Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|19 luglio 2022| n. 22662.
Simulazione contrattuale di vendita di immobile
In tema di simulazione contrattuale di vendita di immobile la controdichiarazione costituisce prova della fittizietà della cessione. Tale dichiarazione (che come nel caso di specie attesti la non veridicità della vendita finalizzata a mascherare una donazione) non ha alcun potere pregiudizievole per il valore del bene, né tantomeno lo mette in pericolo, con la conseguenza che è un atto di ordinaria amministrazione che il genitore superstite può liberamente porre in essere in favore del figlio senza necessità dell’autorizzazione del giudice.
Ordinanza|19 luglio 2022| n. 22662. Simulazione contrattuale di vendita di immobile
Data udienza 13 giugno 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Compravendita immobiliare – Dissimulazione donazione – Forma – Contratto soggetto a forma scritta – Prova dell’accordo simulatorio – Controdichiarazione – Atto di riconoscimento o di accertamento scritto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente
Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. VARRONE Luca – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22056/2017 R.G. proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentate e difese dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 794/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/02/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2022 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.
La Corte:
Simulazione contrattuale di vendita di immobile
OSSERVA
Questa la vicenda che qui viene in rilievo.
Il Tribunale, accogliendo la domanda di (OMISSIS), avanzata nei confronti di (OMISSIS) ed (OMISSIS), dichiaro’ la nullita’ del contratto con il quale l’attore aveva alienato, nel 2002, alla figlia (OMISSIS) e al di lei marito (OMISSIS) (poi deceduto nel (OMISSIS)) un immobile, trattandosi di una compravendita che dissimulava una donazione, priva della forma solenne prevista dalla legge; cio’ traendosi da una controscrittura di (OMISSIS) del 18/5/2006, idonea, anche se formata in epoca successiva e proveniente da uno solo degli acquirenti figuranti nell’atto di vendita, in quanto manifestata dalla parte che si era avvantaggiata dell’attribuzione patrimoniale.
La Corte d’appello di Milano, adita da (OMISSIS) ed (OMISSIS), per quel che qui ancora rileva, sovvertendo l’epilogo di primo grado, rigetto’ le domande attoree.
Appare utile riprendere, sia pure in sintesi, il ragionamento della Corte locale:
– la controdichiarazione, a firma della sola (OMISSIS), poiche’ non consegnata all’altro acquirente (cioe’ al deceduto (OMISSIS)), ne’, ovviamente da questi proveniente, risultava non opponibile agli eredi di quest’ultimo;
– trattandosi di contratto soggetto a forma scritta “ad substantiam”, infine, la prova dell’accordo simulatorio, che si traduce in quella del negozio dissimulato, non avrebbe potuto essere data che per iscritto.
Avverso la sentenza d’appello l’insoddisfatto appellato ricorre sulla base tre motivi. (OMISSIS) e (OMISSIS) resistono con controricorso.
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 782, 1350, 1414, 1417, 2697 e 2735 c.c..
La Cassazione, nel solo precedente richiamato dall’appellante, aveva affermato la necessita’ che la controdichiarazione debba essere consegnata a tutte le parti per essere opponibile; constando, per contro, indirizzo consolidato in senso contrario.
Simulazione contrattuale di vendita di immobile
1.1. Il motivo e’ fondato.
Per vero l’orientamento consolidato di questa Corte e’ nel senso indicato dal ricorrente.
Con la sentenza n. 14590, 1/10/2003 (Rv. 567253) si e’ chiarito che in tema di simulazione, la controdichiarazione costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto che non ha carattere negoziale e non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, di talche’ non solo non deve essere coeva all’atto simulato, ma non deve neppure necessariamente provenire da tutti i partecipi all’accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione, purche’ si tratti della parte contro il cui interesse e’ redatta, da quella parte, cioe’, che trae vantaggio dall’atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che le derivano dall’atto contro cui questa e’ redatta.
Successivamente si e’ spiegato che la cosiddetta “controdichiarazione” costituisce atto di riconoscimento o di accertamento scritto, avente carattere negoziale, che non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, potendo quindi non solo non essere coeva all’atto simulato, ma anche provenire dalla sola parte contro il cui interesse e’ redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione (Sez. 2, n. 2203, 30/01/2013, Rv. 625195).
In epoca ancor piu’ recente il principio e’ stato ulteriormente confermato dalla sentenza n. 6357, 5/3/2019 (Rv. 652934), la quale ha affermato che, la cosiddetta “controdichiarazione” costituisce un atto di riconoscimento o di accertamento scritto che, non avendo carattere negoziale e non facendo parte del procedimento simulatorio come elemento essenziale, puo’ non essere coeva all’atto simulato e puo’ altresi’ provenire dalla sola parte contro il cui interesse e’ redatta e che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione.
La decisione di segno contrario (Sez. 1, n. 4410, 4/5/1998) appare, in definitiva isolata, ne’ risulta corredata da un supporto motivazionale che induca il Collegio a rimeditare sul punto.
2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 320, 1414, 1417 e 2735 c.c., nonche’ l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
Afferma il ricorrente che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che al momento del rilascio della dichiarazione (OMISSIS) era gia’ deceduto e che la moglie, oltre ad essere cointestataria dell’immobile per la meta’, era succeduta al coniuge, unitamente ai due figli minori, (OMISSIS) ed (OMISSIS), all’epoca entrambi minori d’eta’ e, poiche’, la madre, unico genitore rimasto in vita, ne amministrava i beni, era ben in potere di compiere atti non eccedenti l’ordinaria amministrazione e la dichiarazione di cui si discorre non costituiva un atto di tal fatta.
2.1. Il motivo e’ fondato.
2.1.1. In linea generale la controdichiarazione di cui qui si discorre non puo’ qualificarsi atto di straordinaria amministrazione, pur potendo avere riflessi indubbiamente di rilievo patrimoniale,
Invero, questa Corte ha avuto modo di definire l’atto di straordinaria amministrazione, in relazione al quale il genitore ha necessita’ di autorizzazione giudiziale, spiegando che in tema di amministrazione dei beni dei figli ex articolo 320 c.c., al di fuori dei casi specificamente individuati ed inquadrati nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione dal Legislatore, devono essere considerati di ordinaria amministrazione gli atti che presentino tutte e tre le seguenti caratteristiche: 1) siano oggettivamente utili alla conservazione del valore e dei caratteri oggettivi essenziali del patrimonio in questione; 2) abbiano un valore economico non particolarmente elevato in senso assoluto e soprattutto in relazione al valore totale del patrimonio medesimo; 3) comportino un margine di rischio modesto in relazione alle caratteristiche del patrimonio predetto. Vanno invece considerati di straordinaria amministrazione gli atti che non presentino tutte e tre queste caratteristiche (Sez. 3, n. 8461, 27/3/2019, Rv. 653267; ma gia’ in senso conforme, Sez. 3, n. 7546 del 15/05/2003, Rv. 563112).
In se’ l’avere dichiarato per iscritto che un certo bene, apparentemente acquistato, era stato invece donato dall’alienante, non importa alcuna determinazione d’amministrazione, ne’ pregiudica il valore di esso bene o lo pone in pericolo.
2.1.2. Sotto altro profilo, a tutto concedere, va rilevato che gli atti compiuti dal genitore che eccedano l’ordinaria amministrazione sono validi, potendo degli stessi chiedersi, nei termini e modi di legge, solo l’annullamento. Principio, questo, ben saldo nell’ordinamento, comunque ribadito da questa Corte, la quale con la sentenza n. 7495, 12/8/1996 (Rv. 499194) ha spiegato che la mancanza di autorizzazione per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione riguardanti i minori di eta’ non da’ luogo ad inesistenza o a nullita’ degli atti stessi, bensi’ alla loro annullabilita’, la quale puo’ essere fatta valere soltanto dal genitore che abbia agito in rappresentanza del figlio o dal figlio medesimo. Pertanto, l’annullabilita’, per mancanza dell’autorizzazione del giudice tutelare, dell’accettazione dell’eredita’ devoluta a minori di eta’ non puo’ essere fatta valere dai coeredi allo scopo di accrescere la loro quota dell’asse ereditario – in senso conforme Cass. n. 7638/1991 -.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 112, 113, 115 e 116 c.p.c..
Il ricorrente reputa che la Corte di Milano abbia errato ad affermare che “in relazione alle domande svolte in primo grado dall’attore (OMISSIS), di accertamento della simulazione della vendita e di condanna dei convenuti alla restituzione dell’immobile, non possa intendersi svolta alcuna subordinata, per la mera declaratoria d’inefficacia della vendita limitatamente alla quota di (OMISSIS)”.
Al contrario, il Giudice d’appello non avrebbe potuto sottrarsi al dovere di esaminare tutta la domanda e, ove avesse reputato, sulla base della ricognizione giuridica a lui devoluta, che quella domanda avrebbe meritato di essere accolta solo in parte cio’ avrebbe dovuto fare, senza tema di decidere oltre il chiesto, ma, esattamente al contrario, essendo tenuto a dar ragione per quella parte di domanda che avesse reputato fondata. In definitiva, non si era in presenza di una subordinata, bensi’ di una domanda giudicata fondata solo in parte.
3.1. Il motivo non va esaminato in quanto assorbito in senso proprio dall’accoglimento dei primi due.
4. La sentenza deve essere cassata con rinvio perche’ trovino applicazione i principi di diritto sopra richiamati. Il giudice del rinvio regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d’appello di Milano, altra composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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