Corte di Cassazione, sezione seconda civile, Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12805
La massima estrapolata:
In tema di condominio negli edifici, ai sensi dell’art. 1120, comma 2, c.c. – nella formulazione “ratione temporis” applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 220 del 2012 -, sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino comportandone una sensibile menomazione dell’utilità, secondo l’originaria costituzione della comunione. L’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione determini una sensibile menomazione dell’utilità che il condomino ritraeva dalla parte comune, secondo l’originaria costituzione della comunione, ovvero se la stessa, recando utilità ai restanti condomini, comporti soltanto per uno alcuni di loro un pregiudizio limitato, che non sia tale da superare i limiti della tollerabilità, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Ordinanza 14 maggio 2019, n. 12805
Data udienza 29 gennaio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2590/2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 597/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 04/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso in tre motivi avverso la sentenza n. 597/2014 della Corte d’Appello di Cagliari, depositata il 4 novembre 2014.
Rimangono intimati, senza svolgere attivita’ difensive, il Condominio (OMISSIS) e (OMISSIS).
La Corte d’Appello ha accolto il gravame formulato dal Condominio (OMISSIS), e dal condomino avvocato (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale di Cagliari. Il Tribunale, pronunciando sulla domanda del 22 febbraio 1989 di (OMISSIS) e (OMISSIS), volta alla rimessione in pristino della rampa delle scale comuni modificata in esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria approvati nel 1986, aveva condannato il Condominio (OMISSIS) alla “riduzione in pristino dello stato dei luoghi per cui e’ causa, provvedendo alla esecuzione delle opere necessarie per rispristinare l’originaria consistenza delle parti comuni oggetto degli interventi realizzati, nei termini risultanti dalla relazione peritale a firma del geom. (OMISSIS)”. Il Tribunale ritenne sussistente una violazione dell’articolo 1120 c.c., in quanto i lavori di ricostruzione delle scale avevano limitato significativamente la facolta’ di uso degli spazi comuni antistanti le unita’ immobiliari poste al piano seminterrato.
La Corte d’Appello di Cagliari, nel reputare fondato il terzo motivo di impugnazione, ha evidenziato come la domanda delle attrici riguardava l’avvenuta riduzione dello spazio comune (pianerottolo d’ingresso dalla via (OMISSIS)), antistante la rampa delle scale, per effetto del suo allungamento dovuto alla maggiorazione dei gradini. Non era stata invece oggetto di domanda, secondo i giudici di secondo grado, la riduzione dello spazio di passaggio del medesimo pianerottolo al piano terra, derivante da ingombri diversi dall’allungamento della scala, e cioe’, in particolare, dalla presenza dell’armadio contenente i contatori, collocato pero’ nella parte antistante la rampa di scale che conduce al piano terra. La presenza dell’armadio dei contatori, a portone chiuso, era stata, del resto, l’unica riduzione del passaggio riscontrata dal CTU. Tale riduzione, peraltro, a dire della Corte d’Appello, lascerebbe un passaggio di cm 77 (a seguito dello smussamento dei primi gradini delle scale eseguito in corso di giudizio), idoneo comunque a consentire il transito a persone o cose, tenuto altresi’ conto delle originarie dimensioni ristrette dell’ingresso. Pronunciando poi sul sesto motivo di appello, la Corte di Cagliari ha sottolineato come la CTU avesse smentito l’aumento dei gradini, ed il conseguente allungamento della rampa delle scale per l’accesso al primo piano, sicche’ l’ingombro complessivo del vano scale nel volume del pianerottolo del piano terra neppure risultava modificato.
I. Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., anche in relazione all’articolo 1120 c.c.. Si assume che la Corte d’Appello, nel ravvisare l’ultrapetizione attribuita al Tribunale, avrebbe omesso di decidere sul punto cruciale della lite, ovvero sulla riduzione dello spazio di accesso al condominio, in ragione dei lavori eseguiti. Le ricorrenti evidenziano come la domanda iniziale riconducesse la contestata riduzione dello spazio comune in generale ai lavori di rifacimento delle scale. Si reputa arbitraria la distinzione, operata dalla Corte d’Appello, delle diverse porzioni del pianerottolo come fossero oggetti di differenti azioni. Il primo motivo illustra come la riduzione a portone chiuso del vano utile del 33% costituisse l’unico effettivo oggetto della lite.
Il secondo motivo di ricorso di (OMISSIS) e (OMISSIS) denuncia la nullita’ della sentenza per la violazione dell’articolo 112 c.p.c., di cui gia’ al primo motivo.
Il terzo motivo censura l’omesso esame circa un fatto decisivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sempre quanto al reale oggetto della causa petendi, che era non ristretto all’aggiunta dei gradini alle scale, quanto riferito alla complessiva riduzione dello spazio di accesso comune conseguito ai lavori di rifacimento delle scale.
II. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, rivelandosi inammissibili per le ragioni di seguito indicate.
I tre motivi di ricorso partono tutti da un principio di diritto che e’ conforme all’interpretazione di questa Corte.
Il vizio di ultra o extrapetizione si ha, invero, soltanto quando il giudice pronunci oltre i limiti delle domande e delle eccezioni formulate dalle parti, ovvero su questioni estranee al giudizio e non rilevabili d’ufficio. Non incorre percio’ in detto vizio il giudice che accoglie una istanza la quale, ancorche’ non espressamente formulata, possa ritenersi tacitamente proposta e virtualmente contenuta nella domanda dedotta in giudizio, quando l’istanza stessa, con particolare riguardo al petitum e alla causa petendi, si trovi in rapporto di necessaria connessione con l’oggetto della lite e non estende il diritto che l’attore ha voluto tutelare con l’azione proposta. Nella specie, la domanda delle attrici, diretta ad ottenere la riduzione in pristino conseguente all’esecuzione, su di una parte comune dell’edificio condominiale, di opere od innovazioni non consentite, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1120 c.c., in quanto compiute in danno della proprieta’ individuale delle condomine (OMISSIS) e (OMISSIS), doveva ritenersi percio’ comprensiva della condanna alla realizzazione di tutti gli interventi necessari a ricostituire l’originaria utilita’ dello spazio d’accesso comune.
Tuttavia, giusta il disposto dell’articolo 1120 c.c., comma 2, (formulazione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), sono vietate le innovazioni che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condomino, comportandone una sensibile menomazione dell’utilita’, secondo l’originaria costituzione della comunione. Tale concetto di inservibilita’ della parte comune non puo’ consistere nel semplice disagio subito rispetto alla sua normale utilizzazione – coessenziale al concetto di innovazione – ma e’ costituito dalla concreta inutilizzabilita’ della “res communis” secondo la sua naturale fruibilita’, ovvero dalla sensibile menomazione dell’utilita’ che il condomino precedentemente ricavava dal bene (cfr. Cass. Sez. 2, 12/07/2011, n. 15308; Cass. Sez. 2, 25/10/2005, n. 20639). E’ da qualificare nulla la deliberazione, vietata dall’articolo 1120 c.c., che sia lesiva dei diritti individuali di un condomino su una parte comune dell’edificio, rendendola inservibile all’uso e al godimento dello stesso, trattandosi di Delibera avente oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea (cosi’ da ultimo Cass. Sez. 2, 26/09/2018, n. 23076; arg. anche da Cass. Sez. U, 07/03/2005, n. 4806; Cass. Sez. 2, 24/07/2012, n. 12930; Cass. Sez. 6-2, 14/9/2017, n. 21339; Cass. Sez. 2, 25/06/1994, n. 6109).
Nella specie, la Corte d’Appello di Cagliari, pur dopo aver inteso la domanda di (OMISSIS) e (OMISSIS) limitata alla sola riduzione dello spazio comune del pianerottolo d’ingresso dalla via (OMISSIS) derivante dall’allungamento della rampa delle scale, ha comunque aggiunto, a pagina 13 di sentenza, che il restringimento invece imputabile ad altri ingombri, ovvero, in particolare, alla presenza dell’armadio contenente i contatori, collocato nella parte antistante la rampa di scale, lascia in ogni modo praticabile un passaggio di cm 77 a portone chiuso ed di circa cm 70 a portone aperto (a seguito dello smussamento dei primi gradini delle scale eseguito in corso di giudizio). Tale passaggio e’ stato inteso dalla Corte d’Appello comunque idoneo a consentire il transito, seppur non agevole, a persone o cose, tenuto altresi’ conto delle originarie dimensioni ristrette dell’ingresso, per come ricostruibili unicamente dal progetto dei lavori prodotto in giudizio. La sentenza impugnata ha ulteriormente affermato che alcun aggravamento dell’ingombro del pianerottolo del piano terra fosse da imputare ad un riscontrato aumento dei gradini o ad un allungamento della rampa delle scale d’accesso al primo piano.
In tal modo, la Corte d’Appello di Cagliari ha altresi’ esposto in sentenza che la realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria deliberati nel febbraio 1986 dal Condominio (OMISSIS), non avesse comportato per le attrici (OMISSIS) e (OMISSIS) una concreta inutilizzabilita’ dello spazio comune, ovvero una sensibile menomazione dell’utilita’ che le condomine precedentemente ricavavano dal pianerottolo, cosi’ escludendo la ravvisabilita’ di un’innovazione lesiva del divieto posto dall’articolo 1120 c.c., comma 2.
L’indagine volta a stabilire se, in concreto, un’innovazione determini una sensibile menomazione dell’utilita’ che il condomino ritraeva dalla parte comune, secondo l’originaria costituzione della comunione, ovvero se la stessa, recando utilita’ ai restanti condomini, comporti soltanto per uno alcuni di loro un pregiudizio limitato, che non sia tale da superare i limiti della tollerabilita’, e’ demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimita’, se non nei limiti di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Essendo quella della mancata violazione dei limiti di cui all’articolo 1120 c.c., comma 2, una distinta ed autonoma ratio decidendi che sorregge la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari, giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, discende l’inammissibilita’ dei tre motivi di ricorso attinenti unicamente all’esatta individuazione della portata della domanda proposta ed all’insussistenza della ravvisata ultrapetizione in cui sarebbe incorso il Tribunale, in quanto tali censure non risulterebbero in nessun caso comunque idonee a determinare l’annullamento della pronuncia impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione non impugnata (cfr. da ultimo Cass. Sez. 3 -, 13/06/2018, n. 15399).
III. Il ricorso va percio’ dichiarato inammissibile.
Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo svolto attivita’ difensive gli intimati Condominio (OMISSIS), e (OMISSIS).
Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, il comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrentt, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
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