte processuali – al pari indicative dello sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali, e suscettibili, come tali, di determinare un ingiustificato aumento del contenzioso, così ostacolando la ragionevole durata dei processi pendenti ed il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione – quali la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza, oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o, ancora, fondato sulla deduzione del vizio di cui all’articolo 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ., ove sia applicabile, “ratione temporis”, l’articolo 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., che ne esclude l’invocabilità (Nel caso di specie, accogliendo la richiesta formulata dai controricorrenti, la Suprema Corte ha condannato parte ricorrente, ai sensi dell’articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., al pagamento in favore di quest’ultimi di un ulteriore importo fissato in via equitativa in una frazione delle spese processuali oggetto di liquidazione; nella circostanza, infatti, se il primo motivo di ricorso non coglieva minimamente la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, donde la sua inammissibilità, il secondo trascurava del tutto il fatto che il giudice di appello – nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui gode nel disporre la compensazione delle spese di lite – aveva dato rilievo proprio alla circostanza del rigetto della domanda risarcitoria da “culpa in contrahendo”, sicché ambo le censure formulate si rivelavano, in definitiva, manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, giustificando in tal modo la statuizione di condanna). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 16 settembre 2021, n. 25041; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 aprile 2018, n. 10327; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 20 aprile 2018, n. 9912; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 marzo 2018, n. 7901; Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 novembre 2017, n. 27623; Cassazione, sezione civile III, sentenza 14 ottobre 2016, n. 20732).

Ordinanza|15 febbraio 2023| n. 4725. Spese processuali e l’abuso del processo

Data udienza 13 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Spese di giudizio – Condanna per responsabilità aggravata pronunciata ai sensi dell’articolo 96, comma 3, c.p.c. – Elemento costitutivo della fattispecie – Condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 7877/2022 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1640/2021 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 22/09/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 13/12/2022 dal Consigliere Relatore Dott. Stefano Giaime GUIZZI.

Spese processuali e l’abuso del processo

RITENUTO IN FATTO

– che (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 1640/21, del 22 settembre 2021, della Corte di Appello di Bari, che – accogliendone solo parzialmente il gravame avverso la sentenza n. 2371/18, del 25 settembre 2018, del Tribunale di Foggia – ha riformato la stessa esclusivamente in punto spese di lite, disponendo la compensazione di quelle del primo grado di giudizio (come, peraltro, pure di quelle del grado di appello), nella misura del 50%;
– che, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti riferiscono di essere stati convenuti in giudizio da (OMISSIS) e (OMISSIS), affinche’ fossero condannati al rilascio di alcuni terreni, a dire delle attrici occupati “sine titolo”, nonche’ al risarcimento dei danni, ai sensi dell’articolo 1337 c.c., in ragione della rottura ingiustificata delle trattative per l’acquisto degli stessi, trattative – protrattesi inutilmente per anni – in ragione delle quali essi avevano la materiale disponibilita’ di tali immobili;
che i convenuti resistevano alla domanda, chiedendo, inoltre, il (OMISSIS) di essere estromesso dal giudizio, in quanto estraneo alle suddette trattative contrattuali;
– che il giudice di prime cure accoglieva la domanda di rilascio, rigettando, invece, quella risarcitoria, ponendo, pero’, interamente a carico dei convenuti le spese del grado;
– che il gravame proposto dai convenuti soccombenti veniva accolto solo in parte dal giudice di appello;
– che esso, infatti, ha innanzitutto confermato il rigetto della istanza di estromissione del (OMISSIS), rilevando come le gia’ attrici non avessero impugnato il rigetto della domanda risarcitoria, sicche’ la perdurante presenza in giudizio dello stesso era giustificata per il persistere della condanna al rilascio dei beni, pronunciata anche a suo carico;
– che la Corte territoriale ha ritenuto, invece, inammissibile il motivo con il quale si prospettava violazione dell’articolo 1337 c.c., sul rilievo che – una volta rigettata dal primo giudice la domanda risarcitoria, nonche’ preso atto che il solo interesse delle gia’ attrici, come dichiarato in giudizio dal loro difensore, fosse divenuto quello di conseguire il rilascio di terreni – neppure gli appellanti avessero impugnato la sentenza, resa in prime cure, nella parte in cui affermava che il loro possesso dei terreni oggetto di causa fosse “sine titulo”;
– che il giudice di appello, in conclusione, ha accolto il solo motivo di gravame sulle spese processuali del primo grado di giudizio, compensandole per la meta’ (statuizione che ha reiterato anche quanto al grado di appello), data la soccombenza delle attrici in relazione alla domanda risarcitoria;
– che avverso la sentenza della Corte barese ricorrono per cassazione il (OMISSIS) e la (OMISSIS), sulla base – come detto – di due motivi;
– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – violazione ed errata applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., e dell’articolo 2697 c.c., censurando la sentenza per non aver disposto l’estromissione/ riconosciuto il difetto di legittimazione del (OMISSIS);
– che il secondo motivo, con cui e’ denunciata – sempre ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – violazione ed errata applicazione dell’articolo 91 c.p.c., e degli articoli 1337, 1338 e 2697 c.c., censura la sentenza per non aver valutato correttamente la responsabilita’ precontrattuale delle (OMISSIS) ai fini del regolamento delle spese processuali, da compensare, dunque, integralmente e non parzialmente;
– che hanno resistito all’impugnazione, con unico controricorso, (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., e’ stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio per il 13 dicembre 2022;
– che le controricorrenti hanno depositato memoria, insistendo per la condanna dei ricorrenti ex articolo 96 c.p.c., comma 3.

Spese processuali e l’abuso del processo

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in relazione ad entrambi i motivi in cui si articola;
– che il primo motivo – con cui si censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato l’estromissione/il difetto di legittimazione del (OMISSIS) – non coglie la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, donde la sua inammissibilita’ (da ultimo, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01);
– che, infatti, la doglianza secondo cui il giudice di appello non avrebbe compiuto un attento vaglio degli elementi istruttori (nonche’ ignorato che la prospettazione del difetto di legittimazione e’ oggetto di una mera difesa, sicche’ tale carenza puo’ rilevarsi anche d’ufficio), non si confronta con l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la presenza in giudizio del (OMISSIS) era giustificata dalla domanda di rilascio dei terreni, proposta anche nei suoi confronti, in quanto occupante “sine titulo” degli stessi;
– che pure il secondo motivo e’ inammissibile;
– che, difatti, rigettata dal primo giudice – con acquiescenza delle attrici – la domanda risarcitoria, fondata sull’ipotizzata “culpa in contrahendo” dei convenuti, il tema della responsabilita’ precontrattuale non era piu’ da valutarsi, nel merito, da parte del giudice di appello;
– che la Corte territoriale, comunque, ha dato rilievo proprio alla reiezione di tale domanda sia per riformare – parzialmente – l’integrale condanna dei convenuti alle spese del primo grado di giudizio, sia per compensare, per la meta’, anche quelle di appello, attenendosi al principio enunciato da questa Corte (e sul quale si veda, da ultimo, Cass. Sez. Un., sent. 31 ottobre 2022, n. 32061, Rv. 666063-01), secondo cui integra reciproca soccombenza anche l’ipotesi del parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in piu’ capi;
– che in presenza di tale, congrua, motivazione il presente motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile, se e’ vero che, in tema di spese processuali, “il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), e’ limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa” (da ultimo, Cass. Sez. 5, ord. 17 aprile 2019, n. 10685, Rv. 653541-01), “per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunita’ di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (tra le altre, Cass. Sez. 6-3, ord. 17 ottobre 2017, n. 24502, Rv. 64633501; nello stesso senso anche Cass. Sez. 1, ord. 4 agosto 2017, n. 19613, Rv. 645187-01), essendo “censurabile in sede di legittimita’ la coerenza e la razionalita’ (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione”, risultando suscettibile di cassazione solo la “motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea” (cosi’, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2019, n. 17816, Rv. 654447-01);
– che le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
– che merita, infine, accoglimento l’iniziativa delle controricorrenti, tesa a sollecitare l’esercizio del potere di questa Corte di provvedere ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3;
– che, sul punto, deve ribadirsi come lo scopo di tale norma sia quello di sanzionare una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”” (cfr., “ex multis”, Cass. Sez. Un., ord. 16 settembre 2021, n. 25041, Rv. 662248-02; Cass. Sez. 3, ord. 4 agosto 2021, n. 22208, Rv. 662202-01; Cass. Sez. Un., sent. 20 aprile 2018, n. 9912, Rv. 648130-02; Cass. Sez. 3, sent. 30 marzo 2018, n. 7901, Rv. 648311-01; Cass. Sez. 2, sent. 21 novembre 2017, n. 27623, Rv. 646080-01);
– che tale ipotesi e’ stata ravvisata, segnatamente, in casi o di vera e propria “giuridica insostenibilita’” del ricorso (Cass. Sez. 3, sent. 14 ottobre 2016, n. 20732, Rv. 642925-01), “non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate” con lo stesso (cosi’, Cass. Sez. Un., sent. n. 9912 del 2018, cit.), ovvero in presenza di altre condotte processuali – al pari indicative dello “sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali”, e suscettibili, come tali, di determinare “un ingiustificato aumento del contenzioso”, cosi’ ostacolando “la ragionevole durata dei processi pendenti e il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione” – quali “la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia o, ancora, fondato sulla deduzione del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ove sia applicabile, “ratione temporis”, l’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, che ne esclude l’invocabilita’” (Cass. Sez. 3, ord. 30 aprile 2018, n. 10327, Rv. 648432-01);
– che, nella specie, il primo motivo di ricorso non coglie minimamente la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, donde la sua inammissibilita’, mentre il secondo trascura del tutto il fatto che il giudice di appello – nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui gode nel disporre la compensazione delle spese di lite – ha dato rilievo proprio alla circostanza del rigetto della domanda risarcitoria da “culpa in contrahendo”, sicche’ ambo le censure formulate si presentano, in definitiva, “manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata”, cosi’ da giustificare la condanna ex articolo 96 c.p.c., comma 3, che si reputa equo fissare in Euro 1.500,00, ovvero in una frazione delle spese processuali qui liquidate (Cass. Sez. 3, ord. 4 luglio 2019, n. 17902, Rv. 654437-01);
– che in ragione della declaratoria di inammissibilita’ del ricorso va dato atto – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando (OMISSIS) e (OMISSIS) a rifondere, ad (OMISSIS) e (OMISSIS), le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidandole in Euro 7.000,00, oltre Euro, 200,00 per esborsi, piu’ 15% per spese generali ed accessori di legge.
Condanna, inoltre, (OMISSIS) e (OMISSIS) a pagare, alle medesime (OMISSIS) e (OMISSIS), l’ulteriore somma di Euro 1.500,00, ex articolo 96 c.p.c., comma 3.

Spese processuali e l’abuso del processo

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