Il giudice dell’impugnazione non puo’ rilevare la sopravvenuta abolitio criminis nell’ipotesi di inammissibilita’ per tardivita’

Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 17 maggio 2018, n. 21923.

La massima estrapolata:

Il giudice dell’impugnazione non puo’ rilevare la sopravvenuta abolitio criminis nell’ipotesi di inammissibilita’ per tardivita’, essendosi in tal caso gia’ formato il giudicato formale ai sensi dell’articolo 648 c.p.p., comma 2.

Sentenza 17 maggio 2018, n. 21923

Data udienza 3 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto – rel. Consigliere

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
parte civile (OMISSIS) nata il (OMISSIS);
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/11/2016 del TRIBUNALE di PERUGIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa LORI PERLA, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione;
udito il difensore, avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), del Foro di Perugia, per la parte civile, che conclude per l’accoglimento del ricorso; in subordine chiede che, in caso di annullamento, rimangano ferme le statuizioni civili; infine deposita conclusioni e nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Perugia con sentenza del 16/11/2016, in riforma della sentenza del Giudice di Pace di Citta’ di Castello del 7/7/2015, appellata dagli imputati e dalla parte civile, ha assolto (OMISSIS) dal reato di ingiuria in danno di (OMISSIS) perche’ il fatto non era piu’ previsto dalla legge come reato, nonche’ (OMISSIS) dal reato di cui all’articolo 582 c.p. in danno di (OMISSIS), per averla colpita con calci e pugni in tutto il corpo, cagionandole lesioni guaribili in dodici giorni, perche’ estinto per intervenuta prescrizione, e ha revocato le statuizioni civili di condanna nei confronti di entrambi gli imputati al risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa per ciascuno degli imputati in Euro 5.000,00, condannando la parte civile al pagamento delle spese del grado del giudizio.
2. Ha proposto ricorso l’avv. (OMISSIS), difensore di fiducia della parte civile (OMISSIS), munito di procura speciale, svolgendo tre motivi.
2.1. Con il primo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), il ricorrente lamenta, in tema di deposito tardivo dell’atto di appello, inosservanza o erronea applicazione di norme processuali in relazione all’articolo 591, comma 1, lettera c), articolo 585, comma 1, lettera b), e al Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 32 e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 2, in relazione all’articolo 544 c.p.p., comma 3, e articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera c).
Il Tribunale aveva ritenuto che in forza del richiamo generale contenuto nel Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 2 il Giudice di Pace potesse assegnarsi un termine superiore a quello di cui all’articolo 32 dello stesso decreto per il deposito delle motivazioni della sentenza, con la conseguente applicabilita’ della disciplina di cui agli articoli 544 e 585 c.p.p..
E’ stato cosi’ ritenuto tempestivo l’appello depositato dalla difesa degli imputati oltre il 30 giorno dalla comunicazione degli avvisi di deposito della sentenza (ricevuti il 28/8/2015), ossia il 43 giorno.
Il Tribunale si era rifatto a un precedente del tutto isolato nella giurisprudenza della Suprema Corte, che invece era ferma nel ritenere che il Giudice di pace non possa assegnarsi un termine superiore a quello previsto dall’articolo 32 e che il deposito della sentenza oltre i 15 giorni debba considerarsi fuori termine con la conseguenza che il termine per impugnare e’ quello di giorni trenta dalla comunicazione dell’avviso di deposito ai sensi dell’articolo 548 c.p.p., comma 2, e articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera b), e comma 2.
2.2. Con il secondo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) e c), il ricorrente lamenta erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 157 c.p. e Decreto Legislativo n. 7 del 2016 e articolo 2 c.p. in relazione alla violazione dell’articolo 591 c.p.p., comma 2, e articolo 648 c.p.p., comma 2, e violazione dell’articolo 185 c.p..
La tardivita’ degli appelli comportava ai fini civilistici la formazione del giudicato e la parte civile aveva interesse a impugnare la sentenza e a veder riconoscere la formazione della cosa giudicata sull’accertamento della responsabilita’ degli imputati e sulla liquidazione del danno quanto alla posizione di (OMISSIS).
Quanto alla dichiarazione della prescrizione per il reato attribuito al (OMISSIS), era stato falsamente applicato l’articolo 157 c.p. poiche’ la recidiva, inizialmente contestata in forma generica e poi specificata nelle udienze successive, era idonea a determinare l’aumento dei 2/3 dei termini prescrizionali, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 161 c.p., comma 4 e articolo 99 c.p., comma 4 (complessivamente anni 10, non decorsi neppure alla data di deposito delle motivazioni).
2.3. Con il terzo motivo proposto ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 125 c.p.p. in relazione all’articolo 177 c.p.p. e omessa motivazione in ordine alla errata quantificazione del danno.
Il Giudice conseguentemente aveva omesso di motivare in ordine all’appello della parte civile, limitatamente al capo di imputazione relativo ad (OMISSIS) sul profilo della quantificazione dei danni, ingiustificatamente ristretti al danno morale in presenza certa di un danno biologico, e della liquidazione della provvisionale, laddove anche prudenzialmente non poteva essere apprezzato un danno inferiore a Euro 15.000,00, almeno in considerazione della frattura delle ossa nasali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la parte civile ricorrente deduce error in procedendo in relazione all’articolo 591, comma 1, lettera c), articolo 585, comma 1, lettera b) e Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 32, per il deposito tardivo dell’atto di appello e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 2 in relazione all’articolo 544 c.p.p., comma 3, e articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera c).
1.1. Il Tribunale aveva ritenuto tempestivo ed ammissibile l’appello proposto dagli imputati, sostenendo che in forza del richiamo generale contenuto nel Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 2 il Giudice di Pace potesse assegnarsi un termine superiore a quello di cui all’articolo 32 dello stesso decreto per il deposito delle motivazioni della sentenza, con la conseguente applicabilita’ della disciplina di cui agli articoli 544 e 585 c.p.p.; in forza di questo ragionamento, contrastante con la giurisprudenza consolidata, il Tribunale ha ritenuto tempestivo l’appello depositato dalla difesa degli imputati il 43° giorno successivo alla comunicazione degli avvisi di deposito della sentenza (ricevuti il 28/8/2015), ossia dopo il decorso del 30 giorno.
Al contrario, il Giudice di pace non poteva assegnarsi un termine superiore quello previsto dal Decreto Legislativo n. 274 del 2000, articolo 32 e il deposito della sentenza avvenuto oltre i 15 giorni doveva considerarsi fuori termine con la conseguenza che il termine per impugnare era quello di giorni trenta dalla comunicazione dell’avviso di deposito ai sensi degli articolo 548 c.p.p., comma 2, e articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera b), e comma 2.
1.2. La sentenza del Giudice di Pace e’ stata emessa all’udienza del 7/5/2015; il Giudice si era auto-assegnato termine di giorni 90 per il deposito delle motivazioni, che aveva in concreto eseguito il 10/8/2015, ossia il 95 giorno.
L’appello nell’interesse degli imputati e’ stato depositato il 13/10/2015, ossia il 43 giorno successivo a quello di notifica degli avvisi di deposito agli imputati e al loro difensore (28/8/2015).
1.3. Questa Corte (anche ben prima della data della decisione impugnata) ha ripetutamente affermato che la previsione di cui al Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274, articolo 32, – per la quale il giudice di pace deve depositare la motivazione entro 15 giorni, qualora non la detti a verbale – implica che quest’ultimo non possa autoassegnarsi un termine diverso e maggiore, non consentito dal predetto articolo 32, che riveste carattere derogatorio rispetto all’articolo 544 c.p.p., con la conseguenza che non puo’ trovare applicazione l’articolo 2 dello stesso decreto legislativo, che prevede l’estensione delle norme del codice di rito nei procedimenti innanzi al giudice di pace, a meno che non sia diversamente stabilito. In tema di impugnazioni, la sentenza depositata dal giudice di pace oltre il quindicesimo giorno deve ritenersi fuori termine anche quando il deposito avviene entro il maggior termine indicato nel dispositivo, con la conseguenza che, in tal caso, il termine per impugnare e’ quello di giorni trenta, decorrenti, per le parti presenti, dal quindicesimo giorno successivo all’emissione della sentenza e, per le parti non presenti e, comunque, nel caso di deposito della sentenza oltre il quindicesimo giorno, dalla data in cui e’ avvenuta la notificazione dell’avviso di deposito ai sensi dell’articolo 548 c.p.p., comma 2 (ex plurimis: Sez. 4, n. 16148 del 14/03/2017, Cattin, Rv. 269608; Sez. 5, n. 26751 del 29/01/2016, Cenacchi, Rv. 267216; Sez. 5, n. 8637 del 23/11/2015 – dep. 2016, Longo, Rv. 266075; Sez. 5, n. 1116 del 08/10/2015 – dep. 2016, Gallo, Rv. 266095; Sez. 5, n. 46816 del 29/09/2015, pc in proc. Gamba, Rv. 265688; Sez. 5, n. 43487 del 30/06/2015, Barbolini Cionini, Rv. 264925; Sez. 5, n. 50118 del 24/06/2015, Vinai, Rv. 265672; Sez. 2, n. 10057 del 19/02/2015, Franchi, Rv. 262755; Sez. 5, n. 11656 del 24/02/2012, Muto, Rv. 252963).
Nella fattispecie, pertanto, il deposito e’ comunque avvenuto fuori dallo stesso termine illegittimamente assegnato.
Ai sensi dell’articolo 585 c.p.p., comma 1, lettera b), il termine per impugnare era di trenta giorni, che decorrevano, ex articolo 585, comma 2, lettera c), dalla notificazione dell’avviso di deposito.
L’appello degli imputati era quindi inammissibile per intempestivita’ ex articolo 591, comma 1, lettera c), in relazione alla violazione del termine di cui all’articolo 585 c.p.p..
1.4. L’impugnazione della parte civile rileva, ovviamente, ai soli effetti civili, alla stregua del limite generale frapposto al suo potere di impugnazione dall’articolo 576 c.p.p. che lascia intonsi gli effetti penali.
L’inammissibilita’ per intempestivita’, cosi’ accertata, dell’appello comporta il passaggio in giudicato delle statuizioni civili della sentenza di primo grado, quanto al (OMISSIS), senza che possa venire in rilievo la dichiarata estinzione del reato per prescrizione, in difetto di valida costituzione del rapporto processuale di secondo grado; rimangono salvi, come si e’ detto, i soli effetti penali della pronuncia impugnata.
1.5. Il dubbio di un diverso approdo sorge invece quanto all’appello tardivo dispiegato dall’imputata (OMISSIS), laddove il disposto proscioglimento era stato determinato dalla sopravvenuta depenalizzazione del reato di ingiuria conseguente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 e alla relativa abolitio criminis.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, in caso di sentenza di condanna relativa a un reato successivamente abrogato e qualificato come illecito civile ai sensi del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato, deve revocare anche i capi della sentenza che concernono gli interessi civili, fermo restando il diritto della parte civile di agire ex novo nella sede naturale, per il risarcimento del danno e l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria civile; invece il giudice dell’esecuzione revoca il provvedimento perche’ il fatto non e’ piu’ previsto dalla legge come reato, lasciando ferme le disposizioni e i capi che concernono gli interessi civili, atteso che il venir meno della condanna non puo’ incidere sulla cristallizzazione del giudicato riguardo ai capi civili della sentenza. (Sez. U, n. 46688 del 29/09/2016, Schirru e altro, Rv. 267884-267885).
Le statuizioni civili sono travolte dall’abolitio criminis anche in caso di impugnazione inammissibile, alla luce di un ormai consolidato orientamento di questa Corte, ispirato a ragioni di economia processuale, che ha ripetutamente affermato che il giudice dell’impugnazione deve rilevare la abolitio criminis, sopravvenuta alla sentenza impugnata, anche nel caso di ricorso inammissibile ed indipendentemente dall’oggetto dell’impugnazione, atteso il principio della ragionevole durata del processo, che impone di evitare una pronunzia di inammissibilita’ che avrebbe quale unico effetto un rinvio della soluzione alla fase esecutiva (Sez. 5, n. 44088 del 02/05/2016, Pettinaro e altri, Rv. 267751;Sez. 2, n. 20206 del 27/04/2016, P.C. in proc. Were, Rv. 266680; Sez. 5, n. 39767 del 27/09/2002, Buscemi, Rv. 225702).
Tale orientamento pero’ non e’ sostenibile allorche’ la causa dell’inammissibilita’ dell’impugnazione e’ la sua intempestivita’; e’ stato infatti condivisibilmente osservato che la sopravvenuta abolitio criminis non e’ rilevabile d’ufficio in presenza di un ricorso inammissibile perche’ presentato fuori termine, in quanto l’intempestivita’ dell’impugnazione non consente la valida instaurazione del rapporto processuale prima del passaggio in giudicato formale della sentenza ai sensi dell’articolo 648 c.p.p., comma, e che l’unico rimedio esperibile in tal caso e’ il ricorso al giudice dell’esecuzione ex articolo 673 c.p.p., competente a provvedere ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 2, (Sez. 5, n. 27820 del 19/04/2017, Ciarla, Rv. 270453).
Tale pronuncia ripercorre la giurisprudenza delle Sezioni Unite (a partire dalle sentenze n. 21 del 11/11/1994, dep. 1995, Cresci, Rv. 199903, passando attraverso le pronunce, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266, n. 33542 del 27/6/2001, Cavalera, Rv. 219531 e n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164), che ha focalizzato i limiti del giudizio di cassazione e la natura delle diverse cause di inammissibilita’, sino a pervenire alle ultime pronunce rilevanti sul tema, che ne hanno definitivamente configurato i contorni di operativita’ (Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207, in tema di inammissibilita’ e giudicato sostanziale rispetto a fenomeni di incostituzionalita’ di norme incidenti sul trattamento sanzionatorio; Sez. U, n. 46653 del 26/6/2015, Della Fazia, Rv. 265111,in tema di inammissibilita’ e successione di leggi piu’ favorevoli quanto al trattamento sanzionatorio e, soprattutto, Sez. U, n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265106, in tema di inammissibilita’ e illegalita’ ab origine della pena).
Alla luce dei piu’ recenti arresti deve ritenersi che la barriera dell’inammissibilita’ del ricorso possa essere superata se vi e’ necessita’ di rilevare, anche d’ufficio, l’abolizione di un reato o la dichiarazione di incostituzionalita’ di una norma incriminatrice, o anche l’illegalita’ della pena o un trattamento sanzionatorio piu’ favorevole e successivo, in ogni caso tranne che nell’ipotesi in cui l’inammissibilita’ derivi da tardivita’ del ricorso.
Il graduale sviluppo del percorso giurisprudenziale, partito dal superamento della distinzione classica tra cause di inammissibilita’ originarie e sopravvenute, delinea la causa di inammissibilita’ come categoria unitaria, e ha progressivamente recuperato spazi di giudizio anche in caso di impugnazione inammissibile, arrestandosi pero’ solo di fronte al limite insuperabile per il sindacato di legittimita’, individuabile nel ricorso inammissibile in quanto tardivo perche’ proposto fuori termine, ipotesi non a caso direttamente e diversamente considerata dall’articolo 648 c.p.p., comma 2, in tema di irrevocabilita’ delle pronunce giurisdizionali.
Nella pronuncia Sez. U, n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265106 (emessa nel caso di inammissibilita’ e illegalita’ ab origine della pena), e’ stato infatti ricordato che in tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata dell’articolo 648, comma 2, e dell’articolo 591, comma 2, si desume che la presentazione di un’impugnazione tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, sicche’ l’illegalita’ della pena non e’ rilevabile d’ufficio in presenza di un ricorso inammissibile perche’ presentato fuori termine. Nello stesso ordine di idee procede anche la pronuncia Sez. U n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818-21, evidenziando che i soli due casi, risultanti dall’analisi congiunta dell’articolo 648 e dell’articolo 591 c.p.p., nei quali il giudicato sostanziale si trasforma in giudicato formale automaticamente, sono quelli della tardivita’ del ricorso e della impugnazione di sentenza inoppugnabile, ribadendo che il giudicato sostanziale, in ogni altro caso, e’ categoria “sganciata” dalla disposizione di cui all’articolo 648 c.p.p..
Qualora vi sia stato un ricorso tardivo, infatti, il giudicato formale non si realizza non appena dichiarata l’inammissibilita’, ma preesiste ad essa e coincide con il primo momento da cui deve ritenersi decorso il termine per impugnare la pronuncia, tanto che le Sezioni Unite nella sentenza Butera precisano come sia compito del pubblico ministero eseguire la sentenza anche prima della pronuncia dichiarativa dell’inammissibilita’ dell’impugnazione.
Peraltro, l’abolitio criminis, pur non rilevabile in sede di legittimita’ nell’ipotesi di ricorso tardivo, poiche’ in tal caso non vi e’ stata valida instaurazione del rapporto processuale prima del passaggio in giudicato formale della sentenza, determina comunque la revoca della sentenza di condanna da parte del giudice dell’esecuzione ex articolo 673 c.p.p., rimanendo, dunque, la fase esecutiva quella propria in cui far valere le ragioni di cui all’articolo 2 c.p., comma 2.
Ovviamente in tale sede esecutiva non e’ certamente possibile aggredire le statuizioni emesse in sede penale sull’azione civile, tempestivamente e legittimamente esercitata, ratione temporis, nel processo penale, come ribadisce espressamente la citata sentenza Schirru n. 46688 del 29/09/2016.
Diversamente opinando, si finirebbe paradossalmente con il legittimare anche impugnazioni postume, in elusione del giudicato, senza alcun limite temporale, finalizzate a travolgere le statuizioni civili.
In conclusione, il giudice dell’impugnazione non puo’ rilevare la sopravvenuta abolitio criminis nell’ipotesi di inammissibilita’ per tardivita’, essendosi in tal caso gia’ formato il giudicato formale ai sensi dell’articolo 648 c.p.p., comma 2.
Ne consegue che anche con riferimento al reato di ingiuria addebitato all’imputata (OMISSIS), all’accertata inammissibilita’ per tardivita’ dell’appello da essa proposto consegue, beninteso ai soli effetti civili, l’annullamento della sentenza di secondo grado nella parte in cui ha revocato le statuizioni civili a favore della parte civile, ormai passate in giudicato.
2. Il secondo motivo di ricorso resta assorbito.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’articolo 125 c.p.p. in relazione all’articolo 177 c.p.p. e omessa motivazione in ordine alla errata quantificazione del danno.
Il Giudice, conseguentemente alle proprie determinazioni circa l’ammissibilita’ degli appelli degli imputati, aveva omesso di motivare in ordine all’appello della parte civile, limitatamente al capo di imputazione relativo ad (OMISSIS) e relativamente al profilo della quantificazione dei danni, ingiustificatamente limitati, secondo l’appellante, al danno morale in presenza certa di un danno biologico, e al profilo della liquidazione della provvisionale, laddove anche prudenzialmente non poteva essere apprezzato un danno inferiore a Euro 15.000,00, almeno in considerazione della frattura delle ossa nasali.
3.1. L’appello della parte civile, diversamente da quello degli imputati, era tempestivo perche’ era stato proposto il 29/9/2015, a fronte della notificazione eseguita il 1/9/2015 dell’avviso di deposito, e quindi nei trenta giorni, mentre il Tribunale indica erroneamente la data del 7/10/2015, che e’ invece il giorno in cui l’atto e’ stato ricevuto dal Tribunale di Perugia, in seguito alla trasmissione dell’appello da parte dell’Ufficio del Giudice di Pace che lo aveva ricevuto.
3.2. Il Tribunale ha omesso di esaminare l’appello della parte civile in punto quantificazione dei danni liquidati a carico dell’imputato (OMISSIS), avendo revocato le statuizioni civilistiche sull’erroneo presupposto della tempestivita’ dell’appello e della prescrizione del reato prima della pronuncia di primo grado (con valutazione contestata dalla parte civile ricorrente e comunque ora assorbita).
Sul punto quindi l’annullamento va disposto con rinvio al Giudice civile competente per valore in appello per l’esame dell’appello della parte civile agli effetti civili.
4. Le determinazioni in ordine alle spese debbono essere rimesse al giudice civile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti civili, quanto al reato di ingiuria; annulla la medesima sentenza, agli effetti civili, relativamente al reato di lesioni, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

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