Corte di Cassazione, sezione prima civile, Ordinanza 25 ottobre 2018, n. 27120

La massima estrapolata:

La rinuncia alla proposta di concordato non è soggetta al limite temporale imposto alla sua modifica, in quanto destinata all’arresto dell’iter concordatario. Per ragioni di economia processuale l’eventuale nuova proposta depositata contestualmente alla rinuncia alla precedente può essere esaminata dal tribunale nel corso della stessa procedura concordataria, nel caso non pendano istanze di fallimento o siano “desistite” . Nella persistenza delle istanze di fallimento il tribunale valuta la sussistenza dei presupposti per l’apertura del fallimento, sia pure tenendo conto della nuova proposta del debitore se idonea superare lo stato di insolvenza. Nel giudizio del tribunale rientra anche la valutazione di intenti dilatori e dunque abusivi della nuova proposta.

Ordinanza 25 ottobre 2018, n. 27120

Data udienza 26 aprile 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 4202/2014 proposto da:
(OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Maria, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione, in persona dei curatori dott. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l.; Pubblico Ministero presso la Corte di Appello di Messina;
– intimati –
avverso la sentenza n. 887/2013 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 23/12/2013;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale VITIELLO MAURO che ha chiesto che la Corte di Cassazione, in camera di consiglio, voglia rigettare il ricorso;
lette le memorie ex articolo 380-bis cod. proc. civ. depositate dalla ricorrente e dal controricorrente Fallimento (OMISSIS);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/04/2018 dal cons. VELLA PAOLA.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 23/12/2013 la Corte d’Appello di Messina ha rigettato il reclamo proposto dalla (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione avverso la sentenza del 01/02/2013 con cui il Tribunale di Messina ne aveva dichiarato il fallimento, su istanza di (OMISSIS) e di (OMISSIS) S.r.l., nonche’ su richiesta del Pubblico Ministero, contestualmente dichiarando inammissibili sia la domanda di concordato preventivo presentata il 22/12/2011 – poi rinunziata, a seguito del mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte dall’articolo 177 legge fall. – sia la successiva domanda di concordato con riserva ex articolo 161, comma 6, legge fall., depositata in data 08/01/2013, dopo l’attivazione del meccanismo di cui all’articolo 179 legge fall. e la convocazione del debitore ex articolo 162 legge fall. per l’udienza del 09/01/2013, in quanto viziata da “abuso”.
2. Per quanto rileva in questa sede, il giudice d’appello ha ritenuto che, una volta aperte le operazioni di voto, la proposta di concordato andrebbe “esitata senza soluzione di continuita’… o con l’approvazione o con l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 162 l.fall.”, “senza possibilita’ di modifica o di una nuova proposta di concordato”, anche perche’ altrimenti verrebbe elusa la retrodatazione degli effetti della dichiarazione di fallimento ai sensi dell’articolo 169 legge fall.; inoltre, pur escludendo la configurabilita’ di una forma di “abuso in astratto”, ha ritenuto che, alla luce delle circostanze sostanziali e processuali della vicenda, “la nuova domanda di concordato formulata in bianco esprimeva, in concreto, un proposito dilatorio e manifestava un abuso del diritto”.
3. Avverso la sentenza impugnata la societa’ (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
4. Il Fallimento (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione e la (OMISSIS) hanno resistito con controricorso. L’intimata (OMISSIS) S.r.l. non ha svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dato atto che il procedimento per la notifica del ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, notificata il 09/01/2014, e’ stato tempestivamente avviato in data 06/02/2014 anche nei confronti della intimata (OMISSIS) S.r.l., senza che rilevi il suo tardivo perfezionamento solo in data 13/02/2014, alla luce del principio per cui “la notifica dell’impugnazione relativa a cause inscindibili – sia nell’ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale che processuale – eseguita nei confronti di uno solo dei litisconsorti nei termini di legge, introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, ancorche’ l’atto di impugnazione sia stato, a queste, tardivamente notificato; in tal caso, infatti, l’atto tardivo riveste la funzione di notificazione per integrazione del contraddittorio ex articolo 331 cod. proc. civ., e l’iniziativa della parte, sopravvenuta prima ancora dell’ordine del giudice, assolve alla medesima funzione” (Cass. sez. 6-1, ord. 08/02/2011 n. 3071, rv. 617273)
2. Con il primo motivo di ricorso – rubricato “violazione e falsa applicazione degli articoli 160, 161, 162, 163, 169, 175 e 179 l.fall.; articoli 24 e 41 Cost. (articolo 360 c.p.c., n. 5) – Illegittima negazione del diritto dell’imprenditore in stato d’insolvenza a presentare una “nuova” proposta di concordato preventivo; violazione del diritto di azione e di difesa del debitore” – viene sottoposta a questa Corte la questione “se, nel silenzio della legge fallimentare, in presenza di istanze di fallimento (non importa se anteriori o successive alla domanda di concordato), l’imprenditore gia’ ammesso al concordato preventivo possa, dopo aver appreso del mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte per l’approvazione della sua proposta, presentare una “nuova” proposta di concordato, anche attraverso ricorso ex articolo 161, comma 6, l.fall.; o se invece questa possibilita’ gli sia preclusa dalla “assoluta” necessita’ di provvedere preliminarmente su quelle istanze”.
3. Con il secondo mezzo – rubricato “omessa pronuncia con violazione dell’articolo 112 c.p.c. e conseguente nullita’ del procedimento e della sentenza (articolo 360, n. 4); in subordine, violazione e falsa applicazione degli articoli 160, 161, 162, 163, 175 e 179 l.fall.; articolo 24 Cost. (articolo 360 c.p.c., n. 3) – Inosservanza del dovere del Tribunale, nonche’ della Corte d’Appello in sede di reclamo, di pronunciarsi nel merito sull’ammissibilita’ della proposta: violazione del diritto di azione e di difesa del debitore” – si sostiene che il tribunale avrebbe dovuto “senz’altro assegnare il termine minimo richiesto con la domanda di pre-concordato e soltanto dopo provvedere sull’istanza di accesso al c.p.”, piuttosto che “presupporre arbitrariamente l’indistinguibilita’ ontologica dei procedimenti “riuniti” (di concordato e prefallimentare)” e ritenere “che i creditori istanti… debbano essere preferiti aprioristicamente alla massa dei creditori interessati a valutare una nuova soluzione concordataria”.
3. Con la terza censura – rubricata “violazione e falsa applicazione dell’articolo 1322 c.c. e articolo 41 Cost. (in relazione agli articoli 160 e segg. L. fall.), nonche’ degli articoli 1175 e 1375 c.c. e dei principi generali dell’ordinamento giuridico in materia di “abuso del diritto” (articolo 360 c.p.c., n. 3) – Erronea configurazione e applicazione della figura del c.d. abuso del concordato” – si osserva che l’eventuale “abuso” dello strumento concordatario, teoricamente prospettabile “sia come deviazione dalle finalita’ dell’istituto, sia come violazione dei doveri di correttezza verso i creditori”, dovrebbe comunque essere esaminato e delibato in concreto, con conseguente “doverosa concessione del termine per presentare la proposta e il piano”.
4. Con il quarto mezzo – rubricato “omessa pronuncia con violazione dell’articolo 112 c.p.c. e conseguente nullita’ del procedimento e della sentenza (articolo 360, n. 4); in subordine, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., n. 5)” – si sostiene che la corte d’appello, nell’affrontare il tema dell’abuso del concordato, avrebbe “omesso di pronunciarsi su molte censure “in fatto”… o comunque omesso di considerare una serie di fatti decisivi”, in particolare ignorando che “la ricorrente si trovava costretta a un cambio d’impostazione del piano di concordato (da concordato con continuazione dell’attivita’ in capo a societa’ affittuarie a concordato liquidativo con cessione), per fatti estranei e sopravvenuti durante la pendenza del procedimento” e che “la nuova domanda di concordato con riserva prefigurava e motivava la nuova soluzione concordataria ed era supportata dalla dichiarazione d’impegno di un terzo garante”.
4.1. I primi quattro motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, non meritano accoglimento.
5. Per esaminare le questioni con essi poste, occorre prendere le mosse da una serie di arresti di questa Corte sulle possibili interferenze tra le concorrenti modalita’ di regolazione della crisi e dell’insolvenza, in sede concordataria e fallimentare.
5.1. In generale, con riguardo ai rapporti tra il procedimento per la dichiarazione di fallimento e quello di ammissione od omologazione del concordato preventivo, le Sezioni Unite di questa Corte, dopo la miliare pronuncia n. 1521 del 2013, hanno affermato, con le sentenze n. 9935 e n. 9936 del 2015, i seguenti principi di diritto: “La pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell’articolo 161, comma 6, legge fall., impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli articoli 162, 173, 179 e 180 legge fall., ma non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del p.m., ne’ ne consente la sospensione, ben potendo lo stesso essere istruito e concludersi con un decreto di rigetto. In pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell’articolo 161, comma 6, legge fall., il fallimento dell’imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del p.m., puo’ essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli articoli 162, 173, 179 e 180 legge fall. e cioe’, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato; la dichiarazione di fallimento, peraltro, non sussistendo un rapporto di pregiudizialita’ tecnico-giuridica tra le procedure, non e’ esclusa durante le eventuali fasi di impugnazione dell’esito negativo del concordato preventivo” (Sez. U. 15/05/2015 n. 9935, rv. 635323).
5.2. Quanto alla possibilita’ per il debitore di presentare una nuova domanda di concordato preventivo con rinuncia ad analoga domanda gia’ ammessa, questa Corte ha in un primo momento affermato che, “allorche’ gia’ penda una procedura di concordato preventivo, non e’ configurabile una ulteriore domanda di concordato con carattere di autonomia rispetto a quella originaria – che dia, cioe’, luogo a una nuova e separata procedura, che ricominci dal suo inizio con l’audizione del debitore – perche’ con riguardo al medesimo imprenditore ed alla medesima insolvenza il concordato non puo’ che essere unico, e dunque unica la relativa procedura ed il suo esito (omologazione o dichiarazione del fallimento, alternativamente) (Sez. 1, n. 2594/2006). Principio che risulta del tutto coerente con la distinzione – legislativamente confermata nel nuovo articolo 161 l. fall. tra ricorso contenente la domanda di concordato (ossia di ammissione alla procedura), proposta di concordato e piano concordatario” (Sez. 1, 14/01/2015, n. 495).
5.3. Successivamente, con specifico riguardo al concordato preventivo cd. con riserva, questa Corte ha ritenuto manifestamente infondata la “questione di legittimita’ costituzionale della L. Fall., articolo 161, commi dal 6 al 10 (come introdotti dal Decreto Legge n. 83 del 2012conv. in L. n. 134 del 2012), per violazione degli articoli 3, 24 e 111 Cost., ove dette norme di legge siano interpretate nel senso di precludere al debitore, che abbia presentato una domanda di concordato con riserva, di presentare, successivamente all’inutile decorso del termine di cui al comma 6, una nuova, autonoma e completa domanda di concordato, prima che quella originaria sia dichiarata inammissibile”, osservando che “la preclusione… alla facolta’ di rinunciare, anche implicitamente, alla domanda di concordato con riserva e di presentarne una nuova, autonoma e completa… non costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa corte di cassazione” (Cass. Sez. 1, 30/09/2016, n. 19592).
5.4. Sempre in tema di concordato proposto ai sensi dell’articolo 161, comma 6, legge fall., si e’ altresi’ precisato che “decorso il termine assegnato dal giudice per il deposito della proposta, del piano e dei documenti e respinta l’eventuale istanza di sua proroga, la domanda tardivamente integrata dal debitore deve essere dichiarata inammissibile ai sensi dell’articolo 162, comma 2, l.fall.; peraltro, in pendenza dell’udienza fissata per la declaratoria di inammissibilita’ della domanda concordataria e l’eventuale dichiarazione di fallimento, il debitore puo’ depositare un nuovo ricorso ex articolo 161, comma 1, l.fall. (corredato, dunque, “ab initio” dalla proposta, dal piano e dai documenti), dal quale si desuma la rinuncia alla pregressa domanda “con riserva”, e sempre che la nuova domanda non si traduca in un abuso dello strumento concordatario” (Sez. 1, Sentenza 31/03/2016, n. 6277, rv. 639218 – 01).
5.5. Il profilo dell’abuso dello strumento concordatario ha in effetti trovato riscontro in numerose pronunce di questa Corte, ivi compresa la citata pronunzia del 2015 delle Sezioni Unite, le quali hanno stabilito che “La domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell’articolo 161, comma 6, legge fall., presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, e’ inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealta’ processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalita’ eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti” (Sez. U. 9935/15 cit., rv. 635325-01).
5.6. Detto principio si e’ poi consolidato anche sul rilievo che una siffatta interpretazione “appare armonica rispetto ad una latitudine dei poteri del debitore che vanno esplicitati dentro il solo perimetro della domanda, della proposta e del piano di concordato, senza che l’arresto parziale e in vista di una particolare decisione del procedimento per la dichiarazione di fallimento, alla stregua – piu’ restrittivamente – di presa d’atto della necessita’ di non far luogo alla sola pronuncia di fallimento, d’ordinario e dunque salvo impropri utilizzi dell’istituto (in termini di abuso e su cui gia’ Cass. s.u. 1521/2013), attribuisca al ricorrente debitore la potesta’ unilaterale assoluta di precludere indefinitamente l’iniziativa fallimentare, che gia’ appartiene comunque all’unitario procedimento” (Cass. Sez. 1, 18/01/2017, n. 1169; Cass. Sez. 1 08/09/2016, n. 17764; conf. Cass. 19592/2016).
5.7. Anche di recente si e’ quindi ribadito che “La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, e’ inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealta’ processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalita’ eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti” (Cass. Sez. 1, n. 5677/2017, di conferma della sentenza della corte d’appello che aveva respinto il reclamo proposto dalla societa’ fallita avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, pronunciata dopo che la medesima proponente aveva rinunciato ad una prima proposta di concordato ed aveva presentato altra proposta concordataria dopo il trasferimento della sede legale all’estero e in presenza di talune istanze di fallimento).
6. Ebbene, la decisione impugnata non risulta in contrasto con i principi sopra richiamati.
6.1. Innanzitutto, essa muove da una fedele ricostruzione del quadro normativo, laddove afferma che “dalla disciplina di cui agli articoli 175 e 179 l. fall. si evince che la proposta di concordato preventivo non puo’ piu’ essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto e che, se nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste dall’articolo 177, comma 1 il Giudice Delegato ne riferisce immediatamente al Tribunale che deve provvedere a norma dell’articolo 162 l. fall. (cioe’ deve dichiarare inammissibile la proposta e provvedere a dichiarare il fallimento, su istanza di un creditore o del pubblico ministero, ove ricorrano i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 l. fall.)”.
6.2. Ed invero il dato testuale non contempla espressamente l’ipotesi della rinuncia alla proposta originaria di concordato con proposizione di una nuova domanda, in sostituzione della prima, nell’ambio dell’originario procedimento, di talche’ non e’ censurabile in diritto l’affermazione per cui “la delibazione sulla istanza di fallimento, medio tempore proposta, costituisce un obbligo del Tribunale, che non puo’ essere messo fra parentesi per effetto della presentazione di una nuova proposta di concordato”, poiche’ altrimenti si finirebbe per attribuire al debitore proprio quel potere di precludere indefinitamente il dispiegarsi dell’iniziativa fallimentare che questa Corte ha piu’ volte ritenuto necessario scongiurare (v. Cass. n. 1169/17, n. 17764/16, n. 19592/16 cit.).
7. Peraltro, cio’ non significa che al tribunale sia sempre e radicalmente preclusa la valutazione di una nuova proposta concordataria presentata in luogo di altra precedente, rinunziata.
7.1. Ragioni di economia processuale rendono infatti ragionevole la tesi per cui, a fronte della nuova proposta e della eventuale desistenza di creditori e pubblico ministero dalle istanze di fallimento pendenti, il tribunale non sia tenuto a chiudere comunque la procedura concordataria non andata a buon fine, ai sensi dell’articolo 162, comma 2, legge fall. – esplicitamente richiamato dall’articolo 179 legge fall., in ipotesi di mancata approvazione dei creditori, e dall’articolo 173 legge fall., in caso di revoca dell’ammissione (assai piu’ dubbia l’applicabilita’ al caso di diniego di omologa ex articolo 180, ultimo comma, legge fall., essendo li’ ormai avviato un vero e proprio “giudizio”), ma possa invece dare corso alla nuova proposta, nei limiti temporali fissati dall’articolo 181 legge fall.; si tratta peraltro di una soluzione favorevole anche alla massa dei creditori – sempre che si tratti di rinunzia alla “proposta” e non alla “domanda” di concordato – in forza del principio di consecutio procedurarum ora recepito dall’articolo 69-bis, comma 2, legge fall., che fa retroagire i termini per le azioni revocatorie e di inefficacia “dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”.
7.2. D’altro canto, le stesse norme sopra citate inducono a ritenere che invece, a fronte della mancata desistenza dei soggetti legittimati, il tribunale non possa omettere di valutare la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1 e 5 legge fall. per l’apertura del fallimento, sia pure alla luce dei possibili effetti della nuova proposta del debitore, ove in ipotesi idonea a far ritenere scongiurabile o superabile lo stato di insolvenza; cio’ che all’evidenza non appare praticabile a fronte non gia’ di una nuova proposta, bensi’ di una nuova domanda di concordato “con riserva”, proposta – come nel caso di specie – ai sensi dell’articolo 161, comma 6, legge fall..
7.3. In tale contesto normativo, la richiamata giurisprudenza di questa Corte ha in effetti aggiunto un ulteriore tassello per la regolazione dei rapporti tra la procedura concordataria e quella fallimentare, facendo ricorso al concetto dell’abuso del processo inteso come utilizzo di strumenti processuali per perseguire finalita’ eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealta’ processuale e del giusto processo – che in ambito concorsuale si traduce sostanzialmente nella proposizione di una domanda di concordato preventivo finalizzata a differire la dichiarazione di fallimento. Detto criterio puo’ ben essere utilizzato anche nell’ipotesi, piu’ articolata, di rinunzia all’originaria proposta di concordato e presentazione di una nuova proposta, in pendenza di istanze di fallimento.
8. Alla luce di quanto precede, il percorso argomentativo della corte distrettuale appare incensurabile laddove si afferma chiaramente che, “anche ad ammettere l’astratta ammissibilita’ della nuova istanza di concordato che si sovrapponga ad un procedimento avviato da una pregressa proposta… si sarebbe, nella specie, in presenza di una iniziativa connotata da abusivita’, tale da non poter paralizzare la dichiarazione di fallimento consequenziale ad una istanza dei creditori (e nella specie anche del pubblico ministero)”.
8.1. Tale conclusione del giudice d’appello e’ invero sorretta da ampia valutazione in punto di fatto, essendosi espressamente tenuto conto: “che la (OMISSIS) spa, gia’ posta in liquidazione ai sensi dell’articolo 2447 c.c., solo a seguito delle istanze di fallimento avanzate dopo l’estate 2011 avanzava istanza di concordato quando l’istruttoria fallimentare era in corso; che… nell’anno anteriore la societa’ aveva provveduto a dismettere, in parte per propria volonta’ in parte per la misura interdittiva adottata dal Prefetto, gran parte dei propri rami di azienda; che invece di presentare immediatamente istanza di concordato, la (OMISSIS) spa attendeva che fossero presentate istanze di fallimento e solo a seguito delle stesse, di fronte alla prospettiva di una dichiarazione di fallimento, depositava ricorso per il concordato, paralizzando di fatto l’iniziativa dei creditori e la realizzazione dei loro interessi; la procedura che portava all’espressione di voto aveva una durata considerevole; solo a seguito della mancata formazione della maggioranza dei creditori la (OMISSIS) spa formulava altra proposta di concordato in bianco… avanzata a distanza di oltre un anno dalla presentazione delle istanze di fallimento e dall’avviamento della procedura a seguito della presentazione della pregressa proposta. E la formulazione in bianco rimanda obbiettivamente ad un proposito dilatorio, posto che un serio tentativo di addivenire ad una composizione concordata dello stato di crisi dell’impresa avrebbe trovato la sua naturale manifestazione… in una proposta compiutamente delineata nei suoi profili. Dare sfogo alle istanze difensive della (OMISSIS) avrebbe dato luogo ad una eccessiva compressione delle ragioni creditorie, manifestate dalle istanze fallimentari, per far posto ad una istanza che, in base ad una valutazione di normalita’, presentava sintomi di un intento dilatorio”.
8.2. Cosi’ motivato – in modo da sicuramente superare il “minimo costituzionale” oltre il quale non puo’ piu’ essere esercitato il sindacato di legittimita’ sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 e n. 9032 del 2014) – l’apprezzamento dei fatti sui quali si fonda il giudizio di abuso dello strumento concordatario integra una valutazione di merito insindacabile in questa sede. Per consolidato orientamento di questa Corte, sono infatti inammissibili in sede di legittimita’ le censure volte ad ottenere una rivisitazione (e differente ricostruzione) delle risultanze istruttorie, spettando al giudice del merito “in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad esse sottesi, dando cosi’ liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (Cass., Sez. 5, n. 19547/2017; cfr., ex plurimis, Cass. Sez. U. n. 7931/2013; Cass. n. 962/2015, n. 26860/2014).
8.3. Ne’ detta valutazione e’ stata adeguatamente censurata per vizio motivazionale ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poiche’ i fatti indicati nel quarto motivo, il cui esame si assume omesso, non appaiono decisivi rispetto all’impianto motivazionale adottato dalla corte territoriale (cfr. Cass. n. 19592/16 cit., che in una fattispecie simile ha ritenuto non conducenti gli elementi di diversita’ della seconda domanda, asseritamente tali da escludere l’uso abusivo dello strumento concordatario – tra i quali una offerta di fideiussione da parte di terzi – in quanto inidonei ad interferire sui dati evidenziati nella sentenza impugnata).
8.4. Cosi’ ricostruito, il tenore della pronuncia impugnata risulta indenne anche dalla censura di violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ..
9. Sulla scorta delle considerazioni appena svolte, ed in vista di un complessivo bilanciamento degli interessi dei soggetti variamente legittimati ad assumere iniziative per la regolazione della crisi e dell’insolvenza, si puo’ in definitiva affermare: che la rinuncia alla proposta di concordato non soffre del limite temporale imposto alla sua modifica (prima del 2015 “l’inizio delle operazioni di voto” ex articolo 175 legge fall., ora “quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori” ex articolo 172, comma 2, legge fall.), in quanto destinata all’arresto dell’iter concordatario; che per ragioni di economia processuale l’eventuale “nuova proposta” depositata contestualmente alla rinunzia della precedente puo’ essere esaminata dal tribunale nel corso della stessa procedura concordataria, ove non pendano istanze di fallimento ovvero esse vengano desistite; che nella persistenza di istanze di fallimento il tribunale e’ tenuto a valutare la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di cui agli articoli 1 e 5 legge fall. per l’apertura del fallimento, sia pure tenendo conto della nuova proposta del debitore, ove in ipotesi idonea a scongiurare o superare lo stato di insolvenza; che il tribunale e’ comunque tenuto a valutare il carattere eventualmente dilatorio, e come tale abusivo, della nuova proposta; che in simile contesto e’ invece inammissibile una “nuova domanda” di concordato cd. con riserva, ex articolo 161, comma 6, legge fall., potendo al piu’ il debitore confidare sulla concessione del termine ex articolo 162, comma 1, legge fall. per eventuali integrazioni della nuova proposta.
10. Passando all’esame del quinto motivo – rubricato “violazione e falsa applicazione degli articoli 178 e 180 l.fall. (articolo 360 c.p.c., n. 3); omessa pronuncia con violazione dell’articolo 112 c.p.c. e conseguente nullita’ del procedimento e della sentenza (articolo 360, n. 4); omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., n. 5)” – se ne rileva per un verso l’infondatezza, in presenza di una esplicita pronuncia della corte di merito, per altro verso l’inammissibilita’ in quanto volto a censurare le modalita’ di calcolo delle maggioranze su di una proposta che pacificamente e’ stata rinunziata.
11. Resta assorbita la censura sulla regolazione delle spese processuali contenuta nel sesto motivo – rubricato “violazione dell’articolo 91 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4” in quanto fondata sul presupposto della erroneita’ della decisione impugnata.
12. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti, liquidate in dispositivo.
13. Trattandosi di ricorso notificato successivamente al 30 gennaio 2013, si da’ atto – in mancanza di qualsivoglia discrezionalita’ al riguardo (Cass., Sez., U., n. 15279 del 2017 e n. 24245 del 2015; Cass. n. 5955 del 2014) – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento da parte dell’impugnante soccombente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013”), che ha aggiunto nel Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (v., da ultimo, Cass. Sez. 3, n. 6028 del 2018; Sez. 2, n. 5930 del 2018).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17 da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Avv. Renato D’Isa

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