Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 19 ottobre 2018, n. 47731.
La massima estrapolata:
Sì al sequestro per equivalente del patrimonio di chi amministra anche indirettamente la società se per i reati tributari di omessa Iva non è rinvenibile il profitto del reato presso la persona giuridica.
Sentenza 19 ottobre 2018, n. 47731
Data udienza 24 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la ordinanza in data 20.10.2016 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fimiani Pasquale, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;
uditi i difensori, avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS) che hanno concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 20.10.2016 il Tribunale di Catanzaro, adito in sede di riesame, ha confermato il decreto con cui il GIP di Lamezia Terme aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente fino alla concorrenza della somma di Euro 26.827.874, 22 sui beni intestati alla s.r.l. (OMISSIS) in amministrazione straordinaria ed in subordine sui beni di (OMISSIS) e (OMISSIS), il primo nella qualita’ di A.U. della societa’ ed il secondo nella qualita’ di “extraneus” concorrente morale nel reato proprio degli amministratori, entrambi indagati per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 10-bis e 10-ter per omesso versamento IVA e per IRPEF trattenuta ai lavoratori autonomi e dipendenti.
Avverso il suddetto provvedimento (OMISSIS) ha proposto due ricorsi per cassazione.
2.Con il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) sono stati articolati due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 110 c.p., articolo 2639 c.c. e articolo 125 c.p.p., comma 3 per difetto assoluto di motivazione, che la responsabilita’ dell’amministratore di fatto, in quanto discendente dall’articolo 2639 c.c., che estende le qualifiche soggettive dell’intraneus anche a chi di fatto esercita in modo continuativo e significativo i poteri di gestione della societa’, non consente di qualificare costui, come invece afferma il provvedimento impugnato, come extraneus rispetto al reato proprio. Conseguentemente erronea risulta l’affermazione del Tribunale del riesame che ha fondato la responsabilita’ del ricorrente sull’attivita’ di finanziamento della compagine sociale al fine di assicurarne la permanenza sul mercato e non gia’ sull’esercizio di poteri di tipo gestorio in base alla quale soltanto, purche’ svolta in modo non episodico od occasionale, questi puo’ essere chiamato a rispondere quale soggetto attivo dei reati commessi in nome e per conto della societa’. Specifica al riguardo che quand’anche il soggetto abbia fornito un apporto finanziario quale socio di maggioranza, e’ comunque necessaria la concreta sussistenza in capo al medesimo di un potere gestorio che contempla il controllo sia sotto il profilo contabile ed amministrativo, sia sotto il profilo dell’organizzazione interna ed esterna, della stessa societa’ consistente in formulazione di programmi, effettuazione di scelte imprenditoriali ed emanazione delle relative direttive. Non avendo il provvedimento evidenziato alcuno dei suddetti profili, ma avendo al contrario affermato che l’apporto del ricorrente si sarebbe collocato a “monte” e non gia’ nell’ambito dell’attivita’ tipicamente gestoria, e’ in definitiva lo stesso Tribunale ad escludere che questi possa essere qualificato amministratore di fatto e conseguentemente il fumus della sua responsabilita’ per le violazioni tributarie ipotizzate. In ogni caso nessuna motivazione risulta essere stata fornita, ove questi fosse stato considerato extraneus alla compagine sociale, in ordine al suo concorso morale ex articolo 110 c.p. con l’amministratore di diritto.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis e articolo 321 c.p.p., che poiche’ il sequestro di somme liquide nella disponibilita’ della persona giuridica e’ sempre finalizzato alla confisca diretta e non alla confisca per equivalente, esso deve essere eseguito in via prioritaria in pregiudizio dell’ente ove esistano somme liquide disponibili o beni fungibili e, solo ove cio’ sia impossibile, e dunque in via meramente sussidiaria, nei confronti dei soggetti che rivestano al suo interno funzioni di rappresentanza legale nella forma cd. per equivalente. Dal momento che il Tribunale del riesame, pur trattando congiuntamente il ricorso articolato dall’odierno indagato con quello di (OMISSIS) e della (OMISSIS) srl, aveva poi pronunciato tre distinte ordinanze con le quali, mentre era stato mantenuto il sequestro preventivo a carico degli amministratori di fatto e di diritto, era stato, invece, annullato quello in pregiudizio della societa’ sul rilievo che gli Amministratori Straordinari avevano gia’ ammesso al passivo della procedura le somme per le quali era stato accertato l’omesso versamento in favore dell’Erario, dovevano percio’ ritenersi venuti meno i presupposti sui quali si fondava il sequestro per equivalente disposto nei confronti dell’odierno ricorrente. Sostiene la difesa che l’annullamento del sequestro disposto nei confronti della (OMISSIS), a seguito dell’inserimento del debito tributario nello stato passivo della societa’, sottoposta ad Amministrazione Straordinaria, che, in quanto sequestro diretto, deve essere eseguito in via prioritaria in pregiudizio dell’ente beneficiario, non consentiva di mantenere il sequestro per equivalente in danno dell’amministratore della medesima societa’ e dell’odierno ricorrente i quali, essendo soggetti alla confisca nei limiti del mancato pagamento dell’imposta dovuta dalla societa’, non possono essere destinatari della confisca e del sequestro preventivo ad essa finalizzato quando l’imposta sia stata versata. Avendo il Tribunale ritenuto che attraverso l’inserimento del debito tributario nello stato passivo si fosse estinta la relativa obbligazione in capo alla societa’ operando l’effetto solutorio di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis, di tale effetto estintivo doveva necessariamente giovarsi, non essendo titolare di alcuna autonoma obbligazione tributaria, l’indagato stante il rapporto di pregiudizialita’ tra il sequestro diretto in danno dell’ente e quello per equivalente in danno del suo legale rappresentante.
3. Con il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) e’ stato articolato un unico motivo con il quale si deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’articolo 2639 c.c. e articolo 110 c.p., che postulando l’amministrazione di fatto una significativa e continuativa attivita’ gestoria della societa’ in conformita’ ai criteri fissati dall’articolo 2639 c.c., non poteva essere ravvisato in capo all’imputato alcun ruolo assimilabile a quello di amministratore di fatto essendosi costui limitato, come evidenziato dallo stesso provvedimento impugnato, ad effettuare attivita’ di finanziamento e di prestazione di garanzia nei confronti della (OMISSIS) al pari di un socio, ma non certo di un amministratore. L’erronea qualificazione soggettiva ascritta a (OMISSIS) esclude di conseguenza la configurabilita’ dell’ipotesi concorsuale nei reati tributari contestatigli, senza che peraltro fosse stato evidenziato alcun elemento afferente alla condotta materiale, ovverosia al contributo materiale o morale apportato alla realizzazione dell’iter criminis, o all’elemento soggettivo qualificante la sua posizione di concorrente con l’amministratore di diritto, potendo al piu’ ravvisarsi nel suo atteggiamento passivo la mera connivenza non punibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo del ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), sostanzialmente sovrapponibile all’unico motivo formulato con il ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS) deve ritenersi manifestamente infondato.
Premesso che le sottili disquisizioni in ordine alla distinzione tra la posizione del ricorrente come intraneus alla societa’ per effetto dell’esercizio di un potere gestorio di fatto sulla stessa, e dunque di responsabile diretto degli illeciti tributari in contestazione, ovvero come extraneus rispetto ai reati propri ascrivibili all’amministratore di diritto e dunque di concorrente con quest’ultimo, rivestono ben poco peso nella presente fase cautelare, ove quel che effettivamente rileva e’ il coinvolgimento dell’indagato nella vicenda criminosa, ancora da definire, e dunque indipendentemente dalla peculiari modalita’ attraverso cui tale coinvolgimento si e’ estrinsecato e sulle quali solo il successivo giudizio di merito consentira’ di far luce, deve cio’ nondimeno rilevarsi come emergano dal provvedimento impugnato gli elementi indiziari concernenti il fumus dell’ascrivibilita’ a costui dei delitti ipotizzati. Invero, il Tribunale del riesame desume dallo stesso andamento finanziario della societa’ l’esistenza di un accordo tra (OMISSIS), avente comunque la veste di socio della (OMISSIS), ed il figlio nella posizione ufficiale dapprima di amministratore delegato e successivamente di amministratore unico: la circostanza che il contributo del padre non si sia esaurito nel finanziamento iniziale, ma si sia tradotto,nel corso degli anni in costanti immissioni di liquidita’ al fine di superare le contingenti criticita’ economiche della societa’ e soprattutto che siano state assunte nella gestione di quest’ultima determinazioni volte a privilegiare, attraverso gli introiti di volta in volta pervenuti nelle casse sociali, la restituzione delle somme da costui elargite a titolo di prestito a scapito degli stessi obblighi tributari gravanti sulla societa’, costituisce elemento pienamente idoneo ad evidenziare, sul piano del fumus, la riconducibilita’ in capo a costui della posizione di concorrente nei reati tributari, perfezionatisi con le condotte omissive costituite dai mancati versamenti dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute effettuate in qualita’ di sostituto di imposta nei confronti dei lavoratori dipendenti od autonomi. In sostanza, l’evidente vantaggio conseguito dall’imputato per effetto della sottrazione delle somme all’attivo dalla destinazione loro propria, nel cui ambito certamente si inseriscono gli adempimenti tributari, e la destinazione delle stesse a ripianamento dei finanziamenti da costui elargiti cosi’ da soddisfare nell’immediatezza i propri interessi economici/ lascia fondatamente supporre, se non un’effettiva ingerenza, comunque un palese condizionamento delle scelte contabili e finanziarie proprie dell’amministratore della persona giuridica, idoneo a configurare il concorso ex articolo 110 c.p. dell’odierno ricorrente.
Il provvedimento impugnato deve percio’ reputarsi, in relazione alle dispiegate doglianze, immune da censure.
2. Il secondo motivo del ricorso a firma dell’avv. (OMISSIS), non puo’ ritenersi meritevole di accoglimento.
Se non vi e’ dubbio che la misura cautelare, che ha colpito il patrimonio del ricorrente quale persona fisica avente il ruolo di concorrente nel reato proprio dell’amministratore delle societa’ indagate per gli illeciti tributari provvisoriamente contestati, si configuri quale sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, e non gia’ alla confisca diretta quale sarebbe stato quello che avesse invece colpito il profitto, inteso quale utilita’ economica conseguente al reato, del soggetto che ha tratto vantaggio diretto dall’illecito, ovverosia della societa’ in nome e per conto della quale l’imputato ha agito, occorre cio’ nondimeno chiarire, alla luce della contestazioni svolte dalla difesa, che assume l’impossibilita’ di aggredire i beni dell’amministratore della (OMISSIS), stante l’insinuazione al passivo del debito tributario nella procedura di amministrazione straordinaria cui era stata sottoposta la societa’, e l’effetto solutorio dell’obbligazione ad esso conseguente, il rapporto intercorrente tra la confisca diretta e la confisca per equivalente.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che il profitto del reato si identifica nei reati tributari, dove non necessariamente l’operazione posta in essere si concretizza in un incremento patrimoniale del reo, ben potendosi risolvere in un risparmio di imposta e dunque di spesa, con il vantaggio economico derivante dalla commissione dell’illecito con la conseguenza che il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato e’ comunque costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilita’, deve essere qualificata come confisca diretta non necessitando, in considerazione della natura fungibile del bene, della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato. (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 – dep. 21/07/2015, Lucci, Rv. 264437).
Ancorche’ il nostro ordinamento non conosca in tema di reati tributari, ipotesi di responsabilita’ penale degli enti o persone giuridiche, cio’ nondimeno costituisce jus receptum che il sequestro disposto sul danaro o su altri beni fungibili dell’ente o della persona giuridica si configuri, ove teso a colpire il profitto del reato posto in essere dal legale rappresentante, come confisca diretta non potendosi considerare la societa’ in tal caso estranea al reato, qualifica questa da cui discende l’ulteriore conseguenza che quando sia possibile nei confronti della societa’ il sequestro cd. diretto del profitto di reato tributario, non e’ consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi a vantaggio della societa’, ad eccezione dell’ipotesi in cui l’ente sia privo di autonomia e costituisca un mero schermo protettivo dell’attivita’ illecita posta in essere dalla persona fisica cui e’ in via esclusiva riconducibile il profitto derivante dal reato (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647).
Pertanto l’impossibilita’ di ricorrere al sequestro in forma specifica sussiste tutte le volte in cui non sia rintracciabile presso la persona giuridica il profitto del reato tributario commesso nell’interesse dell’ente, e trattandosi di somme di danaro e dunque di beni di natura fungibili la prova puo’ ritenersi raggiunta comunque quando emerga dagli atti o sia dimostrato che somme equivalenti a quelle sottratte al pagamento all’erario o comunque costituenti il profitto tangibile dell’illecito siano nella disponibilita’ della societa’. Percio’, come dettagliatamente esposto da questa Corte con la sentenza n. 42966 del 10/06/2015 pronunciata da questa Sezione (Sez.3, Rv. 265158, Klein), nella fase successiva all’imposizione del vincolo cautelare, che presuppone l’accertata impossibilita’, quantunque transitoria, di reperire presso la persona giuridica il profitto cd. diretto, e prima cioe’ che sia disposta la confisca per equivalente (essendo il sequestro a cio’ finalizzato) dei beni nella disponibilita’ dell’imputato, vi e’ un onere di allegazione e prova da parte di quest’ultimo di indicare i beni sui quali sia possibile disporre la confisca diretta nei confronti della societa’.
Per converso e’, invece, legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni del legale rappresentante che abbia commesso il reato tributario in nome e per conto della societa’, sul presupposto dell’impossibilita’ di reperire il profitto del reato all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato (Sez. 4, n. 10418 del 24/01/2018 – dep. 07/03/2018, Rubino, Rv. 272238), anche per mancata dimostrazione da parte dello stesso soggetto della concreta esistenza di beni nella disponibilita’ della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Sez. 3, n. 43816 del 01/12/2016 – dep. 22/09/2017, Di Florio, Rv. 271254).
Non puo’ pertanto ritenersi che, nel caso in esame, l’annullamento del sequestro funzionale alla confisca diretta nei confronti della (OMISSIS) comporti il venir meno del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente disposto nei confronti dell’imputato. E cio’ per un duplice ordine di motivi.
In primo luogo perche’ deve ritenersi accertato, come risulta dal provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame nei confronti della (OMISSIS), che la somma rinvenuta sul conto corrente intestato alla societa’ e’ derivata da attivita’ di liquidazione autonomamente condotta dai Commissari Straordinari antecedentemente all’adozione della misura cautelare, il che consente conseguentemente di affermare che la stessa non costituisce profitto, ragione per la quale non sarebbe comunque suscettibile di sequestro diretto. A cio’ si aggiunge che in ogni caso la somma di cui al suddetto conto corrente non copre neppure la terza parte del debito complessivo, onde sarebbe comunque insufficiente ad integrare il profitto derivato dall’omesso versamento configurante il reato tributario, considerato che il ricorrente non contesta neppure di aver subito un sequestro per un importo eccedente.
In secondo luogo perche’ l’insinuazione al passivo del debito tributario non estingue l’obbligazione che resta integralmente in vita, del tutto incongruo risultando l’effetto solutorio invocato dalla difesa ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis, profilabile nella ben diversa ipotesi di un impegno al versamento del dovuto che il contribuente si assume nei confronti dell’Erario, ne’ consente allo stato il suo adempimento, risolvendosi soltanto nell’impossibilita’ di procedere al sequestro diretto in pendenza della procedura concorsuale. L’ammissione allo stato passivo della procedura non e’ infatti satisfattiva del debito, comportando soltanto un’astratta possibilita’ di pagamento, subordinata alla capienza dell’attivo societario e all’ordine di graduazione degli altri creditori entrati a far parte della procedura concorsuale, atteso che il credito dello Stato resta assoggettato alla concorrente tutela degli interessi della stessa procedura di amministrazione straordinaria disposta nei confronti della societa’.
Del tutto legittima deve ritenersi pertanto la misura cautelare disposta nelle forme del sequestro per equivalente nei confronti dell’odierno ricorrente in qualita’ di concorrente nei reati riconducibili alla (OMISSIS) s.r.l..
Entrambi i ricorsi devono essere in conclusione rigettati, seguendo a tale esito la condanna del ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali