Responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c. per omissione

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|3 febbraio 2022| n. 3294.

Ai fini della responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c. per omissione, non è sufficiente la sussistenza di un obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso quale criterio oggettivo integrante il nesso di causalità materiale, ma occorre altresì un criterio soggettivo di imputazione della responsabilità relativo ad un addebito quantomeno colposo all’agente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello la quale, in una controversia successoria fra un erede legittimo ed uno testamentario, aveva affermato la responsabilità risarcitoria del primo per aver fatto apporre i sigilli ad un immobile di proprietà del defunto senza completare l’inventario “quanto prima”, omissione di per sé, erroneamente, considerata idonea alla condanna risarcitoria per la mancata disponibilità del bene).

Ordinanza|3 febbraio 2022| n. 3294. Responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c. per omissione

Data udienza 9 novembre 2021

Integrale

Tag/parola chiave: Responsabilità civile – Colpa o dolo – In genere responsabilità per fatto illecito – Condotta omissiva – Presupposti – Obbligo giuridico di impedire l’evento – Sufficienza – Esclusione – Criterio soggettivo di imputazione della responsabilità – Necessità – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 24925-2018 proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), con domicilio in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), elettivamente domiciliati presso l’indirizzo (OMISSIS);
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1631/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 21/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 09/11/2021 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS), assumendo di aver ricevuto in eredita’ dallo zio (OMISSIS) un appartamento sito in (OMISSIS), esponeva di aver trovato sulla porta dello stesso i sigilli fatti apporre dalla nipote (OMISSIS), esclusa dalla successione testamentaria, e chiedeva, con citazione notificata il 7.11.2017, che il Tribunale di Palermo, previo accertamento dell’inesistenza della successione legittima a favore di soggetti diversi da quelli indicati nel testamento olografo, reso pubblico il 3 febbraio 2006, la dichiarasse unica erede dell’immobile per cui e’ causa, con la conseguente esclusione di alcun diritto di (OMISSIS) su quanto in esso contenuto, e che condannasse (OMISSIS) al risarcimento dei danni subiti per i provvedimenti di volontaria giurisdizione resisi necessari per la rimozione dei sigilli, per il pagamento degli oneri condominiali, nonche’ per il degrado dell’immobile rimasto privo di manutenzione, in aggiunta al lucro cessante per mancata locazione.
(OMISSIS), costituitasi in giudizio, deduceva di aver chiesto l’apposizione dei sigilli prima della pubblicazione del testamento, dopo avere appreso che l’appartamento era stato offerto in locazione, e chiedeva che si procedesse alla successione legittima sui beni mobili e sugli arredi contenuti nell’appartamento, nonche’ sull’autovettura e sul conto corrente intestati allo zio defunto, di cui lo stesso non aveva disposto con il testamento.
Il Tribunale di Palermo, integrato il contraddittorio nei confronti degli altri eredi, con sentenza n. 4514/2012, condannava (OMISSIS) al pagamento a favore dell’attrice della somma di Euro 64.590,79, al netto di rivalutazione ed interessi, oltre alle spese di lite.
In particolare, il Tribunale riteneva che l’attrice avesse subito un danno ingiusto a causa principalmente del comportamento della convenuta, la quale, pur avendo esercitato un suo diritto, chiedendo l’apposizione dei sigilli, una volta ottenuto il provvedimento richiesto non aveva contenuto, come, invece, era suo onere fare, soprattutto a seguito della pubblicazione del testamento del de cuius, il vulnus ai diritti dell’attrice entro limiti quanto piu’ possibile ragionevoli, procedendo tempestivamente alle operazioni di inventario, propedeutiche alla rimozione dei sigilli.
(OMISSIS) impugnava la suddetta decisione, innanzi alla Corte d’Appello di Palermo, lamentando che il giudice di prime cure non avesse considerato: i) che (OMISSIS) aveva proposto reclamo, insieme con i germani (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso il provvedimento del Tribunale di Palermo che aveva autorizzato la prosecuzione dell’inventario, previa rimozione dei sigilli, e che piuttosto che procedere con le operazioni di inventario aveva agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni; ii) che la richiesta di apposizione dei sigilli era legittima; iii) che non vi era mai stata da parte sua opposizione alla redazione dell’inventario, avendo solo preteso che le relative spese fossero poste a carico della massa ereditaria; iii) che in mancanza di una norma prescrittiva della condotta omessa, la statuizione di condanna risarcitoria era viziata; iv) che la stessa (OMISSIS), 17 giorni dopo l’apposizione dei sigilli, aveva avviato il procedimento per la redazione dell’inventario.
Deduceva, inoltre, che il Tribunale avrebbe almeno dovuto applicare l’articolo 1227 c.c., in considerazione dell’avvenuta violazione, da parte di (OMISSIS), dell’articolo 1175 c.c., che impone un obbligo di cooperazione tra le parti. Imputava al giudice di prime cure di avere acceduto alla richiesta risarcitoria del danno da inutilizzazione dell’immobile, senza che la ricorrenza del medesimo, posta l’irrisarcibilita’ del danno in re ipsa, fosse provata dall’appellata.
Con la sentenza n. 1631/2017, la Corte d’Appello rigettava il gravame e confermava la decisione di prime cure. In particolare, veniva ritenuta ricorrente la responsabilita’ ex articolo 2043 c.c. dell’appellante, perche’, pur avendo legittimamente chiesto l’apposizione dei sigilli, nella veste di coerede legittima dei beni mobili appartenenti al de cuius, la medesima non si era attivata per consentire che l’immobile tornasse nella disponibilita’ dell’erede testamentaria; aggiungeva che l’illecito aquiliano e’ atipico, che non e’ necessario che il comportamento antigiuridico sia imputabile all’agente a titolo di colpa specifica o generica, che il danno risentito dall’appellata andava calcolato tenuto conto del reddito locativo che avrebbe potuto essere percepito cosi’ come calcolato dal CTU e riconosciuto a far data dal 2007, che costituiva voce di danno risarcibile il pagamento delle spese condominiali che (OMISSIS) non avrebbe sopportato ove avesse locato l’immobile.
Avverso la suddetta decisione (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, formulando quattro motivi.
Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Il ricorso e’ stato trattato in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis 1 c.p.c..
Il P.M. non ha presentato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perche’, secondo la giurisprudenza di legittimita’, in tema di responsabilita’ civile (in particolare, secondo Cass. n. 9067/2018), l’omissione di un certo comportamento rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell’evento dannoso, quando si tratti di condotta imposta da una norma giuridica specifica, sicche’ il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non puo’ limitarsi alla valutazione della materialita’ fattuale, bensi’ postula la preventiva individuazione dell’obbligo di tenere la condotta omessa in capo al soggetto che si assume danneggiante. La Corte territoriale, discostandosi dalla giurisprudenza di legittimita’, avrebbe, invece, confermato la condanna risarcitoria, omettendo di individuare l’obbligo giuridico a suo carico. Non esiste, infatti – ribadisce la ricorrente – alcuna norma che preveda un termine entro il quale chi ha legittimamente chiesto l’apposizione dei sigilli debba attivarsi per le operazioni di inventario, ne’ vi e’ alcuna norma che imponga al soggetto che ha avanzato istanza per l’apposizione di sigilli la legittimazione esclusiva a chiedere la redazione dell’inventario.
Il motivo merita accoglimento.
La sentenza impugnata, dopo aver lasciato intendere che non fosse sufficiente, onde escludere la ricorrenza di una condotta non iure da parte della ricorrente, che la medesima avesse agito nell’esercizio del diritto di chiedere l’apposizione dei sigilli (a p. 6 della sentenza si legge “nonostante la legittimita’ dell’apposizione dei sigilli” e ancora “E’ pacifico che nonostante la legittimita’ della richiesta di apposizione dei sigilli ex articolo 373 c.p.c…. l’immobile e’ ritornato nella materiale disponibilita’ della proprietaria solo il 20.12.2010”; a p. 7 ribadisce “e’ innegabile che l’ (OMISSIS), a seguito della indisponibilita’ del proprio immobile per oltre quattro anni abbia subito un danno la cui responsabilita’ non puo’ che addebitarsi all’odierna appellante, nonostante la dichiarata legittimita’ della superiore richiesta”) e, dunque, avere adombrato l’idea che la responsabilita’ di (OMISSIS) fosse da ricondurre ad un abuso del diritto, muta direzione quando, a p. 8, sostiene: “l’illecito e’ atipico per cui ogni violazione del principio del nemi-nem laedere e’ in grado di provocare un danno ingiusto, corrisponde ad una lesione di un diritto o di un interesse protetto dall’ordinamento. Nel caso de quo, la (OMISSIS)… non si e’ attivata per l’espletamento delle operazioni di inventario al fine di individuare i beni mobili reclamati… il non avervi provveduto, nonostante l’onere a suo carico, costituisce condotta omissiva riconducibile al danno causato alla (OMISSIS), che la (OMISSIS) aveva l’obbligo di impedire”.
In sostanza, anziche’ giudicare dell’eventuale ingiustizia della condotta tenuta dalla odierna ricorrente che pure aveva formalmente rispettato i limiti formali del suo diritto, al fine di verificare se nella sostanza si fosse realizzato un abuso del diritto di apposizione dei sigilli, per avere compresso e sacrificato l’interesse di (OMISSIS) – di valore superiore rispetto a quello soddisfatto attraverso l’esercizio del diritto – o per aver attuato il proprio diritto con modalita’ irrispettose della sfera di interessi dell’interferita, la Corte territoriale, deviando da quello che sembrava l’iniziale percorso argomentativo, ha ritenuto la ricorrente responsabile a titolo aquiliano per non avere tenuto la condotta che era suo obbligo tenere. In altri termini ha ipotizzato la ricorrenza di un illecito omissivo. Relativamente alla ricorrenza di detto illecito, si fronteggiano il campo, in giurisprudenza, due orientamenti contrapposti con cui la sentenza impugnata, in verita’, nemmeno si confronta: il primo, invocato dalla ricorrente, che ravvisa una responsabilita’ aquiliana ogniqualvolta sia rimasto inattuato un obbligo giuridico di impedire l’evento dannoso esplicitamente previsto da una norma (illecito omissivo tipico); il secondo, il quale si esprime nel senso dell’atipicita’ della responsabilita’ civile omissiva, considera dovuto un comportamento attuoso per impedire l’evento dannoso, tenuto conto della relazione anche di fatto con la sfera giuridica dell’interferito o dei principi dell’ordinamento giuridico o del verificarsi di una specifica situazione che esiga il compimento di una determinata attivita’ a tutela del diritto altrui.
La Corte territoriale, invocando il principio di atipicita’ dell’illecito e sottolineando l’irrilevanza del mero riferimento al principio del neminem laedere, sembrerebbe aver prestato adesione al secondo dei due orientamenti decritti; tale conclusione si scontra, pero’, con la successiva precisazione della sentenza impugnata: “e’ ininfluente che il comportamento omissivo sia stato doloso o colposo, e quindi generatore di colpa specifica o generica: ai fini della configurabilita’ di una responsabilita’ extracontrattuale ex articolo 2043 c.c., infatti, vengono considerate anche fattispecie che esulano dal requisito della colpevolezza, basandosi esclusivamente sulla c.d. “responsabilita’ oggettiva” caratterizzata dal fatto che le conseguenze dannose di un determinato evento lesivo vengono poste a carico di un determinato soggetto esclusivamente sulla base del nesso eziologico con la condotta dell’agente, prescindendo da qualsiasi indagine in ordine al profilo della colpevolezza”.
Sicche’ la Corte territoriale, dopo avere ipotizzato un comportamento colposo per omissione a carico della odierna ricorrente, ha irragionevolmente, ma anche contraddittoriamente, ritenuto di natura oggettiva la responsabilita’ attribuita a (OMISSIS). E – si badi bene – che non puo’ dirsi che lo abbia fatto per prestare adesione alla tesi della oggettivazione della colpa, la quale, senza tener conto ne’ delle condizioni soggettive dell’agente ne’ della concreta natura del fatto dannoso, finisce per avvicinare la responsabilita’ per colpa ad una responsabilita’ oggettiva camuffata, atteso il suo riferimento ad un criterio di valutazione astratto, peraltro, senza tener conto che la responsabilita’ per colpa per quanto oggettivata attiene pur sempre ad un contegno giudicato censurabile dall’ordinamento, mentre la responsabilita’ oggettiva postula soltanto la sussistenza di una situazione di fatto corrispondente al particolare criterio di imputazione diverso dalla colpa. La Corte d’Appello inequivocabilmente ha ritenuto che a carico di (OMISSIS) vi fosse l’obbligo giuridico di impedire il danno, ed in particolare di espletare l’inventario quanto prima “al fine di individuare i beni mobili reclamati quale coerede legittima, e liberare prima possibile l’immobile sigillato per la riconsegna alla legittima proprietaria… Il non avervi provveduto, nonostante l’onere a suo carico, costituisce condotta omissiva riconducibile al danno causato alla (OMISSIS), che la (OMISSIS) aveva l’obbligo di impedire”. Tale affermazione, pero’, nell’economia argomentativa della sentenza, ha avuto lo scopo di escludere, pur dopo avere individuato a carico alla stessa un obbligo di attivarsi per evitare il verificarsi del danno, che potesse muoversi alcuna censura nei confronti di (OMISSIS) in termini di riprovevolezza della condotta.
Va aggiunto che la Corte territoriale ha evocato l’articolo 2043 c.c., nonostante abbia ritenuto oggettiva la responsabilita’ di (OMISSIS). Anche tale conclusione non puo’ che ritenersi errata, perche’ poggia su una premessa che va respinta e cioe’ che dall’articolo 2043 c.c. possa espungersi il riferimento al criterio soggettivo di imputazione della responsabilita’, sostituendolo con un criterio – oggettivo – di collegamento volta per volta diverso che, peraltro, nel caso di specie neppure e’ stato individuato: la sentenza d’appello ha puramente e semplicemente amputato la fattispecie risarcitoria di una parte dei suoi elementi costitutivi, ritenendola integrata solo dalla ricorrenza del nesso di causa materiale – che ha incomprensibilmente rilevato dalla consapevolezza da parte della odierna ricorrente dell’appartenenza del cespite a cui aveva chiesto di apporre i sigilli a (OMISSIS) e del danno da essa causato dalla mancata disponibilita’, “elementi questi emersi per sua stessa ammissione nella comparsa di costituzione del 10.3.2008 di essere venuta a conoscenza che l’appartamento di (OMISSIS) era stato posto in locazione” (p. 10) – e giuridica. Errato e’ altresi’ non aver tenuto conto che le fattispecie normative di responsabilita’ in cui la colpa non e’ il criterio di imputazione della responsabilita’, ove non si profilino come tipiche (ad esempio responsabilita’ ambientale), rispondono comunque al requisito della specificita’, giacche’ ciascuna di esse ha una sua disciplina che contiene la specificazione del criterio di imputazione del danno, la delimitazione dell’ambito di applicabilita’, le eventuali cause di esonero dalla responsabilita’.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’articolo 2043 c.c., dell’articolo 40 c.p.c., comma 2 e dei principi in tema di elemento oggettivo di nesso di causalita’ nell’illecito civile, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Posto che la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che, affinche’ rilevi il nesso di causa tra condotta ed evento lesivo, deve ricorrere, secondo i principi della condicio sine qua non e della causalita’ efficiente, la duplice condizione che si’ tratti di una condotta antecedente necessaria dell’evento e che la stessa non sia poi neutralizzata dalla sopravvenienza di un fatto di per se’ idoneo a determinare l’evento stesso, la condotta omissiva attribuitale, secondo la tesi prospettata, non poteva rappresentare antecedente necessario dell’evento di danno, individuato nella mancata disponibilita’ dell’appartamento da parte di (OMISSIS), giacche’ quest’ultima, dopo 17 giorni dall’apposizione dei sigilli, aveva dato avvio alle operazioni di redazione dell’inventario, salvo poi non coltivarlo fino al 17 dicembre 2009. La tesi della ricorrente e’ che la tempestiva azione avviata da (OMISSIS) avrebbe fatto venir meno la necessita’ di procedere all’avvio di un procedimento analogo.
Il motivo non puo’ essere esaminato nel merito, perche’ la ricorrente ha solo parzialmente descritto le vicende processuali svoltesi in sede di volontaria giurisdizione che hanno preceduto la controversia in esame: tra l’altro, non e’ chiaro in che termini la redazione dell’inventario fosse stata autorizzata dal Tribunale di Palermo con provvedimento dell’11 dicembre 2006; si ignorano le ragioni per cui era stato rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) nei confronti del provvedimento dell’11 dicembre 2006 con cui il Tribunale di Palermo aveva autorizzato la ripresa delle operazioni di inventario – sospese, si dice nel ricorso, per il concomitante avvio di altre iniziative giudiziarie da parte di altri eredi – se si eccettua il riferimento al fatto che i reclamanti non avessero coltivato la istanza di rimozione dei sigilli (p. 9 del ricorso). Ben poco si conosce delle iniziative e delle ragioni di resistenza della odierna ricorrente: a p. 6 del ricorso si legge che, con istanza del 23 maggio 2006, aveva chiesto la riforma del provvedimento del 3 aprile 2006, con cui il Tribunale di Palermo l’aveva messa in mora in ordine alla redazione dell’inventario mediante la nomina di un notaio, ponendo le spese a suo carico, “solo nella parte in cui poneva a suo carico le spese di inventario”. Non e’ chiaro chi abbia provveduto alla redazione dell’inventario, giacche’ a p. 7 del ricorso si legge che il CTU, che il Tribunale aveva nominato per stimare il lucro cessante su richiesta di (OMISSIS), aveva ritardato per piu’ di un anno il deposito della relazione, in ragione del fatto che le chiavi dell’immobile non erano disponibili, essendo in corso le operazioni di inventario; si ignora se sul ritardo nella redazione dell’inventario abbiano influito altre iniziative giudiziarie, ad esempio quella di (OMISSIS), di cui si parla a p. 4 del ricorso. Dalla sentenza impugnata si apprende che le operazioni di inventario erano state autorizzate con ordinanza del 21 ottobre 2009 e che erano iniziate il 17 dicembre 2009 e completate in data 11 maggio 2010. Le ragioni di tale ritardo non sono chiare: a p. 9 della sentenza di appello si da’ conto di una incolpevole sospensione delle operazioni di inventario per circa dieci mesi.
Il motivo, dunque, e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, in quanto le censure non sono formulate “in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, non essendo invero sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione. E’ al riguardo appena il caso di ribadire che i “requisiti di formazione del ricorso rilevano ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilita’, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso” (in termini: Cass., Sez. Un., 23/12/2019, n. 34469).
3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1227 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Alla Corte territoriale e’ rimproverato di aver omesso di pronunciarsi sul capo della domanda di appello con cui era stato lamentato che se (OMISSIS) si fosse adoperata, completando l’iter per la rimozione dei sigilli, avrebbe evitato il danno. L’appellata aveva invece avviato il procedimento per la redazione dell’inventario, ma poi lo aveva abbandonato, ponendo in essere un comportamento in contrasto con l’articolo 1175 c.c. La ricorrente sostiene che la richiesta di applicazione dell’articolo 1227 c.c. costituisce un’eccezione in senso proprio, la quale imponeva al giudice di merito di svolgere l’indagine in ordine all’omesso uso della diligenza da parte di (OMISSIS).
Nemmeno tale motivo puo’ essere scrutinato nel merito.
Nuovamente la ricorrente incorre, infatti, nel vizio di difetto di autosufficienza, perche’ se e’ vero che l’articolo 1227 c.c., comma 1 consente al giudice un’indagine anche officiosa sull’apporto causale del comportamento del danneggiato al verificarsi del danno, cio’ richiede, pero’, la prospettazione degli elementi di fatto dai quali possa desumersi la ricorrenza della circostanza: prospettazione che, nel caso di specie, manca (cfr. ex plurimis Cass. 10/05/2018, n. 11258).
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1223, 2043, 2056 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Oggetto di censura e’ la statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto ricorrente il danno derivante dall’omessa locazione del bene, nonostante l’assenza di qualsiasi prova da parte di (OMISSIS) di avere subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non avere potuto locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per avere perduto l’occasione di venderlo ad un prezzo conveniente o per avere subito altre situazioni pregiudizievoli.
Il motivo e’ assorbito, in considerazione del mancato accoglimento dei motivi precedenti.
4. Va, dunque, accolto il primo motivo di ricorso, il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili, il quarto e’ assorbito.
5. La sentenza va dunque cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Palermo in diversa composizione, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo ed il terzo, assorbito il quarto.
Cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che provvedera’ alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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