La retroattività delle misure finanziarie di riduzione della spesa

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 17 luglio 2019, n. 5030.

La massima estrapolata:

E’ consentita la retroattività delle misure finanziarie di riduzione della spesa in corso di esercizio, purché ragionevolmente prevedibili dagli interessati a seguito del loro coinvolgimento nell’istruttoria o comunque della pubblicità data all’istruttoria, dovendo la riduzione rapportarsi alle risultanze ed esigenze finanziarie emerse nell’esercizio in corso.

Sentenza 17 luglio 2019, n. 5030

Data udienza 14 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7504 del 2018, proposto dalla
Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato En. Fr. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gr. Pu. in Roma, via (…);
contro
Zu. Pi. ed altri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
ed altri;
nei confronti
Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, non costituita in giudizio;
per l’annullamento o la riforma
della sentenza del TAR che ha respinto il ricorso degli appellanti volto alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dalle amministrazioni intimate in relazione alla diffida notificata dai medesimi di provvedere ad attivare ed a concludere la procedura tesa a far decorrere l’applicazione dei tetti di spesa di cui alle delibere regionali 512 del 2001 e 457 e 556 del 2002 dalla data delle relative pubblicazioni (11.6.2001 e 16.7.2002) invece che in via retroattiva dall’anno 2000.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Zu. Pi. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2019 il dott. Raffaello Sestini e uditi per le parti gli Avvocati Gr. Pu., su delega dichiarata di En. Fr. Ve., e De. Ve. e l’Avvocato dello Stato Pa. Ze.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – La Regione Calabria appella la sentenza del TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, II Sezione, che ha accolto il ricorso avverso il silenzio del Commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario della Regione e della Regione Calabria (dichiarandolo invece inammissibile quanto all’ASP di Catanzaro che si era pronunciata, seppure negativamente) sulla intimazione proposta dalla vedova e dai tre figli del titolare del “Centro odontoiatrico calabrese” ai fini della conclusione della procedura, attivata su loro diffida, volta a far decorrere la riduzione della contestata riduzione dei tetti di spesa dalla data di entrata in vigore delle delibere regionali del 2001 e 2002 che li avevano disposti, anziché in via retroattiva dal 2000, in modo da colmare il vuoto della disciplina che sarebbe conseguito ad una precedente sentenza (ormai definitiva) del medesimo TAR, di parziale annullamento delle predette delibere quanto alla loro retroattività, dopo che i medesimi ricorrenti avevano già proposto ricorsi in ottemperanza peraltro dichiarati inammissibili.
2 – In particolare, con ricorso n. 1398/2002 alcune strutture sanitarie accreditate ed associazioni avevano impugnato avanti al TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, una serie di deliberazioni della Giunta regionale della Calabria, tutte strettamente connesse, relative alla programmazione della spesa sanitaria e ai tetti di spesa imposti alle strutture private erogatrici nel periodo 2001- 2002, e precisamente:
– la deliberazione n. 244/2002 avente ad oggetto “approvazione disposizioni normative collegate alla Legge Finanziaria regionale relative al Settore Sanità e conformi agli orientamenti comunitari per gli aiuti allo Stato”;
– la deliberazione n. 512/2001 avente ad oggetto “Assegnazione FSR e fissazione tetti massimi di spesa”;
– la deliberazione n. 457/2002 avente ad oggetto “Provvedimenti urgenti in materia di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria – rivisitazione tariffario per le prestazioni ospedaliere e specialistiche ambulatoriali”;
– la deliberazione n. 458/2002 avente ad oggetto “Provvedimenti urgenti in materia di controllo e razionalizzazione della spesa sanitaria – accordi contratti per l’acquisizione di prestazioni di assistenza ospedaliera e di prestazioni specialistiche ambulatoriali”;
– la deliberazione n. 460/2002 avente ad oggetto “Applicazione dei meccanismi di abbattimento tariffario differenziato per le prestazioni di assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale relativi all’anno 2001”;
– la deliberazione n. 556/2002 avente ad oggetto “Delibera n. 1458 del 26 aprile 1999 e s.m.i. avente ad oggetto prestazioni di assistenza ambulatoriale eseguibili nell’ambito del SSR nomenclatore tariffario e tariffario regionale”;
– la deliberazione n. 591/2002 avente ad oggetto “livelli essenziali di assistenza individuazione dei criteri di erogazione delle prestazioni di cui all’allegato n. 2 del D.P.C.M. 29 11 2001”;
– la deliberazione n. 592/2002 avente ad oggetto “Approvazione schema tipo contrattuale”;
– la deliberazione n. 593/2002 avente ad oggetto “delibera legislativa n. 153 del 30 luglio 2002 avente ad oggetto approvazione disposizioni normative collegate alla legge finanziaria regionale relative al settore sanità – provvedimenti consequenziali”;
– la deliberazione n. 747/2002 avente ad oggetto “delibera legislativa n. 153 del 30 luglio 2002 avente ad oggetto “approvazione disposizioni collegate alla legge finanziaria regionale relative al settore sanità “- provvedimenti consequenzialà ;
– la deliberazione di G.R. n. 771/2002 avente ad oggetto “Livelli essenziali di assistenza di cui all’allegato 2 b del D.P. C.M. – integrazione”.
4 – Con sentenza n. 1564/2006, passata in giudicato: il TAR aveva statuito:
– di annullare la delibera n. 512/2001 nella parte in cui aveva previsto i limiti massimi dei tetti di spesa ed il meccanismo di abbattimento tariffario per le strutture accreditate con efficacia retroattiva per tutto l’anno 2001;
– di annullare la delibera n. 460/2002;
– di annullare la delibera n. 457/2002 nella parte in cui aveva previsto che le tariffe applicabili agli erogatori di prestazioni in regime di accreditamento decorressero con efficacia retroattiva dal 1° gennaio 2002;
– di annullare la delibera n. 556/2002 nella parte in cui aveva previsto che le tariffe applicabili agli erogatori di prestazioni in regime di accreditamento decorressero con efficacia retroattiva dal 1° gennaio 2002;
– di respingere il ricorso per il resto.
4 – Gli eredi del dott. Ettore Costantino, titolare di una struttura sanitaria privata aderente ad una associazione che figurava fra i ricorrenti, agivano in giudizio avanti al TAR per l’ottemperanza della sentenza menzionata, ma il ricorso veniva dichiarato inammissibile con le sentenze nn. 453/2010, 572/2015 e 1030/2017.
5 – I medesimi soggetti adivano poi il TAR per la declaratoria di illegittimità del silenzio dell’Amministrazione, dopo avere notificato alle Amministrazioni intimate (Regione, Azienda sanitaria e Commissario ad acta per il piano di rientro), in data 28.12.2017, una diffida ad “applicare, con riferimento allo Studio Centro odontoiatrico calabrese, i tetti di spesa di cui alle delibere 512/2001, 457 e 556 del 2002 a decorrere dall’1.6.2001 e dal 16.7/8.2002 e non più retroattivamente, retribuendo per intero tutte le prestazioni compiute sino a quel momento”. Nella medesima diffida, gli eredi Costantino quantificavano le somme dovute in Euro 364.245,48.
6 – La Regione resisteva al ricorso affermando che lo stesso:
– era inammissibile per carenza di giurisdizione, proponendo una mera domanda di pagamento di corrispettivi per le prestazioni rese e, quindi, rientrando nella giurisdizione del Giudice ordinario;
– era tardivo, essendo decorso un anno dalla scadenza dei termini di conclusione del procedimento, come previsto dapprima dall’art. 2, comma 7, della L. 241/1990 e poi dall’art. 31 del codice del processo amministrativo;
– era inammissibile perché la struttura sanitaria “Centro odontoiatrico calabrese” non era stata parte nel procedimento che aveva portato alla decisione n. 1564/200, non potendo gli effetti dell’annullamento delle deliberazioni in materia di tetti di spesa e abbattimenti tariffari estendersi ai soggetti che non avevano partecipato al giudizio scaturito dal ricorso n. 1398/2002, trattandosi di atti amministrativi plurimi. Inoltre la Regione era carente di legittimazione;
– era inammissibile perché aveva per oggetto l’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi al giudicato amministrativo, in realtà riproponendo la stessa azione di ottemperanza già dichiarata inammissibile;
– nel merito, era infondato, perché la deliberazione n. 512/2001 (unitamente alle altre), per espressa previsione del suo dispositivo (punto 9), non si applicava ai ricorrenti, avendo escluso dal suo campo di applicazione una serie di prestazioni ambulatoriali, tra cui quelle di “odontostomatologia”, erogate dalla controparte.
7 – Il TAR dichiarava il ricorso inammissibile nei confronti dell’ASP di Catanzaro e lo accoglieva nel resto, dichiarando l’obbligo della Regione Calabria e del Commissario ad acta di pronunciarsi espressamente, ciascuno per quanto di propria competenza, sulla diffida presentata dai ricorrenti a mezzo pec in data 28.12.2017.
8 – La Regione Calabria proponeva appello avverso la sentenza n. 1164/2018, per i seguenti motivi:
I) difetto di giurisdizione, in quanto oggetto della causa non sarebbe stata la mancata adozione di provvedimenti pianificatori da parte della Regione, bensì il diritto al ricalcolo delle somme dovute in virtù delle prestazioni sanitarie erogate (in regime di accreditamento istituzionale), senza l’applicazione retroattiva degli “sconti” tariffari disposti dalle deliberazioni annullate, avendo quindi la sentenza n. 1564/2006 portata auto esecutiva, mentre l’istanza presentata dagli eredi Costantino riguardava gli aspetti patrimoniali in via diretta e non soltanto in via riflessa e derivata, rientrando pertanto la causa nella giurisdizione dell’A.G.O.;
II) inammissibilità per violazione del principio “ne bis in idem”, avendo il TAR disatteso l’eccezione in oggetto ritenendo che il petitum non avesse ad oggetto l’ottemperanza della predetta sentenza n. 1564/2006, avente invero portata sostanzialmente auto esecutiva, ma l’esercizio del potere amministrativo necessario per colmare il vuoto di disciplina conseguente al giudicato di annullamento, mediante l’adozione degli atti rimessi alla valutazione degli enti intimati.
Infatti la sentenza, avendo portata ed efficacia auto esecutiva, non lasciava alcun vuoto di disciplina che potesse essere riempito con l’adozione da parte della Regione di atti organizzativi o di pianificazione, imponendo unicamente il ricalcolo dei corrispettivi in favore della struttura accreditata e potendo dunque dare seguito ad un giudizio di ottemperanza, peraltro già proposto e quindi non nuovamente proponibile;
III) tardività del ricorso dovendo il termine di decadenza essere computato non dal giorno della ricezione della diffida (28.12.2017) bensì dalla data della sentenza n. 1546/2006;
IV) inammissibilità dal punto di vista processuale, in quanto la sentenza n. 1564/2006, di cui si invocava l’applicazione, non aveva riguardato il “Centro odontoiatrico calabrese”;
V) Assoluta infondatezza dell’azione proposta, avendo il TAR respinto l’eccezione con cui la Regione aveva dedotto che la struttura sanitaria operava nell’ambito di un settore sanitario estraneo all’oggetto delle delibere parzialmente caducate, sicché non avrebbe potuto avvantaggiarsi dell’annullamento delle stesse disposto con la sentenza n. 1564, ritenendo invece sussistenti “aspetti che involgono accertamenti puntuali in ordine al sotteso rapporto pubblicistico, che avrebbero dovuto (e dovranno) essere appositamente valutati nella competente sede procedimentale e non possono essere opposti in questa sede per giustificare l’inerzia delle Amministrazioni intimate”, quando invece sarebbe stato evidente che l’oggetto della causa era il diritto al ricalcolo delle somme dovute in virtù delle prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento e che la deliberazione n. 512/2001 non si applicava ai ricorrenti unitamente alle deliberazioni connesse e collegate;
VI) erronea valutazione della posizione dell’Azienda sanitaria, che secondo il TAR aveva emesso una “nota avente carattere decisorio, che vale a superare la situazione di inerzia nel provvedere” quando, invece, in realtà si era limitata a declinare (infondatamente) la propria competenza, quando invece sarebbe spettato proprio a lei gestire i rapporti economici con le strutture accreditate e liquidare i corrispettivi delle prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento.
9 – Ai fini della decisione sull’appello, considera il Collegio che la Regione articola il proprio appello deducendo la mancata considerazione, da parte del TAR, delle proprie eccezioni e controdeduzioni concernenti:
a) la inammissibilità del ricorso – invece accolto dal TAR- per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e per violazione del principio del ne bis in idem, essendo la precedente sentenza del TAR -deduce la Regione- auto esecutiva quanto alla non retroattività delle delibere regionali impugnate e non residuando, quindi, alla Regione alcun margine, se non quello di pagare gli ulteriori rimborsi dovuti alla stregua della medesima sentenza;
b) la tardività del ricorso avverso il silenzio, in quanto ove si volesse individuare un obbligo di adempimento della Regione, lo stesso sarebbe decorso fin dalla prima sentenza e non dalla messa in mora degli odierni resistenti, arrivata dopo circa dieci anni;
c) la inammissibilità del ricorso per violazione dei limiti del giudicato, essendo stato il primo ricorso proposto da altre strutture sanitarie diverse da quella ricorrente in primo grado, e neppure rilevando la circostanza che impugnò anche una associazione che rappresentava anche lo studio ricorrente in primo grado, ora resistente, avendo tale associazione finalità statutarie diverse;
d) la non fondatezza del ricorso nel merito, che, considerato il carattere auto esecutivo della prima sentenza, il TAR avrebbe dovuto accertare anziché rinviare alle future determine della Regione, posto che almeno una delle delibere escludeva il settore odontoiatrico nel quale opera la ricorrente di primo grado;
e) l’erroneità della sentenza appellata anche quanto alla posizione dell’ASP di Catanzaro, che si era limitata a declinare la competenza e che avrebbe invece dovuto liquidare le maggiori somme agli odierni resistenti (su tale punto concordano anche i ricorrenti vittoriosi in primo grado).
10 – Al riguardo, il Collegio ritiene quanto segue.
1) Innanzitutto, la giurisprudenza amministrativa è ormai univoca nel consentire la retroattività delle misure finanziarie di riduzione della spesa in corso di esercizio, purchè ragionevolmente prevedibili dagli interessati a seguito del loro coinvolgimento nell’istruttoria o comunque della pubblicità data all’istruttoria, dovendo la riduzione rapportarsi alle risultanze ed esigenze finanziarie emerse nell’esercizio in corso. Pertanto la sopraindicata prima sentenza del TAR non era auto esecutiva, in quanto non imponeva di sincronizzare in modo automatico l’avversata riduzione del tetto di spesa e la rimodulazione tariffaria con l’entrata in vigore delle delibere, e lasciava invece spazi alla discrezionalità dell’amministrazione per la sua attuazione alla stregua dei parametri sopraindicati, imponendo l’adozione di una nuova disciplina da parte della Regione e del Commissario straordinario. Dunque, l’istanza presentata dai ricorrenti era volta a sollecitare l’adozione degli atti amministrativi programmatori e pianificatori atti a supplire alla lacuna regolamentare determinata dalla statuizione caducatoria di cui alla sentenza n. 1564/2006, sicché essa, come esattamente rilevato dal TAR, atteneva ad aspetti propriamente funzionali ed organizzativi e soltanto in via riflessa e derivata involgeva aspetti patrimoniali. Devono quindi essere respinte le eccezioni regionali volte a far valere la carenza di giurisdizione e l’erroneità dell’estromissione dell’Azienda sanitaria, sopra indicate sub a) ed e).
2) Devono essere ugualmente respinte le eccezioni regionali di tardività del ricorso e di violazione dei limiti del giudicato, soprindicate sub c) e d), in quanto il ricorso stesso, proposto da una delle strutture sanitarie aderenti all’Associazione che era già stata ritenuta legittimata ad impugnare la retroattività delle delibere in esame a tutela dei propri aderenti, aveva ad oggetto il silenzio serbato dall’Amministrazione sulle diffide proposte dai diretti interessati, e di conseguenza è stato tempestivamente proposto, in quanto il decorso del termine per la sua proposizione decorreva dalla proposizione della diffida e non dalla pubblicazione o dalla notifica della sentenza del TAR.
3) Conseguentemente, l’appello deve essere respinto nel merito alla stregua di un criterio di effettività della tutela giurisdizionale accordata dalla Costituzione, non essendo dubbia, e neppure controversa, la mancata attivazione della Regione Calabria ai fini dell’adozione della nuova disciplina della decorrenza dei nuovi tetti di spesa previsti dalle determine regionali in argomento.
Risultano quindi del tutto esatte le statuizioni dell’appellata sentenza del TAR circa l’obbligo della Regione di provvedere al riguardo.
11 – Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, risultando confermato l’obbligo della Regione Calabria di provvedere e restando salve, da un lato, le successive determine regionali di disciplina dell’entrata in vigore delle determine a suo tempo impugnate e parzialmente annullate e, dall’altro, le possibili responsabilità erariali degli Amministratori regionali relativamente agli interessi dovuti ai ricorrenti di primo grado per l’ingiustificato ritardo dei residui ulteriori pagamenti che risultassero dovuti.
12. La complessità delle questioni dedotte giustifica, infine, la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore

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