Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 aprile 2022| n. 13343.
Rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione.
L’impossibilità di far valere il diritto – alla quale l’art. 2935 c.c. attribuisce la rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione – è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolino l’esercizio del diritto stesso, essendo irrilevanti le incertezze giurisprudenziali circa le modalità di esercizio o la qualificazione dell’azione, le quali non precludono l’esercizio immediato del diritto, ma rappresentano un mero impedimento di fatto. (Nella specie, la S.C. ha escluso che, ai fini della decorrenza del termine decennale di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno derivante da tardiva ed incompleta attuazione delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE concernenti il compenso spettante ai medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, assumano rilievo le incertezze giurisprudenziali in ordine al soggetto passivamente legittimato, alla natura della responsabilità dello Stato ed al giudice interno munito di giurisdizione).
Ordinanza|28 aprile 2022| n. 13343. Rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione
Data udienza 11 gennaio 2022
Integrale
Tag/parola chiave: Responsabilità civile della P.A. – Medici specializzandi – Remunerazione adeguata – Direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE – Tardiva e incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – Risarcimento danni – Prescrizione – Decorrenza – Interruzione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19371/2019 proposto da:
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
– ricorrenti –
contro
Ministero della Salute, Ministero Economia Finanze, Ministero Istruzione Universita’ e Ricerca;
– intimati –
e contro
Presidenza Del Consiglio Dei Ministri, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8026/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/01/2022 da Dott. CRICENTI GIUSEPPE.
Rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione
RITENUTO
Che:
1.- I ricorrenti sono medici che hanno conseguito una specializzazione prima del 1991: hanno agito per far valere la responsabilita’ dello Stato per inadempimento delle direttive comunitarie che prevedevano l’obbligo di remunerare gli anni di specializzazione con adeguato corrispettivo.
2.- Il Tribunale di Roma, in primo grado, ha dichiarato prescritto il loro diritto in quanto erano trascorsi oltre 10 anni dal dies a quo quando e’ stata proposta la domanda, senza che fosse intervenuto alcun atto interruttivo nel frattempo. Questa decisione e’ stata confermata dalla Corte di appello di Roma, che ha fatto applicazione dell’orientamento di questa Corte in tema di decorrenza della prescrizione.
3.- I ricorrenti formulano un solo motivo di ricorso, che e’ oggetto di contestazione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha notificato controricorso.
Rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione
CONSIDERATO
Che:
4.- L’unico motivo di ricorso fa valere plurime violazioni di legge poiche’ deduce sia l’erronea applicazione degli articoli 5 e 89 del Trattato CEE, sia violazione dell’articolo 10 Cost., sia violazione delle direttive CEE numero 76 del 1982, numero 363 del 1975 e numero 16 del 1993, oltre che degli articoli 2934, 2935 e 2938 c.c..
La tesi e’ la seguente.
Pur prendendosi atto dell’orientamento di questa Corte secondo cui la prescrizione dei diritti alla remunerazione per i corsi di specializzazione conclusisi entro il 1991 decorre dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, i ricorrenti evidenziano come l’entrata in vigore di quella legge non ha affatto reso certo il loro diritto, posto che, pur dopo l’entrata in vigore di quella legge, come attestano le numerose controversie sia in sede civile che amministrativa, il diritto alla remunerazione nel suo esatto contenuto era ancora incerto e dunque non poteva essere fatto valere dagli interessati: in particolare, incerta era a quella data la giurisdizione, ed incerta era la natura della responsabilita’ dello Stato, se extracontrattuale o per altro titolo. Con la conseguenza che, valendo il principio per cui la prescrizione decorre solo da quando il diritto puo’ essere fatto valere, il dies a quo deve essere spostato successivamente a quella data.
Il motivo e’ infondato.
Intanto, va ricordato l’orientamento, ormai consolidato di questa Corte, secondo cui “il diritto al risarcimento del danno da tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno – realizzata solo con il Decreto Legislativo n. 257 del 1991 – delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari, si prescrive, per coloro i quali avrebbero potuto fruire del compenso nel periodo compreso tra il 1 gennaio 1983 e la conclusione dell’anno accademico 1990-1991, nel termine decennale decorrente dalla data di entrata in vigore (27 ottobre 1999) della L. n. 370 del 1999, il cui articolo 11, ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore di quanti, tra costoro, risultavano beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo” (Cass. 16452/ 2019; Cass. 1589/2020).
Questo orientamento tiene conto della obiezione svolta dai ricorrenti con questo motivo, nel senso che alcun ostacolo all’esercizio del diritto poteva individuarsi dopo la legge del 1999, che ha invece precisato e determinato il contenuto del diritto dei medici specializzandi. E la circostanza che dopo quella data siano state proposte cause – sia pure in sede amministrativa – non e’ indice dell’ostacolo, derivante da incertezza, a far valere il diritto, ma e’ indice del contrario (Cass. 8843 del 2021; 31089/2021, 39421/2021).
In altri termini, ne’ il fatto che, pur dopo la legge del 1999, ha continuato ad esservi incertezza sulla giurisdizione, ne’ il fatto che una certa incertezza e’ pure residuata quanto alla natura della responsabilita’ dello Stato, possono costituire argomenti per dire che non era ancora possibile esercitare il diritto e che dunque non poteva decorrere il termine di prescrizione.
L’argomento dei ricorrenti sembra essere prospettato sotto un duplice profilo: che l’incertezza del diritto vale sia come impedimento a farlo valere, sia ai fini della individuazione del dies a quo.
Sotto il primo profilo va osservato quanto segue.
A prescindere dalla circostanza che la prescrizione puo’ ben essere interrotta da atti stragiudiziali, che di certo non sono impediti dalla incertezza di quelli giudiziali; a prescindere da cio’, l’impossibilita’ di far valere il diritto che, ai sensi dell’articolo 2935 c.c., e’ fatta consistere in un fatto impeditivo, consiste solo negli impedimenti di natura legale all’esercizio del diritto (Cass. 21495/2005; Cass. 3584/2012; Cass. 2126/2014), non gia’ nelle incertezze – giurisprudenziali – circa le modalita’ di esercizio, o la qualificazione dell’azione: il fatto impeditivo e’ da ritenersi alla stregua di un impedimento direttamente posto dalla legge all’esercizio del diritto; mai ovviamente l’incertezza sulla giurisdizione puo’ ritenersi tale, ne’ lo e’, a maggior ragione, l’incertezza sulla qualificazione giuridica del diritto fatto valere.
Del resto, e’ consolidato orientamento quello per cui l’inerzia, dovuta ad ignoranza del proprio diritto, e cosi’ all’incertezza di averlo, non impedisce il decorso della prescrizione (Cass. 19193/2018; Cass. 22072/2018): a maggior ragione non lo impedisce l’ignoranza circa le modalita’ di esercizio del diritto, anche se dovuta a ragioni oggettive, vale a dire all’incertezza giurisprudenziale su alcuni aspetti dell’azione da esercitare.
Inoltre, il diritto fatto valere non e’ ovviamente quello all’indennita’ per la frequenza delle scuole di specializzazione, bensi’ il diritto al risarcimento della inadempienza dello Stato a quanto previsto dalle direttive comunitarie. Ed e’ altra cosa: esso nasce dalla violazione del diritto preesistente – quello ad avere l’indennita’ di frequenza, cosi’ che la legge del 1999, che quella indennita’ ha riconosciuto solo ad alcuni, si pone come fatto lesivo del diritto alla indennita’ e fa nascere quello al risarcimento.
Posto dunque che il diritto della cui prescrizione si discute e’ quello al risarcimento del danno (i ricorrenti ne danno atto, a pagina 7, ove ve ne fosse stato bisogno), la sua insoddisfazione non e’ attribuibile ad un fattore esterno ai ricorrenti, tale dovendo intendersi il “fatto impeditivo” di cui articolo 2935 c.c., ma e’ attribuibile alla stessa inerzia dei titolari del diritto: il venditore sotto condizione sospensiva non puo’ soddisfare il suo credito – fino a che pende la condizione – per un impedimento legale; ma una volta che la condizione si sia verificata, l’insoddisfazione dell’interesse del venditore, che non agisce perche’ e’ incerto sul contenuto del suo diritto, e’ dovuta alla inerzia di costui e non gia’ al fatto impeditivo.
L’incertezza sulla titolarita’ del diritto e sui suoi presupposti si vince agendo in giudizio, mentre l’impedimento legale non si vince agendo in giudizio.
La seconda chiave di lettura del motivo di ricorso e’ che l’incertezza opera non gia’ come fatto impeditivo dell’esercizio del diritto (articolo 2935 c.c.), bensi’ impedisce di poter ritenere maturato il dies a quo: poiche’ la prescrizione decorre solo da quando il danneggiato ha consapevolezza che il suo diritto e’ stato leso ad opera di un determinato comportamento, nella fattispecie non puo’ decorrere dal 1999, poiche’ a quella data era ancora incerta la giurisdizione ed era ancora incerto quale tipo di azione spettasse (ex delitto o ex contratto) e verso chi.
Ma anche se intesa in tali termini, la questione e’ infondata.
Infatti, non si discute della incertezza circa la lesione del diritto e circa il fatto che quella lesione ha causa in una legge (quella del 1999), bensi’ della incertezza sulla giurisdizione e sul tipo di azione – tanto si ricaverebbe dalle decisioni n. 10812 e 10813 del 2011, secondo i ricorrenti, ossia su circostanze che non rilevano ai fini della consapevolezza di avere subito lesione di un diritto – quello alla remunerazione – di avere dunque diritto al risarcimento e di poterlo esercitare.
I ricorrenti adducono a loro sostegno l’orientamento (nato da Cass. Sez. un. 576 del 2008) secondo cui nell’azione da risarcimento la prescrizione decorre non da quando si e’ manifestato il danno, ma da quando il danneggiato avrebbe potuto averne consapevolezza usando l’ordinaria diligenza.
Ma questa regola non giova alla tesi dei ricorrenti: il danno era di certo percepibile dopo la Legge del 1999, che ha limitato il diritto alla remunerazione ai soli beneficiari delle sentenze, e che dunque ha escluso gli altri, mentre l’incertezza sulla giurisdizione o sui soggetti da convenire in giudizio o anche sul tipo di azione da intraprendere, semmai, attiene al modo di far valere in giudizio un diritto – quello al risarcimento – che per uso di ordinaria diligenza si doveva sapere di avere.
Del resto, la circostanza che quelle decisioni del 2011 sono state l’esito, per l’appunto, del diritto fatto valere in giudizio da altri medici specializzandi, che hanno agito per il medesimo diritto di quello dei ricorrenti, e’ chiaro indice del fatto che non v’erano impedimenti legali a farlo valere.
Cio’ posto, alcuna analogia puo’ evidentemente farsi tra le ragioni che hanno indotto ad investire in via pregiudiziale la Corte Europea sul diritto dei medici iscritti ante 1982 e la richiesta di fare altrettanto, ossia un rinvio pregiudiziale, sulla questione qui affrontata della decorrenza della prescrizione.
Il ricorso va dunque rigettato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento della somma complessiva di 12000 Euro a titolo di spese legali, oltre quelle prenotate a debito. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto che il tenore del dispositivo e’ tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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