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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 24 settembre 2014, n. 39075. Quanto ai profili della "elusione", l'interesse tutelato dall'art. 388 cod. pen. non è l'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali, bensì l'esigenza costituzionale di effettività della giurisdizione, con la conseguenza che il mero rifiuto di ottemperare ai provvedimenti giudiziali previsti dall'articolo 388, comma secondo, cod. pen. non costituisce comportamento elusivo penalmente rilevante, nella vicenda in oggetto – l'obbligo richiedeva, per la sua efficace attuazione, la necessaria collaborazione dell'obbligato, nella sua qualità di Sindaco del Comune, in quanto "la reintegra nella qualifica (apicale) e nelle funzioni di Comandante del Corpo di polizia municipale del Comune, con la relativa posizione stipendiale" presupponeva necessariamente la revoca dei provvedimenti di ristrutturazione che erano stati illegittimamente adottati, con "riattribuzione" alla polizia municipale, come poi tardivamente avvenuto, della qualità di “unità operativa autonoma". La nozione di elusione ha valenza diversa a seconda della natura dell'obbligo imposto: se questo è di non fare, il semplice agire in contrasto realizza l'elusione dell'obbligo; se invece si tratta di obbligo di fare, l'elusione si può realizzare solo con un comportamento volto a impedire il risultato concreto cui tende il comando giudiziale; con l'ulteriore corollario che, se il conseguimento di tale risultato – come nella specie – presuppone la necessaria collaborazione del soggetto obbligato, anche l'inerzia di quest'ultimo concreta l'elusione

Suprema Corte di Cassazione sezione IV sentenza 24 settembre 2014, n. 39075 Ritenuto in fatto M.M.C. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 6 dicembre 2012 della Corte di appello di Caltanissetta, che ha confermato la sentenza 3 marzo 2010 del Tribunale di Enna, da lui appellata e dal Procuratore generale, di condanna...

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Corte di Cassazione, S.U.P. sentenza 18 settembre 2014, n. 38344. Qualora la condotta furtiva riguardi una pluralità di cose di pertinenza dello stesso detentore, nel medesimo contesto temporale e spaziale, se l'agente si impossessi di alcuni dei beni, senza riuscire, per cause indipendenti dalla sua volontà, a impossessarsi degli altri, l'azione complessa, essendo progressiva, deve essere considerata unica, in quanto la parte più rilevante, già posta in essere, assorbe quella in itinere; e realizza un solo e unico reato consumato delle cose sottratte, restando escluse sia l'ipotesi del furto tentato sia quella del furto consumato in concorso con il tentativo. (Nel caso di specie, l'imputato aveva bevuto della birra mentre si trovava all'interno di un supermercato, avendo, quindi, cura di riporre il contenitore semivuoto sullo scaffale, per dissimulare la sottrazione, e poi aveva nascosto altri oggetti nella borsa; tutta l'azione delittuosa si era sviluppata sotto il costante e diretto controllo degli addetti alla sorveglianza che erano intervenuti subito dopo che l'imputato aveva superato la cassa, senza esibire e senza pagare la merce furtivamente prelevata)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE S.U.P. SENTENZA 18 settembre 2014, n. 38344 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 25 maggio 2012 e depositata il 4 giugno 2012, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della impugnata sentenza del 24 febbraio 2009 del Tribunale di Nola, a carico di P.G. e di C.V....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 12 settembre 2014, n. 37577. Il saluto "romano" è tutt'oggi reato. La Cassazione, nel confermare la sentenza di condanna, ha escluso che la norma si presti a valutazioni di (in)costituzionalità, precisando che non è la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione, bensì il suo venire in essere in condizioni di pubblicità tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione, il che esclude ogni contrasto con la Costituzione

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 settembre 2014, n. 37577   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CORTESE Arturo – Presidente Dott. ZAMPETTI Umberto – Consigliere Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere Dott. SANDRINI Enrico Giuseppe – Consigliere...

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Corte di Cassazione, sezione feriale, sentenza 23 settembre 2014, n. 38919. Il reato di cui all'art. 474 c.p. richiede, per la sua configurabilità, la falsa riproduzione degli elementi essenziali del marchio registrato nella loro interezza, ed ha per oggetto la tutela della fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno (il che esclude ogni rilievo della eventuale grossolanità della contraffazione e delle condizioni di vendita che siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno. Assume quindi rilievo non soltanto la pedissequa riproduzione del marchio ma anche ogni riproduzione che, per quanto non perfetta, sia idonea a dare l'apparenza del marchio originale. Si è infatti affermato che l'art. 474 cod. pen. punisce la riproduzione integrale, emblematica e letterale del segno distintivo o del marchio (contraffazione) ovvero la riproduzione parziale di essi, realizzata in modo tale da potersi confondere col marchio o col segno distintivo protetto (alterazione). Per contro, ai fini del delitto di cui all'art. 517 cod. pen. (vendita di prodotti industriali con segni mendaci), è sufficiente che i nomi, marchi o segni distintivi, portati dai prodotti posti in vendita, risultino semplicemente ingannevoli, per avere anche pochi tratti di somiglianza con quelli originali, della cui morfologia siano, comunque, solo imitativi e non compiutamente riproduttivi

Suprema Corte di Cassazione sezione feriale sentenza 23 settembre 2014, n. 38919 Ritenuto di fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Rimini, la Corte di Appello di Bologna ha assolto S.A. dai reati di ricettazione e di detenzione a fine di commercio di merci recanti...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 23 settembre 2014, n. 38742. Il falso avente ad oggetto la targa automobilistica integra il delitto dì falsità in certificazione amministrativa e non in atto pubblico

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 23 settembre 2014, n. 38742 Ritenuto di fatto Con sentenza in data 12.2.13 la Corte di Appello di Firenze pronunziava la riforma della sentenza del Giudice monocratico di Empolì, in data 17.11.2009, dichiarando non doversi procedere a carico di C.F: per la contravvenzione di cui all’art.102 comma VII...

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 23 settembre 2014, n. 38701. Ai fini dell'emissione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, è indispensabile che il comportamento concretamente realizzato dalla persona sia realmente lesivo dei suddetti beni giuridici. Ne consegue che il mero esercizio dell'attività di prostituzione, non costituendo di per sé reato (salvo che trascenda in una condotta penalmente rilevante), non può legittimamente fondare l'appartenenza alla categoria di persone socialmente pericolose prevista dall'art. 1, comma 1, lett. c) d. lgs. n. 159 del 2011 e, quindi, non può giustificare l'adozione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio. Né, d'altra parte, possono essere posti a carico del soggetto che si prostituisce eventuali reati o comportamenti pericolosi, commessi da terze persone, pur se occasionati dall'attività di meretricio. Diversamente, verrebbe surrettiziamente ripristinata, in palese violazione di legge, la previsione dell'art. 1, comma 1. n. 3, 1. n. 1423 del 1956, abrogata dall'art. 2 della 1. n. 327 del 1988.

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 23 settembre 2014, n. 38701 Ritenuto in fatto 1. Il 15 luglio 2013 la Corte d’appello di Ancona confermava la sentenza emessa il 15 maggio 2012 dal Tribunale di Fermo, sezione distaccata di S. Elpidio al mare che aveva dichiarato R. A. A. colpevole del reato previsto dall’ari....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 12 settembre 2014, n. 37596. Caso di molestie ripetute e frequenti perpetrate ai danni di una giornalista televisiva “presa di mira”dal molestatore, circa le caratteristiche del fisico ed il modo di vestire, sia presso la redazione, sede del suo ufficio, sia con apprezzamenti mediante uso di facebook

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 12 settembre 2014, n. 37596 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CHIEFFI Severo – Presidente Dott. DI TOMASSI Maria S. – rel. Consigliere Dott. MAZZEI Antonella P. – Consigliere Dott. LOCATELLI Giuseppe –...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 11 settembre 2014, n. 37506. Costituisce ingiuria rivolgere alla propria ex moglie termini che si rivelano chiaramente offensivi secondo l'apprezzamento della generalità dei consociati, ossia in base al comune sentire della maggior parte delle persone. (Nel caso di specie, l'imputato in più occasioni aveva apostrofato la ex moglie paragonandola alla "nave scuola" che insegna ai non iniziati il manuale "pratico" dell'amore).

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 11 settembre 2014, n. 37506 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOMBARDI Alfredo M – Presidente Dott. OLDI Paolo – Consigliere Dott. DE BERARDINIS S. – rel. Consigliere Dott. BRUNO Paolo A. –...

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Corte di Cassazione, sezione feriale, sentenza 1 settembre 2014, n. 36510. In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per la progettazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 4 ha essenzialmente il compito di redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, apprestamenti ed attrezzature per tutta la durata dei lavori; diversamente, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'articolo 5 cit. Decreto Legislativo, ha i compiti: (a) di verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza; (b) di verificare l'idoneita' del piano operativo di sicurezza (POS), piano complementare di dettaglio del PSC, che deve essere redatto da ciascuna impresa presente nel cantiere; (c) di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, di vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Trattasi di figure le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumita' dei lavoratori

Suprema Corte di Cassazione sezione feriale sentenza 1 settembre 2014, n. 36510   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE FERIALE PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BIANCHI Luisa – Presidente Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere Dott. CAPOZZI A. – rel. Consigliere Dott. Carrelli Palombi Roberto – Consigliere...