Ricorso per cassazione in caso di omesso esame non di fatti ma di documenti
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Ricorso per cassazione in caso di omesso esame non di fatti ma di documenti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|18 marzo 2024| n. 7156.

In caso di omesso esame non di fatti ma di documenti, la denuncia ai sensi dell'articolo 360, comma 1, n. 5) Cpc può essere ammessa solo se il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, rendendo la ratio decidendi priva di fondamento, per cui la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.

Il singolo condomino e l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni
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Il singolo condomino e l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 marzo 2024| n. 7053.

Il singolo condomino non ha autonoma legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni, spettando essa unicamente all'amministratore.

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La sentenza d’appello può essere motivata per relationem a quella di primo grado

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 marzo 2024| n. 7050.

La sentenza d'appello può essere motivata per relationem a quella di primo grado, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate dalla decisione appellata, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico, senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.

Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova
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Mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica e l’onere della prova

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7015.

In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica o di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il "figlio adulto" in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.

Il diritto alla compensazione pecuniaria presuppone unicamente che si verifichi un ritardo del volo pari o superiore alle tre ore
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Il diritto alla compensazione pecuniaria presuppone unicamente che si verifichi un ritardo del volo pari o superiore alle tre ore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7010.

Il diritto alla compensazione pecuniaria di cui al Reg. CE n. 261 del 2004 (come interpretato dalla CGUE nella sentenza Sturgeon, n. 581 del 23 ottobre 2012) presuppone unicamente che si verifichi un ritardo del volo pari o superiore alle tre ore, non essendo necessario che il passeggero si sia presentato al check-in all'orario originariamente stabilito, dal momento che scopo della misura indennitaria non è quello di ristorare i passeggeri per il tempo sprecato in aeroporto in attesa della partenza, bensì quello di compensare la perdita di tempo rispetto al raggiungimento della destinazione finale.

Il dolo come causa di invalidità del contratto
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Il dolo come causa di invalidità del contratto

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 marzo 2024| n. 7011.

Il dolo, come causa di invalidità del contratto, consiste nel compimento ad opera della parte contrattuale di artifici e raggiri idonei a travisare la realtà e a fornirne una falsa rappresentazione, determinando proprio in forza di tale falsa configurazione del reale un errore dell'altra parte su aspetti essenziali del negozio, tale da provocare il suo consenso a concluderlo. Il dolo decettivo conduce all'annullamento del contratto qualunque sia l'elemento sul quale il contraente sia stato ingannato e, dunque, in relazione a qualunque errore in cui sia stato indotto, ivi compreso quello sul valore o sulle qualità del bene oggetto del negozio

Appalto ed il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore e il direttore dei lavori
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Appalto ed il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore e il direttore dei lavori

Corte di Cassazione, civile, Sentenza|15 marzo 2024| n. 7057.

In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l'appaltatore e il direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all'articolo 2055 del Cc, il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all'ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale.

Morte della parte ed impugnazione della sentenza da parte dell’erede
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Morte della parte ed impugnazione della sentenza da parte dell’erede

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 marzo 2024| n. 6930.

Colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio pendente, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell'articolo 2697 del Cc, per mezzo delle produzioni documentali consentite, oltre che del decesso della parte originaria, anche della qualità di erede di quest'ultima. In difetto, il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione ad impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione ad opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d'ufficio. A tale fine, non è sufficiente la denuncia di successione, che ha valore solo fiscale e che fornisce un mero elemento indiziario liberamente valutabile dal giudice, ma occorre produrre, oltre al certificato di morte comprovante l'avvenuto decesso del de cuius, anche la documentazione anagrafica attestante la relazione parentale e i fatti da cui deriva quella qualità.

Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti
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Accertamento anche letterale della volontà degli stipulanti

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7007.

L'accertamento, anche in base al significato letterale delle parole, della volontà degli stipulanti, in relazione al contenuto dei negozi inter partes, si traduce in un'indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che tale accertamento è censurabile in sede di legittimità soltanto per vizio di motivazione, nel caso in cui la motivazione stessa risulti talmente inadeguata da non consentire di ricostruire l'iter logico seguito dal giudice per attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, oppure nel caso di violazione delle norme ermeneutiche; con la precisazione che nessuna di tali censure può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione. Per sottrarsi al sindacato di legittimità, infatti, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, sì che quando di una clausola contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto la interpretazione poi disattesa dal giudice del merito, dolersi in sede di legittimità che sia stata privilegiata l'altra.

Il ricorso per cassazione e l’esposizione sommaria dei fatti di causa
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Il ricorso per cassazione e l’esposizione sommaria dei fatti di causa

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 marzo 2024| n. 7094.

Il disposto dell'articolo 366, comma 2, n. 3, del Cpc - secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa - risponde non ad un'esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire alla Corte di legittimità di conoscere dall'atto, senza attingerli aliunde, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell'origine e dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti. Per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l'indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata. La mancanza di tali elementi si traduce, pertanto, in una prima ragione di inammissibilità del ricorso.